N. 215 SENTENZA 20 - 24 maggio 1991

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Amnistia  -  Reati  edilizi  -  Lottizzazione  abusiva  -   Oggettiva
 esclusione  dal  beneficio  - Richiamo alla sentenza n. 59/1980 della
 Corte - Discrezionalita' legislativa - Non fondatezza.
 
 (Legge 11 aprile 1990, n. 73, art. 3, primo comma, lett.  e), n.
 1; d.P.R. 12 aprile 1990, n. 75, art. 3, primo comma, lett.   ),  n.
 1).
 
 (Cost., art. 3).
(GU n.21 del 29-5-1991 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: dott. Aldo CORASANITI;
 Giudici: prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof.
    Gabriele PESCATORE,  avv.  Ugo  SPAGNOLI,  prof.  Francesco  Paolo
    CASAVOLA,  prof.  Antonio  BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO,
    avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI,  prof.  Enzo  CHELI,  dott.
    Renato GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI;
 ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  degli artt. 3, primo
 comma, lett. e), n. 1 della legge 11 aprile 1990  n.  73  (Delega  al
 Presidente  della  Repubblica  per  la  concessione di amnistia) e 3,
 primo comma, lett. e),  n.  1  del  d.P.R.  12  aprile  1990,  n.  75
 (Concessione  di  amnistia),  promosso  con  ordinanza  emessa  il 23
 ottobre  1990  dal  Pretore  di  Sanremo,   sezione   distaccata   di
 Ventimiglia,  nei  procedimenti  penali  riuniti  a  carico  di Peano
 Giacinto ed altri, iscritta al n. 10 del registro  ordinanze  1991  e
 pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica n. 5, prima
 serie speciale, dell'anno 1991;
    Visto l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 ministri;
     Udito  nella  camera  di  consiglio  del 20 marzo 1991 il Giudice
 relatore Mauro Ferri.
                           Ritenuto in fatto
    1. - Con ordinanza del 23 ottobre 1990 il Pretore  di  Sanremo  ha
 sollevato, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, questione di
 legittimita'  costituzionale degli artt. 3, primo comma, lett. e), n.
 1, della legge 11 aprile 1990  n.  73  (Delega  al  Presidente  della
 Repubblica  per  la concessione di amnistia), e 3, primo comma, lett.
 e), n. 1, del d.P.R. 12 aprile 1990 n. 75 (Concessione di amnistia).
     Espone il giudice a quo che, in un  procedimento  penale  per  il
 reato  di lottizzazione abusiva a carico di 44 imputati, ad una parte
 di essi e' stato contestato il solo reato di cui all'art. 17 lett. b)
 della legge 28 gennaio 1977 n. 10, essendo le loro  condotte  cessate
 prima  della entrata in vigore della legge n. 47 del 1985; agli altri
 imputati, le cui condotte sono state successive all'entrata in vigore
 della citata legge, e'  stato  invece  contestato  il  reato  di  cui
 all'art. 20 lett. c) della legge n. 47 del 1985. Peraltro, secondo il
 Pretore,  trattandosi di reato unitario sotto il profilo sostanziale,
 il momento della consumazione va determinato per tutti  gli  imputati
 alla  data  dell'ultima  condotta penalmente rilevante, e cioe' al 23
 novembre 1987.
     Ne consegue, a suo avviso, che le norme impugnate, non prevedendo
 tra le  esclusioni  dal  beneficio  dell'amnistia  i  reati  previsti
 dall'art.  17  lett.  b)  della  legge  28  gennaio  1977  n. 10, poi
 sostituito dall'art. 20, comma primo, lett. b) e c)  della  legge  28
 febbraio  1985  n. 47, avrebbero creato una disparita' di trattamento
 tra soggetti che hanno posto in essere la medesima condotta in  tempi
 diversi,  in  quanto  il  provvedimento  di  clemenza potrebbe essere
 applicato solo agli imputati del reato di cui all'art. 17, lett.  b),
 prima citato.
     2.  - E' intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei
 ministri, rappresentato  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  il
 quale   ha   concluso   per   l'inammissibilita'   o   comunque   per
 l'infondatezza della questione sollevata.
     Sostiene la difesa del Governo  che  la  ricostruzione  giuridica
 effettuata  dal  giudice  remittente deve ritenersi del tutto errata,
 con conseguente difetto di rilevanza della questione nel  giudizio  a
 quo.
     Sarebbe,  infatti,  palesemente contraddittoria la configurazione
 di un'imputazione che indica un reato (art. 17, lett. b), della legge
 n.  10  del  1977)  con  una  data  di  commissione  successiva  alla
 cessazione di vigenza della norma stessa.
     La  legge  28 febbraio 1985 n. 47, prosegue l'Avvocatura, prevede
 espressamente  all'art.  2  che   le   disposizioni   del   capo   f)
 sostituiscono,  tra  gli altri, l'art. 17 della legge n. 10 del 1977,
 sicche' dal 17 marzo 1985 (data di entrata in vigore della  legge  n.
 47  del  1985)  l'art.  17  della  legge  n.  10 del 1977 non ha piu'
 vigenza; conseguentemente non puo' esservi data  di  commissione  per
 tale reato successiva al 17 marzo 1985.
     Pertanto le situazioni ipotizzabili sarebbero solo le seguenti:
        a)  -  la condotta dell'imputato e' cessata prima del 17 marzo
 1985, allora lo stesso risponde del reato previsto dall'art. 17 della
 legge n. 10 del 1977,  con  data  di  commissione  al  momento  della
 cessazione  della  condotta;  in  tale caso il termine prescrizionale
 sarebbe decorso prima dell'entrata in vigore della legge di  amnistia
 e  quindi la questione risulterebbe irrilevante, dovendo prevalere la
 causa estintiva della prescrizione, che e'  quella  verificatasi  per
 prima;
        b)  -  accedendo  invece alla tesi del Pretore, secondo cui la
 data di consumazione deve essere identica per tutti  gli  imputati  e
 deve  essere  indicata  nel  23  novembre  1987,  allora  il reato da
 contestare a tutti dovra' essere quello previsto dalla  normativa  in
 vigore alla data della consumazione, e cioe' dall'art. 20 della legge
 n. 47 del 1985; anche in tal caso la questione non si porrebbe.
     In conclusione, secondo la difesa del Governo, l'unica operazione
 che  appare del tutto inaccettabile sarebbe proprio quella effettuata
 dal giudice remittente dato che essa  comporta  una  discrasia  nella
 formulazione  dell'imputazione tra data del commesso reato e tempo di
 vigenza della norma.
                        Considerato in diritto
    1.  -  Il   pretore   di   Sanremo   dubita   della   legittimita'
 costituzionale,  per contrasto con l'art. 3 della Costituzione, degli
 artt. 3, primo comma, lett. e), n. 1, della legge 11 aprile  1990  n.
 73  (delega  al  Presidente  della  Repubblica  per la concessione di
 amnistia) e 3, primo comma, lett. e), n. 1, del d.P.R. 12 aprile 1990
 n. 75 (Concessione di amnistia).
     La normativa in questione,  ad  avviso  del  giudice  remittente,
 avrebbe creato una illegittima disparita' di trattamento tra soggetti
 che  hanno  posto  in  essere  la  medesima condotta in tempi diversi
 poiche' non ha indicato, tra le esclusioni  oggettive  dal  beneficio
 dell'amnistia,  i  reati  di lottizzazione abusiva previsti dall'art.
 17, lett. b), della legge 28 gennaio 1977 n. 10; norma poi sostituita
 dall'art. 20, comma primo, lett. c), della legge 28 febbraio 1985  n.
 47, compreso invece tra le predette esclusioni oggettive.
   2.   -  L'Avvocatura  dello  Stato  ha  eccepito  pregiudizialmente
 l'inammissibilita'  della  questione,  per  difetto   di   rilevanza,
 osservando  che  il  giudice  a  quo,  nel  procedere per il reato di
 lottizzazione abusiva a carico di 44 imputati in concorso  tra  loro,
 ha  contestato  solo  ad alcuni il reato previsto dall'art. 17, lett.
 b), della legge n. 10 del 1977 (per essere la loro  condotta  cessata
 prima  dell'entrata  in  vigore della legge n. 47 del 1985) mentre ad
 altri ha contestato il reato di cui  all'art.  20,  lett.  c),  della
 citata  legge  n.  47  del  1985,  attenendosi  al principio indicato
 dall'art. 2 del codice penale, in materia  di  successione  di  leggi
 penali nel tempo.
     Poiche'  pero'  il pretore di Sanremo ha considerato unitario dal
 punto di vista sostanziale il reato,  ed  ha  contestato  a  tutti  i
 concorrenti  la  consumazione del reato nel medesimo momento, sarebbe
 allora illogico  e  contraddittorio  configurare  un'imputazione  che
 contesti un reato (art. 17, lett. b), della legge n. 10 del 1977) con
 data  di  commissione  successiva alla cessazione della vigenza della
 norma stessa.
     L'eccezione non puo' essere accolta.
     La questione  in  esame  e'  sollevata  dal  giudice  a  quo  sul
 presupposto  che  il  reato di lottizzazione abusiva, ove compiuto da
 piu'  persone,  si  protragga  fino  alla  realizzazione  dell'ultima
 condotta  penalmente  rilevante  da  parte  di alcuno degli imputati,
 anche se a ciascuno dei concorrenti il reato deve  essere  contestato
 secondo  la  norma  sanzionatrice  in vigore al tempo in cui e' stata
 posta in essere, e si e' esaurita, ogni singola condotta.
     Detta  configurazione  della  fattispecie,   e   la   conseguente
 individuazione  di un momento commissivo (o perfezionativo) del reato
 diverso  per  ciascuno  dei  concorrenti,  e   distinto   da   quello
 consumativo   finale  (eguale  per  tutti  ed  utile  ai  fini  della
 decorrenza della prescrizione), attiene alla qualificazione giuridica
 dei fatti che compete al giudice a quo e  pertanto  non  puo'  essere
 censurata da questa Corte.
    3. - Nel merito la questione non e' fondata.
     Questa  Corte  ha  sempre  ritenuto  che spetti esclusivamente al
 legislatore la scelta  del  criterio  di  discriminazione  fra  reati
 amnistiabili  e  non,  precisando  che  le  relative  valutazioni non
 possono  essere  sindacate  salvo  che  ricorrano  casi  in  cui   la
 sperequazione   normativa,  tra  figure  omogenee  di  reati,  assuma
 dimensioni  tali  da  non  potersi  considerare  sorretta  da  alcuna
 ragionevole giustificazione (cfr. sent. n. 59 del 1980).
     Nel  caso  in esame e' sufficiente osservare che il confronto tra
 le due fattispecie normative  (che  pur  attengono  alla  tutela  del
 medesimo bene giuridico) rende evidente come il legislatore del 1985,
 aggravando in misura assai rilevante le pene previste per il reato di
 lottizzazione  abusiva,  abbia  dimostrato  di  ritenere  altrettanto
 aumentato il disvalore sociale del  fatto;  tanto  basta  perche'  il
 diverso trattamento delle due norme nel provvedimento di clemenza non
 possa essere ritenuto irragionevole.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  non  fondata  la questione di legittimita' costituzionale
 degli artt. 3, primo comma, lett. e), n. 1,  della  legge  11  aprile
 1990  n. 73 (Delega al Presidente della Repubblica per la concessione
 di amnistia), e 3, primo comma, lett. e), n. 1, del d.P.R. 12  aprile
 1990  n.  75  (Concessione  di  amnistia)  sollevata,  in riferimento
 all'art. 3  della  Costituzione,  dal  pretore  di  Sanremo,  sezione
 distaccata di Ventimiglia, con l'ordinanza citata in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 20 maggio 1991.
                       Il Presidente: CORASANITI
                          Il redattore: FERRI
                        Il cancelliere: MINELLI
    Depositata in cancelleria il 24 maggio 1991.
                Il direttore della cancelleria: MINELLI
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