N. 352 ORDINANZA (Atto di promovimento) 20 novembre 1990- 13 maggio 1991

                                N. 352
      Ordinanza emessa il 20 novembre 1990 (pervenuta alla Corte
   costituzionale il 13 maggio 1991) dal pretore di Trento, sezione
    distaccata di Tione di Trento, nel procedimento civile vertente
    tra Mattei Luciano e la provincia autonoma di Trento, servizio
                       foreste, caccia e pesca.
 Regione Trentino-Alto Adige - Caccia - Costituzione in riserve di
    caccia  dei  territori  di  cui  all'elenco  allegato  alla  legge
    regionale impugnata ed affidamento  della  gestione  alle  sezioni
    provinciali della Federazione italiana della caccia a vantaggio di
    cacciatori  iscritti  e  non  iscritti - Affidamento alle predette
    sezioni della gestione delle riserve di diritto e  previsione  per
    le altre associazioni venatorie soltanto della partecipazione alle
    assemblee ed ai consigli direttivi delle prime - Attribuzione alla
    sezione  provinciale  della Federcaccia della facolta' di rilascio
    del permesso venatorio subordinata al  preventivo  versamento  del
    contributo  per le spese di gestione, sorveglianza e ripopolamento
    - Attribuzione del potere di determinare il contributo stesso alla
    sezione provinciale con limitazione del controllo pubblico ai soli
    motivi di legittimita' - Autorizzazione della giunta provinciale a
    stipulare convenzioni con la sezione provinciale della Federcaccia
    - Elusione della normativa statale vigente in materia di  indebita
    invasione  della  sfera  di  competenza  statale  -  Incidenza sui
    principi di uguaglianza, nonche' di imparzialita' e buon andamento
    della p.a. - Riferimento alle sentenze della Corte  costituzionale
    nn. 4 e 13 del 1964, 37/1966, 92/1968, 20/1970, 151/1972, 95/1978,
    10/1980, 219/1984, 151/1986, 99/1987, 728 e 1002/1988 e 19/1989.
 (Legge provincia Trento 9 dicembre 1978, n. 56, artt. 1, 2 e 3; legge
    regione  Trentino-Alto Adige 7 settembre 1964, n. 30, artt. 1 e 2;
    decreto del presidente della giunta regione Trentino-Alto Adige 13
    agosto 1965, n. 129, artt. 1, 2 e  5;  legge  provincia  Trento  9
    dicembre 1978, n. 56, art. 7).
 (Cost., artt. 2, 3, 5, 18, 97, 116, 117, 118 e 120; statuto
    Trentino-Alto Adige, artt. 4, 8, n. 15, 18 e 105).
(GU n.22 del 5-6-1991 )
                              IL PRETORE
    Ha  pronunciato la seguente ordinanza nella causa civile, iscritta
 al n. 26024 del registro generale degli affari contenziosi  dell'anno
 1990, promossa da Mattei Luciano, elettivamente domiciliato in Trento
 via  S.  Francesco  n.  10,  presso lo studio del dott. proc. Stefano
 Pantezzi, che lo rappresenta e difende giusta procura a  margine  del
 ricorso, ricorrente, contro la provincia autonoma di Trento, servizio
 foreste,  caccia  e  pesca,  in  persona del legale rappresentante in
 carica, difesa dal m.llo for.le Renzo Giacometti, giusta  delega  dd.
 13 aprile 1990, resistente.
    Oggetto: ricorso ex art. 22 della legge n. 689/1981.
                           PREMESSO IN FATTO
    Con  ricorso,  depositato  il  21  febbraio  1990,  Mattei Luciano
 proponeva opposizione avverso le ordinanze-ingiunzioni, ciascuna  per
 l'importo  di  L. 245.000, emesse dalla provincia autonoma di Trento,
 servizio foreste, caccia e pesca in data 8 gennaio 1990 e  notificate
 il  successivo  23  gennaio 1990, a titolo di sanzione amministrativa
 per le infrazioni accertate con i pp.vv. nn. 106-107 del 13 settembre
 1990.
    Nei citati verbali di accertamento al Mattei, era stata contestata
 la violazione degli artt. 1 e 43 del r.d. 5 giugno 1939, n.  1016,  e
 successive  modificazioni,  cioe', l'esercizio della caccia "senza il
 permesso del concessionario", ai sensi  dell'art.  1  del  calendario
 venatorio vigente (1988-1989).
    In   via   preliminare,   l'opponente   eccepiva   l'llegittimita'
 costituzionale della l.p. 9 dicembre 1978, n. 56, per  contrasto  con
 gli  artt.  4 e 8 dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige e
 con l'art.  116  della  Costituzione,  ed  in  generale,  dell'intera
 normativa  locale sulla caccia, per contrasto con gli artt. 2, 3, 18,
 97, 116, 117, 118 e 120 della Costituzione in relazione con gli artt.
 4, 8, 18 e 105 dello statuto di autonomia, come esposto nelle memorie
 dd. 22 febbraio 1990 e 16 ottobre 1990.
                        CONSIDERATO IN DIRITTO
    1. - In ordine alla rilevanza.
    Le questioni di  legittimita'  costituzionale  sollevate,  nonche'
 rilevate  d'ufficio  appaiono,  allo  stato  degli atti, rilevanti ai
 sensi dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87,  perche'  aventi
 ad  oggetto  disposizioni  come  quelle degli artt. 1 e 43 del t.u. 5
 giugno 1939, n. 1016, richiamato dall'art. 1 della  l.p.  9  dicembre
 1978,  n.  56,  nonche' della l.r. 7 settembre 1964, n. 30, di cui si
 deve necessariamente, fare applicazione nel giudizio pendente dinanzi
 a questo pretore.
    In sostanza, la causa - conformemente  all'indirizzo  generalmente
 affermatosi  in  giurisprudenza  e  condiviso  sostanzialmente, dalla
 stessa Corte  costituzionale  -  non  puo',  prevedibilmente,  essere
 decisa senza la risoluzione delle predette questioni.
    2. - Il quadro normativo.
    Ai  sensi  del combinato disposto degli artt. 4, primo comma, e 8,
 n. 15, del d.P.R. 31 agosto 1972,  n.  670  "Approvazione  del  testo
 unico  delle leggi costituzionali concernenti lo statuto speciale per
 il Trentino-Alto Adige", alla provincia autonoma di Trento  e'  stata
 attribuita  potesta'  esclusiva  in  materia di caccia. Tale potesta'
 normativa  deve  essere,  tuttavia,  esercitata  in  armonia  con  la
 Costituzione  ed  i principi dell'ordinamento giuridico dello Stato e
 con il rispetto  degli  obblighi  internazionali  e  degli  interessi
 nazionali,  nonche' delle norme fondamentali delle riforme economico-
 sociali della Repubblica.
    Per completezza espositiva si rileva che la menzionata  competenza
 incontra,  inoltre, i limiti indicati nell'art. 8, lettere a), b), c)
 ed i) del d.P.R. 22 marzo  1974,  n.  279,  contenente  le  norme  di
 attuazione  dello  statuto  in  questa  materia  e, cioe', la riserva
 statale  relativamente  ai  rapporti internazionali, all'applicazione
 dei regolamenti CEE, alla ricerca e  sperimentazione  scientifica  di
 interesse  nazionale ed al rilascio delle licenze di porto d'armi per
 uso di caccia.
    Diversa e', ovviamente,  la  posizione  delle  regioni  a  statuto
 ordinario  per  le  quali  la  Costituzione all'art. 117 attribuisce,
 soltanto, la competenza concorrente con quella statale in materia  di
 caccia   realizzata,  sul  piano  del  trasferimento  delle  relative
 funzioni  amministrative,  mediante  l'approvazione  del  d.P.R.   15
 gennaio  1972, n. 11, e del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, artt. 99 e
 100.
    Com'e' noto, in quest'ultimo contesto la legge 27  dicembre  1977,
 n.  986,  rappresenta  la legge-quadro per l'esercizio da parte delle
 regioni a statuto ordinario, delle proprie competenze legislative  in
 tale settore.
    Assai  significativi  della  nuova considerazione della materia in
 argomento, si appalesano i principi contenuti nelle norme di cui agli
 artt. 1, 2, 8, 10 e 15 della citata legge n. 968/1977 per la  solenne
 affermazione  dell'appartenenza  della  fauna salvatica al patrimonio
 indisponibile dello  Stato,  per  l'affievolimento  del  tradizionale
 diritto  di  caccia in funzione conservativa del predetto patrimonio,
 nonche' per l'introduzione di un  regime  di  caccia  controllata  in
 tutto il territorio nazionale da gestirsi, socialmente.
    L'art.  34  della  legge  27  dicembre  1977,  n.  968, prevedeva,
 inoltre, che le regioni emanassero le norme in materia entro un  anno
 dalla data di entrata in vigore della stessa.
    La  provincia autonoma di Trento, pur ben avendo presente la legge
 n. 968/1977 in quanto espressamente richiamata dagli artt. 2, 3 e  4,
 emanava  la  l.p.  9  dicembre  1978, n. 56, intitolata "Disposizioni
 transitorie in materia di protezione della fauna e  disciplina  della
 caccia",  la quale, all'art. 1 stabiliva che "Fino a quando non sara'
 emanata una legge provinciale organica per la protezione della  fauna
 e  la  disciplina  della caccia, continuano ad avere applicazione nel
 territorio della provincia autonoma di Trento le  norme  del  t.u.  5
 giugno  1939, n. 1016, modificato con la legge 2 agosto 1967, n. 799,
 le leggi della regione Trentino-Alto Adige 7 settembre 1964,  n.  30,
 16  novembre  1969,  n.  12 e 31 agosto 1970, n. 19, nonche' la legge
 provinciale 5 ottobre 1976, n. 38".
    3. - Profili d'incostituzionalita'.
    3.1.) - Premessa.
    Questo pretore conosce l'ordinanza 26 gennaio 1988 n. 117, con  la
 quale   la   Corte  costituzionale  aveva  dichiarato  manifestamente
 inamissibili le questioni d'incostituzionalita' sollevate dal pretore
 di Mezzolombardo, nonche' l'avviso  della  suprema  Corte  (Cass.  23
 aprile  1987  n.  3923) e del Consiglio di Stato (c. Stato sez. VI 26
 luglio 1986 n. 565) secondo cui, rispettivamente, la l.p. n.  56/1978
 "regola  la  materia  con  rinvio  di natura recettizia alla suddetta
 disciplina statale e  regionale  e,  quindi,  inserendo  nel  proprio
 ordinamento  le  relative  disposizioni"  le rende cosi' "insensibili
 alla sopravvenuta loro abrogazione in base alla legge-quadro  statale
 27  dicembre  1977,  n. 968", e la "normativa della regione Trentino-
 Alto Adige e della provincia autonoma di Trento in materia di  caccia
 non e' stata abrogata dalla legge-quadro 27 dicembre 1977, n. 968, in
 quanto  l'enunciazione del principio in quest'ultima contenuto che la
 selvaggina e' proprieta' dello Stato non e' in contrasto con le norme
 locali che disciplinano, a protezione della fauna, l'esercizio  della
 caccia  nell'ambito  di  una  materia  che  rientra  nella competenza
 esclusiva di detti enti".
   Cio'  premesso  doverosamente,  si  ritiene  necessario  investire,
 ancora  la  Corte  costituzionale  alla  quale,  soltanto, spetta nel
 nostro sistema positivo, l'esame di costituzionalita' per i seguenti,
 nuovi ed ulteriori profili  di  illegittimita'  che,  ad  avviso  del
 giudice a quo non appaiono manifestamente infondati.
    3.2.) - Primo profilo.
    In  questa  indagine, e' necessario partire dal presupposto che le
 leggi regionali e quelle provinciali, anche se emanate nelle  materie
 ad  esse  riservate  in via esclusiva, non possano essere poste sullo
 stesso medesimo piano delle leggi  statali  (Corte  cost.  30  giugno
 1964,  n.  66),  a  causa  dei  limiti che discendono o, da esplicite
 previsioni degli statuti e, cioe', dagli artt. 4 e 8  del  d.P.R.  n.
 670/1972,  relativamente  alla  provincia autonoma di Trento, ovvero,
 dal principio fondamentale  dell'unita'  della  Repubblica,  espresso
 dall'art. 5 della Costituzione.
    Al  riguardo  si  osserva che nell'affrontare l'esame dei rapporti
 tra la legge 27 dicembre 1977, n. 968 (artt. 1, 2 e 11) e  gli  artt.
 8,  n.  15)  dello  Statuto  speciale Trentino-Alto Adige e 116 della
 Costituzione, la Corte (Corte  costituzionale  27  ottobre  1988,  n.
 1002),  ha  recentemente  stabilito che la prima si caratterizza come
 legge  di  riforma   economico-sociale   suscettibile,   quindi,   di
 condizionare in materia di caccia tutte le regioni, comprese quelle a
 statuto  speciale  e  le  provincie  autonome, ai sensi dell'art. 117
 della Costituzione.
    E'  evidente  l'importanza  di  tale  affermazione  che  prescinde
 necessariamente  dalla  specifica  questione  decisa, cioe', l'elenco
 delle specie cacciabili perche' in tal modo la  Corte  costituzionale
 dimostra  di  aver  ritenuto la legge n. 968/1977 - in relazione agli
 aspetti innovativi dei suoi contenuti, nonche'  agli  scopi  ed  alle
 motivazioni  politico-economiche,  riferite  ad  un  settore  che  ha
 assunto sempre maggiori implicazioni di  tipo  economico  e  sociale,
 come  quella  relativa  alla  protezione della fauna ed all'esercizio
 della caccia - alla stregua di legge di riforma economico-sociale.
    Come si e' visto in precedenza (cfr.  n.  2),  il  rispetto  delle
 norme fondamentali delle riforme economiche-sociali della Repubblica,
 rappresenta  uno  dei  limiti  che  la potesta' legislativa esclusiva
 della provincia autonoma di Trento incontra nella  sua  esplicazione,
 per  espressa  previsione degli artt. 4, primo comma, e 8, n. 15) del
 d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670.
    Sul  punto,  si  osserva  come  la  Corte   costituzionale   abbia
 ricompreso  in  via  esemplificativa, tra le norme fondamentali delle
 riforme economico-sociali della Repubblica, quelle dettate in materia
 di piano regolatore generale per gli acquedotti (Corte costituzionale
 1ยบ  febbraio  1964,  n.  4),  di  nazionalizzazione   delle   imprese
 produttrici  di energia elettrica (Corte costituzionale 7 marzo 1964,
 n. 13),  di  istituzione  degli  enti  di  riforma  fondiaria  (Corte
 costituzionale   14  maggio  1966,  n.  37),  di  piani  di  edilizia
 scolastica (Corte costituzionale  10  luglio  1968,  n.  92)  ed,  in
 generale,   di  programmazione  nazionale  (Corte  costituzionale  18
 febbraio  1970,  n.  20 e 14 luglio 1972, n. 151), oltre al principio
 del punto uguale  di  contingenza  per  il  pubblico  impiego  (Corte
 costituzionale 20 aprile 1978, n. 45).
    La dottrina pubblicistica, nel tentativo di definire il menzionato
 vincolo,  ritiene che le riforme economico-sociali siano quelle rela-
 tive alla modificazione strutturale di istituti giuridici che abbiano
 portata  generale  per  cui,  l'ordinamento  giuridico  non  potrebbe
 tollerare  normazioni parziali in contrasto con esse, con l'ulteriore
 specificazione  che  il  vincolo  deve  essere   comunque,   limitato
 all'osservanza  delle  norme  fondamentali  che  lo  Stato  emana  in
 materia.
    In altri termini, il vincolo  opera  soltanto  per  le  regole  di
 carattere  generalissimo che caratterizzano la disciplina del settore
 economico o sociale  interessato,  tendenti  ad  assicurare  l'unita'
 dell'ordinamento e la sua uniformita'.
    Il problema e', quindi, quello di accertare se anche alla legge 27
 dicembre  1977,  n. 968, ed in che modo, debba essere riconosciuto il
 carattere di legge di riforma economico-sociale come la stessa  Corte
 costituzionale  sembra  aver  stabilito  con  la  citata  sentenza n.
 1002/1988.
    Invero, ad avviso del  giudice  remittente,  i  principi  espressi
 nella  legge  n.  968/1977,  secondo  cui  la  "fauna"  e non piu' la
 "selvaggina", appartiene  al  patrimonio  indisponibile  dello  Stato
 (art.  1);  la  soppressione delle tradizionali "riserve", sostituite
 dalle nuove forme di gestione del territorio previste  dall'art.  15;
 l'abbandono   del   contenuto  "concessorio"  dell'uso  della  fauna,
 connesse al rilascio delle licenze di caccia (art. 8) e  l'estensione
 della  validita' di queste ultime a tutto il territorio nazionale con
 carattere di gratuita' in regime di  caccia  controllata  (art.  10),
 rappresentano    altrettante    innovazioni   di   portata   generale
 incompatibili, con l'impostazione del vecchio testo  unico  5  agosto
 1939, n. 1016, e successive modificazioni.
    Conseguentemente,   la   l.p.  9  dicembre  1978,  n.  56,  ed  in
 particolare, gli artt. 1, 2 e 3 presentano fondati  dubbi  in  ordine
 alla relativa legittimita' costituzionale in quanto, come si e' visto
 in  precedenza,  tale legge eludendo sostanzialmente la previsione di
 cui all'art. 34  della  legge  n.  968/1977  e  rinviando  sine  die,
 l'emanazione di una legge provinciale organica settoriale, attraverso
 la  tecnica del rinvio recettizio alla disciplina statale e regionale
 precedente  ha,  in  concreto,  conservato  entro  i  propri  confini
 territoriali, la vigenza della legislazione statale abrogata.
    Secondo  questo  giudicante, sembra che la situazione in argomento
 possa forse integrare, per  usare  una  espressione  adoperata  dalla
 Corte  costituzionale  nell'ordinanza  n.  117  del  26 gennaio 1988,
 l'ipotesi della legge provinciale che "pur non regolando la  materia,
 pretenda di impedire l'applicazione di norme statali".
    Ne',  puo'  attribuirsi  alla  l.p.  n. 56/1978 il carattere della
 transitorieta',  atteso  il  ritardo  di  oltre  undici  anni   nella
 emanazione   di  una  nuova  legge  provinciale  organica.  A  questo
 proposito, anzi, i numerosi richiami contenuti nella l.p. n.  56/1978
 (cfr.  artt.  2, 3 e 4) alla legge n. 968/1977, sembrano indicare che
 la prima ha inteso, cosi', esplicare la  riserva  di  legge  prevista
 all'art.   34   della  seconda.  In  buona  sostanza,  e'  necessario
 domandarsi se sia legittimo sotto il profilo dei limiti imposti dalla
 Costituzione,  agli  artt.  5,  116 e 117 e dallo statuto speciale di
 autonomia della provincia di Trento agli artt. 4, primo comma,  e  8,
 n.  15),  che il predetto ente abbia legiferato in tema di disciplina
 della caccia, prescindendo completamente se non  in  modo  del  tutto
 formale,    dalla   riforma   economico-sociale   intervenuta   nella
 legislazione statale e rappresentata  dalla  legge  n.  968/1977,  in
 favore  del  mantenimento  sul  proprio  territorio  della  normativa
 nazionale abrogata, attraverso il rinvio operato  dall'art.  1  della
 l.p.  n.  56/1878  cui  non  puo'  piu',  evidentemente,  attribuirsi
 carattere di norma transitoria.
    Alla luce di quanto sopra  esposto  viene,  pertanto,  rimessa  al
 competente   giudice   ad   quem,   la   questione   di  legittimita'
 costituzionale delle seguenti disposizioni:
       a) l.p. 9 dicembre 1978, n. 56, artt. 1, 2 e 3,  per  contrasto
 con gli artt. 5, 116 e 117 della Costituzione in relazione agli artt.
 4, primo comma, e 8, n. 15), del d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670.
    3.2). - Secondo profilo.
    Passando   ore  ad  analizzare  piu'  segnatamente  la  infrazione
 contestata al Mattei e, cioe', la violazione  degli  artt.  1  e  43,
 primo  comma,  del  r.d.  n.  1016/1939  in  relazione all'art. 1 del
 calendario venatorio 1988-1989, si osserva quanto segue.
    Il preteso illecito  amministrativo  viene  individuato  nell'aver
 esercitato  la  caccia  senza  essere  stato in possesso del permesso
 rilasciato, ai sensi dell'art. 5 del d.p.g.r.  13  ottobre  1965,  n.
 129,  dalla  sezione  provinciale  della  Federazione  italiana della
 caccia, competente territorialmente.
    Atteso che tutte le altre condizioni  legislativamente  prescritte
 per  il  legittimo  esercizio dell'attivita' venatoria risulterebbero
 osservate, nelle ordinanze-ingiunzioni opposte il permesso rilasciato
 dalla  Federcaccia,  e',  quindi,   ricondotto   al   "permesso   del
 concessionario", di cui all'art. 43 del t.u. n. 1016/1939.
    Pertanto,  il  permesso  della  Federcaccia  risulta,  allo stato,
 obbligatorio per l'esercizio  legittimo  della  caccia  anche  per  i
 cacciatori   non  iscritti  alla  predetta  associazione  ed  il  suo
 rilascio, voiene subordinato al versamento preventivo del  contributo
 determinato "per le spese di gestione, sorveglianza e ripopolamento".
    Cio'  avviene  in  quanto,  com'e' noto, l'intero territorio della
 provincia autonoma di Trento con esclusione delle sole zone riservate
 ai privati, e' costituito in "riserva di diritto", la cui gestione e'
 affidata, in via esclusiva, alla Federcaccia a  norma  della  l.r.  7
 settembre 1964, n. 30.
    E'  necessario  al  riguardo,  rilevare come la legge n. 968/1977,
 abbia abolito il regime delle  concessioni  previsto  dalla  t.u.  n.
 1016/1939 sostituendovi il "regime gratuito della caccia controllate"
 (art.   10)   con   conseguente   eliminazione   del   "permesso  del
 concessionario", previsto dall'art. 43 del t.u. menzionato.
    A sua volta, l'art. 8 della legge n. 968/1977 prevede il  rilascio
 da  parte  della  regione  di  appartenenza  del  richiedente,  di un
 "tesserino venatorio", valevole per l'intero territorio nazionale.
    Deve essere a questo punto richiamato quanto affermato nella gita'
 citata  sentenza  n.  1002  del   27   ottobre   1988   della   Corte
 costituzionale  secondo cui la legge n. 968/1977 "- in relazione agli
 aspetti innovativi dei suoi contenuti, nonche' ai suoi scopi ed  alle
 sue  motivazioni  politico-economiche,  riferite ad un settore che ha
 assunto  nel  corso  del tempo sempre maggiori implicazioni di ordine
 economico e sociale, quale  quello  relativo  alla  protezione  della
 fauna   selvatica   ed   all'esercizio   della   caccia   -  viene  a
 caratterizzarsi, secondo gli orientamenti ripetutamente  espressi  da
 questa  Corte  (cfr.  sentenza  nn.  219/1984, Foro it., 1985, I, 67;
 151/1986, id., 1986, I. 2690; 99/1987, id., I, 1676)  come  legge  di
 riforma  economico-sociale,  suscettibile di condizionare, attraverso
 le  norme  fondamentali  che  in  essa  e'  dato   identificare,   la
 legislazione  esclusiva  delle  regioni  e  delle province a speciale
 autonomia". A tal fine rilevano, secondo la Corte, le norme enunciate
 negli artt. 1, 2, 8 e 10 della legge n. 968/1977 che costituiscono il
 superamento dei principi gia' affermati in tema di caccia,  dal  t.u.
 n. 1016/1939.
    Come  risulta dalla documentazione allegata da parte ricorrente la
 provincia autonoma di  Trento,  pur  rilasciando  a  chiunque  faccia
 richiesta  il  tesserino venatorio previsto all'art. 8 della legge n.
 968/1977, esclude la validita' del medesimo  sul  proprio  territorio
 attraverso   un'apposita   dichiarazione  stampigliata  ed  unita  al
 documento in cui si precisa che, per  l'esercizio  della  caccia  nel
 predetto  ambito territoriale e' sufficiente e necessario il permesso
 della Federcaccia che sostituisce il tesserino previsto  dall'art.  8
 della legge n. 968/1977.
    Cio'  significa  da  un  lato, che la provincia autonoma di Trento
 esclude nel proprio territorio l'applicazione di una norma vincolante
 della legislazione statale avente il carettere di norma  fondamentale
 di   riforma  economico-sociale  della  Repubblica,  con  conseguente
 violazione degli artt. 5, 116 e 117 della Costituzione, in  relazione
 agli  artt.  4,  primo  comma,  e  8, n. 15) del d.P.R. n. 670/1972 e
 dall'altro lato, che la medesima provincia esplica attivita' delegate
 dallo Stato, con effetti non  al  proprio  interno,  bensi'  soltanto
 all'esterno  del competente ambito territoriale il che suscita alcuni
 dubbi per la possibile violazione anche, degli artt. 117, 118  e  120
 della Costituzione.
    Sul  punto,  osserva che se tale attivita' deve considerarsi quale
 funzione amministrativa delegata dallo  Stato  all'ente  territoriale
 minore,  perplessita'  sorgono  quando  come  nel caso di specie, gli
 effetti di tale attivita' possano svolgersi unicamente nel territorio
 di altri enti territoriali minori escluso  tuttavia,  proprio  quello
 della provincia delegata.
    Inoltre,  l'attribuzione  per  legge  dei  poteri gestionali delle
 riserve faunistiche alla Federazione italiana della  caccia,  sezione
 provinciale   di  Trento,  sancisce  cogentemente  la  condizione  di
 associazione maggioritaria attribuendone, altresi', secondo modalita'
 assai difficilmente modificabili, una posizione di  enorme  vantaggio
 sulle  altre  associazioni  probabilmente in contrasto con i principi
 affermati negli artt. 3, 18 e 97 della Costituzione.
    Invero, l'imposizione per legge di un'irragionevole  posizione  di
 vantaggio  ad  un'associazione  di  diritto  privato, come la sezione
 provinciale della Federazione italiana  della  caccia  rispetto  alle
 altre  associazioni  venatorie,  puo'  rappresentare  violazione  dei
 principi anzidetti. E', infatti, di tutta evidenza che fino a  quando
 la  Federcaccia  potra'  godere,  in  via  esclusiva, del rapporto di
 concessione e  disporre  in  virtu'  della  propria  posizione  delle
 ingenti rimesse di fondi provenienti sia dalla contribuzione pubblica
 sia, attraverso i proventi dell'ettaraggio, cioe', dai versamenti cui
 sono tenuti i cacciatori per lo ottenimento del "permesso di caccia",
 la   posizione  di  predominio  di  tale  associazione  appare  molto
 difficilmente modificabile.
    Conseguentemente, puo'  ipotizzarsi  la  lesione  sostanziale  del
 diritto  di  libera  associazione,  costituzionalmente  garantito  ai
 cittadini cacciatori appartenenti ad altre associazioni  venatorie  a
 meno  che,  non  si ritenga che tale principio venga, adeguatamente e
 non soltanto formalmente, rispettato attraverso la  previsione  della
 partecipazione   alle   assemblee  ed  ai  consigli  direttivi  della
 Federcaccia e mediante la gestione delle riserve in favore  anche  di
 cacciatori non iscritti, a quest'ultima associazione.
    I  dubbi  sotto  il profilo delle legittimita' costituzionali sono
 rafforzati dal contrasto apparentemente esistente tra le disposizioni
 denunciate e la normativa fondamentale di cui alla legge n.  968/1977
 in  ordine  al  superamento  sul  piano  nazionale,  del  c.d. regime
 concessorio rappresentato dalle disposizioni degli artt. 1, 2, 8,  9,
 10,  15, 29 e 30. In particolare, oltre alle osservazioni gia' formu-
 late, occorre a questo punto rilevare  il  contrasto  con  l'art.  15
 della  legge  n. 968/1977 che impone il limite percentuale del 30% al
 territorio  eventualmente  affidabile  alla  gestione  diretta  delle
 associazioni venatorie e quanto previsto per la provincia autonoma di
 Trento  in cui l'intero territorio provinciale e' stato affidato alla
 concessionaria  Federcaccia.  Infine,  si  prospetta  la   violazione
 sostanziale dei principi affermati negli artt. 29 e 30 della legge n.
 968/1977 che sanciscono il pluralismo delle associazioni venatorie.
    L'attuale  situazione  di fatto potrebbe, altresi', concretare una
 violazione, al principio  costituzionale  della  imparzialita'  della
 pubblica  amministrazione  enunciato  all'art. 97 della Costituzione,
 che trova  applicazione,  necessariamente,  anche  per  la  provincia
 autonoma  di  Trento (cfr. relativamente agli uffici regionali tra le
 altre: Corte costituzionale n. 10/1980, 728/1988 e 19/1989).
    Per mero scrupolo si ritiene di prospettare in aggiunta  a  quelle
 sopra svolte, l'eccepita violazione del principio solidaristico anche
 se  cio',  ad avviso di questo pretore non sembra convincente perche'
 nel ragionamento svolto dal deducente  si  colgono  i  segni  di  una
 evidente forzatura.
    La  presunta  violazione  del  principio  solidaristico  stabilito
 all'art.  2  della  Costituzione  troverebbe  un  qualche  fondamento
 soltanto,  laddove,  fosse possibile rinvenire dal complesso unitario
 delle  singole  disposizioni  di  cui  alla  legge  n.  968/1977,  la
 conclusione   che   all'esercizio  venatorio  deve  riconoscersi  una
 funzione  di  tutela  della   fauna   selvatica   che   comporti   la
 partecipazione del cittadino-cacciatore all'opera di gestione ed alla
 migliore conservazione del patrimonio faunistico nazionale. Pertanto,
 in  tale  ambito si potrebbe astrattamente ipotizzare l'instaurazione
 di un rapporto tra il cittadino-cacciatore e la  comunita'  nazionale
 in  cui  all'iniziativa  del  primo  venga  attribuito  carattere  di
 attivita' socialmente  utile,  latu  sensu  economica  che  richieda,
 quindi,  il  necessario  coordinamento  al  fine  di  assicurarne  la
 funzione sociale in armonia con il principio di solidarieta'  di  cui
 all'art.  2  della Costituzione. Per completezza di trattazione ed in
 via  incidentale,  si  rileva  che,  diversamente,  dalla   provincia
 autonoma  di  Trento, quella di Bolzano mediante l'approvazione della
 legge  organica  di settore (l.p. 17 luglio 1987, n. 14), all'art. 23
 ha stabilito che la gestione delle riserve di  diritto  puo'  e  non,
 invece,  deve  essere affidata all'"associazione piu' rappresentativa
 nell'ambito della provincia".
    Pertanto  in  base  alle  considerazioni  sopra   esposte,   viene
 sollevata   la   questione  di  illegittimita'  costituzionale  delle
 seguenti disposizioni:
       b) l.r. 7 settembre 1964, n. 30, artt. 1 e 2,  nella  parte  in
 cui vengono costituiti in riserve di caccia di diritto i territori di
 cui   all'allegato  elenco,  affidandone  la  gestione  alle  sezioni
 provinciali della Federazione italiana della caccia a  vantaggio  dei
 cacciatori iscritti e non iscritti;
       c) d.p.g.r. 13 agosto 1965, n. 129, artt. 1 e 2, nella parte in
 cui  affidano  alle menzionate sezioni provinciali, la gestione delle
 riserve di diritto prevedendo per le  altre  associazioni  venatorie,
 soltanto,  la  partecipazione alle assemblee ed ai consigli direttivi
 delle prime;
       d) d.p.g.r. 13 agosto 1965, n. 129, art. 5, nella parte in  cui
 attribuisce  alla  sezione provinciale della Federcaccia, il rilascio
 del permesso venatorio subordinando  tale  operazione  al  preventivo
 versamento  del  contributo  per le spese di gestione, sorveglianza e
 ripopolamento,  nonche'   nella   parte   in   cui   attribuisce   la
 determinazione  del  contributo  stesso  alla sezione provinciale con
 limitazione del controllo pubblico sulla medesima soltanto  a  motivi
 di legittimita' e non di merito;
       e)  l.p.  9  dicembre  1978,  n. 56, art. 7, nella parte in cui
 autorizza la giunta provinciale a stipulare convenzioni per  i  fini,
 ivi, indicati unicamente con la sezione provinciale della Federcaccia
 perche'  in  contrasto con gli artt. 2, 3, 5, 18, 97, 116, 117, 118 e
 120 della Costituzione in relazione agli artt. 4, primo comma, 8,  n.
 15), 18 e 105, del d.P.R. n. 670/1972
                               P. Q. M.
    Visti  gli  artt.  134  della  legge costituzionale, 1 della legge
 costituzione 9 febbraio 1948, n. 1, e 23 della legge 11  marzo  1953,
 n. 87;
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata, la questione di
 legittimita' costituzionale della:
       a)  l.p.  9 dicembre 1978, n. 56, artt. 1, 2 e 3, per contrasto
 con gli artt. 5, 116 e 117  della  Costituzione,  in  relazione  agli
 artt. 4, primo comma, e 8, n. 15), del d.P.R. 31 agosto 1972 n. 670;
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondate, le questioni di
 legittimita' costituzionali delle:
       b)  l.r.  7  settembre 1964, n. 30, artt. 1 e 2, nella parte in
 cui vengono costituiti in riserve di caccia di diritto i territori di
 cui  all'allegato  elenco,  affidandone  la  gestione  alle   sezioni
 provinciali  della  Federazione italiana della caccia a vantaggio dei
 cacciatori iscritti e non iscritti;
       c) d.p.g.r. 13 agosto 1965, n. 129, artt. 1 e 2, nella parte in
 cui affidano alle mezionate sezioni provinciali,  la  gestione  delle
 riserve  di  diritto  prevedendo per le altre associazioni venatorie,
 soltanto, la partecipazione alle assemblee ed ai  consigli  direttivi
 delle prime;
       d)  d.p.g.r. 13 agosto 1965, n. 129, art. 5, nella parte in cui
 attribuisce alla sezione provinciale della Federcaccia,  il  rilascio
 del  permesso  venatorio  subordinando  tale operazione al preventivo
 versamento del contributo per le spese di  gestione,  sorveglianza  e
 ripopolamento,   nonche'   nella   parte   in   cui   attribuisce  la
 determinazione del contributo stesso  alla  sezione  provinciale  con
 limitazione  del  controllo pubblico sulla medesima soltanto a motivi
 di legittimita' e non di merito;
       e) l.p. 9 dicembre 1978, n. 56,  art.  7  nella  parte  in  cui
 autorizza  la  giunta provinciale a stipulare convenzioni per i fini,
 ivi, indicati unicamente con la sezione provinciale della Federcaccia
 per contrasto con gli artt. 2, 3, 5, 18, 97,  116,  117,  118  e  120
 della Costituzione in relazione agli artt. 4, primo comma, 8, n. 15),
 18 e 105, del d.P.R. n. 670/1972;
    Ordina la sospensione del presente giudizio;
    Dispone la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale;
    Ordina  che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza venga
 notificata alle parti in causa, nonche' al  Presidente  della  giunta
 provinciale  della  provincia autonoma di Trento, al presidente della
 giunta regionale Trentino-Alto Adige e comunicata al  presidente  del
 consiglio   provinciale  della  stessa  provincia  di  Trento  ed  al
 presidente del medesimo consiglio reginale.
      Tione di Trento, addi' 20 novembre 1990
                           Il pretore: SERAO

 91C0637