N. 336 ORDINANZA (Atto di promovimento) 29 giugno 1990- 10 maggio 1991

                                N. 336
       Ordinanza emessa il 29 giugno 1990 (pervenuta alla Corte
                   costituzionale il 10 maggio 1991)
 dal tribunale di Roma sul ricorso proposto da I.A.C.P. contro Chiara
                                Teresa
 Edilizia popolare, economica e sovvenzionata - Sfratto per morosita'
    -  Previsione  di un termine (venti giorni) trascorso il quale, in
    caso di inadempienza, si procede  allo  sfratto  -  Ingiustificata
    disparita' di trattamento fra gli inquilini di alloggi di edilizia
    pubblica  e  quelli  di  edilizia  privata,  ai  quali, in caso di
    inadempienza, puo' essere concesso, ai sensi  dell'art.  56  della
    legge  n.  392/1978,  un  ulteriore  termine  per  il  rilascio  -
    Ingiustificata  disparita'  di  trattamento  fra  inquilini  della
    stessa  categoria, in quanto la previsione di un termine di grazia
    identico pregiudica gli inquilini  meno  abbienti  dovendo  essere
    calibrato  in  relazione  alla  situazione economico-familiare del
    debitore - Asserita brevita' dei  termini  previsti  per  proporre
    opposizione attesa la necessita' di fare ricorso all'ausilio di un
    difensore  con  incidenza  sul  diritto  di difesa - Richiamo alle
    sentenze della Corte costituzionale nn. 155, 217 e 404 del 1988  e
    558/1989.
 (R.D. 28 aprile 1938, n. 1165, art. 32).
 (Cost., artt. 3 e 24).
(GU n.21 del 29-5-1991 )
                             IL TRIBUNALE
    Il  presidente della quarta sez. civ. del tribunale di Roma, dott.
 Fortunato Lazzaro, delegato (con decreto del presidente del tribunale
 del  30  maggio  1990)  per  l'esame  e  la  pronuncia  del  relativo
 provvedimento   sulla   richiesta  di  decreto  ingiuntivo,  avanzata
 dall'I.A.C.P. della  provincia  di  Roma,  nei  confronti  di  Chiara
 Teresa, sulla base dell'art. 32 del r.d. 28 aprile 1938, n. 1165;
                             O S S E R V A
    1.  -  La  richiamata  norma  prevede che, nell'ipotesi di mancato
 pagamento di rate di fitto, gli istituti per le case popolari possono
 "richiedere  lo  sfratto  dell'inquilino  moroso   con   ricorso   al
 conciliatore,   al   pretore   o   al   presidente   del   tribunale,
 rispettivamente competenti, a norma del codice di procedura civile, a
 conoscere dell'azione per pagamento e sfratto". Il giudice adito, con
 decreto in calce  al  ricorso  (sorretto  da  una  dichiarazione  del
 presidente  dell'istituto  che  attesti la morosita' dell'inquilino e
 che deve, appunto, essere unita al ricorso), ingiunge al debitore  di
 pagare   entro  il  termine  di  dieci  giorni  dalla  notificazione,
 trascorso il quale, in caso di inadempienza, si procede allo sfratto.
 Il debitore puo' proporre  opposizione,  senza  che  cio',  tuttavia,
 sospenda  l'esecuzione,  potendo  la  sospensione essere disposta dal
 giudice che ha pronunciato il provvedimento "in casi gravi".
    2.  -  La  Corte  costituzionale  -  al  vaglio  della  quale   la
 legittimita' della richiamata norma e' stata a suo tempo sottoposta -
 ne ha escluso il contrasto con l'art. 3 della Costituzione sulla base
 di   una   reputata   non  idendita',  per  diversita'  di  obiettivi
 perseguiti, tra  locatore-privato  (che  deve  azionare  lo  speciale
 procedimento  per convalida di sfratto) e locatore-ente pubblico (che
 puo' valersi anche nel procedimento in  discorso),  in  relazione  al
 fine  caratterizzante  l'attivita'  di  quest'ultimo, quello cioe' di
 costruire alloggi economici da porre  a  disposizione  dei  cittadini
 meno  abbienti:  da  cio'  la  conclusione che una diversa disciplina
 dello sfratto per  morosita'  appariva  "obiettivamente  possibile  e
 razionalmente giustificabile" (Corte costituzionale 22 dicembre 1969,
 n. 159; ord. 17 febbraio 1972, n. 26).
    2-  a  -  La  Corte,  tuttavia,  considerava che nella particolare
 situazione i termini assegnati dalla norma denunciata per l'eventuale
 opposizione e per la  sanatoria  erano  cosi'  ristretti  da  rendere
 difficile  la  possibilita'  per  il  debitore di approntare un'utile
 difesa,  soprattutto  considerando  sia   le   modeste   possibilita'
 economiche  dei  destinatari  del provvedimento (e della conseguente,
 presumibile  necessita'  di  ricorrere  all'istituto   del   gratuito
 patrocinio),  si  l'estrema  gravita'  della  conseguenza - derivante
 dall'inutile decorso del termine  e  non  evitabile  altrimenti,  non
 essendo    prevista    l'opposizione    tardiva   -   della   perdita
 dell'abitazione.
    Il  giudice  delle  leggi  dichiarava,  quindi,   l'illegittimita'
 costituzionale  della  norma,  limitativamente a quelle parti in cui,
 per l'opposizione e per l'adeguamento, fissava termini inadeguati  in
 luogo  di quelli stabiliti dall'art. 641 del c.p.c. (e cioe' di venti
 giorni)   per   il   comune   procedimento    d'ingiunzione    (Corte
 costituzionale 22 dicembre 1969, n. 159).
    3.  -  Reputa  questo  presidente di dovere sottoporre, d'ufficio,
 nuovamente al vaglio della Corte  costituzionale  la  norma  de  qua,
 tenuto conto che la nuova conformazione del "termine di grazia" ed il
 coinvolgimento  in  tale  istituto  anche  degli  alloggi di edilizia
 pubblica  comportino,  piuttosto  che   una   sua   abrogazione   per
 incompatibilita'  (  ex  art. 84 della legge 27 luglio 1978, n. 392),
 una  diminuita  tutela  giurisdizionale,  in   relazione   ai   nuovi
 meccanismi,  degli  inquilini di alloggi di edilizia pubblica dinanzi
 all'altrui pretesa di risoluzione del  contratto  per  morosita':  e,
 quindi,  il  sospetto  della  violazione  degli  artt.  3  e 24 della
 Costituzione.
    3- a. - L'art. 32 del quale si discorre, pur con le sue  peculiari
 caratteristiche,  si  e'  mosso,  sino  alla  legge  n.  392/1978, in
 sintonia con i meccanismi della sanatoria  della  morosita'  operanti
 nell'ordinamento.  In  realta',  in  un quadro unitario e conseguente
 delle tipologie rituali (sintomatica, in tal senso, e' la  norma  che
 pretende  l'attestazione, al momento dell'emissione del provvedimento
 di sfratto, della persistenza della morosita', da parte del locatore-
 ente pubblico, analogamente a quanto avviene in sede di convalida  di
 sfratto,  ex  art. 663, ultimo comma, del c.p.c.), puo' rilevarsi che
 l'art. 37 della legge 23 maggio 1950, n. 253 (ribadito  dall'art.  4,
 sesto comma, della legge 26 novembre 1969, n. 833) stabiliva che "nel
 provvedimento che disponeva il rilascio" per morosita', poteva essere
 concesso  un  "termine di grazia", non inferiore a venti giorni e non
 superiore a sessanta, per il pagamento  delle  pigioni  scadute,  con
 perdita  di efficacia di esso qualora il conduttore avesse provveduto
 alla sanatoria.
    Il sistema dell'art. 32 del r.d. n. 1165/1938 poteva allora essere
 riguardato correttamente come una sorta di  termine  di  grazia  ante
 litteram,   disegnato   proprio  per  meglio  tutelare  la  posizione
 dell'inquilino di edilizia pubblica che, dinanzi ad un  provvedimento
 di  sfratto,  comportante  la  perdita  dell'alloggio, avrebbe potuto
 adempiere tardivamente e salvare cosi' il rapporto locatizio.
    Il provvedimento era quindi sottoposto alla condizione  risolutiva
 del  pagamento  effettuato entro il termine stabilito dalla legge, in
 maniera esattamente eguale a quanto avveniva con riguardo al  termine
 concesso dal giudice nel provvedimento di convalida.
    Nel ricondurre poi il termine per l'opposizione (previsto in dieci
 giorni)  a  quello  di  cui all'art. 641 del c.p.c. (e cioe' di venti
 giorni: che sara' ripreso, sia pure come  "minimo",  dalla  legge  n.
 253/1950)  la Corte costituzionale eliminava una smagliatura che, pur
 nella diversita' di situazioni,  si  poneva  come  discriminatoria  e
 limitativa  del  diritto  di difesa dell'inquilino meno abbiente, con
 rottura  del  riscontrato  complessivo  equilibrio  dei   meccanismi,
 ancorche' differenziati.
    4.  -  Una maggior tutela del diritto all'abitazione - al quale e'
 stata riconosciuta valenza  e  dignita'  costituzionale:  cfr.  Corte
 costituzionale  25  febbraio  1988,  n. 217 e 7 aprile 1988, n. 404 -
 impregna pure i meccanismi rituali della legge n. 392/1978, nei quali
 sono coinvolte anche le locazioni di alloggi  di  edilizia  pubblica,
 convenzionata  e sovvenzionata (art. 26), nei riguardi delle quali e'
 stata esclusa l'applicabilita' della disciplina sostanziale  (capo  I
 del  titolo  I  della  legge), ma non quella processuale del capo III
 della  legge  medesima,  nel  quale  e'  collocato  l'istituto  della
 sanatoria,  sia  nella forma banco judicis che in quella del "termine
 di grazia".
    Per  altro verso, l'unicita' del disegno locatizio e' stata ancora
 una  volta  evidenziata  dalla  Corte  costituzionale   quando,   pur
 nell'autonomia   delle   discipline,   ha   reputato  illegittima  la
 disposizione del richiamato art. 26 nella parte in  cui  non  prevede
 che  il  canone degli immobili soggetti alla disciplina dell'edilizia
 convenzionata non deve  comunque  superare  quello  che  risulterebbe
 dall'applicazione  del  capo  primo  del  titolo  primo  della  legge
 dell'equo canone (Corte costituzionale 11 febbraio 1988, n  155):  la
 Corte quindi ha tracciato una linea maestra indicando, quale criterio
 informatore,  che  le  locazioni  efferenti  a  quel tito di edilizia
 devono avere un trattamento comunque non peggiore rispetto  a  quello
 riservato ai rapporti disciplinati dalla legge n. 392/1978.
    Il  che  -  e'  da  credere  -  anche  con  riguardo  ai  risvolti
 processuali.
    5. - In siffatto "mutato quadro di  riferimento  rapportato  anche
 all'assetto  sostanziale  delle  locazioni,  ben  diverso  da  quello
 esistente" anteriormente  (cosi'  Corte  costituzionale  12  dicembre
 1989,  n.  558), va osservato che le novita' della legge n. 392/1978,
 con riguardo al tema che ci occupa; possono cosi' indicarsi:
    5- a. - Ai fini di  una  piu'  pregnante  tutela  del  conduttore,
 evitandosi  che il mancato adempimento nel termine di grazia portasse
 automaticamente allo "sfratto", si e'  conferito  alla  sanatoria  un
 indubbio  contenuto  sostanziale  (come  la  dottrina ha evidenziato)
 facendola operare ex ante rispetto alla pronuncia  sulla  domanda  di
 "sfratto"   proposta   dal   locatore:   mal   si  giustifica,  nella
 razionalita' del sistema che ha operato, per situazioni  eguali,  una
 scelta  ben  precisa,  il permanere di un meccanismo - qual'e' quello
 dell'art. 32 in esame - in cui resta ferma quella sorta di "spada  di
 Damocle"  costituita  dalla avvenuta emissione di un provvedimento di
 sfratto esecutivo.
    5- b. - La sanatoria opera non piu' sulla base del canone  preteso
 bensi'  di  quello dovuto (art. 55 della legge n. 392/1978): prima di
 pagare, cioe', il conduttore puo' far valere le proprie  ragioni  con
 riguardo al quantum dell'avversa domanda (basti pensare all'eccezione
 di  prescrizione),  corrispondendo pero' - nel contempo - il dovuto e
 restando affidata al prosieguo del giudizio  la  soluzione  circa  la
 fondatezza o meno della pretesa del locatore.
    Il  conduttore,  inoltre, puo' sanare banco judicis (o chiedere il
 relativo  termine  di  grazia   per   farlo)   opponendosi   tuttavia
 all'intimazione  (cfr. Cass. 22 maggio 1982, n. 3132; 21 agosto 1985,
 n. 4474): il che gli consente di "salvare" comunque (anche  cioe'  se
 la  sua  opposizione si rivelera' infondata) il rapporto locatizio e,
 nel contempo, tutelare il proprio diritto.
    L'art. 32 - del  quale  si  chiede  la  verifica  di  legittimita'
 costituzionale - postula, invece, una sorta di indiscutibilita' della
 morosita' dichiarata dal locatore e, quindi, l'obbligo del conduttore
 di  versare tutta la somma pretesa ex adverso onde evitare lo sfratto
 (restando impregiudicata - ma anche questo e' un settore da  indagare
 -  la  possibilita' di agire, opponendosi al decreto, per ottenere la
 restituzione di quanto non dovuto).
    5- c. - Il termine di grazia per cosi' dire  "ordinario"  consente
 di  calibrare  il  periodo  entro  il  quale  sanare  la morosita' in
 relazione alle condizioni del conduttore: lo stabilire l'art.  32  un
 termine  fisso, invece, pone sullo stesso livello tutti i conduttori,
 prescindendo  quindi  dall'importo  del dovuto, dalle loro condizioni
 economiche, dalla precarieta' della situazione, ecc.
    5-  d.  -  La  considerazione  del  significato  del  bene  "casa"
 soprattutto  per  il  conduttore economicamente piu' debole (il quale
 difficilmente riuscira' e reperirne altra in tempi  brevi),  sorregge
 l'art.  56 della legge n. 392/1978 in forza del quale, pur non sanata
 la morosita' nel termine fissato dal giudice, puo' essere concesso un
 ulteriore termine per lo "sfratto" sino a sessanta giorni.
    Il meno abbiente conduttore di edilizia pubblica potrebbe, invece,
 sulla base della norma impugnativa,  essere  passibile  di  immediata
 esecuzione.
    5-  e. - Il conduttore, nel procedimento per convalida di sfratto,
 puo' far  valere  le  proprie  regioni  comparendo  personalmente  e,
 quindi,  senza  aggravio  di  spese.  Puo',  cosi', dimostrare che la
 morosita' non sussiste ovvero che l'importo della stessa e' inferiore
 a quello indicato dal locatore ed ottenere il termine  di  grazia  in
 relazione alla minor somma.
    L'opposizione  del  decreto  di cui all'art. 32, invece, necessita
 del patrocinio e, stante la ristrettezza del  termine  per  proporla,
 rende  difficilmente  attuabile  l'esperimento  della  procedura  per
 godere del "gratuito patrocinio": sicche', anche da questo  versante,
 i meccanismi di tale norma appaiono porsi in contrasto con i precetti
 di   cui  all'art.  24  della  Costituzione,  soprattutto  ove  siano
 raffrontati con il piu' compiuto disegno operato dal legislatore  del
 1978 con riguardo alla morosita' del conduttore.
    6. - Conclusivamente, questo giudice ravvisa il non manifestamente
 infondato dubbio di legittimita' costituzionale dell'art. 32 del r.d.
 28 aprile 1938, n. 1165, per contrasto:
       a)  con  l'art.  3  della  Costituzione  per  una disparita' di
 trattamento:
       l- a) tra l'inquilino di alloggio di edilizia pubblica e quello
 edilizia privata - malgrado la legge n. 392/1978 abbia perseguito una
 disciplina nuova e tendenzialmente unitaria  dei  rapporti  locatizi,
 quantomeno  sotto  il  profilo  processuale  - trovandosi il primo in
 presenza di un gia'  emesso  provvedimento  di  sfratto,  laddove  il
 secondo  puo'  far  valere  le  proprie  ragione ex ante, prima cioe'
 dell'emanazione del provvedimento di rilascio; non godendo il  primo,
 che non abbia sanato la morosita' nel termine di cui all'art. 641 del
 c.p.c.,  di  alcun  termine  per  il  rilascio, laddove al secondo lo
 stesso puo' essere concesso, ai sensi dell'art.  56  della  legge  n.
 392/1978;
       2-  a)  tra  inquilini, pur appartenenti alla stessa categoria,
 per  essere  il  termine  stabilito  dall'impugnata  norma  identico,
 laddove e' criterio che impronta l'istituto del termine di grazia che
 lo  stesso  debba  essere  calibrato  in  relazione  alla  situazione
 economico-familiare del debitore;
       b) con l'art. 24 della Costituzione:
       l- b) apparendo l'istituto di cui all'art. 32 - pur  sorto  per
 offrire  un  salvataggio  del  rapporto  locatizio  (e, con esso, del
 diritto all'abitazione) - maggiormente difficoltoso rispetto ai mezzi
 di difesa ed alla maggiore elasticita' dei criteri  che  agli  stessi
 presiedono   nell'attuale   sistema,   con  particolare  riguardo  al
 procedimento  per  convalida  di  sfratto  ed  al  rito  del   lavoro
 (applicabile,   per   altri   versi,  anche  ad  alcune  controversie
 locatizie).  Con  la  conseguenza  che  un   decreto   di   "sfratto"
 immediatamente  eseguibile  non  sembra  trovare, nell'attuale nostro
 ordinamento, sufficienti spazi di legittimita';
       2- b) apparendo ristretti - e di fatto quasi irrealizzabili - i
 tempi per proporre opposizione al decreto di cui al  richiamato  art.
 32  e considerando la necessita' di dovere far ricorso all'ausilio di
 un  difensore,  laddove   nella   materia   locatizia   la   tendenza
 dell'ordinamento  e'  rivolta verso la difesa personale delle parti e
 la soluzione, conciliativa,  prima  dell'emanazione  di  qualsivoglia
 provvedimento  di rilascio, tenuto conto della valenza costituzionale
 riconosciuta al diritto all'abitazione.
                               P. Q. M.
    Solleva  d'ufficio  questione   di   legittimita'   costituzionale
 dell'art.  32 del r.d. 28 aprile 1938, n. 1165, per contrasto con gli
 artt. 3 e 24 della Costituzione, in relazione alla sua rilevanza  nel
 presente procedimento, che sospende;
    Dispone trasmettersi gli atti alla Corte costituzionale;
    Manda  alla  cancelleria  per la notifica della presente ordinanza
 alla Presidenza del Consiglio dei Ministri e per la comunicazione  ai
 Presidenti  della  Camera dei deputati e del Senato della Repubblica,
 nonche' alle parti costituite.
     Roma, addi' 29 giugno 1990
    Il presidente della quarta sezione civile: (firma illeggibile)

 91C0621