N. 33 RICORSO PER CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE 20 giugno 1991
N. 33 Ricorso per conflitto di attribuzione depositato in cancelleria il 20 giugno 1991 (della regione Toscana) Parchi nazionali e riserve naturali - Decreto del Ministro dell'ambiente - Dichiarazione di importanza internazionale della zona umida di "Diaccia Botrona" nei comuni di Grosseto e Castiglione della Pescaia - Adozione di misure di salvaguardia consistenti in divieti di apertura e coltivazione di cave, circolazione di mezzi motorizzati al di fuori della viabilita' esistente, caccia ed uccellagione, immissione di specie estranee, pesca, urbanizzazione, modifica del regime delle acque, pratica di pascolo, ecc. - Indebita invasione della sfera di competenza regionale in materia di parchi e riserve naturali - Riferimento alle sentenze della Corte costituzionale nn. 123/1980, 223/1984, 617/1987, 830, 1029 e 1031 del 1988 e 346/1990. (Decreto del Ministro dell'ambiente 6 febbraio 1991). (Cost., artt. 97, 117 e 118; d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, art. 83).(GU n.27 del 10-7-1991 )
Ricorso per conflitto di attribuzioni della regione Toscana in persona del presidente pro-tempore della giunta regionale, rappresentato e difeso per mandato a margine del presente atto dall'avv. Alberto Predieri e presso il suo studio elettivamente domiciliato in Roma, via G. Carducci n. 4, in forza di deliberazione g.r. n. 4941 del 31 maggio 1991 contro il Presidente del Consiglio dei Ministri pro-tempore, per l'annullamento del decreto del Ministro dell'ambiente 6 febbraio 1991 "dichiarazione di importanza internazionale della zona umida di 'Diaccia Botrona' nei comuni di Grosseto e Castiglione della Pescaia", pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 85 dell'11 aprile 1991, p. 10 e segg. 1. - Nella Gazzetta Ufficiale n. 85 dell'11 aprile 1991 e' stato pubblicato il decreto ministeriale in oggetto, con il quale viene dichiarata di importanza internazionale, ai sensi e per gli effetti della convenzione relativa alle zone umide di importanza internazionale, soprattutto come habitat degli uccelli acquatici (firmata a Ramsar il 2 febbraio 1971 e recepita in Italia con d.P.R. 13 marzo 1976, n. 448), la zona umida "Diaccia Botrona", ubicata nei comuni di Grosseto e Castiglione della Pescaia (Grosseto). Ai sensi dell'art. 2, si prevede che "con successivo decreto" si provvedera' alla individuazione delle aree di interesse naturalistico, aventi rilevanza ai fini della conservazione del patrimonio naturale nazionale della zona umida di cui al precedente art. 1, quali zone di importanza naturalistica nazionale ed internazionale, ai sensi dell'art. 5, secondo comma, della legge n. 349/1986. L'art. 3 stabilisce che il Ministro dell'ambiente, di concerto con il Ministro delle finanze, "prendera' i necessari accordi con la regione Toscana e gli enti locali interessati per costituire il consorzio per la gestione della riserva naturale da istituire nel territorio di che trattasi". Infine, l'art. 4 e l'art. 5 rispettivamente stabiliscono che nelle zone individuate dalla planimetria allegata al n. 1 al decreto si applichino le misure di salvaguardia e che la vigilanza sull'area sia affidata al nucleo operativo ecologico dell'Arma dei carabineri e alle altre forza di Polizia. 2. - Il decreto viola le competenze costituzionalmente garantite alla regione Toscana, nella materia della protezione della natura e della istituzione di parchi e riserve naturali. Il contenuto del provvedimento e' chiaro. Il Ministro dell'ambiente non si limita a dichiarare di importanza internazionale, ai sensi e per gli effetti della Convenzione di Ramsar, e secondo i confini riportati nella planimetria allegata al decreto, la zona umoda "Diaccia Botrona", ma stabilisce - con effetto prescrittivo pieno - che con successivo proprio decreto "provvedera' alla individuazione delle aree di interesse naturalistico.. .. .. quali zone di importanza naturalistica nazionale e internazionale, ai sensi dell'art. 5, secondo comma, della legge 8 luglio 1986, n. 349" (art. 2); stabilisce altresi' (art. 3) che i "necessari accordi" con la regione Toscana (e gli enti locali interessati) riguarderanno solo la costituzione del consorzio per la gestione "della riserva naturale da istituire"; prevede infine l'applicazione delle misure di salvaguardia, sino "all'istituzione dell'area protetta e comunque per un periodo non superiore a tre anni". Si tratta di misure di salvaguardia di contenuto particolarmente rigoroso, dal momento che - ai sensi dell'allegato II al decreto - sono istituiti nell'area individuata come zona umida divieti di apertura e coltivazione di cave; di circolazione di mezzi motorizzati al di fuori della viabilita' esistente; di caccia ed uccellagione; di immissione di specie estranee; di pesca; di ogni ulteriore urbanizzazione; di modifica del regime dell'acque; di pratica del pascolo e via dicendo. 3. - La violazione delle competenze regionali si avvale anzitutto di una terminologia imprecisa. Il decreto pretende di essere adottato in attuazione della Convenzione di Ramsar del 2 febbraio 1971, cui e' stata data esecuzione in Italia con il d.P.R. n. 448/1976, modificato dal d.P.R. n. 184/1987. Tali norme distinguono tra destinazione delle zone umide, con indicazione dei confini (art. 2.1) e creazione di riserve naturali nelle zone umide (art. 4.1 e art. 4.2). La Corte, nella sentenza n. 223/1984, non ha mancato di rilevare, con riferimento al testo della Convenzione, la diversita' tra il decreto istitutivo della riserva naturale, quello di determinazione o designazione della zona da inserire nell'elenco delle zone umide di importanza internazionale e quello dichiarativo del valore internazionale della zona umida designata (punto 8 in diritto della sentenza). Nel nostro caso, il decreto, da un lato, unifica in un unico provvedimento la determinazione o designazione della zona da inserire nell'elenco delle zone umide di importanza internazionale e la dichiarazione del valore internazionale della zona umida designata (cfr. art. 1 del decreto); dall'altro, riserva ad un successivo decreto la individuazione delle "aree di interesse naturalistico, aventi rilevanza ai fini della conservazione del patrimonio naturale nazionale della zona umida, quali zone di importanza naturalistica nazionale ed internazionale ai sensi dell'art. 5, secondo comma, della legge 8 luglio 1986 n. 349" (art. 2). Nell'art. 3, infine, si parla di accordi con la regione Toscana e gli enti locali per costituire un consorzio per la gestione "della riserva naturale da istituire nel territorio di che trattasi". Ne segue pertanto che rispetto al testo dell'art. 4, nn. 1 e 2, della Convenzione di Ramsar (che, come confermato dalla Corte, prevede una determinazione della zona da inserire nell'elenco delle zone umide, una dichiarazione del suo valore internazionale e una istituzione della o delle riserve), il Ministro dell'ambiente parla anche di individuazione delle "aree di interesse naturalistico" (art. 2), oltre che di "riserva naturale da istituire" (art. 3). Orbene, delle due l'una: o "la riserva naturale" coincide con le "aree di interesse naturalistico" e allora dobbiamo prendere atto che sin d'ora il Ministro dell'ambiente manifesta la volonta' di istituire una riserva naturale con un proprio decreto il che non e' legittimo; oppure le due nozioni non coincidono, e allora dobbiamo prendere atto che il Ministro dell'ambiente manifesta sin d'ora la volonta' di istituire con proprio decreto "aree di interesse naturalistico" non previste dalla Convenzione di Ramsar (su cui il decreto si fonda e di cui pretende di essere attuazione) e manifesta altresi' la volonta' di istituire una "riserva naturale" (non meglio identificata, cosi' come non e' identificato il "territorio di che trattasi" nella quale essa dovrebbe sorgere, dal momento che non si capisce se si tratti del territorio compreso nei confini di cui all'allegato I o in quelli delle "aree di interesse naturalistico" previste dall'art. 2). 4. - Ferma restando la confusione della terminologia usata e l'illegittimo discostamento da quanto previsto in materia dall'art. 4 della Convezione di Ramsar, nel primo caso abbiamo una manifestazione di volonta' del Ministro che stabilisce che l'individuazione delle riserve naturali sara' fatta con proprio decreto, ai sensi "dell'art. 5, secondo comma, della legge 8 luglio 1986, n. 340" esplicitamente citato. Sin d'ora, pertanto, il Ministro esprime un'affermazione di competenza per l'istituzione di una riserva naturale: e per cio' solo lede l'ambito delle attribuzioni riservate alla regione, dal momento che - come la Corte ha gia' avuto modo di rilevare (sentenze nn. 346/1990 e 830/1988) - il Ministro dell'ambiente non ha il potere di deliberare sulla indivuduazione delle aree su cui istituire riserve e parchi, ma ha semplicemente - sulla base della richiamata norma dell'art. 5, secondo comma, della legge n. 349/1986 - i poteri gia' spettanti al Ministero dell'agricoltura e delle foreste. Tra tali poteri e' compreso quello di individuare le zone di importanza naturalistica nazionale ed internazionale (e dunque, per usare la teminologia della Corte nella sentenza n. 223/1984, di determinare o designare la zona da inserire nell'elenco delle zone umide e di dichiarare il valore internazionale), non quello di individuare le aree su cui istituire le riserve e i parchi naturali. Questo e' stato affermato a piu' riprese dalla Corte. La quale, nella sentenza n. 346/1990, ha detto esplicitamente che "l'art. 5, secondo comma, della legge 8 luglio 1986, n. 349 - che e' richiamato dalla premessa del decreto ministeriale impugnato - trasferisce genericamente al Ministro dell'ambiente le competenze per l'innanzi imputate al Ministro dell'agricoltura e foreste in ordine ai parchi nazionali e all'individuazione delle zone di importanza naturalistica nazionale e internazionale, competenze tra le quali non e' ricompresa la potesta' di deliberazione dell'individuazione delle aree su cui istituire le riserve e i parchi naturali. Quest'ultimo potere, infatti, e' regolato dall'art. 83, quarto comma, del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, che attribuisce al Governo, 'nell'ambito della funzione di indirizzo e coordinamento, la potesta' (.. .. ..) di individuare i nuovi territori nei quali istituire riserve naturali e parchi di carattere interregionale' e, a fortiori, riserve e parchi di carattere nazionale o internazionale (v. sentenze nn. 123/1980, 1029 e 1031 del 1988). Quest'ultima norma non e' stata abrogata dall'art. 5, precedentemente ricordato, ma e' stata integralmente richiamata dallo stesso articolo al suo primo comma, che anzi, precisa essere di spettanza del Ministro dell'ambiente soltanto il potere di proposta in relazione all'individuazione delle aree da destinare a riserve o a parchi naturali (v. cosi' sentenza n. 830/1988). Sicche' si deve ritenere che il Ministro dell'ambiente sia del tutto privo del potere di deliberare l'individuazione delle aree su cui istituire riserve o parchi naturali d'importanza nazionale o internazionale". 5. - poiche' invece, invece, nella fattispecie, l'individuazione delle aree su cui istituire la riserva naturale e' affermata sin d'ora esplicitamente come oggetto di una competenza ministeriale che sara' esercitata "con successivo decreto", sono palesemente violate le norme che disciplinano, sulla base degli artt. 117 e 118 della Costituzione e dell'art. 83 del d.P.R. n. 616/1977, i poteri rispettivi dello Stato e delle regioni in materia di individuazione delle aree su cui istituire le riserve naturali, con conseguente violazione delle competenze costituzionalmente garantite alla regione. L'art. 83 del d.P.R. n. 616/1977 stabilisce infatti la regola del trasferimento alle regioni delle funzioni amministrative concernenti gli interventi per la protezione della natura, le riserve e i parchi naturali. E' vero che tale norma mantiene allo Stato talune competenze; ed e' vero altresi', come la Corte ha precisato, che tra queste vi e' la potesta' di individuare le aree da destinare a parchi o a riserve naturali, nell'ambito di una piu' ampia potesta' statale nella quale si esprime la complessa valutazione, da parte dello Stato, dell'interesse nazionale o sovranazionale che giustifica la destinazione di una certa area a un regime speciale, diretto alla tutela di beni naturalistici di notevole importanza per la collettivita' nazionale o internazionale (cfr. sentenze nn. 123/1980, 223/1984, 617/1987, 1029 e 1031 del 1988, 346/1990). Tuttavia, come detto, la competenza statale in materia deve essere esercitata nei modi e nelle forme stabilite dalla legge, che nella specie non sono state osservate; in secondo luogo, come la Corte ha osservato (cfr. sentenze nn. 830/1988 e 346/1990), tale competenza statale, ponendo un limite alla competenza regionale nelle materie trasferite "di natura e consistenza tale da comportare una eccezionale alterazione della ripartizione dei poteri stabilita con norme di rango costituzionale", deve essere esercitata nel piu' scrupoloso rispetto delle forme stabilite dalla legge, in considerazione del carattere eccezionale della deroga ai poteri delle regioni. Ne segue che nel momento in cui il decreto impugnato comporta, da parte del Ministero dell'ambiente, l'affermazione della spettanza a tale Ministero di un potere che invece - come abbiamo visto - non gli e' conferito, si ha una violazione non solo formale, ma anche sostanziale, delle competenze costituzionalmente garantite alla regione, che deve essere censurata. La giurisprudenza della Corte ha infatti altre volte affermato l'idoneita' di atti statali, in se' privi di efficacia diretta nei confronti della sfera di attribuzioni della regione, ma che siano espressivi di una affermazione di competenza e percio' lesivi dell'ambito delle attribuzioni regionali (cfr. sentenze nn. 11 e 12 del 1957; 56/1962), a fondare il conflitto di attribuzioni. Nel nostro caso, la lesione deriva dall'affermazione che sara' un decreto ministeriale ha individuare le aree su cui istituire riserve naturali e dunque dall'affermazione attuale, e non meramente futura, dell'esistenza di un potere in capo al Ministro dell'ambiente, che invece non susssite e che la Corte ha negato il Ministro possa attribuirsi. 6. - Ad analoghe conclusini dovremmo giungere se interpretassimo il decreto nel senso che esso, nell'art. 2, abbia voluto prevedere non gia' la successiva istituzione, con decreto ministeriale, di riserve naturali, ma solo l'individuazione delle aree di interesse naturalistico, quali "zone di importanza naturalistica nazionale ed internazionale ai sensi dell'art. 5, secondo comma, della legge 8 luglio 1986, n. 349", in quanto diverse dalle "riserve naturali". Anche in tal caso si applica quanto stabilito dalla Corte nella sentenza n. 346/1990, dal momento che ivi la Corte dichiara che l'art. 5, secondo comma, della legge n. 349/1986 (e dunque precisamente la norma sulla quale si fonda il potere affermato dal Ministro dell'ambiente nell'art. 2 del decreto) trasferisce al Ministro dell'ambiente competenze del Ministro dell'agricoltura "tra le quali non e' ricompresa la potesta' di deliberazione dell'individuazione delle aree su cui istituire le riserve e i parchi naturali". Cosicche', se anche venisse ammesso che la successiva individuazione delle aree di interesse naturalistico non equivalga, nella imprecisa formulazione del decreto, alla individuazione delle riserve naturali, non per questo e' consentito al Ministro dell'ambiente di statuire che un proprio successivo decreto provvedera' alla individuazione delle aree di interesse naturalistico ai sensi dell'art. 5, secondo comma, della legge n. 349/1986, dal momento che la Corte ha detto che tale competenza non spetta al Ministro dell'ambiente. 7. - Un'autonoma ragione di illegittimita' costituzionale del decreto, oltre quella sin qui evidenziata, deriva dal fatto che il contenuto normativo del decreto non consiste solo nella dichiarazione di importanza internazionale della zona umida "Diaccia Botrona", ma consiste anche nelle prescrizioni che un successivo decreto individuera' le aree di interesse naturalistico (art. 2); che dovra' essere costituita una riserva naturale (art. 3), sia essa o meno coincidente con l'individuazione delle aree di interesse naturalistico di cui all'art. 2; che gli accordi con la regione Toscana concernenti la gestione della riserva si limiteranno alla costituzione di un consorzio, che all'intero territorrio ricompreso nella perimetrazione della zona dichiarata di importanza internazionale si applicano le misure di salvaguardia, per un periodo di tre anni e fino all'istituzione "dell'area protetta" (termine di cui - ancora una volta - dobbiamo rilevare l'imprecisione, dal momento che esso e' nuovo ed ulteriore rispetto a quelli di area di interesse naturalistico e di riserva naturale, e dunque non si capisce con quali di essi coincida, o se indichi un quarto genus - oltre a quelli ora richiamati e a quello di area dichiarata di importanza internazionale - al di la' di ogni corretta esecuzione della Convenzione di Ramsar, che non prevede nulla di tutto cio'). In sostanza, siamo ben oltre l'esercizio di un potere contenuto nell'ambito delle potesta' riconosciute (in ultimo con la sentenza n. 346/1990) al Ministro dell'ambiente, che sono limitate alla designazione della zona e alla sua perimetrazione. Specie con l'indicazione della creazione di aree di interesse naturalistico ai sensi dell'art. 5, secondo comma, della legge n. 349/1986, e con l'autonoma assunzione ed esercizio del potere di emanare misure di salvaguardia, che non trova fondamento in alcuna norma vigente, e che certamente non e' riconducibile al solo potere di designare la zona e di dichiararla di valore internazionale, il Ministro dell'ambiente ha proceduto all'affermazione di una competenza che si estende sino alla vera e propria creazione di un nuovo parco o riserva, tanto piu' che - come la Corte ha affermato nella sentenza n. 223/1984 - l'obbligo di creare riserve naturali e' elemento fondamentale, e non solo aggiuntivo, del sistema cui da' vita la Convenzione di Ramsar, dal momento che l'"istituzione di una o piu' riserve naturali trasforma il vincolo previsto in sede internazionale, che del regime della convenzione rappresenta il cardine, da virtuale (quale lo aveva reso la designazione della zona destinata ad essere inserita nell'elenco) in attuale, secondo gli strumenti di adattamento apprestati dal diritto interno". Il legame tra l'istituzione della riserva e la designazione della zona umida e' tale, pertanto, da far ritenere che nel momento in cui il Ministro dell'ambiente ha sin d'ora previsto che la prima sara' fatta con proprio decreto, e ha aggiunto a tale previsione l'appropriazione del potere di emanare misure di salvaguardia, abbia ulteriormente esorbitato dalle competenze riconosciutegli, violando la sfera di interessi costituzionalmente garantiti alla regione. 8. - Il decreto prevede l'istituzione di misure di salvaguardia, per una durata non inferiore a tre anni. Per effetto di tali misure e' vietata una serie di attivita' quali l'apertura e la coltivazione di cave; la circolazione di mezzi motorizzati al di fuori della viabilita' esistente, fatta eccezione per i mezzi necessari alla conduzione agricola dei terreni e alle attivita' di gestione e vigilanza; l'esercizio della caccia e dell'uccellagione praticate con qualsiasi mezzo, nonche' ogni forma di disturbo della fauna selvatica ivi compreso l'addestramento dei cani, la raccolta' e la distruzione di uova e nidi, nonche' l'immissione di specie estranee; il danneggiamento e la raccolta delle specie vegetali spontanee con particolare riferimento ad esemplari arborei vetusti, a filari di alberi, a siepi e formazioni vegetazionali arboree ed arbustive resi- due; l'abbandono dei rifiuti di qualunque genere; l'esercizio della pesca, la modifica del regime delle acque, ad eccezione degli interventi destinati alla tutela della pubblica incolumita' e alla corretta conduzione dei fondi agricoli nonche' al mantenimento e alla ricostituzione degli ambienti umidi. Ad esse si aggiungono le altre elencate nel decreto. Queste misure di salvaguardia non trovano copertura in norme di legge. Invero, se ci si riferisce alla individuazione di aree prevista nelle norme di attuazione della Convenzione di Ramsar, tale potere manca; mentre se ci riferiamo alle aree da destinarsi a parchi nazionali e riserve naturali il potere di adottare misure di salvaguardia puo' essere esercitato sentite le regioni e gli enti locali interessati (art. 7, primo comma, della legge n. 59/1987). Nel caso in questione, non risulta che siano stati sentiti gli enti di cui si sarebbe dovuto acquisire il parere. Ne' si puo' ritenere che l'adozione delle misure di salvaguardia sia contenuta nelle competenze del Ministero dell'ambiente riconosciute dalla Corte per l'istituzione di nuovi parchi nella sentenza n. 148/1991, ai sensi della sezione III della deliberazione CIPE 5 agosto 1988, anche oltre i parchi nominativamente indicati in essa. In effetti, se di dovesse ritenere in astratto applicabile alla fattispecie la sezione III della deliberazione CIPE, dovremmo rilevare che e' del tutto mancata l'intesa con la regione che deve essere istituzionalizzata, quanto meno nella formazione della commissione paritetica prevista da tale delibera. Anche l'adozione delle misure di salvaguardia, ai sensi del punto 4 della sezione III di tale delibera, presuppone che il Ministro dell'ambiente agisca "in relazione alle risultanze dei lavori della commissioni paritetica", che deve essere costituita con apposito decreto ministeriale e nella quale, ai sensi dei punti 1 e 2 della sezione III, debbono essere rappresentate, tra l'altro, le regioni interessate. Non risulta che nessuna commissione paritetica sia stata istituita al riguardo, ne' che il Ministro abbia agito "in relazione alle risultanze" dei suoi lavori: cosicche' non e' dell'eventuale richiamo al potere di adottare misure di salvaguardia previsto dalla delibera CIPE 5 agosto 1988 (nell'ipotesi denegata che essa si potesse applicare anche al caso di specie), che si puo' dedurre la legittimita' del potere esercitato nel decreto in questione all'art. 4. 9. - E' vero che il decreto impugnato fa ulteriore riferimento agli artt. 4, lett. h), del d.P.R. n. 11/1972 e 83 del d.P.R. n. 616/1977, ma il comune e indifferenziato richiamo alle due norme non consente di ritenere costituzionalmente fondato l'esercizio del potere che ad esse si richiama. Anzitutto, la Corte ha gia' avuto occasione di rilevare nella sentenza n. 1029/1988, punti 3, 3.1, 3.2 e 3.3 del diritto, sintetizzando l'evoluzione normativa dal d.P.R. n. 11/1972 al d.P.R. n. 616/1977, che l'art. 4 del d.P.R. n. 11/1972 e l'art. 83 del d.P.R. n. 616/1977 sono norme di contenuto diverso, anzi opposto, e per conseguenza non possono essere richiamate unitariamente senza cadere nell'irragionevolezza e nella contraddittorieta'. La Corte ha detto che "ad essere piu' precisi, l'art. 4 del d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 11 - che il ricorrente, in nome di una presunta similitudine o coerenza con il vigente art. 83 del d.P.R. n. 616/1977, pretende erroneamente di porre a base della sua domanda - prevedeva una disciplina che, sotto il profilo del regime delle attribuzioni, era contraria a quella attualmente in vigore contenuta, per l'appunto nell'art. 83". In particolare, afferma la Corte, l'art. 4, lett. h) (che manteneva allo stato la riserva degli "interventi per la protezione della natura" salvo quelli regionali che non fossero in contrasto con la disciplina statale e faceva coerentemente seguire a tale scelta la totale riserva allo stato dei "parchi nazionali - art. 4 lett. s)) e' stato "modificato radicalmente" (sentenza n. 1029/1988, punto 3.2) dall'art. 83 del d.P.R. n. 616/1977, che ha trasferito la "protezione della natura" alle competenze regionali, ivi compresi i parchi nazionali. Ne segue che, da un lato, l'art. 4 lett. h), del d.P.R. n. 11/1972 non e' in alcun modo utilizzabile per individuare il fondamento normativo dell'illegittimo provvedimento impugnato, perche' pone una disciplina radicalmente modificata dall'art. 83 del d.P.R. n. 616/1977; dall'altro, quest'ultimo prevede il trasferimento alle regioni delle funzioni amministrative concernenti la protezione della natura, e se e in quanto sia richiamabile - nell'interpretazione che la Corte fornisce delle competenze statali in tema di individuazione dei parchi e delle zone di importanza naturalistica - lo e' esclusivamente nei limiti che abbiamo sopra ricordato e nel quadro dei principi (anch'essi piu' volte sottolineati dalla Corte), della leale collaborazione e cooperazione tra Stato e regioni per la tutela e protezione della natura: ossia in forme e modi che sono stati completamente disattesi dal provvedimento impugnato. 10. - Quest'ultimo fa - ancora - riferimento all'art. 4 del d.P.R. n. 616/1977, riserva allo Stato le funzioni, anche nelle materie trasferite o delegate "attinenti ai rapporti internazionali". La Corte ha piu' volte ripetuto che "quando lo Stato agisce per l'attuazione di un interesse nazionale o di un obbligo internazionale, la sussistenza dell'uno o dell'altro non puo' essere semplicemente affermata o desunta genericamente, ma deve essere comprovata da rigorosi procedimenti ermeneutici e da seri argomenti giustificativi, sottoponibili, in sede di sindacato di legittimita' costituzionale, ad uno scrutinio particolarmente severo (vedi per gli obblighi internazionali sentenza n. 830/1988 e, per l'interesse nazionale sentenze nn. 177, 217 e 633 del 1988, 407/1988 e 139/1990)" (sentenza n. 346/1990, punto 2.1). Era richiesta pertanto, nel caso di specie (in cui si pretende di giustificare il provvedimento sulla base della Convenzione di Rasmar e della Convenzione di Berna), una motivazione particolarmente congrua della (sia pure illegittima, per le forme con cui e' stata assunta) deliberazione di individuazione della zona umida "Diaccia Botrona" come zona di importanza internazionale. La realta' e' invece che la motivazione fornita dalle premesse al provvedimento impugnato e' insufficiente e contraddittoria, e si risolve pertanto in una ulteriore lesione delle competenze regionali costituzionalmente garantite. Essa fa riferimento alla presenza, in zona, di specie faunistiche migratrici e di altre che vi nidificano regolarmente: ma non specifica affatto come e in quali modi si sia giunti agli accertamenti e alle affermazioni in tal modo consegnati nelle premesse al decreto impugnato. Inoltre asserisce, in modo apodittico e senza la benche' minima dimostrazione, che "la zona in questione ha un valore particolare per il mantenimento della diversita' ecologica e genetica della regione mediterranea grazie alla ricchezza e alla orginalita' della sua flora e della sua fauna e costituisce un esempio particolarmente rappresentativo di zona umida caratteristica della propria regione". Si tratta di affermazioni indimostrate, tautologiche e insufficienti e soddisfare la necessita' dei "seri argomenti giustificativi" richiesti dalla Corte.
P. Q. M. Si chiede che la Corte costituzionali dichiari che non spetta al Ministro dell'ambiente esercitare le competenze di cui agli artt. 2, 3, 4 e 5 del decreto 6 febbraio 1991, e per conseguenza annulli il decreto stesso per violazione degli artt. 97, 117, 118 della Costituzione e 83 del d.P.R. n. 616/1977. Roma, addi' 7 giugno 1991 Avv. Alberto PREDIERI 91C0829