N. 353 ORDINANZA (Atto di promovimento) 23 febbraio 1991
N. 353 Ordinanza emessa il 23 febbraio 1991 dal giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Ancona sugli atti relativi all'esposto di Oca Giuseppe contro ufficio I.V.A. di Ancona Processo penale - Richiesta di archiviazione non condivisa dal g.i.p. - Restituzione degli atti al p.m. per ulteriori indagini - Ritenuta obbligatorieta' - Mancata o parziale ottemperanza - Inesistenza di conseguenze procedurali - Obbligatorieta' dell'avocazione del p.g. in caso di inottemperanza - Omessa previsione - Non previsto inserimento nell'elenco ex art. 127 del d.lgs. n. 271/1989 anche dei casi di indagini preliminari non espletate, pur se richieste dal g.i.p. - Violazione dei principi di buon andamento dell'amministrazione della giustizia, della soggezione del giudice alla sola legge, nonche' dell'obbligatorieta' dell'azione penale. (C.P.P. 1988, artt. 409, quarto comma, e 412, secondo comma; d.lgs. 28 luglio 1989, n. 271, art. 127). (Cost., artt. 2, 3, 97, 101 e 112.(GU n.22 del 5-6-1991 )
IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI Letta la richiesta del p.m. di archiviazione della notizia di reato, reiterata il 19 febbraio 1991; Atteso che la stessa non puo' ancora essere esaminata nel merito in quanto prematura, avendo l'a.g.o. requirente ottemperato soltanto parzialmente all'ordinanza del g.i.p. del tribunale di Ancona del 29 dicembre 1990 che ha disposto supplemento di indagini preliminari; Preso atto, a questo specifico proposito, che l'audizione testimoniale e' stata riduttiva cioe' limitata alla prole del commercialista autore dell'esposto-denuncia Ancona 5 ottobre 1990, tale Oca Giovanna (v. f. 80) e del terzo finanziere in pensione Marsala Isidoro (v. f. 79), il tutto senza dare corso all'escussione ex art. 377 n. 1) del nuovo c.p.p. di tutte le altre persone indicate originariamente dalla parte offesa (indicazione recepita dal giudicante in sede di ordinanza), audizione ovviamente ritenuta importante, conferente ai fini decisori, se non addirittura determinante; Premesso che nello stesso dispositivo del detto provvedimento e' detto esplicitamente "fatta salva ovviamente ogni autonoma valutazione delle risultanze testimoniali e prima ancora dell'attendibilita' o meno delle persone da escutere"; Poiche' a tal punto tale parte dell'ordinanza e' stata erroneamente interpretata dal p.m. titolare delle indagini preliminari come implicita autorizzazione a ritenere talune audizioni "sovrabbondanti" e ad espletare l'incombente soltanto in parte, mentre al contrario nella parte iniziale del dispositivo e' detto "audizione testimoniale sui fatti di cui alla denuncia del 5 ottobre 1990 rag. Oca Giuseppe come tassativamente evidenziata a ff. 3 e 4 dell'esposto, relativa ai soggetti menzionati con l'ulteriore aggiunta di Marsala Isidoro residente in Ancona, via Fariali, 21 finanziere in pensione indicato dalla parte offesa in sede di memoria Ancona 22 dicembre 1990 etc. .. .. ..", essendo ben chiaro che il termine "tassativamente" non puo' certamente ritenersi sinonimo di "discrezionalita'"; Poiche' anche una ottemperanza parziale del genere e' sinonimo di inadempienza; Poiche' il fine dell'ordinanza (frustrata nel suo intento) era (e rimane) quella di una globale audizione comparativa, stante al riguardo la non manifesta infondatezza delle deduzioni della persona offesa, onde procedere a raffronto e valutazione delle aquisite risultanze, il che al contrario non viene di fatto consentito a questo g.i.p., che in tal modo si vede privato di sufficienti elementi probatori per la decisione, se cioe' egli debba accogliere l'originaria (attualmente insistita) richiesta del p.m. di archiviazione, od al contrario debba ordinare al p.m. la formulazione del capo d'imputazione (la prima ipotesi e' contenuta nell'art. 409, primo e secondo comma e per conseguenza anche nel quinto; la seconda ipotesi e' iscritta nel quinto comma), essendo implicito (sempre nel quinto comma) che la detta radicale alternativa si ha "Fuori dal caso previsto dal quarto comma" mentre se quest'ultimo viene attivato, l'alternativa si ripropone con l'omessa, non indifferente variante, che le ritenute necessarie ulteriori indagini, indicate con ordinanza al p.m. per le quali e' stato fissato dal giudice stesso il termine indispensabile per il loro compimento, vincolanti ed inderogabili per il p.m. stante l'univoca tassativa formulazione della norma (ragion per cui il g.i.p. non richiede supplemento di indagini al p.m., parte nel procedimento, non essendo egli giudicante una parte procedurale ma rivestendo il ruolo di "terzo garante ed arbitro del procedimento", quindi super partes e controllore delle regole del gioco, in un senso ancora piu' accentuato dall'abrogata figura del g.i. (di cui al vecchio abrogato c.p.p.) che comunque, benche' terzo e non titolare dei poteri d'accusa era partecipe delle indagini e della formazione delle prove che pervenivano all'eventuale dibattimento con autentico integrale valore di prova legale), consentano, in tale momento procedurale, di archiviare o di rimanere a giudizio (non ancora al dibattimento ma in sede di udienza preliminare, ove non e' preclusa una sentenza di non luogo a procedere ex art. 425, n. 1) del nuovo c.p.p. in luogo del decreto di rinvio a giudizio ex art. 429 stesso codice); Poiche' al contrario l'audizione della p.o. non era stata disposta dal g.i.p. mentre il p.m. a sua discrezione l'ha espletata (f. 81); Poiche' tuttavia questo giudice non ritiene inutile questa audizione, a condizione che non venga riconosciuta come sostitutiva delle audizioni non espletate, anche se meglio avrebbe fatto l'a.g. requirente a disporla ab initio (cioe' anteriormente alla richiesta originaria di archiviazione del 6 novembre 1990) il tutto per ragioni di opportunita' ed economia procedurale; Non competendo al p.m. destinatario della suppletiva ordinanza di cui all'art. 409, quarto comma, di sindacarne il contenuto ed i limiti di esecuzione, eccettuato ovviamente il caso di impossibilita' di attuazione della stessa (es. teste deceduto, irreperibile etc. c.t. su luoghi ormai modificatisi irreversibilmente), ipotesi non esplicitamente scritta nella legge ma che si desumano dal buon senso e dal principio nemo ad impossibilia tenetur, fermo restando logicamente l'obbligo per la procura della Repubblica di motivare e documentare dette considerazioni affinche' il giudice possa prenderne atto e tenerne conto; Tenuto conto che l'art. 377, primo comma del nuovo c.p.p., prevede la citazione da parte del p.m. della persona offesa e di tutte le persone in grado di riferire su circostanze rilevanti per la ricostruzione dei fatti; Poiche' a questo specifico proposito, se il legislatore non ha inteso utilizzare formalmente il termine "testimone" nella fase delle indagini preliminari, lo ha fatto per evitare qualsiasi confusione e commistione fra il concetto di "testimonianza" costituente mezzo di prova (utilizzabile non soltanto al dibattimento ove ha valore di prova legale) ma anche in sede di udienza preliminare (ove ci si giunge a seguito di autentico esercizio dell'azione penale da parte del p.m. nei confronti di autentico imputato, prova per testi attivabile indirettamente tramite impulso istruttorio da parte del g.i.p. ex artt. 422 nn. 1) e 2) del nuovo c.p.p., consistente nella eventuale "audizione di testimoni" cio' in quanto le prove siano rispettivamente richieste dal p.m. e dal difensore della parte civile per la loro manifesta decisivita' ai fini dell'accoglimento della richiesta di rinvio a giudizio, o richieste dai difensori delle altre parti private per la loro evidente decisivita' ai fini della pronuncia della sentenza di non luogo a procedere), cio' tenendosi conto che l'udienza preliminare segna la linea di demarcazione fra la fase delle indagini preliminari (ormai chiusa) nel momento in cui si perviene a detta udienza, fatta salva l'eventualita' di ulteriori atti di indagine compiuti dal p.m. nelle more dell'udienza o successivamente alla stessa, ed il concetto di "raccolta di informazioni" costituente mezzo di ricerca delle fonti di prova, il che comunque non impedisce al p.m. (ed anche naturalmente al g.i.p) di adoperare egualmente il termine "in qualita' di teste", contenendo il decreto di citazione la importante ed essenziale precisazione che la comparizione personale e' disposta "per riferire su circostanze utili alla giustizia a sua conoscenza"; Essendo le dette precisazioni inerenti alla consapevolezza, da parte del giudicante, delle notevoli differenze fra la fase delle indagini preliminari e la fase del dibattimento (con l'unica eccezione, quanto alla prima, della raccolta anticipata, non altrimenti rinviabile al dibattimento, della prova testimoniale, di cui all'art. 392, n. 1), lett. a) nella prevista forma dell'incidente probatorio); Poiche' quindi la norma 377 non puo' anatomicamente essere letta in un isolato contesto bensi' sistematicamente a livello esegetico- interpretativo, saldandosi ermeneuticamente la stessa all'art. 409, quarto comma, ritenendosi, in sede di indicazione delle ulteriori indagini, che al p.m. venga ordinato di attivare il meccanismo procedurale di cui all'art. 377, primo comma, venendo meno a tal punto la facolta' di attivazione isolatamente menzionata dal disposto legislativo a fronte di norma gerarchicamente superiore ed amnicomprensiva (art. 409, quarto comma) mentre ogni interpretazione di segno opposto sarebbe formalistica e riduttiva, e non coglierebbe la ratio normativa delle ulteriori commissionate indagini, vanificandone l'applicazione e rendendo lettera morta l'articolo, sopprimendo di fatto (con il renderlo meramante teorico, eventuale, sindacabile dalla unilaterale discrezionalita' di quello stesso p.m. che aveva richiesto in precedenza l'archiviazione, e che quindi non concordava gia' a quell'epoca con la necessita' ed opportunita' di ulteriori indagini) quel tertium genus intermedio fra archiviazione ed ordine di formulazione dell'imputazione; Non potendosi a nessun titolo negare il carattere giurisdizionale tanto del decreto di archiviazione quanto dell'ordinanza che la rigetta e convoca le parti in camera di consiglio quanto infine dell'ordinanza ex art. 409, quarto comma, non essendo, come noto, il carattere giurisdizionale di un provvedimento collegato esclusivamente alla forma della sentenza, riconoscendosi tale carattere anche all'ordinanza ed al decreto, sempre che questi abbiano la funzione di definizione, nel contraddittorio (procedurale o procedurale delle parti) un procedimento o una fase di esso (si pensi ad es. al "decreto" emesso dal tribunale penale ex legge 23 dicembre 1956, n. 1423, in tema di procedimento diretto all'applicazione delle misure di prevenzione, ovvero ai "decreti" emanati dal tribunale civile con i quali si statuisce in ordine a questioni quali l'ammissibilita' dell'azione per la dichiarazione giudiziale di paternita' (art. 274 cod. civ.) o l'odozione (art. 313 del c.c.); poiche' quindi la giurisdizione esiste anche nella fase delle indagini preliminari (del procedimento nei confronti di persone indagate-indiziate cioe' sottoposte a dette indagini) e non soltanto nella fase dell'autentico processo (nei confronti di imputati); Premesso altresi' che ex art. 125 delle disposizioni attuative del nuovo c.p.p. il p.m. presenta al giudice la richiesta di archiviazione quando ritiene l'infondatezza della notizia di reato perche' gli elementi acquisiti nelle indagini preliminari non sono idonei a sostenere l'accusa in giudizio; Non contestandosi ovviamente al p.m. requirente al diritto- facolta' e quindi la titolarita' esclusiva di un tale potere di richiesta; Poiche' tuttavia l'archiviazione non e' atto dovuto, neppure allorche' siano, per evventura, gia' scaduti o in prossimita' di scadenza i termini per le indagini preliminari (senza che siano nelle more intervenute proroghe da parte del giudice ex artt. 405 e 407 del c.p.p. attivate naturalmente dal p.m., e quindi l'ultima parola e decisione circa la valutazione della idoneita' o meno dei detti elementi a fini accusatori compete all'a.g. giudicante, che ben puo' dissentire al riguardo in duplice forma: 1) ordinare addirittura al p.m. di formulare l'imputazione, ove egli giudice ravvisi oculatamente sic et simpliciter tale idoneita' e sufficienza; 2) disporre ulteriori indagini al fine di raggiungere attraverso detto supplemento tale idoneita' (od il suo contrario) e provvedere in conseguenza anche eventualmente per l'archiviazione; Poiche' l'attuale modello procedurale e' tendenzialmente accusatorio o meglio accusatorio dotato di correttivi (quali ad es. il meccanismo di cui all'art. 409, nn. 2), 3), 4) e 5), non quindi accusatorio integrale come quello anglosassone); Non sottovalutandosi logicamente che nel processo (espressione che si adopera con senso lato) accusatorio il p.m. e' dominus assoluto dell'azione penale essendogli rimessa quindi in via esclusiva la valutazione circa la sussistenza o meno delle condizioni che giustificano e legittimano il darsi luogo a tale azione, principio tuttavia temperato, alla luce dell'art. 112 della Costituzione sull'esercizio obbligatorio dell'azione, penale, dal principio parallelo, tradizionalmente radicato nel nostro ordinamento giudiziario, di un controllo da parte del giudice sulla correttezza o meno di tale valutazione, con la conseguente possibilita' di una sostituzione, nell'ipotesi di giudizio negativo, della volonta' del giudice a quella, carente ed addirittura mancante, del p.m. tradizione che risale all'art. 6 d.l.l. 14 marzo 1944, n. 288 che modificava il testo originario dell'art. 74 abrogato dal c.p.p. nel senso di sottrazione al p.m. il potere di disporre direttamente l'archiviazione, ove ritenesse non doversi promuovere l'azione penale, il c.d. potere di cestinazione della notitia criminis tramite decreto, imponendogli, in detta casistica, la richiesta al g.i. di emissione del decreto di archiviazione, consentendo al g.i., ove non concordasse con la richiesta del p.m., di disporre direttamente procedersi a formale istruzione; Poiche' a questo specifico proposito va detto che la stessa richiesta di archiviazione non accolta dal g.i. veniva coerentemente considerata un modo di esercizio dell'azione penale da parte del p.m. senza che cio' inficiasse la validita' del principio di civilta' giuridica ne procedat index ex officio, principio comune tanto all'abrogato c.p.p. (modello-sistema inquisitorio con correttivi) quanto al vigente c.p.p. (modello-sistema accusatorio), cio' in quanto in entrambe le tipologie pocedurali il giudice (il g.i. nel primo, il g.i.p. nel secondo, non provvedono d'ufficio, almeno in linea di principio, bensi' in quanto attivati dalla parte pubblica che richiede l'archiviazione) rimane comunque terzo estraneo al meccanismo procedurale, terzieta' che con la nuova procedura viene maggiormente accentuata, rimanendo in entrambi i sistemi ben distinte le due figure del magistrato-accusatore (p.m. titolare dell'accusa, quindi dell'esercizio dell'azione penale ex art. 112 della Costituzione) e del magistrato-giudice-organodecisorio (giudice emittente il provvedimento, iniziale o terminale); Atteso che l'originaria formulazione dell'art. 74 vecchio c.p.p. traeva la sua ratio storica dalla collocazione del p.m. nell'ambito e nella sfera del potere esecutivo, sotto il diretto controllo del guardasigilli, longa manus della p.a. e dello stato autoritario od addirittura totalitario; Poiche' quindi, anche nel presente modello accusatorio, ove il citato principio procedat netiudex ex officio assume di per se' una valenza ancora maggiore, lo stesso non e' leso dalla equilibrata sintesi fra controllo sull'operato del p.m. e sul corretto esercizio dell'azione penale (che altrimenti diverrebbe discrezionale come in altre esperienze giuridiche nazionali) e titolarita' esclusiva della detta azione in capo al p.m.; Rilevato che l'originario terzo comma dell'art. 409 si limitava a disporre che, a seguito dell'udienza in camera di consiglio, il giudice, qualora non avesse inteso disporre l'archiviazione, "indicasse al p.m. le ulteriori indagini che si rendevano necessarie", e quindi contemplava gia' l'ipotesi del dissenso e il rigetto dell'archiviazione come atto dovuto; Poiche' tuttavia gli attuali ultimi tre commi della norma sono stati introdotti a seguito di rilievi critici mossi dalla commissione parlamentare in sostituzione del riferito originario riduttivo terzo comma e con la relativa modifica, leggasi nella relazione finale, si e' inteso "risolvere il problema.. .. .. rappresentato dalla situazione di stasi che si determina, in particolare, nel caso in cui, prescindendo dalla necessita' di ulteriori indagini, il giudice non concordi con la richiesta di archiviazione formulata dal p.m., situazione che, ove non espressamente disciplinata, consentirebbe di configurare l'archiviazione nella ipotesi suddetta come una sorta di atto dovuto" e quindi tale brano della relazione sottolinea, procedendo per esclusione, la irrinunciabilita' del concetto di "supplementari indagini", che al contrario il p.m. sede tende a sottovalutare ed a ridurre nella propria discrezionalita'; Rilevato che nella concreta fattispecie, come inoltre esattamente identiche a similari, si e' egualmente verificata una stasi procedurale, che lo stesso legislatore si e' evidentemente rappresentato allorche' ha previsto l'ipotesi di cui all'art. 412, secondo comma del c.p.p. nel caso in cui il p.m. non abbia esaurientemente svolto le indagini (come nel caso in esame) o non le abbia svolte affatto, prevedendo all'uopo apposito meccanismo di controllo attraverso la comunicazione della data relativa all'udienza in Camera di Consiglio ex artt. 127 e 409, n. 2) del nuovo c.p.p., fissato dal giudice nel respingere la richiesta di archiviazione, alla procura generale c/o la Corte d'appello, meccanismo predisposto dall'art. 409, terzo comma, onde consentirgli l'eventuale avocazione delle indagini preliminari, quest'ultima concepita in funzione della sola opportunita' di porre il p.g. in condizione di sostituirsi al p.m. nella partecipazione all'udienza fissata dal giudice ai sensi dell'art. 409, secondo comma, nulla tuttavia impedendo, stando al letterale tenore della norma, che il p.g. disponga la detta avocazione anche successivamente allo svolgimento di detta udienza, a condizione, s'intende, che l'iter previsto dal citato art. 409, nelle sue svariate possibili articolazioni, non sia ancora esaurito; Poiche' comunque, quale che sia il momento cronologico di avvenuto intervento dell'avocazione, e' da ritenersi, per logica interpretazione del contesto normativo, che il detto p.g., nell'ipotesi esaminata, subentri nella medesima posizione in cui si trova, rispetto al corso della procedura, il p.m., ragion per cui egli potra' avvalersi delle stesse opportunita' previste, in quel momento, per quest'ultimo, e sara' percio' tenuto ad osservare gli stessi obblighi e gli stessi termini; Premesso, a questo ulteriore proposito, che l'originaria formulazione del gia' citato art. 125 della disp. att. del nuovo c.p.p. (sul quale occorre ritornare per approfondire ulteriormente la relativa tematica) agganciava l'infondatezza della notizia di reato alla ravvisata e ritenuta assenza di "elementi sufficienti per la condanna dell'imputato" mentre la formulazione definitiva ed attuale non ha recepito tale limite (che sconfinava inopportunamente dalla sfera delle indagini preliminari alla meramente eventuale ipotetica sfera del dibattimento) comprendendo nella dizione "elementi non idonei" anche situazioni che, sotto l'imperio dell'abrogato c.p.p., avrebbero configurato l'"insufficienza di prove" e quindi non tali da giustificare la richiesta del p.m. di archiviazione ex art. 74, terzo comma del detto codice, bensi' tali da consentire la sentenza del g.i. di proscioglimento con la formula dubitativa ex art. 395 detta procedura, all'esito di istruzione sommaria, ponendosi cosi' i presupposti per un eventuale (molto probabile) accoglimento del petitum che tende all'archiviazione, insistendosi tuttavia sul concetto che per potersi dare ingresso e luogo all'archiviazione deve il giudice necessariamente riscontrare la fondatezza o meno delle valutazioni operate dal p.m. richiedente; Atteso che tuttavia la detta insufficienza di elementi non e' criterio ripetuto dalla formulazione dell'art. 425 del nuovo c.p.p. che al contrario, per giustificare il proscioglimento dell'ormai imputato (non luogo a procedere) pretende che ne risulti l'evidenza (segue l'elencazione tassativa delle svariate relative formule); Poiche' al riguardo i dubbi di incostituzionalita' non hanno ragion d'essere giacche' "l'art. 425 disciplina una diversa e successiva fattispecie nella quale l'evidenza della prova a discarico e' l'effetto delle nuove prove dedotte e raccolte nell'udienza preliminare, a norma dell'art. 422 del codice" (cosi' si e' espressa, a suo tempo, la Commissione ministeriale) anche se la spiegazione e' riduttiva in quanto le previsioni dell'art. 425 non appaiono in realta' dettate con esclusivo riferimento all'avvenuto verificarsi dell'ipotesi di cui all'art. 422, trattandosi, con ogni evidenza, di previsioni intese alla disciplina di uno dei possibili sbocchi dell'udienza preliminare (l'altro essendo ovviamente quello del rinvio a giudizio), indipendentemente dal fatto che tale udienza si esaurisca allo stato degli atti, ai sensi dell'art. 421, e da luogo alle ulteriori acquisizioni informative ai fini della decisione; Poiche' si e' gia' detto che la giurisdizione viene esercitata, nel nuovo c.p.p., anche in precedenza all'esercizio dell'azione penale; Dovendosi interpretare (per evitare incongruenze e censure di incostituzionalita') l'art. 125 delle disposizioni attuative nel senso di commisurare l'idoneita' degli elementi acquisiti a sostegno dell'accusa in giudizio alle sole prospettive di sbocco dell'udienza preliminare e quindi in funzione della possibilita' o meno che tale sbocco possa essere costituito dal rinvio a giudizio, essendo anche l'udienza preliminare un giudizio (tanto lato sensu quanto stricto sensu), un autentico processo contro l'imputato, una fase piu' perfezionata del procedimento (che coincide con il giudizio o meglio con il procedimento di cognizione ordinaria che si identifica con l'udienza preliminare stessa, e che vede esercitata l'azione penale dal p.m. quando egli non lo eserciti alternativamente tramite i "riti speciali" quali la richiesta di applicazione della pena ex artt. 444 e 447 del nuovo c.p.p. o la richiesta di giudizio immediato ex artt. 453 e 458 dello stesso codice o tramite la richiesta di decreto penale di condanna ex art. 459 di detto codice), trattandosi comunque di fase destinata ad essere definita con pronuncia di carattere giurisdizionale, nulla rilevando, a tal fine, che in caso di rinvio a giudizio detta pronuncia sia data da un "decreto" e non gia' da una sentenza e che tale decreto abbia soltanto la funzione di aprire il varco ad una fase ulteriore del procedimento, destinata a concludersi con la sentenza di merito; Poiche' in caso di differente interpretazione si ipotizzerebbe una anomala incongrua situazione in cui ad un tempo non vi sia "evidenza di non colpevolezza" ed appaia altresi' ragionevole ritenere la inidoneita' degli elementi acquisiti a sostenere l'accusa in un eventuale giudizio e quindi, ove tale situazione fosse automaticamente rilevata dal p.m. ante esercizio dell'azione penale, dovrebbe dare luogo ad archiviazione mentre, ove fosse rilevata ed il p.m., sia pure indebitamente, esercitasse l'azione penale, tale "errore di valutazione" risulterebbe irreparabile perche' il giudice vincolato in questa fase alla sola osservanza dell'art. 425 del nuovo c.p.p., non potrebbe che dar luogo al rinvio a giudizio, con ingiustificato danno per l'imputato; Stante comunque, a sostegno della interpretazione che riferisce l'idoneita' all'udienza preliminare, la gerarchia delle fonti normative esistente fra norme del codice e norme di attuazione, dovendo queste ultime adattarsi alle prime (e non viceversa); Rimanendo comunque fermo che il principale vantaggio della disputa in argomento e' quello di "scoraggiare la prassi del rinvio a giudizio nonostante la insufficienza degli elementi a carico, riscontrata nell'applicazione del codice abrogato; una prassi palesemente in contrasto con i caratteri del sistema accusatorio che ispirano il nuovo codice, fra i quali va sicuramente compresa la 'deflazione dibattimentale'"; Ritenendosi quindi, in sintesi, che la c.d. "infondatezza della notizia di reato" in presenza della quale il p.m. deve chiedere (ed eventualmente ottenere) l'archiviazione non possa che essere quella riconoscibile in tutti quei casi in cui nei quali una eventuale richiesta di rinvio a giudizio sarebbe presumibilmente destinata a non essere accolta, dandosi invece luogo, da parte del giudice, ad una sentenza di non luogo a procedere ex art. 425; Poiche' a tal punto, nel caso di specie, appare ancora prematuro ipotizzare un capo d'imputazione non soltanto perche' si verte ancora nella fase delle indagini preliminari ma anche perche' anche a questo serve il supplemento di indagini, cioe' ad individuare un capo di imputazione da ordinare, eventualmente al p.m., allorche' non si ravvisi l'archiviazione, anche se puo' accadere, in certe concrete fattispecie, che il capo d'accusa (non ancora di imputazione) sia gia' ipotizzato in astratto e tecnicamente redatto dallo stesso p.m. richiedente l'archiviazione; Poiche' comunque, sempre nella specie, potrebbe, all'esito delle ulteriori indagini, ipotizzarsi il reato di abuso d'ufficio ex art. 323 del c.p. nella nuova formulazione della legge 1990, come potrebbe ipotizzarsi l'archiviazione; Rilevato che al riguardo la fissazione di nuova udienza in camera di consiglio e la conseguente reitera dell'ordinanza che dispone l'effettuarsi di nuove indagini, e' da ritenersi meccanismo defatigatario e ferraginoso che dilata i tempi tecnici del procedimento, il quale non potrebbe che concludersi con la ulteriore reitera, da parte del p.m. "inottemperante", del proprio comportamento di inerzia procedurale, reiterando naturalmente le pregresse argomentazioni, cio' anche perche' la questione dipende da interpretazione squisitamente giuridica, e non certo pretestuosa, e dalla dialettica procedurale in corso, sostenendo l'a.g. requirente la tesi della natura "non vincolante" dell'ordinanza ex art. 409, n. 4) del c.p.p., mentre l'a.g. giudicante asserisce non trattarsi di "richiesta da parte del g.i.p." ma di "ordine vincolante impartito al p.m."; Poiche' tale meccanismo di riconvocazione e rieffettuazione potrebbe prolungarsi all'infinito, costringendo la cancelleria di questo g.i.p. ad un sovraccarico di lavoro; Atteso che la questione e' comunque rilevante nel corrente giudizio, alla luce degli atti di cui a separata proc. gen. n. 1555/90 g.n.r. n. 1746/90 r.g. g.i.p. nei confronti di Oca Giovanna, instaurato a suo tempo a seguito di segnalazione di ipotesi di reato ai sensi della legge 7 agosto 1982, n. 516 Ancona 19 settembre 1990 ed a seguito di "asserito netto rifiuto, da parte della predetta, in rappresentanza della societa' C.E.D. Italservice di Oca Giovanna & C. S.n.c., alla esibizione delle scritture contabili e dei documenti contabili richiesti", procedimento che si e' concluso con decreto di archiviazione del 21 novembre 1990 con formula praticamente ampia recependosi le argomentazioni del p.m. circa l'erroneita' delle tesi dell'Amministrazione, riguardando il relativo provvedimento di accesso non la C.E.D. bensi' la sola societa' "almeno cosi' formalmente", dandosi atto che le scritture sono state comunque esibite; Poiche' quindi, sia pure terminato il tutto positivamente con una archiviazione, dall'episodio originario si e' generato apposito procedimento penale nei riguardi della figlia del denunciante, dovendosi quindi accertare, nel presente procedimento de quo, l'eventuale abuso d'ufficio (di cui si e' gia' fatto cenno) ad al contrario l'intercorso equivoco (nella rispettiva buona fede dei soggetti implicati nella vicenda) e da cio' consegue la rilevanza della questione giacche' un p.m. si e' espresso per il non rifiuto da parte dell'Oca, un altro p.m., di cui al presente procedimento, ritiene ben diversamente; stante la lacunosita' manifesta dell'art. 409, quarto comma laddove non contempla, a fronte dell'inerzia "totale o parziale" del p.m. nei confronti dell'ordinanza che dispone nuove indagini, alcuno specifico rimedio procedurale, e dell'art. 412, secondo comma dello stesso codice nella parte in cui la detta convocazione continua a rimanere facoltativa anche a fronte della "riscontrata inerzia-inottemperanza"; Stante l'impossibilita' tecnico-giuridica di reperire al problema corretta idonea soluzione sotto il profilo del "conflitto di competenza" ex art. 28, n. 2) del c.p.p. ("Le norme sui conflitti si applicano anche nei casi analoghi a quelli previsti dal primo comma. Tuttavia, qualora il contrasto sia tra giudice dell'udienza preliminare e giudice del dibattimento, prevale la decisione di quest'ultimo") avendo, tramite la detta formulazione, il legislatore inteso evitare qualsiasi riferimento a casi di contrasto tra p.m. e giudice, proprio per evitare i detti contrasti o quantomeno per sottolineare che eventuali casi di contrasto non sono riconducibili alla categoria dei conflitti, e cio' proprio in considerazione della qualita' di parte, sia pure pubblica, che il p.m. ha nel contesto del nuovo sistema processuale, ragion per cui ogni questione di incostituzionalita' al riguardo verrebbe aprioristicamente definita infondata perche' estranea alla ratio normativa del codice; Poiche' un conto e' la facoltativita' quando ancora non e' dato sapere, per la p.g., se la Procura di grado inferiore ottemperera' o meno all'ordinanza del g.i.p., un conto lo e' allorche' la p.g. abbia riscontrato la detta "inerzia procedurale"; Poiche' evidentemente detto involuto meccanismo rende scarsamente funzionante anche l'art. 127 delle disposizioni attuative del nuovo c.p.p. nel senso che la sua formulazione restringe la trasmissione infrasettimanale (dalla segreteria del p.m. alla p.g.) dell'elenco notizie di reato alle persone note per le quali non e' stata esercitata l'azione penale o richiesta l'archiviazione entro il termine previsto dalla legge o prorogato dal giudice, senza includervi anche i casi di indagini ulteriori commissionate dal g.i.p. ex art. 409, n. 4) e non ottemperate (se non parzialmente); Poiche' la detta aggiunta faciliterebbe alla p.g. la scelta dell'evocazione ed il detto controllo sull'effettivo espletamento delle indagini; Ritenuto che nel merito la p.g. evocante d'obbligo, come nell'ipotesi delle espletate indagini a richiedere il n.l.p. all'esito ex art. 412, primo comma, non sarebbe vincolata nel merito, ben potendo o richiedere l'archiviazione all'esito dell'udienza preliminare; Poiche', per quanto concerne la questione principale, ogni soluzione che coartasse questo g.i.p., in difetto delle ulteriori indagini, ad archiviare o ad ordinare la formulazione dell'imputazione, costituirebbe autentica forzatura che si trascinerebbe fino all'udienza preliminare (magari con inutile dispendio di energie processuali ex art. 422, primo e secondo comma), perche' proprio dall'ottemperanza delle ulteriori indagini dipende il poter disporre di sufficienti concreti elementi di prova tali da consentire o l'archiviare o il rinviare a giudizio in sede di udienza preliminare; Essendo quindi violati gli artt. 2, 3 e 97 (sul buon andamento e sull'efficienza organizzativa della p.a. - amministrazione della giustizia), 101, secondo comma della Costituzione (i giudici sono soggetti soltanto alla legge, mentre di fatto la stasi procedurale rende il g.i.p. dipendente dall'a.g. requirente, magistrato facente parte dell'ordine giudiziario ma non anche giudice, p.m. parte procedurale e non terzo), 112 della Carta costituzionale;
P. Q. M. Letti gli artt. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, e 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Dichiara la non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale degli artt. 409, quarto comma, e 412, secondo comma, del c.p.p., 127 delle disposizioni attuative dello stesso codice, il primo nella parte in cui non contempla alcuno specifico rimedio procedurale nell'ipotesi di inottemperanza, anche solo parziale, da parte del p.m. a fronte dell'ordinanza del g.i.p. che dispone ulteriori indagini preliminari, il secondo laddove non contempla l'evocazione obbligatoria delle indagini preliminari da parte della procura generale c/o la corte d'appello nell'ipotesi di riscontrata inerzia procedurale del p.m. di prima istanza a seguito della comunicazione dell'ordinanza di cui al terzo comma dell'art. 409, il terzo in quanto non comprende nell'elenco delle notizie di reato trasmesso infrasettimanalmente dalla segreteria del p.m. alla p.g. anche i casi di indagini preliminari non espletate dalla procura di primo grado a seguito dell'ordinanza di cui al citato comma, il tutto in manifesta violazione degli artt. 2, 3, 97, 101, secondo comma, e 112 della Costituzione per le specifiche causali di cui in narrativa; Dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale con l'aggiunta di quelli (in copia) relativi al preced. pen. n. 1555/90 g.n.r., n. 1746/90 r.g. g.i.p. nei confronti di Oca Giovanna (come generalizzata in atti), conclusosi con decreto di archiviazione del 21 novembre 1990, nella loro interezza; Sospende il giudizio in corso per rilevanza della questione; Ordina che a cura della cancelleria l'ordinanza di trasmissione degli artt. alla Corte costituzionale sia notificata alle parti pri- vate in causa (persona offesa dal reato Oca Giuseppe, suo difensore di fiducia avv. Gianni Marasca del Foro di Ancona, persone sottoposte alle indagini preliminari Palmas Raimondo, Bartoloni Bruno e Madonna Claudio tutti c/o ufficio I.V.A. di Ancona), alla parte pubblica difensore degli indagati-indiziati Avvocatura distrettuale dello Stato, Ancona, piazza Cavour, 29 ed al p.m. Sede, nonche' alla Presidenza del Consiglio dei Ministri nonche' comunicata anche alla Presidenza delle due Camere del Parlamento. Ancona, addi' 23 febbraio 1991 Il giudice per le indagini preliminari: BONIVENTO 91C0638