N. 221 SENTENZA 20 - 24 maggio 1991

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Processo penale - Dibattimento - Esame dell'imputato - Richiesta
 del  p.m. o di altra parte privata - Consenso da parte dell'imputato
 - Possibilita' d'interrogatorio da parte del giudice solo  dopo  tale
 esame  - Netta distinzione tra interrogatorio ed esame - Peculiarita'
 del sistema accusatorio -
 Non fondatezza.
 
 (C.P.P., artt. 567, 208, 503 e 506).
 
 (Cost., artt. 76 e 3).
(GU n.21 del 29-5-1991 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Ettore GALLO;
 Giudici: dott. Aldo CORASANITI, prof. Giuseppe BORZELLINO, dott.
    Francesco  GRECO,  prof.  Gabriele  PESCATORE,  avv. Ugo SPAGNOLI,
    prof. Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio  BALDASSARRE,  prof.
    Vincenzo  CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof.
    Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI;
 ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 208, 503, 506
 e 507 del codice di procedura penale, promosso con  ordinanza  emessa
 il  23  novembre  1990 dal Pretore di Catania - Sezione distaccata di
 Acireale - nel procedimento penale a  carico  di  Platania  Giuseppe,
 iscritta  al  n.  35  del  registro ordinanze 1991 e pubblicata nella
 Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  6,  prima  serie  speciale,
 dell'anno 1991,
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 ministri;
     Udito nella camera di consiglio del 22  aprile  1991  il  Giudice
 relatore Francesco Greco;
                           Ritenuto in fatto
    1.  - Il Pretore di Catania - Sezione distaccata di Acireale - nel
 corso del procedimento penale a  carico  di  Platania  Giuseppe,  con
 ordinanza  del  23  novembre 1990 (R.O. n. 35 del 1991) ha sollevato,
 siccome  rilevante  nel  giudizio  e  non  manifestamente  infondata,
 questione  di  legittimita' costituzionale degli artt. 208, 503, 506,
 567 del codice di procedura penale, nelle parti in  cui  dette  norme
 prevedono che l'esame dell'imputato del dibattimento, a richiesta del
 P.M.  o  di  altra  parte  privata,  sia sottoposto al consenso dello
 stesso imputato e che il giudice possa rivolgergli  domande  soltanto
 dopo che sia stato gia' esaminato.
    Ad avviso del giudice a quo, sarebbero violati:
       A)  l'art.  76  della  Costituzione,  per  il  contrasto con la
 direttiva n. 5 della legge delega n. 81 del 1987:
        a) n. 5, la quale stabilisce  la  disciplina  delle  modalita'
 dell'interrogatorio  dell'imputato  in  funzione  della sua natura di
 strumento di difesa; onde la necessita' del mantenimento, secondo  il
 remittente, dell'interrogatorio in ogni caso;
        b)  n. 73, la quale dispone la previsione, nel nuovo codice di
 procedura penale, dell'esame diretto dell'imputato da parte del  P.M.
 e  dei  difensori,  nonche'  del  potere  del  giudice  di  rivolgere
 all'imputato  domande  al  fine  della  ricerca  della  verita',   in
 attuazione delle finalita' del processo; invece, subordinando l'esame
 dell'imputato   nel   dibattimento   al   suo  consenso,  si  sarebbe
 privilegiato     ingiustificatamente     l'interesse      individuale
 dell'imputato  anziche'  quello  generale  dello  accertamento  della
 verita';
        c)  n.  69,  la  quale  garantisce  alle  parti   il   diritto
 all'ammissione  del  mezzo  di  prova  richiesto;  peraltro,  la tesi
 secondo cui nel nuovo codice  di  procedura  penale  l'interrogatorio
 dell'imputato  e' un mezzo di difesa contrasterebbe con gli artt. 513
 e  526  che  consentono  l'utilizzazione  delle  dichiarazioni   rese
 dall'imputato   al  P.M.  o  al  giudice  nella  fase  precedente  il
 dibattimento;
       B)  l'art.  3  della  Costituzione,  per   la   disparita'   di
 trattamento  che  si  verificherebbe  tra  gli  stessi  soggetti  nel
 dibattimento e nella fase delle indagini preliminari, nella quale sia
 il  P.M.  che  il  giudice   possono   procedere   all'interrogatorio
 dell'imputato anche senza il suo consenso.
    2.  -  L'ordinanza  e' stata regolarmente notificata, comunicata e
 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale.
    3. - Nel  giudizio  e'  intervenuta  l'Avvocatura  Generale  dello
 Stato,  in  rappresentanza del Presidente del Consiglio dei ministri,
 la  quale,  concludendo  per  la  infondatezza  della  questione,  ha
 osservato  che il legislatore delegante ha chiarito le differenze tra
 l'interrogatorio nella fase che  precede  il  giudizio,  inteso  come
 mezzo di difesa, e l'esame dell'imputato nella fase del dibattimento,
 inteso  come  mezzo  di  prova;  che,  secondo la logica del sistema,
 l'esame   dell'imputato   non   puo'   assumere    connotazioni    di
 coercibilita',   poiche'   in   questo   modo  si  introdurrebbe  nel
 dibattimento uno  strumento  inquisitorio  direttamente  gestito  dal
 giudice,  in  contrasto  proprio  con i criteri direttivi di cui alla
 legge di delegazione.
                        Considerato in diritto
    1. - La Corte e' chiamata a verificare se gli artt. 567, 208, 503,
 506 del codice di procedura penale, nelle parti in cui prevedono  che
 l'esame   dell'imputato  nel  dibattimento  sia  subordinato  al  suo
 consenso o alla sua  richiesta  e  che  il  giudice  possa  rivolgere
 domande   all'imputato  solo  dopo  che  sia  stato  gia'  esaminato,
 importino violazione dell'art. 76 della  Costituzione  per  contrasto
 con  le  direttive nn. 5, 73 e 69, date al legislatore delegato dalla
 legge di delegazione n.  81  del  1987,  le  quali,  rispettivamente,
 stabiliscono   che   debbano   essere   disciplinate   le   modalita'
 dell'interrogatorio dell'imputato come  strumento  di  difesa;  debba
 essere previsto l'esame diretto dell'imputato da parte del P.M. e dei
 difensori;  il  giudice possa rivolgere domande dirette all'imputato;
 debba  essere  garantito il diritto all'ammissione del mezzo di prova
 richiesto.
    2. - La questione non e' fondata.
    Nel vigente codice di procedura penale  sono  nettamente  distinti
 l'interrogatorio e l'esame dell'imputato.
    Il  primo, regolato dagli artt. 64, 65, 66, 294, 363, 375, 376 del
 codice di  procedura  penale,  e'  reso  nella  fase  delle  indagini
 preliminari.  Esso  e' considerato uno strumento di difesa che mira a
 garantire all'imputato l'esercizio effettivo del relativo diritto  in
 quanto gli consente di contestare l'accusa in fatto ed in diritto, in
 tutto  o  in  parte,  a meno che lo stesso imputato non presti la sua
 adesione,  totale  o  parziale,  o  eserciti  la  facolta'   di   non
 rispondere.  L'imputato  non  ha, pero', l'obbligo di dire la verita'
 tranne i limiti scaturenti dalle norme incriminatrici della  calunnia
 o dell'autocalunnia. Gli sono assicurate varie garanzie. Anzitutto e'
 posto nella condizione di autodeterminarsi liberamente perche' la sua
 sia  una partecipazione libera e cosciente. E' vietato l'uso di mezzi
 di coercizione di  qualunque  specie,  sia  palesi  che  occulti.  E'
 prevista   l'assistenza   del  difensore.  L'imputato  e'  avvertito,
 inoltre, della facolta' di non rispondere anche a singole domande  di
 merito (direttive nn. 2 e 5 della legge-delega).
    2.1  - L'esame dell'imputato e' previsto nel dibattimento, insieme
 con quello dei testimoni e delle parti private.
    Per i procedimenti davanti al Pretore sono richiamate le norme del
 procedimento davanti al Tribunale  (artt.  567,  208,  503,  506  del
 codice di procedura penale).
    L'esame e' considerato un mezzo di prova e, per questa sua natura,
 e'  subordinato  alla  richiesta  o al consenso dello stesso imputato
 perche'  possa  valutare  la  convenienza  della  sua  scelta  e   le
 conseguenze  che  ne  derivano,  a  suo vantaggio o a suo danno, alle
 quali si determina liberamente.
    Secondo la logica  del  sistema  accusatorio,  l'iniziativa  della
 prova  spetta  alle parti, che sono titolari del relativo diritto; il
 giudice ha solo un ruolo di controllo e  di  sussidiarieta',  con  la
 facolta' di indicare i temi nuovi e le lacune da colmare.
    Una   volta  effettuata  la  richiesta  o  prestato  il  consenso,
 l'imputato ha la facolta' di non rispondere  a  singole  domande,  ma
 della  mancata  risposta  si  fa menzione nel verbale per l'eventuale
 apprezzamento da parte del giudice.
    La tecnica dell'esame, i limiti e  l'oggetto  delle  dichiarazioni
 che  possono  essere  rese sono identici sia per l'imputato che per i
 testi e le parti private (art. 499 del codice di  procedura  penale).
 Tuttavia, il giudice deve prendere in considerazione le dichiarazioni
 dell'imputato  anche  se  indirette.  Inoltre,  nel  dibattimento  le
 dichiarazioni da lui  rese  nella  fase  preliminare  possono  essere
 utilizzate: a) dalle parti per verificare la sua credibilita' durante
 l'esame  (art.  503, terzo comma, del codice di procedura penale); b)
 dal giudice ai fini della decisione, quando siano state  assunte  dal
 P.M.  con  la  presenza  del  difensore  (art. 503, quinto comma, del
 codice di procedura penale); c) come prove, quando l'imputato rifiuta
 di essere esaminato o diserta  l'udienza  (art.  513  del  codice  di
 procedura penale).
    3.  - In tale situazione non risulta inapplicata la direttiva n. 5
 della legge-delega, la quale riguarda essenzialmente  la  fase  delle
 indagini   preliminari   e   pone   le   regole   da  osservarsi  per
 l'interrogatorio come strumento di difesa.
    La  utilizzazione  nel  dibattimento  delle   dichiarazioni   rese
 dall'imputato   nella  fase  preliminare  e'  meramente  eventuale  e
 sussidiaria.
    Proprio  in  aderenza  alle  direttive  nn.  69  e  73,  le  quali
 riguardano   la  materia  delle  prove,  le  disposizioni  denunciate
 assicurano la lealta' dell'esame dell'imputato, la  genuinita'  delle
 risposte,  la  pertinenza  al  giudizio,  il  rispetto della persona,
 riservandosi  al  Presidente  o  al  Pretore  solo  la  facolta'   di
 rivolgergli    domande    dirette.   La   subordinazione   dell'esame
 dell'imputato alla sua  richiesta  o  al  suo  consenso  assicura  la
 conservazione  del  suo  stato  e  della  sua  posizione  in  seno al
 dibattimento  e  impedisce  che  egli  si  trasformi   in   testimone
 volontario,  fermo restando che non e' affatto tenuto a discolparsi e
 che l'accusa deve  provare  la  sua  colpevolezza.  Invece,  come  ha
 rilevato  anche  l'Avvocatura  Generale  dello Stato, la eliminazione
 dell'una  o  dell'altro  darebbe  all'esame   una   connotazione   di
 coercibilita'  e  introdurrebbe nel dibattimento uno spurio strumento
 inquisitorio, direttamente gestito dal giudice,  in  netto  contrasto
 proprio con i principi della legge-delega e con la logica del sistema
 accusatorio, cosi' come innanzi affermato.
    4.  -  Non  risulta  nemmeno  violato  l'art. 3 della Costituzione
 perche' la fase delle indagini  preliminari  e'  nettamente  distinta
 dalla  fase  del  dibattimento. Nell'una si acquisiscono gli elementi
 necessari per il  dibattimento,  in  mancanza  dei  quali  si  emette
 provvedimento  di  archiviazione; nell'altra si acquisiscono le prove
 della colpevolezza  dell'imputato  per  la  conseguente  affermazione
 della  sua  responsabilita' oppure, in mancanza di esse, si pronuncia
 sentenza di assoluzione con una delle formule previste. Rimangono ben
 distinti il ruolo, i poteri e le facolta'  del  P.M.  e  del  giudice
 nell'una e nell'altra fase.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  non  fondata  la questione di legittimita' costituzionale
 degli artt. 567, 208, 503, 506 del codice  di  procedura  penale,  in
 riferimento  agli artt. 76 e 3 della Costituzione, sollevata dal Pre-
 tore di Catania - Sezione staccata di Acireale,  con  l'ordinanza  in
 epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 20 maggio 1991.
                         Il Presidente: GALLO
                          Il redattore: GRECO
                        Il cancelliere: MINELLI
    Depositata in cancelleria il 24 maggio 1991.
                Il direttore della cancelleria: MINELLI
 91C0653