N. 223 ORDINANZA 20 - 24 maggio 1991
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Processo penale - Procedimento incidentale di astensione - Autonomia del giudizio incidentale di ricusazione - Richiamo alla giurisprudenza della Corte (sentenza n. 138/1983) - Manifesta inammissibilita'. (C.P.P. 1930, art. 63, in relazione all'art. 241 delle disp. transit. del c.p.p.). (Cost., artt. 3 e 2).(GU n.21 del 29-5-1991 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: prof. Ettore GALLO; Giudici: dott. Aldo CORASANITI, prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI;
ha pronunciato la seguente ORDINANZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 63 del codice di procedura penale del 1930, in relazione all'art. 241 delle disposizioni transitorie del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 13 novembre 1990 dalla Corte d'appello di Catanzaro nel procedimento penale a carico di Ciambrone Francesco ed altri, iscritta al n. 63 del registro ordinanze 1991 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 7, prima serie speciale, dell'anno 1991; Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella camera di consiglio del 10 aprile 1991 il Giudice relatore Francesco Paolo Casavola; Ritenuto che nel corso di un procedimento penale due componenti della Corte d'appello di Catanzaro avevano proposto dichiarazione di astensione per asserita incompatibilita' (avendo esercitato, in relazione allo stesso procedimento, rispettivamente, le funzioni di Giudice istruttore e di Pubblico Ministero), ma l'istanza in tal senso era stata respinta dal Presidente della Corte stessa con decreti motivati dalla considerazione che le funzioni svolte dagli istanti non avevano mai implicato attivita' valutativa circa la responsabilita' degli imputati; che il collegio, composto in maggioranza dagli interessati, ha quindi sollevato, con ordinanza emessa il 13 novembre 1990, questione di legittimita' costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 2 della Costituzione, dell'art. 63 del codice di procedura penale del 1930, in relazione all'art. 241 delle disposizioni transitorie del nuovo codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede che il magistrato, il quale abbia presentato dichiarazione d'astensione, possa poi proporre ricorso per cassazione avverso il decreto del Presidente della Corte d'appello (o del Tribunale) che l'abbia rigettata; che il giudice a quo osserva come la legge consenta in caso di ricusazione che l'interessato possa proporre ricorso per cassazione avverso il provvedimento che decide circa la relativa dichiarazione, cosi' riconoscendogli la titolarita' di un autonomo interesse nel procedimento incidentale e garantendogli quella serenita' di giudizio che la norma impugnata, viceversa, sacrificherebbe; che e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, preliminarmente eccependo l'inammissibilita' e concludendo nel merito per l'infondatezza in ragione dell'obiettiva diversita' tra l'ipotesi considerata e la ricusazione. Considerato che il giudice a quo ha sollevato la questione allorche' avrebbe dovuto pronunciarsi circa l'ulteriore corso del dibattimento e cioe' in una fase processuale in cui il procedimento incidentale d'astensione si era ormai concluso, con l'emissione del relativo provvedimento da parte del Presidente della Corte; che, pertanto, non il collegio rimettente ma i magistrati che presentarono dichiarazione di astensione avrebbero potuto, se del caso, proporre, uti singuli, ricorso per cassazione avverso il provvedimento presidenziale, e richiedere nel giudizio davanti alla suprema Corte, proprio perche' normativamente inammissibile, che fosse sollevato il dubbio di legittimita' sul punto; che, stante l'autonomia del giudizio incidentale di ricusazione rispetto a quello principale, questa Corte si e' gia' espressa nel senso di escludere che il giudice del procedimento principale possa prospettare questioni attinenti alla normativa regolatrice dell'incidente che personalmente lo riguarda (sentenza n. 138 del 1983), sicche' analogo principio deve a fortiori valere nel caso della astensione, trattandosi di un istituto che configura un dovere del giudice, che precede e prevale rispetto alla ricusazione, riservata all'impulso delle parti; che la questione e' percio' manifestamente inammissibile; Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale;
PER QUESTI MOTIVI LA CORTE COSTITUZIONALE Dichiara la manifesta inammissibilita' della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 63 del codice di procedura penale del 1930, in relazione all'art. 241 delle disposizioni transitorie del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 2 della Costituzione, dalla Corte d'appello di Catanzaro con l'ordinanza di cui in epigrafe. Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20 maggio 1991. Il Presidente: GALLO Il redattore: CASAVOLA Il cancelliere: MINELLI Depositata in cancelleria il 24 maggio 1991. Il direttore della cancelleria: MINELLI 91C0655