N. 229 ORDINANZA 20 - 24 maggio 1991

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Processo penale - Nuovo codice - Sospensione del procedimento in
 presenza di questioni pregiudiziali - Esclusione nel caso di mancata
 formazione  del  giudicato  civile  o amministrativo - Situazioni non
 raffrontabili - Manifesta  infondatezza  -  Difetto  di  rilevanza  -
 Manifesta inammissibilita'.
 
 (C.P.P., artt. 2 e 3, n. 1).
 
 (Cost., artt. 2 e 3).
(GU n.21 del 29-5-1991 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: dott. Aldo CORASANITI;
 Giudici: prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof.
    Gabriele  PESCATORE,  avv.  Ugo  SPAGNOLI,  prof.  Francesco Paolo
    CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE,  prof.  Vincenzo  CAIANIELLO,
    avv.  Mauro  FERRI,  prof.  Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott.
    Renato GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI;
 ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nei giudizi riuniti di legittimita' costituzionale degli artt. 2 e 3,
 n. 1 del codice di procedura penale, promossi con n. 3 ordinanze  dal
 Giudice  per  le  indagini preliminari presso il Tribunale di Ancona,
 iscritti rispettivamente ai nn. 90, 105 e 143 del registro  ordinanze
 1991 e pubblicate nelle Gazzette Ufficiali della Repubblica nn. 9, 10
 e 11, prima serie speciale dell'anno 1991;
    Visti  gli  atti  di  intervento  del Presidente del Consiglio dei
 ministri;
    Udito nella camera di consiglio del  22  aprile  1991  il  Giudice
 relatore Luigi Mengoni;
    Ritenuto che, nel corso di due processi penali a carico di persone
 imputate  del  reato  di  bancarotta  fraudolenta,  il Giudice per le
 indagini preliminari presso il Tribunale  di  Ancona,  risultando  la
 pendenza  del  giudizio  civile  di opposizione alla dichiarazione di
 fallimento, ha  sollevato,  in  esito  all'udienza  preliminare,  con
 ordinanze  in  data  2  e  29  ottobre 1990 (R.O. 143/1991, 90/1991),
 questione di legittimita' costituzionale degli artt. 2 e 3, n. 1, del
 nuovo codice di procedura penale, nella parte in cui  non  consentono
 la  sospensione  del  processo  fino  al passaggio in giudicato della
 sentenza  civile  o  amministrativa  che  definisce   una   questione
 pregiudiziale  di  stato  diversa  da  quelle concernenti lo stato di
 famiglia o di cittadinanza;
      che  lo  stesso  giudice  -   investito   della   richiesta   di
 archiviazione  formulata  dal  pubblico  ministero in un procedimento
 avviato su querela di una persona ritenutasi diffamata da enunciative
 di fatti contenute nella motivazione di  un  provvedimento  impugnato
 davanti  al  tribunale  amministrativo  regionale - ha sollevato, con
 ordinanza in data 30 novembre 1990 (R.O. 105/1991), analoga questione
 di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  3,  n.  1,  del   codice
 predetto,  in  quanto non gli consente di sospendere il procedimento,
 soprassedendo alla decisione sulla richiesta del pubblico  ministero,
 fino   al   passaggio   in   giudicato  della  sentenza  del  giudice
 amministrativo;
      che  la  violazione  dei  parametri costituzionali richiamati e'
 fondata  sul  confronto  della  norma  denunciata  con   l'art.   479
 cod.proc.pen.,  il  quale  autorizza  il  giudice  del dibattimento a
 sospendere il processo pur quando insorgano  questioni  pregiudiziali
 alla  decisione  sull'esistenza  del reato diverse da quelle indicate
 nell'art. 3, e quindi anche in caso di controversia sulla qualita' di
 fallito in pendenza di  opposizione  alla  sentenza  dichiarativa  di
 fallimento;
      che,  oltre  alla  violazione  del  principio di eguaglianza, e'
 ravvisato  un  contrasto  col  principio  di  razionalita',   perche'
 "potrebbe  configurarsi  un  eventuale  conflitto  fra  sentenza  del
 dibattimento penale (nell'ipotesi di rinvio a giudizio)  e  giudicato
 civile  ovvero  fra  sentenza  di  non luogo a procedere del G.I.P. e
 giudicato civile che dovesse respingere l'opposizione al fallimento",
 nonche' con l'art. 2 Cost.;
      che nei giudizi davanti alla Corte e' intervenuto il  Presidente
 del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  dall'Avvocatura  dello
 Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata infondata;
    Considerato che i giudizi incidentali promossi dalle tre ordinanze
 hanno per oggetto la medesima questione, per cui si  rende  opportuno
 disporne la riunione affinche' siano decisi con unico provvedimento;
      che   nessuna  motivazione  e'  addotta  dal  giudice  a  quo  a
 fondamento dell'asserito contrasto delle norme impugnate con l'art. 2
 Cost.;
      che nel nuovo  sistema  processuale  non  possono  essere  messe
 validamente  a  confronto,  ai  fini dell'art. 3 Cost., la disciplina
 della fase preliminare e la disciplina della fase  del  dibattimento,
 la prima essendo "stata congegnata, nel suo regime ordinario, come un
 procedimento allo stato degli atti" (sentenza n. 64 del 1991);
      che   con   tale   impostazione  appare  coerente  il  carattere
 eccezionale del potere del giudice  di  sospendere  il  processo  per
 ragioni  di  pregiudizialita',  cosi' come, per una ratio analoga, e'
 eccezionale la facolta'  di  promuovere  il  supplemento  istruttorio
 previsto dall'art. 422;
      che  la  limitazione  del  potere  del  giudice  per le indagini
 preliminari ai casi indicati nell'art. 3, n. 1, si  giustifica  anche
 alla  stregua  di  un altro criterio-guida della riforma del processo
 penale, cioe' l'attenuazione dell'interdipendenza tra giudizio penale
 e giudizio civile o amministrativo, onde la sospensione del  processo
 nei  casi  previsti  dalla legge e' sempre una facolta' del giudice e
 mai un obbligo, diversamente da quanto disponeva l'art. 19 del codice
 del 1930;
      che la decisione del giudice penale che  risolve  una  questione
 civile  o  amministrativa non ha efficacia vincolante in nessun altro
 processo (art. 2, secondo comma, cod. proc. pen.);
      che nel caso della terza ordinanza (R.O. 105/1991) la  questione
 e'  irrilevante,  essendo  stata  sollevata  prima  che avesse inizio
 l'azione penale e quindi in assenza di una imputazione;
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo  1953,  n.
 87,  e  9  delle  Norme  integrative per i giudizi davanti alla Corte
 costituzionale;
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Riuniti   i  giudizi,  dichiara  la  manifesta  infondatezza  della
 questione di legittimita' costituzionale degli artt. 2 e 3, n. 1, del
 nuovo codice di procedura  penale,  sollevata,  in  riferimento  agli
 artt.  2  e  3  della  Costituzione,  dal  Giudice  per  le  indagini
 preliminari presso  il  Tribunale  di  Ancona  con  le  ordinanze  in
 epigrafe, iscritte nel R.O. nn. 90 e 143/1991;
    Dichiara   la   manifesta   inammissibilita'  della  questione  di
 legittimita' costituzionale dell'art. 3, n. 1, del  nuovo  codice  di
 procedura  penale,  sollevata,  in riferimento agli artt. 2 e 3 della
 Costituzione, dal Giudice sopra nominato con l'ordinanza in epigrafe,
 iscritta nel R.O. n. 105/1991.
    Cosi' deciso in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 20 maggio 1991.
                       Il Presidente: CORASANITI
                         Il redattore: MENGONI
                        Il cancelliere: MINELLI
    Depositata in cancelleria il 24 maggio 1991.
                Il direttore della cancelleria: MINELLI
 91C0661