N. 353 ORDINANZA (Atto di promovimento) 23 febbraio 1991

                                N. 353
   Ordinanza emessa il 23 febbraio 1991 dal giudice per le indagini
               preliminari presso il tribunale di Ancona
 sugli atti relativi all'esposto di Oca Giuseppe contro ufficio I.V.A.
                               di Ancona
 Processo penale - Richiesta di archiviazione non condivisa dal g.i.p.
    - Restituzione  degli  atti  al  p.m.  per  ulteriori  indagini  -
    Ritenuta  obbligatorieta'  -  Mancata  o  parziale  ottemperanza -
    Inesistenza   di   conseguenze   procedurali   -   Obbligatorieta'
    dell'avocazione  del  p.g.  in  caso  di  inottemperanza  - Omessa
    previsione - Non previsto inserimento nell'elenco
    ex art. 127 del d.lgs. n. 271/1989 anche dei casi di indagini
    preliminari  non  espletate,  pur  se  richieste  dal   g.i.p.   -
    Violazione  dei  principi  di  buon andamento dell'amministrazione
    della giustizia, della soggezione del  giudice  alla  sola  legge,
    nonche' dell'obbligatorieta' dell'azione penale.
 (C.P.P. 1988, artt. 409, quarto comma, e 412, secondo comma; d.lgs.
    28 luglio 1989, n. 271, art. 127).
 (Cost., artt. 2, 3, 97, 101 e 112.
(GU n.22 del 5-6-1991 )
                IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI
    Letta  la  richiesta  del  p.m.  di archiviazione della notizia di
 reato, reiterata il 19 febbraio 1991;
    Atteso che la stessa non puo' ancora essere esaminata  nel  merito
 in  quanto prematura, avendo l'a.g.o. requirente ottemperato soltanto
 parzialmente all'ordinanza del g.i.p. del tribunale di Ancona del  29
 dicembre 1990 che ha disposto supplemento di indagini preliminari;
    Preso   atto,   a  questo  specifico  proposito,  che  l'audizione
 testimoniale  e'  stata  riduttiva  cioe'  limitata  alla  prole  del
 commercialista  autore  dell'esposto-denuncia  Ancona 5 ottobre 1990,
 tale Oca Giovanna (v. f. 80)  e  del  terzo  finanziere  in  pensione
 Marsala  Isidoro (v. f. 79), il tutto senza dare corso all'escussione
 ex art. 377 n. 1) del nuovo c.p.p. di tutte le altre persone indicate
 originariamente  dalla  parte  offesa   (indicazione   recepita   dal
 giudicante  in  sede  di  ordinanza),  audizione  ovviamente ritenuta
 importante,  conferente  ai  fini  decisori,   se   non   addirittura
 determinante;
    Premesso  che  nello stesso dispositivo del detto provvedimento e'
 detto  esplicitamente   "fatta   salva   ovviamente   ogni   autonoma
 valutazione    delle   risultanze   testimoniali   e   prima   ancora
 dell'attendibilita' o meno delle persone da escutere";
    Poiche'  a  tal  punto  tale   parte   dell'ordinanza   e'   stata
 erroneamente   interpretata   dal   p.m.   titolare   delle  indagini
 preliminari come implicita autorizzazione a ritenere talune audizioni
 "sovrabbondanti" e  ad  espletare  l'incombente  soltanto  in  parte,
 mentre  al  contrario  nella  parte iniziale del dispositivo e' detto
 "audizione testimoniale sui fatti di cui alla denuncia del 5  ottobre
 1990  rag.  Oca  Giuseppe come tassativamente evidenziata a ff. 3 e 4
 dell'esposto,  relativa  ai  soggetti  menzionati   con   l'ulteriore
 aggiunta  di  Marsala  Isidoro  residente  in Ancona, via Fariali, 21
 finanziere in pensione indicato dalla parte offesa in sede di memoria
 Ancona 22 dicembre 1990 etc. .. .. ..", essendo  ben  chiaro  che  il
 termine  "tassativamente"  non  puo' certamente ritenersi sinonimo di
 "discrezionalita'";
    Poiche' anche una ottemperanza parziale del genere e' sinonimo  di
 inadempienza;
    Poiche'  il fine dell'ordinanza (frustrata nel suo intento) era (e
 rimane) quella  di  una  globale  audizione  comparativa,  stante  al
 riguardo  la non manifesta infondatezza delle deduzioni della persona
 offesa, onde procedere  a  raffronto  e  valutazione  delle  aquisite
 risultanze,  il  che  al  contrario  non  viene di fatto consentito a
 questo g.i.p., che  in  tal  modo  si  vede  privato  di  sufficienti
 elementi  probatori  per la decisione, se cioe' egli debba accogliere
 l'originaria  (attualmente   insistita)   richiesta   del   p.m.   di
 archiviazione, od al contrario debba ordinare al p.m. la formulazione
 del  capo d'imputazione (la prima ipotesi e' contenuta nell'art. 409,
 primo e secondo comma e per conseguenza anche nel quinto; la  seconda
 ipotesi  e' iscritta nel quinto comma), essendo implicito (sempre nel
 quinto comma) che la detta radicale alternativa si ha "Fuori dal caso
 previsto dal quarto comma" mentre  se  quest'ultimo  viene  attivato,
 l'alternativa  si  ripropone con l'omessa, non indifferente variante,
 che le ritenute necessarie ulteriori indagini, indicate con ordinanza
 al p.m. per le quali e' stato fissato dal giudice stesso  il  termine
 indispensabile per il loro compimento, vincolanti ed inderogabili per
 il  p.m.  stante l'univoca tassativa formulazione della norma (ragion
 per cui il g.i.p. non richiede supplemento di indagini al p.m., parte
 nel procedimento, non essendo egli giudicante una  parte  procedurale
 ma   rivestendo   il   ruolo   di   "terzo  garante  ed  arbitro  del
 procedimento", quindi super partes e  controllore  delle  regole  del
 gioco,  in  un  senso ancora piu' accentuato dall'abrogata figura del
 g.i. (di cui al vecchio abrogato c.p.p.) che comunque, benche'  terzo
 e  non  titolare  dei  poteri d'accusa era partecipe delle indagini e
 della   formazione   delle   prove   che   pervenivano  all'eventuale
 dibattimento  con  autentico  integrale  valore  di  prova   legale),
 consentano,  in tale momento procedurale, di archiviare o di rimanere
 a giudizio  (non  ancora  al  dibattimento  ma  in  sede  di  udienza
 preliminare,  ove  non  e'  preclusa  una  sentenza  di  non  luogo a
 procedere ex art. 425, n. 1) del nuovo c.p.p. in luogo del decreto di
 rinvio a giudizio ex art. 429 stesso codice);
    Poiche' al contrario l'audizione della p.o. non era stata disposta
 dal g.i.p. mentre il p.m. a sua discrezione l'ha espletata (f. 81);
    Poiche'  tuttavia  questo  giudice  non  ritiene  inutile   questa
 audizione,  a  condizione che non venga riconosciuta come sostitutiva
 delle audizioni non espletate, anche se meglio avrebbe  fatto  l'a.g.
 requirente  a  disporla ab initio (cioe' anteriormente alla richiesta
 originaria di archiviazione del 6 novembre 1990) il tutto per ragioni
 di opportunita' ed economia procedurale;
    Non competendo al p.m. destinatario della suppletiva ordinanza  di
 cui  all'art.  409,  quarto  comma,  di  sindacarne il contenuto ed i
 limiti di esecuzione, eccettuato ovviamente il caso di impossibilita'
 di attuazione della stessa (es.  teste  deceduto,  irreperibile  etc.
 c.t.  su  luoghi  ormai  modificatisi irreversibilmente), ipotesi non
 esplicitamente scritta nella legge ma che si desumano dal buon  senso
 e   dal  principio  nemo  ad  impossibilia  tenetur,  fermo  restando
 logicamente l'obbligo per la procura della Repubblica di  motivare  e
 documentare dette considerazioni affinche' il giudice possa prenderne
 atto e tenerne conto;
    Tenuto conto che l'art. 377, primo comma del nuovo c.p.p., prevede
 la  citazione  da  parte  del p.m. della persona offesa e di tutte le
 persone  in  grado  di  riferire  su  circostanze  rilevanti  per  la
 ricostruzione dei fatti;
    Poiche'  a  questo  specifico  proposito, se il legislatore non ha
 inteso utilizzare formalmente il termine "testimone" nella fase delle
 indagini preliminari, lo ha fatto per evitare qualsiasi confusione  e
 commistione  fra  il concetto di "testimonianza" costituente mezzo di
 prova (utilizzabile non soltanto al dibattimento  ove  ha  valore  di
 prova  legale)  ma  anche  in  sede di udienza preliminare (ove ci si
 giunge a seguito di autentico esercizio dell'azione penale  da  parte
 del  p.m.  nei  confronti  di  autentico  imputato,  prova  per testi
 attivabile indirettamente tramite impulso istruttorio  da  parte  del
 g.i.p.  ex  artt. 422 nn. 1) e 2) del nuovo c.p.p., consistente nella
 eventuale "audizione di testimoni" cio'  in  quanto  le  prove  siano
 rispettivamente richieste dal p.m. e dal difensore della parte civile
 per  la  loro  manifesta  decisivita' ai fini dell'accoglimento della
 richiesta di rinvio a giudizio, o richieste dai difensori delle altre
 parti  private  per  la  loro  evidente  decisivita'  ai  fini  della
 pronuncia  della  sentenza  di non luogo a procedere), cio' tenendosi
 conto che l'udienza preliminare segna la linea di demarcazione fra la
 fase delle indagini preliminari (ormai chiusa) nel momento in cui  si
 perviene  a  detta  udienza,  fatta salva l'eventualita' di ulteriori
 atti  di  indagine  compiuti  dal  p.m.  nelle  more  dell'udienza  o
 successivamente   alla   stessa,  ed  il  concetto  di  "raccolta  di
 informazioni" costituente mezzo di ricerca delle fonti di  prova,  il
 che  comunque  non impedisce al p.m. (ed anche naturalmente al g.i.p)
 di adoperare egualmente il termine "in qualita' di teste", contenendo
 il decreto di citazione la importante ed essenziale precisazione  che
 la  comparizione  personale  e' disposta "per riferire su circostanze
 utili alla giustizia a sua conoscenza";
    Essendo le dette precisazioni  inerenti  alla  consapevolezza,  da
 parte  del  giudicante,  delle  notevoli differenze fra la fase delle
 indagini  preliminari  e  la  fase  del  dibattimento  (con   l'unica
 eccezione,   quanto   alla  prima,  della  raccolta  anticipata,  non
 altrimenti rinviabile al dibattimento, della prova  testimoniale,  di
 cui all'art. 392, n. 1), lett. a) nella prevista forma dell'incidente
 probatorio);
    Poiche'  quindi  la norma 377 non puo' anatomicamente essere letta
 in un isolato contesto bensi' sistematicamente a  livello  esegetico-
 interpretativo,  saldandosi  ermeneuticamente la stessa all'art. 409,
 quarto comma, ritenendosi, in sede  di  indicazione  delle  ulteriori
 indagini,  che  al  p.m.  venga  ordinato  di  attivare il meccanismo
 procedurale di cui all'art. 377, primo  comma,  venendo  meno  a  tal
 punto la facolta' di attivazione isolatamente menzionata dal disposto
 legislativo   a   fronte   di   norma  gerarchicamente  superiore  ed
 amnicomprensiva (art. 409, quarto comma) mentre ogni  interpretazione
 di  segno opposto sarebbe formalistica e riduttiva, e non coglierebbe
 la  ratio   normativa   delle   ulteriori   commissionate   indagini,
 vanificandone  l'applicazione  e  rendendo  lettera morta l'articolo,
 sopprimendo di fatto (con il renderlo meramante  teorico,  eventuale,
 sindacabile  dalla unilaterale discrezionalita' di quello stesso p.m.
 che aveva richiesto in precedenza l'archiviazione, e che  quindi  non
 concordava  gia'  a  quell'epoca con la necessita' ed opportunita' di
 ulteriori indagini) quel tertium genus intermedio  fra  archiviazione
 ed ordine di formulazione dell'imputazione;
    Non  potendosi a nessun titolo negare il carattere giurisdizionale
 tanto del decreto  di  archiviazione  quanto  dell'ordinanza  che  la
 rigetta  e  convoca  le  parti  in  camera di consiglio quanto infine
 dell'ordinanza ex art. 409, quarto comma, non essendo, come noto,  il
 carattere    giurisdizionale    di    un    provvedimento   collegato
 esclusivamente  alla  forma  della  sentenza,   riconoscendosi   tale
 carattere  anche  all'ordinanza  ed  al  decreto,  sempre  che questi
 abbiano la funzione di definizione, nel contraddittorio  (procedurale
 o  procedurale  delle  parti)  un procedimento o una fase di esso (si
 pensi ad es. al "decreto" emesso dal tribunale  penale  ex  legge  23
 dicembre   1956,   n.   1423,   in   tema   di  procedimento  diretto
 all'applicazione delle misure di  prevenzione,  ovvero  ai  "decreti"
 emanati  dal  tribunale  civile  con i quali si statuisce in ordine a
 questioni quali l'ammissibilita'  dell'azione  per  la  dichiarazione
 giudiziale  di paternita' (art. 274 cod. civ.) o l'odozione (art. 313
 del c.c.); poiche' quindi la giurisdizione esiste  anche  nella  fase
 delle indagini preliminari (del procedimento nei confronti di persone
 indagate-indiziate  cioe' sottoposte a dette indagini) e non soltanto
 nella fase dell'autentico processo (nei confronti di imputati);
   Premesso altresi' che ex art. 125 delle disposizioni attuative  del
 nuovo   c.p.p.   il   p.m.   presenta  al  giudice  la  richiesta  di
 archiviazione quando ritiene l'infondatezza della  notizia  di  reato
 perche'  gli  elementi  acquisiti nelle indagini preliminari non sono
 idonei a sostenere l'accusa in giudizio;
    Non  contestandosi  ovviamente  al  p.m.  requirente  al  diritto-
 facolta'  e  quindi  la  titolarita'  esclusiva  di un tale potere di
 richiesta;
    Poiche'  tuttavia  l'archiviazione  non  e'  atto  dovuto, neppure
 allorche' siano, per evventura, gia'  scaduti  o  in  prossimita'  di
 scadenza i termini per le indagini preliminari (senza che siano nelle
 more intervenute proroghe da parte del giudice ex artt. 405 e 407 del
 c.p.p.  attivate  naturalmente  dal  p.m., e quindi l'ultima parola e
 decisione circa la valutazione  della  idoneita'  o  meno  dei  detti
 elementi  a fini accusatori compete all'a.g. giudicante, che ben puo'
 dissentire al riguardo in duplice forma:
      1) ordinare addirittura al p.m. di formulare l'imputazione,  ove
 egli giudice ravvisi oculatamente sic et simpliciter tale idoneita' e
 sufficienza;
      2) disporre ulteriori indagini al fine di raggiungere attraverso
 detto  supplemento  tale idoneita' (od il suo contrario) e provvedere
 in conseguenza anche eventualmente per l'archiviazione;
    Poiche'   l'attuale   modello   procedurale   e'   tendenzialmente
 accusatorio  o  meglio accusatorio dotato di correttivi (quali ad es.
 il meccanismo di cui all'art. 409, nn. 2), 3), 4) e  5),  non  quindi
 accusatorio integrale come quello anglosassone);
    Non sottovalutandosi logicamente che nel processo (espressione che
 si  adopera  con  senso lato) accusatorio il p.m. e' dominus assoluto
 dell'azione penale essendogli rimessa  quindi  in  via  esclusiva  la
 valutazione   circa  la  sussistenza  o  meno  delle  condizioni  che
 giustificano e legittimano il darsi luogo a  tale  azione,  principio
 tuttavia  temperato,  alla  luce  dell'art.  112  della  Costituzione
 sull'esercizio  obbligatorio  dell'azione,  penale,   dal   principio
 parallelo,   tradizionalmente   radicato   nel   nostro   ordinamento
 giudiziario, di un controllo da parte del giudice sulla correttezza o
 meno di tale valutazione, con  la  conseguente  possibilita'  di  una
 sostituzione,  nell'ipotesi  di giudizio negativo, della volonta' del
 giudice  a  quella,  carente  ed  addirittura  mancante,   del   p.m.
 tradizione  che  risale  all'art.  6 d.l.l. 14 marzo 1944, n. 288 che
 modificava il testo originario dell'art. 74 abrogato dal  c.p.p.  nel
 senso  di  sottrazione  al  p.m.  il  potere di disporre direttamente
 l'archiviazione,  ove  ritenesse  non  doversi  promuovere   l'azione
 penale, il c.d. potere di cestinazione della notitia criminis tramite
 decreto,  imponendogli,  in  detta casistica, la richiesta al g.i. di
 emissione del decreto di archiviazione, consentendo al g.i., ove  non
 concordasse  con  la  richiesta  del  p.m.,  di disporre direttamente
 procedersi a formale istruzione;
    Poiche' a questo  specifico  proposito  va  detto  che  la  stessa
 richiesta  di archiviazione non accolta dal g.i. veniva coerentemente
 considerata un modo di esercizio dell'azione penale da parte del p.m.
 senza che cio' inficiasse la  validita'  del  principio  di  civilta'
 giuridica  ne  procedat  index  ex  officio,  principio  comune tanto
 all'abrogato c.p.p.  (modello-sistema  inquisitorio  con  correttivi)
 quanto  al  vigente  c.p.p.  (modello-sistema  accusatorio),  cio' in
 quanto in entrambe le tipologie pocedurali il giudice  (il  g.i.  nel
 primo,  il  g.i.p.  nel  secondo, non provvedono d'ufficio, almeno in
 linea di principio, bensi' in quanto attivati  dalla  parte  pubblica
 che  richiede  l'archiviazione)  rimane  comunque  terzo  estraneo al
 meccanismo procedurale, terzieta' che con la  nuova  procedura  viene
 maggiormente accentuata, rimanendo in entrambi i sistemi ben distinte
 le  due  figure del magistrato-accusatore (p.m. titolare dell'accusa,
 quindi  dell'esercizio  dell'azione  penale   ex   art.   112   della
 Costituzione)   e   del  magistrato-giudice-organodecisorio  (giudice
 emittente il provvedimento, iniziale o terminale);
    Atteso che l'originaria formulazione dell'art. 74  vecchio  c.p.p.
 traeva la sua ratio storica dalla collocazione del p.m. nell'ambito e
 nella  sfera  del  potere  esecutivo,  sotto il diretto controllo del
 guardasigilli, longa manus della p.a. e dello  stato  autoritario  od
 addirittura totalitario;
    Poiche'  quindi,  anche  nel  presente modello accusatorio, ove il
 citato principio procedat netiudex ex officio assume di per  se'  una
 valenza  ancora  maggiore,  lo  stesso  non e' leso dalla equilibrata
 sintesi fra controllo sull'operato del p.m. e sul corretto  esercizio
 dell'azione  penale  (che altrimenti diverrebbe discrezionale come in
 altre esperienze giuridiche nazionali) e titolarita' esclusiva  della
 detta azione in capo al p.m.;
    Rilevato  che l'originario terzo comma dell'art. 409 si limitava a
 disporre che, a seguito  dell'udienza  in  camera  di  consiglio,  il
 giudice,   qualora   non   avesse  inteso  disporre  l'archiviazione,
 "indicasse  al  p.m.  le  ulteriori   indagini   che   si   rendevano
 necessarie",  e  quindi  contemplava gia' l'ipotesi del dissenso e il
 rigetto dell'archiviazione come atto dovuto;
    Poiche' tuttavia gli attuali ultimi tre  commi  della  norma  sono
 stati introdotti a seguito di rilievi critici mossi dalla commissione
 parlamentare  in sostituzione del riferito originario riduttivo terzo
 comma e con la relativa modifica, leggasi nella relazione finale,  si
 e'   inteso  "risolvere  il  problema..  ..  ..  rappresentato  dalla
 situazione di stasi che si determina, in  particolare,  nel  caso  in
 cui,  prescindendo dalla necessita' di ulteriori indagini, il giudice
 non concordi con la richiesta di archiviazione  formulata  dal  p.m.,
 situazione  che, ove non espressamente disciplinata, consentirebbe di
 configurare l'archiviazione nella ipotesi suddetta come una sorta  di
 atto   dovuto"  e  quindi  tale  brano  della  relazione  sottolinea,
 procedendo per  esclusione,  la  irrinunciabilita'  del  concetto  di
 "supplementari  indagini",  che  al  contrario  il  p.m. sede tende a
 sottovalutare ed a ridurre nella propria discrezionalita';
    Rilevato che nella concreta fattispecie, come inoltre  esattamente
 identiche   a   similari,  si  e'  egualmente  verificata  una  stasi
 procedurale,  che  lo  stesso   legislatore   si   e'   evidentemente
 rappresentato  allorche'  ha  previsto l'ipotesi di cui all'art. 412,
 secondo  comma  del  c.p.p.  nel  caso  in  cui  il  p.m.  non  abbia
 esaurientemente  svolto le indagini (come nel caso in esame) o non le
 abbia svolte affatto,  prevedendo  all'uopo  apposito  meccanismo  di
 controllo attraverso la comunicazione della data relativa all'udienza
 in  Camera  di  Consiglio ex artt. 127 e 409, n. 2) del nuovo c.p.p.,
 fissato dal giudice nel respingere  la  richiesta  di  archiviazione,
 alla  procura generale c/o la Corte d'appello, meccanismo predisposto
 dall'art. 409, terzo comma, onde consentirgli l'eventuale  avocazione
 delle  indagini preliminari, quest'ultima concepita in funzione della
 sola opportunita' di porre il p.g. in condizione  di  sostituirsi  al
 p.m.  nella  partecipazione  all'udienza fissata dal giudice ai sensi
 dell'art. 409, secondo comma, nulla  tuttavia  impedendo,  stando  al
 letterale   tenore  della  norma,  che  il  p.g.  disponga  la  detta
 avocazione anche successivamente allo svolgimento di detta udienza, a
 condizione, s'intende, che l'iter previsto dal citato art. 409, nelle
 sue svariate possibili articolazioni, non sia ancora esaurito;
    Poiche' comunque, quale che sia il momento cronologico di avvenuto
 intervento    dell'avocazione,    e'   da   ritenersi,   per   logica
 interpretazione  del  contesto  normativo,   che   il   detto   p.g.,
 nell'ipotesi  esaminata,  subentri nella medesima posizione in cui si
 trova, rispetto al corso della procedura, il  p.m.,  ragion  per  cui
 egli  potra'  avvalersi  delle  stesse opportunita' previste, in quel
 momento, per quest'ultimo, e sara' percio' tenuto  ad  osservare  gli
 stessi obblighi e gli stessi termini;
    Premesso,   a   questo   ulteriore   proposito,  che  l'originaria
 formulazione del gia' citato art. 125  della  disp.  att.  del  nuovo
 c.p.p. (sul quale occorre ritornare per approfondire ulteriormente la
 relativa  tematica)  agganciava l'infondatezza della notizia di reato
 alla ravvisata e ritenuta assenza di  "elementi  sufficienti  per  la
 condanna  dell'imputato" mentre la formulazione definitiva ed attuale
 non ha recepito tale limite (che  sconfinava  inopportunamente  dalla
 sfera  delle  indagini preliminari alla meramente eventuale ipotetica
 sfera del dibattimento)  comprendendo  nella  dizione  "elementi  non
 idonei"  anche  situazioni che, sotto l'imperio dell'abrogato c.p.p.,
 avrebbero configurato l'"insufficienza di prove" e quindi non tali da
 giustificare la richiesta del p.m. di archiviazione ex art. 74, terzo
 comma del detto codice, bensi' tali da  consentire  la  sentenza  del
 g.i.  di  proscioglimento con la formula dubitativa ex art. 395 detta
 procedura,  all'esito  di  istruzione  sommaria,  ponendosi  cosi'  i
 presupposti  per  un  eventuale  (molto  probabile)  accoglimento del
 petitum  che  tende  all'archiviazione,  insistendosi  tuttavia   sul
 concetto che per potersi dare ingresso e luogo all'archiviazione deve
 il  giudice  necessariamente  riscontrare  la fondatezza o meno delle
 valutazioni operate dal p.m. richiedente;
    Atteso che tuttavia la detta  insufficienza  di  elementi  non  e'
 criterio  ripetuto  dalla formulazione dell'art. 425 del nuovo c.p.p.
 che al contrario,  per  giustificare  il  proscioglimento  dell'ormai
 imputato  (non  luogo a procedere) pretende che ne risulti l'evidenza
 (segue l'elencazione tassativa delle svariate relative formule);
    Poiche' al riguardo  i  dubbi  di  incostituzionalita'  non  hanno
 ragion  d'essere  giacche'  "l'art.  425  disciplina  una  diversa  e
 successiva fattispecie nella quale l'evidenza della prova a discarico
 e' l'effetto  delle  nuove  prove  dedotte  e  raccolte  nell'udienza
 preliminare, a norma dell'art. 422 del codice" (cosi' si e' espressa,
 a  suo tempo, la Commissione ministeriale) anche se la spiegazione e'
 riduttiva in quanto le  previsioni  dell'art.  425  non  appaiono  in
 realta'  dettate  con  esclusivo riferimento all'avvenuto verificarsi
 dell'ipotesi di cui all'art. 422, trattandosi, con ogni evidenza,  di
 previsioni  intese  alla  disciplina  di  uno  dei  possibili sbocchi
 dell'udienza  preliminare  (l'altro  essendo  ovviamente  quello  del
 rinvio  a  giudizio), indipendentemente dal fatto che tale udienza si
 esaurisca allo stato degli atti, ai sensi dell'art. 421, e  da  luogo
 alle ulteriori acquisizioni informative ai fini della decisione;
    Poiche'  si  e'  gia' detto che la giurisdizione viene esercitata,
 nel nuovo  c.p.p.,  anche  in  precedenza  all'esercizio  dell'azione
 penale;
    Dovendosi  interpretare  (per  evitare  incongruenze  e censure di
 incostituzionalita') l'art.  125  delle  disposizioni  attuative  nel
 senso  di commisurare l'idoneita' degli elementi acquisiti a sostegno
 dell'accusa in giudizio alle sole prospettive di sbocco  dell'udienza
 preliminare  e  quindi in funzione della possibilita' o meno che tale
 sbocco possa essere costituito dal rinvio a giudizio,  essendo  anche
 l'udienza  preliminare  un  giudizio (tanto lato sensu quanto stricto
 sensu), un  autentico  processo  contro  l'imputato,  una  fase  piu'
 perfezionata  del procedimento (che coincide con il giudizio o meglio
 con il procedimento di cognizione ordinaria  che  si  identifica  con
 l'udienza  preliminare  stessa, e che vede esercitata l'azione penale
 dal p.m. quando egli non lo eserciti alternativamente tramite i "riti
 speciali" quali la richiesta di applicazione della pena ex artt.  444
 e  447 del nuovo c.p.p. o la richiesta di giudizio immediato ex artt.
 453 e 458 dello stesso codice  o  tramite  la  richiesta  di  decreto
 penale  di  condanna  ex  art.    459  di  detto codice), trattandosi
 comunque di fase  destinata  ad  essere  definita  con  pronuncia  di
 carattere  giurisdizionale,  nulla rilevando, a tal fine, che in caso
 di rinvio a giudizio detta pronuncia sia data da un "decreto"  e  non
 gia' da una sentenza e che tale decreto abbia soltanto la funzione di
 aprire  il  varco ad una fase ulteriore del procedimento, destinata a
 concludersi con la sentenza di merito;
    Poiche' in caso di differente interpretazione si ipotizzerebbe una
 anomala incongrua situazione in cui ad un tempo non vi sia  "evidenza
 di  non  colpevolezza"  ed  appaia  altresi'  ragionevole ritenere la
 inidoneita' degli elementi  acquisiti  a  sostenere  l'accusa  in  un
 eventuale    giudizio   e   quindi,   ove   tale   situazione   fosse
 automaticamente rilevata dal p.m. ante esercizio dell'azione  penale,
 dovrebbe dare luogo ad archiviazione mentre, ove fosse rilevata ed il
 p.m.,  sia  pure  indebitamente,  esercitasse  l'azione  penale, tale
 "errore di valutazione" risulterebbe irreparabile perche' il  giudice
 vincolato in questa fase alla sola osservanza dell'art. 425 del nuovo
 c.p.p.,  non  potrebbe  che  dar  luogo  al  rinvio  a  giudizio, con
 ingiustificato danno per l'imputato;
    Stante comunque, a sostegno della  interpretazione  che  riferisce
 l'idoneita'   all'udienza   preliminare,  la  gerarchia  delle  fonti
 normative esistente fra norme  del  codice  e  norme  di  attuazione,
 dovendo queste ultime adattarsi alle prime (e non viceversa);
    Rimanendo comunque fermo che il principale vantaggio della disputa
 in  argomento  e'  quello  di  "scoraggiare  la  prassi  del rinvio a
 giudizio  nonostante  la  insufficienza  degli  elementi  a   carico,
 riscontrata   nell'applicazione   del  codice  abrogato;  una  prassi
 palesemente in contrasto con i caratteri del sistema accusatorio  che
 ispirano  il  nuovo  codice,  fra  i quali va sicuramente compresa la
 'deflazione dibattimentale'";
    Ritenendosi quindi, in sintesi, che la  c.d.  "infondatezza  della
 notizia  di  reato" in presenza della quale il p.m. deve chiedere (ed
 eventualmente ottenere) l'archiviazione non possa che  essere  quella
 riconoscibile  in  tutti  quei  casi  in  cui nei quali una eventuale
 richiesta di rinvio a giudizio sarebbe  presumibilmente  destinata  a
 non  essere  accolta,  dandosi invece luogo, da parte del giudice, ad
 una sentenza di non luogo a procedere ex art. 425;
    Poiche' a tal punto, nel caso di specie, appare  ancora  prematuro
 ipotizzare un capo d'imputazione non soltanto perche' si verte ancora
 nella fase delle indagini preliminari ma anche perche' anche a questo
 serve  il  supplemento  di  indagini, cioe' ad individuare un capo di
 imputazione da ordinare, eventualmente  al  p.m.,  allorche'  non  si
 ravvisi  l'archiviazione,  anche  se puo' accadere, in certe concrete
 fattispecie, che il capo d'accusa (non  ancora  di  imputazione)  sia
 gia'  ipotizzato in astratto e tecnicamente redatto dallo stesso p.m.
 richiedente l'archiviazione;
    Poiche' comunque, sempre nella specie, potrebbe,  all'esito  delle
 ulteriori  indagini,  ipotizzarsi il reato di abuso d'ufficio ex art.
 323 del c.p. nella nuova formulazione della legge 1990, come potrebbe
 ipotizzarsi l'archiviazione;
    Rilevato che al riguardo la fissazione di nuova udienza in  camera
 di  consiglio  e  la  conseguente  reitera dell'ordinanza che dispone
 l'effettuarsi  di  nuove  indagini,  e'   da   ritenersi   meccanismo
 defatigatario   e   ferraginoso   che  dilata  i  tempi  tecnici  del
 procedimento, il quale non potrebbe che concludersi con la  ulteriore
 reitera,   da   parte   del   p.m.   "inottemperante",   del  proprio
 comportamento di  inerzia  procedurale,  reiterando  naturalmente  le
 pregresse  argomentazioni, cio' anche perche' la questione dipende da
 interpretazione squisitamente giuridica, e non certo  pretestuosa,  e
 dalla  dialettica  procedurale in corso, sostenendo l'a.g. requirente
 la tesi della natura "non vincolante" dell'ordinanza ex art. 409,  n.
 4)  del  c.p.p.,  mentre l'a.g. giudicante asserisce non trattarsi di
 "richiesta da parte del g.i.p." ma di "ordine vincolante impartito al
 p.m.";
    Poiche'  tale  meccanismo  di  riconvocazione  e   rieffettuazione
 potrebbe  prolungarsi  all'infinito,  costringendo  la cancelleria di
 questo g.i.p. ad un sovraccarico di lavoro;
    Atteso  che  la  questione  e'  comunque  rilevante  nel  corrente
 giudizio,  alla  luce  degli  atti  di  cui  a separata proc. gen. n.
 1555/90 g.n.r. n. 1746/90 r.g. g.i.p. nei confronti di Oca  Giovanna,
 instaurato  a suo tempo a seguito di segnalazione di ipotesi di reato
 ai sensi della legge 7 agosto 1982, n. 516 Ancona 19  settembre  1990
 ed  a seguito di "asserito netto rifiuto, da parte della predetta, in
 rappresentanza della societa' C.E.D. Italservice di Oca Giovanna & C.
 S.n.c., alla esibizione delle scritture  contabili  e  dei  documenti
 contabili  richiesti", procedimento che si e' concluso con decreto di
 archiviazione del 21 novembre 1990  con  formula  praticamente  ampia
 recependosi  le argomentazioni del p.m. circa l'erroneita' delle tesi
 dell'Amministrazione,  riguardando  il  relativo   provvedimento   di
 accesso   non  la  C.E.D.  bensi'  la  sola  societa'  "almeno  cosi'
 formalmente", dandosi atto  che  le  scritture  sono  state  comunque
 esibite;
    Poiche'  quindi, sia pure terminato il tutto positivamente con una
 archiviazione,  dall'episodio  originario  si  e'  generato  apposito
 procedimento  penale  nei  riguardi  della  figlia  del  denunciante,
 dovendosi  quindi  accertare,  nel  presente  procedimento  de   quo,
 l'eventuale  abuso  d'ufficio  (di  cui si e' gia' fatto cenno) ad al
 contrario l'intercorso equivoco  (nella  rispettiva  buona  fede  dei
 soggetti  implicati  nella  vicenda)  e da cio' consegue la rilevanza
 della questione giacche' un p.m. si e' espresso per il non rifiuto da
 parte dell'Oca, un altro  p.m.,  di  cui  al  presente  procedimento,
 ritiene  ben  diversamente; stante la lacunosita' manifesta dell'art.
 409, quarto  comma  laddove  non  contempla,  a  fronte  dell'inerzia
 "totale o parziale" del p.m. nei confronti dell'ordinanza che dispone
 nuove  indagini,  alcuno  specifico  rimedio procedurale, e dell'art.
 412, secondo comma dello stesso codice nella parte in  cui  la  detta
 convocazione  continua  a  rimanere  facoltativa anche a fronte della
 "riscontrata inerzia-inottemperanza";
    Stante l'impossibilita' tecnico-giuridica di reperire al  problema
 corretta   idonea  soluzione  sotto  il  profilo  del  "conflitto  di
 competenza" ex art. 28, n. 2) del c.p.p. ("Le norme sui conflitti  si
 applicano  anche nei casi analoghi a quelli previsti dal primo comma.
 Tuttavia,  qualora  il  contrasto  sia   tra   giudice   dell'udienza
 preliminare  e  giudice  del  dibattimento,  prevale  la decisione di
 quest'ultimo") avendo, tramite la detta formulazione, il  legislatore
 inteso  evitare  qualsiasi riferimento a casi di contrasto tra p.m. e
 giudice, proprio per evitare  i  detti  contrasti  o  quantomeno  per
 sottolineare  che  eventuali casi di contrasto non sono riconducibili
 alla categoria dei conflitti, e cio' proprio in considerazione  della
 qualita' di parte, sia pure pubblica, che il p.m. ha nel contesto del
 nuovo   sistema   processuale,  ragion  per  cui  ogni  questione  di
 incostituzionalita' al riguardo verrebbe  aprioristicamente  definita
 infondata perche' estranea alla ratio normativa del codice;
    Poiche'  un  conto  e' la facoltativita' quando ancora non e' dato
 sapere, per la p.g., se la Procura di grado inferiore ottemperera'  o
 meno all'ordinanza del g.i.p., un conto lo e' allorche' la p.g. abbia
 riscontrato la detta "inerzia procedurale";
    Poiche'  evidentemente detto involuto meccanismo rende scarsamente
 funzionante anche l'art. 127 delle disposizioni attuative  del  nuovo
 c.p.p.  nel  senso  che la sua formulazione restringe la trasmissione
 infrasettimanale (dalla segreteria del p.m.  alla  p.g.)  dell'elenco
 notizie  di  reato  alle  persone  note  per  le  quali  non e' stata
 esercitata l'azione  penale  o  richiesta  l'archiviazione  entro  il
 termine   previsto   dalla  legge  o  prorogato  dal  giudice,  senza
 includervi anche i  casi  di  indagini  ulteriori  commissionate  dal
 g.i.p. ex art. 409, n. 4) e non ottemperate (se non parzialmente);
    Poiche'  la  detta  aggiunta  faciliterebbe  alla  p.g.  la scelta
 dell'evocazione ed il  detto  controllo  sull'effettivo  espletamento
 delle indagini;
    Ritenuto   che   nel  merito  la  p.g.  evocante  d'obbligo,  come
 nell'ipotesi  delle  espletate  indagini  a  richiedere   il   n.l.p.
 all'esito ex art. 412, primo comma, non sarebbe vincolata nel merito,
 ben  potendo  o  richiedere  l'archiviazione  all'esito  dell'udienza
 preliminare;
    Poiche',  per  quanto  concerne  la  questione  principale,   ogni
 soluzione  che  coartasse  questo  g.i.p., in difetto delle ulteriori
 indagini,   ad   archiviare   o   ad   ordinare    la    formulazione
 dell'imputazione,    costituirebbe   autentica   forzatura   che   si
 trascinerebbe  fino  all'udienza  preliminare  (magari  con   inutile
 dispendio di energie processuali ex art. 422, primo e secondo comma),
 perche' proprio dall'ottemperanza delle ulteriori indagini dipende il
 poter  disporre  di  sufficienti  concreti  elementi di prova tali da
 consentire o l'archiviare o il rinviare a giudizio in sede di udienza
 preliminare;
    Essendo quindi violati gli artt. 2, 3 e 97 (sul buon  andamento  e
 sull'efficienza  organizzativa  della  p.a.  -  amministrazione della
 giustizia), 101, secondo comma della  Costituzione  (i  giudici  sono
 soggetti  soltanto  alla  legge, mentre di fatto la stasi procedurale
 rende il g.i.p. dipendente dall'a.g. requirente,  magistrato  facente
 parte  dell'ordine  giudiziario  ma  non  anche  giudice,  p.m. parte
 procedurale e non terzo), 112 della Carta costituzionale;
                               P. Q. M.
    Letti  gli  artt. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n.
 1, e 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Dichiara  la  non  manifesta  infondatezza  della   questione   di
 legittimita'  costituzionale  degli  artt.  409, quarto comma, e 412,
 secondo comma, del c.p.p., 127  delle  disposizioni  attuative  dello
 stesso  codice,  il  primo  nella  parte  in cui non contempla alcuno
 specifico rimedio procedurale nell'ipotesi di  inottemperanza,  anche
 solo  parziale,  da parte del p.m. a fronte dell'ordinanza del g.i.p.
 che dispone ulteriori indagini preliminari, il  secondo  laddove  non
 contempla  l'evocazione  obbligatoria  delle  indagini preliminari da
 parte della procura generale c/o la corte d'appello  nell'ipotesi  di
 riscontrata  inerzia  procedurale del p.m. di prima istanza a seguito
 della comunicazione dell'ordinanza di cui al  terzo  comma  dell'art.
 409,  il  terzo  in quanto non comprende nell'elenco delle notizie di
 reato trasmesso infrasettimanalmente dalla segreteria del  p.m.  alla
 p.g. anche i casi di indagini preliminari non espletate dalla procura
 di  primo  grado  a seguito dell'ordinanza di cui al citato comma, il
 tutto in manifesta violazione degli artt.  2,  3,  97,  101,  secondo
 comma,  e  112 della Costituzione per le specifiche causali di cui in
 narrativa;
    Dispone   l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
 costituzionale  con  l'aggiunta  di  quelli  (in  copia)  relativi al
 preced. pen. n. 1555/90 g.n.r., n. 1746/90 r.g. g.i.p. nei  confronti
 di  Oca Giovanna (come generalizzata in atti), conclusosi con decreto
 di archiviazione del 21 novembre 1990, nella loro interezza;
    Sospende il giudizio in corso per rilevanza della questione;
    Ordina che a cura della cancelleria  l'ordinanza  di  trasmissione
 degli  artt. alla Corte costituzionale sia notificata alle parti pri-
 vate in causa (persona offesa dal reato Oca Giuseppe,  suo  difensore
 di fiducia avv. Gianni Marasca del Foro di Ancona, persone sottoposte
 alle  indagini preliminari Palmas Raimondo, Bartoloni Bruno e Madonna
 Claudio tutti c/o ufficio I.V.A.  di  Ancona),  alla  parte  pubblica
 difensore  degli  indagati-indiziati  Avvocatura  distrettuale  dello
 Stato, Ancona, piazza Cavour,  29  ed  al  p.m.  Sede,  nonche'  alla
 Presidenza  del  Consiglio dei Ministri nonche' comunicata anche alla
 Presidenza delle due Camere del Parlamento.
      Ancona, addi' 23 febbraio 1991
           Il giudice per le indagini preliminari: BONIVENTO

 91C0638