N. 352 ORDINANZA (Atto di promovimento) 20 novembre 1990- 13 maggio 1991
N. 352 Ordinanza emessa il 20 novembre 1990 (pervenuta alla Corte costituzionale il 13 maggio 1991) dal pretore di Trento, sezione distaccata di Tione di Trento, nel procedimento civile vertente tra Mattei Luciano e la provincia autonoma di Trento, servizio foreste, caccia e pesca. Regione Trentino-Alto Adige - Caccia - Costituzione in riserve di caccia dei territori di cui all'elenco allegato alla legge regionale impugnata ed affidamento della gestione alle sezioni provinciali della Federazione italiana della caccia a vantaggio di cacciatori iscritti e non iscritti - Affidamento alle predette sezioni della gestione delle riserve di diritto e previsione per le altre associazioni venatorie soltanto della partecipazione alle assemblee ed ai consigli direttivi delle prime - Attribuzione alla sezione provinciale della Federcaccia della facolta' di rilascio del permesso venatorio subordinata al preventivo versamento del contributo per le spese di gestione, sorveglianza e ripopolamento - Attribuzione del potere di determinare il contributo stesso alla sezione provinciale con limitazione del controllo pubblico ai soli motivi di legittimita' - Autorizzazione della giunta provinciale a stipulare convenzioni con la sezione provinciale della Federcaccia - Elusione della normativa statale vigente in materia di indebita invasione della sfera di competenza statale - Incidenza sui principi di uguaglianza, nonche' di imparzialita' e buon andamento della p.a. - Riferimento alle sentenze della Corte costituzionale nn. 4 e 13 del 1964, 37/1966, 92/1968, 20/1970, 151/1972, 95/1978, 10/1980, 219/1984, 151/1986, 99/1987, 728 e 1002/1988 e 19/1989. (Legge provincia Trento 9 dicembre 1978, n. 56, artt. 1, 2 e 3; legge regione Trentino-Alto Adige 7 settembre 1964, n. 30, artt. 1 e 2; decreto del presidente della giunta regione Trentino-Alto Adige 13 agosto 1965, n. 129, artt. 1, 2 e 5; legge provincia Trento 9 dicembre 1978, n. 56, art. 7). (Cost., artt. 2, 3, 5, 18, 97, 116, 117, 118 e 120; statuto Trentino-Alto Adige, artt. 4, 8, n. 15, 18 e 105).(GU n.22 del 5-6-1991 )
IL PRETORE Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa civile, iscritta al n. 26024 del registro generale degli affari contenziosi dell'anno 1990, promossa da Mattei Luciano, elettivamente domiciliato in Trento via S. Francesco n. 10, presso lo studio del dott. proc. Stefano Pantezzi, che lo rappresenta e difende giusta procura a margine del ricorso, ricorrente, contro la provincia autonoma di Trento, servizio foreste, caccia e pesca, in persona del legale rappresentante in carica, difesa dal m.llo for.le Renzo Giacometti, giusta delega dd. 13 aprile 1990, resistente. Oggetto: ricorso ex art. 22 della legge n. 689/1981. PREMESSO IN FATTO Con ricorso, depositato il 21 febbraio 1990, Mattei Luciano proponeva opposizione avverso le ordinanze-ingiunzioni, ciascuna per l'importo di L. 245.000, emesse dalla provincia autonoma di Trento, servizio foreste, caccia e pesca in data 8 gennaio 1990 e notificate il successivo 23 gennaio 1990, a titolo di sanzione amministrativa per le infrazioni accertate con i pp.vv. nn. 106-107 del 13 settembre 1990. Nei citati verbali di accertamento al Mattei, era stata contestata la violazione degli artt. 1 e 43 del r.d. 5 giugno 1939, n. 1016, e successive modificazioni, cioe', l'esercizio della caccia "senza il permesso del concessionario", ai sensi dell'art. 1 del calendario venatorio vigente (1988-1989). In via preliminare, l'opponente eccepiva l'llegittimita' costituzionale della l.p. 9 dicembre 1978, n. 56, per contrasto con gli artt. 4 e 8 dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige e con l'art. 116 della Costituzione, ed in generale, dell'intera normativa locale sulla caccia, per contrasto con gli artt. 2, 3, 18, 97, 116, 117, 118 e 120 della Costituzione in relazione con gli artt. 4, 8, 18 e 105 dello statuto di autonomia, come esposto nelle memorie dd. 22 febbraio 1990 e 16 ottobre 1990. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. - In ordine alla rilevanza. Le questioni di legittimita' costituzionale sollevate, nonche' rilevate d'ufficio appaiono, allo stato degli atti, rilevanti ai sensi dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, perche' aventi ad oggetto disposizioni come quelle degli artt. 1 e 43 del t.u. 5 giugno 1939, n. 1016, richiamato dall'art. 1 della l.p. 9 dicembre 1978, n. 56, nonche' della l.r. 7 settembre 1964, n. 30, di cui si deve necessariamente, fare applicazione nel giudizio pendente dinanzi a questo pretore. In sostanza, la causa - conformemente all'indirizzo generalmente affermatosi in giurisprudenza e condiviso sostanzialmente, dalla stessa Corte costituzionale - non puo', prevedibilmente, essere decisa senza la risoluzione delle predette questioni. 2. - Il quadro normativo. Ai sensi del combinato disposto degli artt. 4, primo comma, e 8, n. 15, del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670 "Approvazione del testo unico delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per il Trentino-Alto Adige", alla provincia autonoma di Trento e' stata attribuita potesta' esclusiva in materia di caccia. Tale potesta' normativa deve essere, tuttavia, esercitata in armonia con la Costituzione ed i principi dell'ordinamento giuridico dello Stato e con il rispetto degli obblighi internazionali e degli interessi nazionali, nonche' delle norme fondamentali delle riforme economico- sociali della Repubblica. Per completezza espositiva si rileva che la menzionata competenza incontra, inoltre, i limiti indicati nell'art. 8, lettere a), b), c) ed i) del d.P.R. 22 marzo 1974, n. 279, contenente le norme di attuazione dello statuto in questa materia e, cioe', la riserva statale relativamente ai rapporti internazionali, all'applicazione dei regolamenti CEE, alla ricerca e sperimentazione scientifica di interesse nazionale ed al rilascio delle licenze di porto d'armi per uso di caccia. Diversa e', ovviamente, la posizione delle regioni a statuto ordinario per le quali la Costituzione all'art. 117 attribuisce, soltanto, la competenza concorrente con quella statale in materia di caccia realizzata, sul piano del trasferimento delle relative funzioni amministrative, mediante l'approvazione del d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 11, e del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, artt. 99 e 100. Com'e' noto, in quest'ultimo contesto la legge 27 dicembre 1977, n. 986, rappresenta la legge-quadro per l'esercizio da parte delle regioni a statuto ordinario, delle proprie competenze legislative in tale settore. Assai significativi della nuova considerazione della materia in argomento, si appalesano i principi contenuti nelle norme di cui agli artt. 1, 2, 8, 10 e 15 della citata legge n. 968/1977 per la solenne affermazione dell'appartenenza della fauna salvatica al patrimonio indisponibile dello Stato, per l'affievolimento del tradizionale diritto di caccia in funzione conservativa del predetto patrimonio, nonche' per l'introduzione di un regime di caccia controllata in tutto il territorio nazionale da gestirsi, socialmente. L'art. 34 della legge 27 dicembre 1977, n. 968, prevedeva, inoltre, che le regioni emanassero le norme in materia entro un anno dalla data di entrata in vigore della stessa. La provincia autonoma di Trento, pur ben avendo presente la legge n. 968/1977 in quanto espressamente richiamata dagli artt. 2, 3 e 4, emanava la l.p. 9 dicembre 1978, n. 56, intitolata "Disposizioni transitorie in materia di protezione della fauna e disciplina della caccia", la quale, all'art. 1 stabiliva che "Fino a quando non sara' emanata una legge provinciale organica per la protezione della fauna e la disciplina della caccia, continuano ad avere applicazione nel territorio della provincia autonoma di Trento le norme del t.u. 5 giugno 1939, n. 1016, modificato con la legge 2 agosto 1967, n. 799, le leggi della regione Trentino-Alto Adige 7 settembre 1964, n. 30, 16 novembre 1969, n. 12 e 31 agosto 1970, n. 19, nonche' la legge provinciale 5 ottobre 1976, n. 38". 3. - Profili d'incostituzionalita'. 3.1.) - Premessa. Questo pretore conosce l'ordinanza 26 gennaio 1988 n. 117, con la quale la Corte costituzionale aveva dichiarato manifestamente inamissibili le questioni d'incostituzionalita' sollevate dal pretore di Mezzolombardo, nonche' l'avviso della suprema Corte (Cass. 23 aprile 1987 n. 3923) e del Consiglio di Stato (c. Stato sez. VI 26 luglio 1986 n. 565) secondo cui, rispettivamente, la l.p. n. 56/1978 "regola la materia con rinvio di natura recettizia alla suddetta disciplina statale e regionale e, quindi, inserendo nel proprio ordinamento le relative disposizioni" le rende cosi' "insensibili alla sopravvenuta loro abrogazione in base alla legge-quadro statale 27 dicembre 1977, n. 968", e la "normativa della regione Trentino- Alto Adige e della provincia autonoma di Trento in materia di caccia non e' stata abrogata dalla legge-quadro 27 dicembre 1977, n. 968, in quanto l'enunciazione del principio in quest'ultima contenuto che la selvaggina e' proprieta' dello Stato non e' in contrasto con le norme locali che disciplinano, a protezione della fauna, l'esercizio della caccia nell'ambito di una materia che rientra nella competenza esclusiva di detti enti". Cio' premesso doverosamente, si ritiene necessario investire, ancora la Corte costituzionale alla quale, soltanto, spetta nel nostro sistema positivo, l'esame di costituzionalita' per i seguenti, nuovi ed ulteriori profili di illegittimita' che, ad avviso del giudice a quo non appaiono manifestamente infondati. 3.2.) - Primo profilo. In questa indagine, e' necessario partire dal presupposto che le leggi regionali e quelle provinciali, anche se emanate nelle materie ad esse riservate in via esclusiva, non possano essere poste sullo stesso medesimo piano delle leggi statali (Corte cost. 30 giugno 1964, n. 66), a causa dei limiti che discendono o, da esplicite previsioni degli statuti e, cioe', dagli artt. 4 e 8 del d.P.R. n. 670/1972, relativamente alla provincia autonoma di Trento, ovvero, dal principio fondamentale dell'unita' della Repubblica, espresso dall'art. 5 della Costituzione. Al riguardo si osserva che nell'affrontare l'esame dei rapporti tra la legge 27 dicembre 1977, n. 968 (artt. 1, 2 e 11) e gli artt. 8, n. 15) dello Statuto speciale Trentino-Alto Adige e 116 della Costituzione, la Corte (Corte costituzionale 27 ottobre 1988, n. 1002), ha recentemente stabilito che la prima si caratterizza come legge di riforma economico-sociale suscettibile, quindi, di condizionare in materia di caccia tutte le regioni, comprese quelle a statuto speciale e le provincie autonome, ai sensi dell'art. 117 della Costituzione. E' evidente l'importanza di tale affermazione che prescinde necessariamente dalla specifica questione decisa, cioe', l'elenco delle specie cacciabili perche' in tal modo la Corte costituzionale dimostra di aver ritenuto la legge n. 968/1977 - in relazione agli aspetti innovativi dei suoi contenuti, nonche' agli scopi ed alle motivazioni politico-economiche, riferite ad un settore che ha assunto sempre maggiori implicazioni di tipo economico e sociale, come quella relativa alla protezione della fauna ed all'esercizio della caccia - alla stregua di legge di riforma economico-sociale. Come si e' visto in precedenza (cfr. n. 2), il rispetto delle norme fondamentali delle riforme economiche-sociali della Repubblica, rappresenta uno dei limiti che la potesta' legislativa esclusiva della provincia autonoma di Trento incontra nella sua esplicazione, per espressa previsione degli artt. 4, primo comma, e 8, n. 15) del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670. Sul punto, si osserva come la Corte costituzionale abbia ricompreso in via esemplificativa, tra le norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica, quelle dettate in materia di piano regolatore generale per gli acquedotti (Corte costituzionale 1ยบ febbraio 1964, n. 4), di nazionalizzazione delle imprese produttrici di energia elettrica (Corte costituzionale 7 marzo 1964, n. 13), di istituzione degli enti di riforma fondiaria (Corte costituzionale 14 maggio 1966, n. 37), di piani di edilizia scolastica (Corte costituzionale 10 luglio 1968, n. 92) ed, in generale, di programmazione nazionale (Corte costituzionale 18 febbraio 1970, n. 20 e 14 luglio 1972, n. 151), oltre al principio del punto uguale di contingenza per il pubblico impiego (Corte costituzionale 20 aprile 1978, n. 45). La dottrina pubblicistica, nel tentativo di definire il menzionato vincolo, ritiene che le riforme economico-sociali siano quelle rela- tive alla modificazione strutturale di istituti giuridici che abbiano portata generale per cui, l'ordinamento giuridico non potrebbe tollerare normazioni parziali in contrasto con esse, con l'ulteriore specificazione che il vincolo deve essere comunque, limitato all'osservanza delle norme fondamentali che lo Stato emana in materia. In altri termini, il vincolo opera soltanto per le regole di carattere generalissimo che caratterizzano la disciplina del settore economico o sociale interessato, tendenti ad assicurare l'unita' dell'ordinamento e la sua uniformita'. Il problema e', quindi, quello di accertare se anche alla legge 27 dicembre 1977, n. 968, ed in che modo, debba essere riconosciuto il carattere di legge di riforma economico-sociale come la stessa Corte costituzionale sembra aver stabilito con la citata sentenza n. 1002/1988. Invero, ad avviso del giudice remittente, i principi espressi nella legge n. 968/1977, secondo cui la "fauna" e non piu' la "selvaggina", appartiene al patrimonio indisponibile dello Stato (art. 1); la soppressione delle tradizionali "riserve", sostituite dalle nuove forme di gestione del territorio previste dall'art. 15; l'abbandono del contenuto "concessorio" dell'uso della fauna, connesse al rilascio delle licenze di caccia (art. 8) e l'estensione della validita' di queste ultime a tutto il territorio nazionale con carattere di gratuita' in regime di caccia controllata (art. 10), rappresentano altrettante innovazioni di portata generale incompatibili, con l'impostazione del vecchio testo unico 5 agosto 1939, n. 1016, e successive modificazioni. Conseguentemente, la l.p. 9 dicembre 1978, n. 56, ed in particolare, gli artt. 1, 2 e 3 presentano fondati dubbi in ordine alla relativa legittimita' costituzionale in quanto, come si e' visto in precedenza, tale legge eludendo sostanzialmente la previsione di cui all'art. 34 della legge n. 968/1977 e rinviando sine die, l'emanazione di una legge provinciale organica settoriale, attraverso la tecnica del rinvio recettizio alla disciplina statale e regionale precedente ha, in concreto, conservato entro i propri confini territoriali, la vigenza della legislazione statale abrogata. Secondo questo giudicante, sembra che la situazione in argomento possa forse integrare, per usare una espressione adoperata dalla Corte costituzionale nell'ordinanza n. 117 del 26 gennaio 1988, l'ipotesi della legge provinciale che "pur non regolando la materia, pretenda di impedire l'applicazione di norme statali". Ne', puo' attribuirsi alla l.p. n. 56/1978 il carattere della transitorieta', atteso il ritardo di oltre undici anni nella emanazione di una nuova legge provinciale organica. A questo proposito, anzi, i numerosi richiami contenuti nella l.p. n. 56/1978 (cfr. artt. 2, 3 e 4) alla legge n. 968/1977, sembrano indicare che la prima ha inteso, cosi', esplicare la riserva di legge prevista all'art. 34 della seconda. In buona sostanza, e' necessario domandarsi se sia legittimo sotto il profilo dei limiti imposti dalla Costituzione, agli artt. 5, 116 e 117 e dallo statuto speciale di autonomia della provincia di Trento agli artt. 4, primo comma, e 8, n. 15), che il predetto ente abbia legiferato in tema di disciplina della caccia, prescindendo completamente se non in modo del tutto formale, dalla riforma economico-sociale intervenuta nella legislazione statale e rappresentata dalla legge n. 968/1977, in favore del mantenimento sul proprio territorio della normativa nazionale abrogata, attraverso il rinvio operato dall'art. 1 della l.p. n. 56/1878 cui non puo' piu', evidentemente, attribuirsi carattere di norma transitoria. Alla luce di quanto sopra esposto viene, pertanto, rimessa al competente giudice ad quem, la questione di legittimita' costituzionale delle seguenti disposizioni: a) l.p. 9 dicembre 1978, n. 56, artt. 1, 2 e 3, per contrasto con gli artt. 5, 116 e 117 della Costituzione in relazione agli artt. 4, primo comma, e 8, n. 15), del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670. 3.2). - Secondo profilo. Passando ore ad analizzare piu' segnatamente la infrazione contestata al Mattei e, cioe', la violazione degli artt. 1 e 43, primo comma, del r.d. n. 1016/1939 in relazione all'art. 1 del calendario venatorio 1988-1989, si osserva quanto segue. Il preteso illecito amministrativo viene individuato nell'aver esercitato la caccia senza essere stato in possesso del permesso rilasciato, ai sensi dell'art. 5 del d.p.g.r. 13 ottobre 1965, n. 129, dalla sezione provinciale della Federazione italiana della caccia, competente territorialmente. Atteso che tutte le altre condizioni legislativamente prescritte per il legittimo esercizio dell'attivita' venatoria risulterebbero osservate, nelle ordinanze-ingiunzioni opposte il permesso rilasciato dalla Federcaccia, e', quindi, ricondotto al "permesso del concessionario", di cui all'art. 43 del t.u. n. 1016/1939. Pertanto, il permesso della Federcaccia risulta, allo stato, obbligatorio per l'esercizio legittimo della caccia anche per i cacciatori non iscritti alla predetta associazione ed il suo rilascio, voiene subordinato al versamento preventivo del contributo determinato "per le spese di gestione, sorveglianza e ripopolamento". Cio' avviene in quanto, com'e' noto, l'intero territorio della provincia autonoma di Trento con esclusione delle sole zone riservate ai privati, e' costituito in "riserva di diritto", la cui gestione e' affidata, in via esclusiva, alla Federcaccia a norma della l.r. 7 settembre 1964, n. 30. E' necessario al riguardo, rilevare come la legge n. 968/1977, abbia abolito il regime delle concessioni previsto dalla t.u. n. 1016/1939 sostituendovi il "regime gratuito della caccia controllate" (art. 10) con conseguente eliminazione del "permesso del concessionario", previsto dall'art. 43 del t.u. menzionato. A sua volta, l'art. 8 della legge n. 968/1977 prevede il rilascio da parte della regione di appartenenza del richiedente, di un "tesserino venatorio", valevole per l'intero territorio nazionale. Deve essere a questo punto richiamato quanto affermato nella gita' citata sentenza n. 1002 del 27 ottobre 1988 della Corte costituzionale secondo cui la legge n. 968/1977 "- in relazione agli aspetti innovativi dei suoi contenuti, nonche' ai suoi scopi ed alle sue motivazioni politico-economiche, riferite ad un settore che ha assunto nel corso del tempo sempre maggiori implicazioni di ordine economico e sociale, quale quello relativo alla protezione della fauna selvatica ed all'esercizio della caccia - viene a caratterizzarsi, secondo gli orientamenti ripetutamente espressi da questa Corte (cfr. sentenza nn. 219/1984, Foro it., 1985, I, 67; 151/1986, id., 1986, I. 2690; 99/1987, id., I, 1676) come legge di riforma economico-sociale, suscettibile di condizionare, attraverso le norme fondamentali che in essa e' dato identificare, la legislazione esclusiva delle regioni e delle province a speciale autonomia". A tal fine rilevano, secondo la Corte, le norme enunciate negli artt. 1, 2, 8 e 10 della legge n. 968/1977 che costituiscono il superamento dei principi gia' affermati in tema di caccia, dal t.u. n. 1016/1939. Come risulta dalla documentazione allegata da parte ricorrente la provincia autonoma di Trento, pur rilasciando a chiunque faccia richiesta il tesserino venatorio previsto all'art. 8 della legge n. 968/1977, esclude la validita' del medesimo sul proprio territorio attraverso un'apposita dichiarazione stampigliata ed unita al documento in cui si precisa che, per l'esercizio della caccia nel predetto ambito territoriale e' sufficiente e necessario il permesso della Federcaccia che sostituisce il tesserino previsto dall'art. 8 della legge n. 968/1977. Cio' significa da un lato, che la provincia autonoma di Trento esclude nel proprio territorio l'applicazione di una norma vincolante della legislazione statale avente il carettere di norma fondamentale di riforma economico-sociale della Repubblica, con conseguente violazione degli artt. 5, 116 e 117 della Costituzione, in relazione agli artt. 4, primo comma, e 8, n. 15) del d.P.R. n. 670/1972 e dall'altro lato, che la medesima provincia esplica attivita' delegate dallo Stato, con effetti non al proprio interno, bensi' soltanto all'esterno del competente ambito territoriale il che suscita alcuni dubbi per la possibile violazione anche, degli artt. 117, 118 e 120 della Costituzione. Sul punto, osserva che se tale attivita' deve considerarsi quale funzione amministrativa delegata dallo Stato all'ente territoriale minore, perplessita' sorgono quando come nel caso di specie, gli effetti di tale attivita' possano svolgersi unicamente nel territorio di altri enti territoriali minori escluso tuttavia, proprio quello della provincia delegata. Inoltre, l'attribuzione per legge dei poteri gestionali delle riserve faunistiche alla Federazione italiana della caccia, sezione provinciale di Trento, sancisce cogentemente la condizione di associazione maggioritaria attribuendone, altresi', secondo modalita' assai difficilmente modificabili, una posizione di enorme vantaggio sulle altre associazioni probabilmente in contrasto con i principi affermati negli artt. 3, 18 e 97 della Costituzione. Invero, l'imposizione per legge di un'irragionevole posizione di vantaggio ad un'associazione di diritto privato, come la sezione provinciale della Federazione italiana della caccia rispetto alle altre associazioni venatorie, puo' rappresentare violazione dei principi anzidetti. E', infatti, di tutta evidenza che fino a quando la Federcaccia potra' godere, in via esclusiva, del rapporto di concessione e disporre in virtu' della propria posizione delle ingenti rimesse di fondi provenienti sia dalla contribuzione pubblica sia, attraverso i proventi dell'ettaraggio, cioe', dai versamenti cui sono tenuti i cacciatori per lo ottenimento del "permesso di caccia", la posizione di predominio di tale associazione appare molto difficilmente modificabile. Conseguentemente, puo' ipotizzarsi la lesione sostanziale del diritto di libera associazione, costituzionalmente garantito ai cittadini cacciatori appartenenti ad altre associazioni venatorie a meno che, non si ritenga che tale principio venga, adeguatamente e non soltanto formalmente, rispettato attraverso la previsione della partecipazione alle assemblee ed ai consigli direttivi della Federcaccia e mediante la gestione delle riserve in favore anche di cacciatori non iscritti, a quest'ultima associazione. I dubbi sotto il profilo delle legittimita' costituzionali sono rafforzati dal contrasto apparentemente esistente tra le disposizioni denunciate e la normativa fondamentale di cui alla legge n. 968/1977 in ordine al superamento sul piano nazionale, del c.d. regime concessorio rappresentato dalle disposizioni degli artt. 1, 2, 8, 9, 10, 15, 29 e 30. In particolare, oltre alle osservazioni gia' formu- late, occorre a questo punto rilevare il contrasto con l'art. 15 della legge n. 968/1977 che impone il limite percentuale del 30% al territorio eventualmente affidabile alla gestione diretta delle associazioni venatorie e quanto previsto per la provincia autonoma di Trento in cui l'intero territorio provinciale e' stato affidato alla concessionaria Federcaccia. Infine, si prospetta la violazione sostanziale dei principi affermati negli artt. 29 e 30 della legge n. 968/1977 che sanciscono il pluralismo delle associazioni venatorie. L'attuale situazione di fatto potrebbe, altresi', concretare una violazione, al principio costituzionale della imparzialita' della pubblica amministrazione enunciato all'art. 97 della Costituzione, che trova applicazione, necessariamente, anche per la provincia autonoma di Trento (cfr. relativamente agli uffici regionali tra le altre: Corte costituzionale n. 10/1980, 728/1988 e 19/1989). Per mero scrupolo si ritiene di prospettare in aggiunta a quelle sopra svolte, l'eccepita violazione del principio solidaristico anche se cio', ad avviso di questo pretore non sembra convincente perche' nel ragionamento svolto dal deducente si colgono i segni di una evidente forzatura. La presunta violazione del principio solidaristico stabilito all'art. 2 della Costituzione troverebbe un qualche fondamento soltanto, laddove, fosse possibile rinvenire dal complesso unitario delle singole disposizioni di cui alla legge n. 968/1977, la conclusione che all'esercizio venatorio deve riconoscersi una funzione di tutela della fauna selvatica che comporti la partecipazione del cittadino-cacciatore all'opera di gestione ed alla migliore conservazione del patrimonio faunistico nazionale. Pertanto, in tale ambito si potrebbe astrattamente ipotizzare l'instaurazione di un rapporto tra il cittadino-cacciatore e la comunita' nazionale in cui all'iniziativa del primo venga attribuito carattere di attivita' socialmente utile, latu sensu economica che richieda, quindi, il necessario coordinamento al fine di assicurarne la funzione sociale in armonia con il principio di solidarieta' di cui all'art. 2 della Costituzione. Per completezza di trattazione ed in via incidentale, si rileva che, diversamente, dalla provincia autonoma di Trento, quella di Bolzano mediante l'approvazione della legge organica di settore (l.p. 17 luglio 1987, n. 14), all'art. 23 ha stabilito che la gestione delle riserve di diritto puo' e non, invece, deve essere affidata all'"associazione piu' rappresentativa nell'ambito della provincia". Pertanto in base alle considerazioni sopra esposte, viene sollevata la questione di illegittimita' costituzionale delle seguenti disposizioni: b) l.r. 7 settembre 1964, n. 30, artt. 1 e 2, nella parte in cui vengono costituiti in riserve di caccia di diritto i territori di cui all'allegato elenco, affidandone la gestione alle sezioni provinciali della Federazione italiana della caccia a vantaggio dei cacciatori iscritti e non iscritti; c) d.p.g.r. 13 agosto 1965, n. 129, artt. 1 e 2, nella parte in cui affidano alle menzionate sezioni provinciali, la gestione delle riserve di diritto prevedendo per le altre associazioni venatorie, soltanto, la partecipazione alle assemblee ed ai consigli direttivi delle prime; d) d.p.g.r. 13 agosto 1965, n. 129, art. 5, nella parte in cui attribuisce alla sezione provinciale della Federcaccia, il rilascio del permesso venatorio subordinando tale operazione al preventivo versamento del contributo per le spese di gestione, sorveglianza e ripopolamento, nonche' nella parte in cui attribuisce la determinazione del contributo stesso alla sezione provinciale con limitazione del controllo pubblico sulla medesima soltanto a motivi di legittimita' e non di merito; e) l.p. 9 dicembre 1978, n. 56, art. 7, nella parte in cui autorizza la giunta provinciale a stipulare convenzioni per i fini, ivi, indicati unicamente con la sezione provinciale della Federcaccia perche' in contrasto con gli artt. 2, 3, 5, 18, 97, 116, 117, 118 e 120 della Costituzione in relazione agli artt. 4, primo comma, 8, n. 15), 18 e 105, del d.P.R. n. 670/1972
P. Q. M. Visti gli artt. 134 della legge costituzionale, 1 della legge costituzione 9 febbraio 1948, n. 1, e 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Dichiara rilevante e non manifestamente infondata, la questione di legittimita' costituzionale della: a) l.p. 9 dicembre 1978, n. 56, artt. 1, 2 e 3, per contrasto con gli artt. 5, 116 e 117 della Costituzione, in relazione agli artt. 4, primo comma, e 8, n. 15), del d.P.R. 31 agosto 1972 n. 670; Dichiara rilevante e non manifestamente infondate, le questioni di legittimita' costituzionali delle: b) l.r. 7 settembre 1964, n. 30, artt. 1 e 2, nella parte in cui vengono costituiti in riserve di caccia di diritto i territori di cui all'allegato elenco, affidandone la gestione alle sezioni provinciali della Federazione italiana della caccia a vantaggio dei cacciatori iscritti e non iscritti; c) d.p.g.r. 13 agosto 1965, n. 129, artt. 1 e 2, nella parte in cui affidano alle mezionate sezioni provinciali, la gestione delle riserve di diritto prevedendo per le altre associazioni venatorie, soltanto, la partecipazione alle assemblee ed ai consigli direttivi delle prime; d) d.p.g.r. 13 agosto 1965, n. 129, art. 5, nella parte in cui attribuisce alla sezione provinciale della Federcaccia, il rilascio del permesso venatorio subordinando tale operazione al preventivo versamento del contributo per le spese di gestione, sorveglianza e ripopolamento, nonche' nella parte in cui attribuisce la determinazione del contributo stesso alla sezione provinciale con limitazione del controllo pubblico sulla medesima soltanto a motivi di legittimita' e non di merito; e) l.p. 9 dicembre 1978, n. 56, art. 7 nella parte in cui autorizza la giunta provinciale a stipulare convenzioni per i fini, ivi, indicati unicamente con la sezione provinciale della Federcaccia per contrasto con gli artt. 2, 3, 5, 18, 97, 116, 117, 118 e 120 della Costituzione in relazione agli artt. 4, primo comma, 8, n. 15), 18 e 105, del d.P.R. n. 670/1972; Ordina la sospensione del presente giudizio; Dispone la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Ordina che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza venga notificata alle parti in causa, nonche' al Presidente della giunta provinciale della provincia autonoma di Trento, al presidente della giunta regionale Trentino-Alto Adige e comunicata al presidente del consiglio provinciale della stessa provincia di Trento ed al presidente del medesimo consiglio reginale. Tione di Trento, addi' 20 novembre 1990 Il pretore: SERAO 91C0637