N. 265 SENTENZA 23 maggio - 12 giugno 1991

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Processo  penale  -  Nuovo  codice  -  Individuazione  della  persona
 sottoposta ad indagini - Sua partecipazione - Diritto  di  assistenza
 tecnica - Mancata previsione - Formale e sostanziale differenziazione
 dall'interrogatorio,  confronto e ispezione - Funzione non probatoria
 dell'atto meramente finalizzato alla prosecuzione  delle  indagini  -
 Non fondatezza.
 
 (C.P.P., art. 364).
 
 (Cost., artt. 24, secondo comma, e 77).
(GU n.24 del 19-6-1991 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: dott. Aldo CORASANITI;
 Giudici: prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof.
    Gabriele  PESCATORE,  avv.  Ugo  SPAGNOLI,  prof.  Francesco Paolo
    CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE,  prof.  Vincenzo  CAIANIELLO,
    avv.  Mauro  FERRI,  prof.  Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott.
    Renato GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI;
 ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 364 del codice
 di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 10 gennaio 1991
 dal giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di  Roma,
 nel  procedimento penale a carico di Antimi Marco, iscritta al n. 126
 del registro ordinanze 1991, e pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale
 della Repubblica n. 10, prima serie speciale, dell'anno 1991;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 Ministri,
    Udito nella camera di consiglio  dell'8  maggio  1991  il  Giudice
 relatore Mauro Ferri.
                           Ritenuto in fatto
    1. - Il giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di
 Roma  ha sollevato, in riferimento agli artt. 24, secondo comma, e 77
 della Costituzione,  questione  di  legittimita'  dell'art.  364  del
 codice  di  procedura  penale  "nella parte in cui non prevede che la
 disciplina ivi prevista si applichi anche alla  individuazione  (art.
 361   c.p.p.)  cui  debba  partecipare  la  persona  sottoposta  alle
 indagini".
    2. - Sostiene il giudice remittente che per non violare il diritto
 di difesa sancito dall'art. 24, secondo comma, della Costituzione,  e
 non  contrastare  il  principio  della paritaria partecipazione delle
 parti al processo (fissato dalla direttiva n.  3  dell'art.  2  della
 legge-delega 16 febbraio 1987 n. 81), il legislatore delegato avrebbe
 dovuto   disciplinare   l'"individuazione"   compiuta   dal  pubblico
 ministero, e prevista dall'art. 361 del codice di  procedura  penale,
 alla  stregua  degli  altri atti cui partecipa il soggetto sottoposto
 alle indagini: prevedendo quindi il diritto di assistenza tecnica  da
 parte    del   difensore   analogamente   a   quanto   disposto   per
 l'interrogatorio o il confronto dall'art. 364 del codice di procedura
 penale.
    Sarebbe infatti evidente - a suo avviso  -  "che  l'individuazione
 operata nei confronti della persona sottoposta alle indagini da parte
 di  teste  oculare o addirittura da parte della persona offesa, coin-
 cide in tutto e per tutto, come fatto storico, ad una ricognizione, e
 per cosi' dire, la esaurisce rendendo del tutto inutile la successiva
 assunzione formale della prova, che avra' esito scontato".
    3. - E' intervenuto nel giudizio il Presidente del  Consiglio  dei
 ministri,  rappresentato dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha
 concluso per l'infondatezza della questione.
    La difesa del governo nega, in primo luogo,  che  la  legge-delega
 abbia  posto  sullo  stesso  piano,  quanto  a  diritti di assistenza
 difensiva, l'interrogatorio, il confronto, gli atti a  "sorpresa",  e
 l'individuazione.  La  distinzione  emergerebbe  con  chiarezza dalla
 lettura delle direttive di cui all'art. 2 nn. 37 e 38; la prima delle
 quali indica gli atti "tipici" che il pubblico ministero ha  facolta'
 di  compiere,  e  la  seconda  solo  quelli  che, tra i primi, devono
 necessariamente     prevedere     l'assistenza     del     difensore.
 L'individuazione  e' espressamente menzionata fra gli atti consentiti
 o imposti al pubblico ministero per finalita' di indagine, mentre non
 e' indicata fra quelli ai  quali  il  difensore  deve  avere  diritto
 d'assistere.
    La  distinzione,  correttamente  ripresa  dal legislatore delegato
 (artt. 361, 364, 365 e 366 del codice di procedura penale),  prosegue
 l'Avvocatura,   si  spiega  avendo  riguardo  al  diverso  regime  di
 utilizzabilita' degli atti poiche' solo  per  i  primi  -  e  pure  a
 diverso  livello - e' prevista una utilizzazione ai fini del giudizio
 (artt. 431, 503, quinto comma, 511 del codice di procedura penale).
    L'individuazione,  viceversa,  e'  consentita  soltanto   per   la
 "immediata   prosecuzione   delle   indagini",   secondo   la  stessa
 formulazione della norma, mentre  alla  ricognizione  di  persona  e'
 riservato  il  dibattimento o l'incidente probatorio (art. 392, primo
 comma, lett. g) quale mezzo di prova ampiamente "garantito" nel quale
 e' prevista la partecipazione del difensore.
    La funzione dell'atto e l'assenza di previsioni  specifiche  nella
 legge-delega chiarirebbero quindi che non sono violati ne' il diritto
 di  difesa  dell'indagato  ne'  la  sua  posizione  di parita' con il
 pubblico ministero.
    L'Avvocatura infine sottolinea  che  seguendo  l'orientamento  del
 giudice  remittente,  si  finirebbe per tornare a quella "istruttoria
 sommaria o formale" che il nuovo codice ha voluto ripudiare.
                        Considerato in diritto
    1. - Il giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di
 Roma dubita  della  legittimita'  costituzionale  dell'art.  364  del
 codice  di  procedura  penale  ("Nomina ed assistenza del difensore")
 nella parte in cui non prevede che  la  disciplina  ivi  prevista  si
 applichi  anche  alla individuazione cui debba partecipare la persona
 sottoposta alle indagini.
    In  particolare  il  giudice  remittente  ritiene  che  la   norma
 impugnata, con il prevedere il diritto di assistenza tecnica da parte
 del  difensore  solo  nelle  ipotesi  di  interrogatorio, ispezione o
 confronto  cui  debba  partecipare  l'indagato,  e  non   anche   per
 l'individuazione  compiuta  dal pubblico ministero ai sensi dell'art.
 361 del codice di  procedura  penale,  violi  il  diritto  di  difesa
 sancito  dall'art.  24,  secondo comma, della Costituzione e si ponga
 altresi' in contrasto con il principio della paritaria partecipazione
 dell'accusa e della difesa al processo, previsto dalla direttiva n. 3
 dell'art. 2 della legge  di  delega  16  febbraio  1987  n.  81,  con
 conseguente violazione dell'art. 77 della Costituzione.
    2. - La questione non e' fondata sotto entrambi i profili.
    Nell'esaminare  per  prima,  in  ordine  di antecedenza logica, la
 censura dedotta dal giudice  remittente  in  ordine  alla  violazione
 dell'art.  77, primo comma, della Costituzione, emerge immediatamente
 che la stessa legge-delega indica nelle direttive n. 37 e n.  38  gli
 atti tipici che il pubblico ministero ha il potere di compiere e, tra
 questi,  quegli  ai  quali  il  difensore ha il diritto di assistere:
 mentre l'individuazione e' espressamente prevista tra i primi, non e'
 invece compresa tra quelli con diritto di assistenza difensiva.
    Se quindi la stessa legge-delega non ha posto sullo stesso  piano,
 sotto  tale profilo, l'interrogatorio, il confronto e l'ispezione, da
 un lato, e l'individuazione dall'altro, e  se  a  detto  criterio  il
 legislatore  delegato, come si e' visto, si e' strettamente attenuto,
 non e' certamente ipotizzabile alcuna violazione dell'art.  77  della
 Costituzione;  occorre  rammentare,  inoltre,  che  la direttiva n. 3
 esprime un principio posto sul medesimo piano,  quanto  a  dovere  di
 attuazione,  degli  altri  contenuti  nelle successive direttive che,
 nell'art.   2   della  legge-delega,  disciplinano  ciascuna  aspetti
 specifici del processo penale.
    3. - Sul piano sostanziale, poi, non  sussiste  alcuna  violazione
 del  principio di paritaria partecipazione dell'accusa e della difesa
 al  processo  proprio  in  ragione  della  funzione  non   probatoria
 dell'atto;  il  che  evidenzia,  nel  medesimo  tempo,  anche  la non
 fondatezza della censura relativa  alla  violazione  del  diritto  di
 difesa.
    In  un  sistema  nel  quale  la  prova si forma in dibattimento, o
 comunque davanti al giudice in sede di  incidente  probatorio,  quale
 anticipazione  del  dibattimento,  gli  atti  compiuti  dal  pubblico
 ministero  hanno  una  funzione  esclusivamente  endoprocessuale  (lo
 stesso art. 361 consente di procedere all'individuazione solo "quando
 e'  necessario  per l'immediata prosecuzione delle indagini"); vale a
 dire che la destinazione naturale di tutto il materiale frutto  delle
 indagini  preliminari  e' nella finalizzazione delle indagini stesse,
 secondo quanto previsto dalla dir. n. 37 ed attuato dagli artt. 326 e
 358 (cfr. in tal senso la relazione al Titolo V del codice).
    In proposito e' utile sottolineare che, in ogni caso,  neanche  la
 presenza  della  difesa  incide  sul  valore  degli atti compiuti dal
 pubblico ministero, rendendoli in qualche modo equivalenti, sotto  il
 profilo probatorio, a quelli compiuti dal giudice, proprio perche' la
 legge-delega ha chiaramente fissato il principio secondo cui la prova
 si forma in dibattimento.
    La stessa natura dell'atto in esame, inoltre, dal procedimento ben
 diverso da quello previsto per la "ricognizione", rende evidente come
 in  talune  ipotesi sia del tutto impossibile realizzare l'assistenza
 di  un  difensore  in  incertam  personam,  prima  cioe'   di   avere
 materialmente  identificato  la persona che sara' poi, solo a partire
 da quel momento, "sottoposta alle indagini".
    Se quindi l'individuazione e' in sostanza un puro atto  d'indagine
 finalizzato  ad  orientare  l'investigazione,  ma  non ad ottenere la
 "prova",  non  puo'  dirsi  violato  ne'   il   diritto   di   difesa
 dell'indagato,  ne'  il principio di parita' delle parti, ben potendo
 il  legislatore  graduare  l'assistenza  difensiva  in  funzione  del
 rilievo  conferito  all'atto che, si ripete, esaurisce i suoi effetti
 all'interno della fase in cui viene compiuto.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara non fondata la questione  di  legittimita'  costituzionale
 dell'art.   364   del  codice  di  procedura  penale,  sollevata,  in
 riferimento agli artt. 24, secondo comma, e  77  della  Costituzione,
 dal  giudice  per le indagini preliminari presso il Tribunale di Roma
 con l'ordinanza in epigrafe.
    Cosi' deciso in  Roma,  nella  sede  della  Corte  Costituzionale,
 Palazzo della Consulta il 23 maggio 1991.
                       Il Presidente: CORASANITI
                          Il redattore: FERRI
                        Il cancelliere: MINELLI
    Depositata in cancelleria il 12 giugno 1991.
                Il direttore della cancelleria: MINELLI
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