N. 428 ORDINANZA (Atto di promovimento) 8 febbraio 1991

                                N. 428
 Ordinanza emessa l'8 febbraio 1991 dalla corte d'appello di  Cagliari
 nel  procedimento civile vertente tra regione autonoma della Sardegna
 e Passino Giuseppe
 Espropriazione per pubblico interesse - Occupazione temporanea di
    terreni  boschivi  o  montani  per  l'esecuzione  di   lavori   di
    sistemazione  idraulico-forestali - Determinazione dell'indennita'
    di occupazione, in caso di  mancato  accordo,  mediante  arbitrato
    necessario  -  Incidenza  sul diritto ad agire in giudizio davanti
    agli  organi  giudiziari   ordinari,   attesa   la   necessarieta'
    dell'arbitrato.
 (R.D.-L. 30 dicembre 1923, n. 3267, artt. 21, secondo, terzo e quarto
    comma, e 50, secondo comma).
 (Cost., artt. 24 e 102).
(GU n.25 del 26-6-1991 )
                          LA CORTE D'APPELLO
    Ha   pronunciato  la  seguente  ordinanza  nella  causa  in  grado
 d'appello iscritta al n.  221  reg.  gen.  degli  affari  contenziosi
 civili per l'anno 1989, promossa da: regione autonoma della Sardegna,
 in   persona   del  presidente  in  carica  della  giunta  regionale,
 domiciliata elettivamente in  Cagliari,  viale  Trento,  69,  ufficio
 legale  della regione, presso i proc.  avv.ti Graziano Campus e proc.
 Renato Ferinu che la rappresenta  per  procura  speciale,  a  margine
 dell'atto  d'appello, autorizzata al giudizio con deliberazione 24/18
 della giunta regionale in data 31  maggio  1989,  appellante,  contro
 Passino avv. Giuseppe, residente in Sassari, in giudizio di persona e
 sostituito dal proc. avv. Mariano Delogu, presso il quale, nello stu-
 dio   in   Cagliari,   piazza  Repubblica  n.  28,  e'  elettivamente
 domiciliato, appellato.
    All'udienza collegiale dell'8 febbraio  1991  la  causa  e'  stata
 assegnata a decisione sulle seguenti conclusioni.
    Nell'interesse  dell'appellante, la Corte, respinta ogni contraria
 istanza, voglia:
      in via principale, dichiarare nullo il lodo arbitrale  impugnato
 ai sensi dell'art. 829, primo comma, n. 4,
 del c.p.c.;
      in  subordine,  dichiarare nullo il lodo ai sensi dell'art. 829,
 secondo comma, del c.p.c., confermando nel merito la  legittimita'  e
 congruita' dell'indennizzo cosi' come attualmente corrisposto, pari a
 L. 819.000 annue;
      in   ulteriore   subordine,   rimettere   gli  atti  alla  Corte
 costituzionale per la declaratoria di  illegittimita'  costituzionale
 come dedotta;
      con vittoria di spese ed onorari del giudizio.
    Nell'interesse  dell'appellato,  la  Corte, disattesa ogni avversa
 pretesa, voglia:
      1) dichiarare la propria incompetenza per ragione  di  valore  a
 conoscere della controversia;
      2)   in   subordine,   dichiarare  inammissibile  l'impugnazione
 proposta;
      3) in ulteriore subordine, determinare l'indennita' per  cui  e'
 causa ai sensi di legge;
      4)  in  ulteriore  subordine  ed  in  via  istruttoria, disporre
 ispezione di localita' per accertare  la  quasi  totale  mancanza  di
 opere  di  rimboschimento  ed  il  degrado  del  fondo,  dovuto  alla
 invasione della macchia mediterranea infestante a causa della mancata
 coltura;
      5) con vittoria di spese.
                       SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
    La regione autonoma della Sardegna, con citazione notificata il 24
 aprile 1989 nei confronti dell'avv. Giuseppe Passino, ha impugnato il
 lodo arbitrale 4 febbraio 1989, reso esecutivo dal pretore di Sassari
 con decreto n. 860/1989 in data 23 febbraio 1989, notificatole il  31
 marzo 1989.
    Assume:
      che  il  lodo  e' stato emesso, ai sensi degli artt. 21 e 50 del
 r.d.-l. 30 dicembre 1923, n. 3267, con determinazione dell'indennita'
 dovuta dall'amministrazione regionale  per  l'occupazione  temporanea
 del  terreno  montano,  pari  a  70 ettari di proprieta' del Passino,
 posto nel comune di Villanova Monteleone, localita' Topoi, in catasto
 al f. 83, mapp. 14/P;
      che detta occupazione e' finalizzata all'esecuzione  dei  lavori
 di  sistemazione idraulico-forestale e l'indennizzo, nella specie, e'
 stato  concordato  tra  le  parti  con  atto   di   sottomissione   e
 liquidazione  in  data  1ยบ  maggio  1979,  alla  quale  risale  anche
 l'occupazione, e maggiorata poi dal 1986 a L. 819.000 annue;
      che l'art. 50, secondo comma, del citato  r.d.-l.  n.  3267/1923
 prevede  un'ipotesi  di  arbitrato  obbligatorio  per la liquidazione
 dell'indennita', nei modi previsti dall'art. 21 della  stessa  legge,
 solo in caso di mancato accordo;
      che,    pertanto,    non    sussistendo   il   presupposto   per
 l'instaurazione  del  giudizio  arbitrale,  la  sentenza  che  lo  ha
 definito  e'  nulla  ai  sensi  dell'art. 829, primo comma, n. 4, del
 c.p.c.;
      che,  comunque,  la nullita' sussiste anche sotto altro profilo,
 ai sensi dell'art. 829,  secondo  comma,  del  c.p.c.;  giacche'  gli
 arbitri nello stabilire la misura dell'indennita' non hanno osservato
 quanto  disposto  dall'art.  50,  primo  comma, del citato r.d.-l. n.
 3267/1923, cioe', che occorre  tener  conto  unicamente  del  reddito
 netto del terreno all'epoca dell'inizio dei lavori, mentre nella spe-
 cie,  la  valutazione  "e' stata invece compiuta assumendo quale base
 per  il  calcolo  gli  eventuali  redditi  comprensivi  di  eventuali
 benefici  e contribuzioni erogabili da organismi pubblici, ricavabili
 da un'azienda tipo dedita all'allevamento del bestiame, parametro del
 tutto estraneo al menzionato art. 50";
      che, infine, non sussistendo detti vizi, la Corte  non  potrebbe
 esimersi  dal  rilevare  il  contrasto degli artt. 50 e 21 del citato
 r.d.-l. 3267/1923, in quanto prevedono un arbitrato  necessario,  con
 gli  artt. 24, primo comma, 25, primo comma e 102, primo comma, della
 Costituzione.
    Chiede,  pertanto,  che  accertata  la  nullita'  della   sentenza
 arbitrale,   la   Corte   dichiari   la   legittimita'  e  congruita'
 dell'indennizzo, allo stato, corrisponde annualmente a L. 819.000, e,
 subordinatamente, la rimessione degli atti alla Corte  Costituzionale
 in  correlazione  al dedotto vizio di illegittimita' degli artt. 50 e
 21 citati.
    L'avv. Passino eccepisce preliminarmente, l'incompetenza di questa
 Corte, per ragione di valore ai sensi del combinato degli artt. 12 ed
 828 del c.p.c., a conoscere dell'impugnazione, giacche', in quanto il
 periodo di occupazione  e'  indeterminato  deve  prendersi  per  base
 l'indennita'  annua, gia' fissata in L. 700.000; aumentata dal 1987 a
 L. 819.000 e dagli arbitri a L. 3.563.000; per cui la  causa  sarebbe
 stata di competenza del pretore e, quindi, competente a conoscere del
 gravame e' il tribunale di Sassari.
    L'eccezione di incompetenza di questa corte dev'essere respinta.
    Il  rapporto dedotto in giudizio non puo' essere valutato, ai fini
 dell'individuazione del giudice  competente  per  valore  in  base  a
 quanto  dispone il capoverso dell'art. 12 del c.p.c., giacche' non si
 controverte sull'adempimento della obbligazione del contratto o sulla
 continuazione  di  un  rapporto  di  locazione,  ma,  trattandosi  di
 controversia   sulla   determinazione  del  diritto  del  concedente,
 analogamente a quanto disposto per i  diritti  del  proprietario  nel
 rapporto  di  enfitensi,  ai sensi dell'ultimo comma dell'art. 13 del
 c.p.c.  che,  a  sua  volta,  richiama  il  disposto  del  precedente
 capoverso  dello  stesso  articolo e, quindi, analogamente alle cause
 relative a rendite temporanee o vitalizie,  cumulando  per  dieci  il
 canone  annuo  di  cui il Passino contesta la misura (Cass. 28 aprile
 1967, n. 788), giacche' correlativo ad occupazione temporanea.
    Ne deriva, pertanto, la competenza di  questa  corte  a  conoscere
 sull'impugnazione del lodo non puo' essere messa in dubbio.
    Sempre  in  via  preliminare  deve  essere  valutata la fondatezza
 dell'eccezione di incostituzionalita' degli artt. 21 e 50 del r.d.-l.
 30  dicembre  1923,  n.  3267,  poiche',  ove   questa   sussistesse,
 comporterebbe l'originaria carenza di un potere giurisdizionale negli
 arbitri  i quali avrebbero deciso il lodo senza esserne investiti per
 cui questa corte,  dopo  l'esaurimento  della  fase  resindente,  non
 potrebbe  conoscere  del  merito  della controversia (Cass. 8 gennaio
 1983, n.  66)  e  da  cio'  deriva  la  rilevanza  che  la  questione
 costituzionale   acquista   nel  presente  giudizio,  ai  fini  della
 decisione della controversia.
    La  Corte  costituzionale, in correlazione al principio secondo il
 quale l'arbitrato e' costituzionalmente legittimo nella misura in cui
 la sua utilizzazione sia la conseguenza di una scelta autonoma  delle
 parti,  ha  ribadito (Corte costituzionale 4-14 luglio 1977, n. 127),
 che la rilevanza costituzionale del  diritto  di  agire  in  giudizio
 implica  che tale diritto deve potersi esercitare davanti agli organi
 giudiziari ordinari, ai sensi del combinato disposto  degli  articoli
 24, primo comma, e 102, primo comma, della Costituzione.
    Cio'  perche'  il  diritto  di agire in giudizio per la tutela dei
 propri diritti  ed  interessi  legittimi,  fuori  dei  casi  previsti
 dall'art. 103, deve potersi esercitare dinanzi agli organi giudiziari
 ordinari.
    Pur non escludendo che, rispetto ad una o piu' controversie deter-
 minate  o  determinabili,  i soggetti possono esercitare un potere di
 disposizione strettamente collegato al potere di  azione,  convenendo
 con la controparte di deferire una o piu' questioni al giudizio di un
 arbitro  o  di un collegio arbitrale, una norma avente forza di legge
 che  imponga,  per  una  o  determinate   controversie,   l'arbitrato
 necessario  deve ritenersi in contrasto con il dettato costituzionale
 del combinato disposto dei citati artt. 24 e 102 della Costituzione.
    Nella specie, l'art. 21 r.d.-l. 30 dicembre 1923, n. 3267,  ed  il
 successivo   art.   50,   nei   limiti,  sono  norme  di  legge  (non
 regolamentari, che avrebbero potuto essere disapplicate  ex  art.  5,
 legge   20   marzo   1865,  n.  2248,  all.  E)  che  solo  la  Corte
 costituzionale   puo'   dichiarare    viziate    di    illegittimita'
 costituzionale.
    Pertanto  l'art.  21,  secondo,  terzo e quarto comma e l'art. 50,
 secondo comma, del r.d.-l. 30 dicembre 1923, n. 3267 (Riordinamento e
 riforma della legislazione in materia di boschi e  terreni  montani),
 nei limiti in cui, per la determinazione delle indennita' di cui agli
 artt.  50  e  51  della  stessa  legge,  in  caso di mancato accordo,
 impongono il ricorso  dell'arbitrato  necessario,  si  appalesano  in
 contrasto  con  i  citati  articoli della Costituzione ed il relativo
 accertamento si pone  come  questione  pregiudiziale  alla  decisione
 della presente controversia.
                                P. Q. M.
    Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Dichiara non manifestamente infondata la questione di legittimita'
 costituzionale  degli  artt. 21, secondo, terzo e quarto comma, e 50,
 secondo comma, del r.d.-l. 30 dicembre 1923, n. 3267, in relazione al
 combinato disposto degli artt. 24, primo comma, e 102,  primo  comma,
 della Costituzione;
    Sospende  il  giudizio in corso e dispone l'immediata trasmissione
 degli atti alla Corte costituzionale per la relativa decisione;
    Ordina che, a cura della cancelleria, la  presente  ordinanza  sia
 notificata  alle  parti  in  causa ed al Presidente del Consiglio dei
 Ministri e sia comunicata al Presidente del Senato  della  Repubblica
 ed al Presidente della Camera dei deputati.
      Cagliari, addi' 8 febbraio 1991
                         Il presidente: ANDRIA
                                                 Il cancelliere: MELIS
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