N. 299 ORDINANZA 17 - 26 giugno 1991

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Legge  penale  -  Divieto  di  affissione  -  Affissioni della p.a. e
 dell'autorita' ecclesiastica - Punibilita' - Violazione del principio
 di uguaglianza - Identicita' della  ratio in tema di esclusione della
 punibilita'  -  Difetto  di  rilevanza  -  Manifesta  infondatezza  -
 Manifesta inammissibilita'.
 
 (C.P., art. 664, primo comma).
 
 (Cost., art. 3, primo comma).
(GU n.26 del 3-7-1991 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Ettore GALLO;
 Giudici: dott. Aldo CORASANITI, dott. Francesco GRECO, prof. Gabriele
    PESCATORE,  avv.  Ugo  SPAGNOLI,  prof.  Francesco Paolo CASAVOLA,
    prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO,  avv.  Mauro
    FERRI,  prof.  Luigi  MENGONI,  prof.  Enzo  CHELI,  dott.  Renato
    GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI;
 ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel giudizio di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  664,  primo
 comma,  del codice penale promosso con ordinanza emessa il 25 ottobre
 1990 dal Pretore di Pordenone nel procedimento  penale  a  carico  di
 Puiatti  Mario  ed  altro,  iscritta al n. 151 del registro ordinanze
 1991 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  11,
 prima serie speciale, dell'anno 1991;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 ministri;
    Udito nella camera di consiglio del  22  maggio  1991  il  Giudice
 relatore Francesco Paolo Casavola;
    Ritenuto  che  nel  corso  di  un  procedimento penale, in cui gli
 imputati erano accusati  di  aver  staccato  alcuni  manifesti  fatti
 affiggere  dal Sindaco per celebrare la festivita' del 4 novembre, il
 Pretore di Pordenone, con ordinanza emessa il  25  ottobre  1990,  ha
 sollevato,   in   riferimento   all'art.   3,   primo   comma,  della
 Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 664,
 primo comma, del codice  penale,  nella  parte  in  cui  punisce  chi
 stacca,  lacera  o rende inservibili od illeggibili scritti o disegni
 fatti affiggere dalle autorita' civili od ecclesiastiche;
      che a parere del giudice rimettente, poiche' la norma  sanziona,
 al  secondo  comma, la medesima condotta con riguardo alle affissioni
 compiute da privati "nei luoghi e nei modi consentiti dalla  legge  o
 dall'autorita'", l'assenza di tale specificazione al comma precedente
 indurrebbe  a  ritenere  punibile  anche  chi  danneggi le affissioni
 effettuate dall'autorita' al di fuori dei luoghi e al di la' dei modi
 consentiti, con conseguente violazione del principio di eguaglianza;
      che, in particolare, quando la pubblica  Amministrazione  agisca
 iure  privatorum,  non  si  giustificherebbe  la  punibilita'  di chi
 stacchi o  laceri  affissioni  compiute  in  luoghi  e  in  modi  non
 consentiti dalla legge;
      che  "ancor  piu' stridente" risulterebbe il vulnus del precetto
 costituzionale con riguardo alle autorita' ecclesiastiche, in  quanto
 a  queste  ultime si verrebbe ad accordare una tutela privilegiata di
 tutte le affissioni, in  qualunque  modo  e  luogo  avvengano  e  non
 soltanto di quelle effettuate all'esterno o all'interno degli edifici
 destinati al culto;
      che  e'  intervenuto  il  Presidente del Consiglio dei ministri,
 rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato,  concludendo  per
 la  inammissibilita'  per  irrilevanza  della  questione  concernente
 l'autorita' ecclesiastica e per l'infondatezza di quella  riguardante
 l'autorita' civile;
      che  la difesa dello Stato osserva su quest'ultimo punto come il
 Pretore rimettente muova da  un  presupposto  erroneo  in  quanto  la
 mancata  precisazione circa i luoghi consentiti di cui al primo comma
 deriverebbe dalla presunzione che la pubblica Amministrazione  agisca
 lecitamente,  con la conseguente non riferibilita' alla stessa, ma ad
 atti degli incaricati, di affissioni eseguite contra legem;
    Considerato che la questione, cosi' come prospettata, concerne due
 distinti   profili,   attinenti   alle   affissioni   rispettivamente
 effettuate    dall'autorita'    ecclesiastica    e   dalla   pubblica
 Amministrazione;
     che  il  primo  aspetto  risulta  assolutamente  irrilevante  nel
 giudizio  a  quo, ove l'imputazione riguarda alcuni manifesti con cui
 il Comune intendeva celebrare una festivita' civile, onde la relativa
 questione va dichiarata manifestamente inammissibile;
      che, in secondo luogo, anche enti, amministrazioni ed  autorita'
 pubbliche  sono tenuti ex art. 2 della legge 23 gennaio 1941, n. 166,
 a   compiere   affissioni   esclusivamente   in    appositi    spazi,
 preventivamente  individuati, secondo le dettagliate procedure di cui
 agli artt. 3, 28, 34 e 37 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 639;
      che, pertanto, pur in mancanza dell'inciso relativo  a  "modi  e
 luoghi consentiti", la ratio del primo comma dell'art. 664 del codice
 penale  e'  identica  a  quella del comma successivo, con le medesime
 conseguenze in tema di esclusione della punibilita';
      che,   pertanto,   la   questione   e',   sotto   tale  profilo,
 manifestamente infondata;
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo  1953,  n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale;
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara   la   manifesta   inammissibilita'   della  questione  di
 legittimita' costituzionale dell'art. 664, primo  comma,  del  codice
 penale,  nella  parte  in  cui  si riferisce alle affissioni disposte
 dalle autorita' ecclesiastiche, sollevata, in relazione  all'art.  3,
 primo  comma,  della  Costituzione,  dal  Pretore  di  Pordenone  con
 l'ordinanza di cui in epigrafe;
    Dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimita'
 costituzionale dell'art. 664, primo comma, del codice  penale,  nella
 parte  in  cui  si riferisce alle affissioni disposte dalle autorita'
 civili, sollevata,  in  relazione  all'art.  3,  primo  comma,  della
 Costituzione, con la medesima ordinanza.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 17 giugno 1991.
                         Il Presidente: GALLO
                        Il redattore: CASAVOLA
                        Il cancelliere: MINELLI
    Depositata in cancelleria il 26 giugno 1991.
                Il direttore della cancelleria: MINELLI
 91C0835