N. 315 ORDINANZA 19 giugno - 5 luglio 1991

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Processo  penale - Procedimento pretorile - Richiesta di applicazione
 della pena - Termini - Ritenuta incongruita' -  Ragionevolezza  della
 scelta   legislativa   -   Manifesta   inammissibilita'  e  manifesta
 infondatezza.
 
 (C.D. degli artt. 446, primo comma, 549, 563, primo e  quarto  comma,
 del c.p.p., art. 563, quarto comma, del c.p.p.).
 
 (Cost., artt. 76 e 25, primo comma).
(GU n.28 del 17-7-1991 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: dott. Aldo CORASANITI;
 Giudici: dott. Francesco GRECO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo
    SPAGNOLI,   prof.   Francesco   Paolo   CASAVOLA,   prof.  Antonio
    BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv.  Mauro  FERRI,  prof.
    Luigi  MENGONI,  prof.  Enzo  CHELI,  dott.  Renato GRANATA, prof.
    Giuliano VASSALLI;
 ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nei giudizi di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  563,  quarto
 comma,  del codice di procedura penale, "e, in ipotesi, del combinato
 disposto degli artt. 446, primo comma, 549 e 563, primo comma,  dello
 stesso  codice", promossi con n. 5 ordinanze emesse il 23, 24, 25 e 9
 gennaio 1991 dal Pretore di Perugia nei procedimenti penali a  carico
 di  Bardassini  Achille,  Bizzarri  Marco,  Millucci Adriano, Bellini
 Brunello e Pasquini Flora, iscritte rispettivamente ai nn. 233,  234,
 235,  236  e  237  del  registro  ordinanze  1991  e pubblicate nella
 Gazzetta Ufficiale della Repubblica  n.  16,  prima  serie  speciale,
 dell'anno 1991;
    Visti  gli  atti  di  intervento  del Presidente del Consiglio dei
 ministri;
    Udito nella camera di consiglio del  19  giugno  1991  il  Giudice
 relatore Mauro Ferri;
    Ritenuto  che  il  Pretore  di  Perugia,  con  cinque ordinanze di
 contenuto identico, ha sollevato - in riferimento agli artt. 76 e 25,
 primo  comma,  della  Costituzione  -   questione   di   legittimita'
 costituzionale  dell'art.  563, quarto comma, del codice di procedura
 penale, "e, in ipotesi, del combinato disposto degli artt. 446, primo
 comma, 549 e 563, primo comma, del codice di procedura penale", nella
 parte in cui consente all'imputato, anche nel procedimento pretorile,
 di presentare la richiesta prevista nell'art. 444, primo comma, dello
 stesso codice dopo  la  scadenza  del  termine  di  15  giorni  dalla
 notificazione  del  decreto  di citazione a giudizio (art. 555, primo
 comma,  lett.  e),  e  fino  alla  dichiarazione  di   apertura   del
 dibattimento;
      che  il  giudice  remittente  osserva, innanzitutto, in punto di
 rilevanza, che a suo avviso e' unicamente l'art. 563,  quarto  comma,
 del  codice  di  procedura  penale  (secondo  cui "Se la richiesta e'
 formulata dopo la scadenza del termine previsto nell'art. 555,  comma
 1, lettera e), e' competente a decidere il pretore del dibattimento")
 a  consentire  all'imputato  la anzidetta facolta', ma che, tuttavia,
 ove la disposizione impugnata dovesse ritenersi meramente esplicativa
 della disciplina comunque applicabile al giudizio pretorile in virtu'
 del  richiamo  operato  dagli  artt. 549 e 563, primo comma, all'art.
 446, primo comma,  del  codice  di  procedura  penale,  la  sollevata
 questione  di  costituzionalita'  andrebbe,  in  tale ipotesi, estesa
 anche al combinato disposto di queste ultime norme;
      che, in punto di non manifesta infondatezza, il  giudice  a  quo
 osserva  che  la  normativa in esame viola, in primo luogo, l'art. 76
 della Costituzione, per contrasto  con  la  direttiva  n.  103  della
 legge-delega 16 febbraio 1987, n. 81, la quale renderebbe necessitata
 un'ulteriore  semplificazione  degli  istituti del giudizio pretorile
 rispetto a quelli previsti per il procedimento dinanzi  al  tribunale
 e,     in    particolare,    richiederebbe,    quanto    all'istituto
 dell'applicazione  della  pena  su  richiesta,  l'eliminazione  della
 possibilita'   per   l'imputato  di  formulare  tale  richiesta  fino
 all'apertura  del  dibattimento  -  come  stabilito  nei  giudizi  di
 tribunale  -  anziche'  entro  il piu' ristretto termine di 15 giorni
 dalla notificazione del decreto di citazione;
      che il prolungamento del  termine  fino  alla  dichiarazione  di
 apertura  del  dibattimento,  prosegue il giudice remittente, sarebbe
 del tutto incongruo nel giudizio pretorile, stante l'assenza in  tale
 procedimento   dell'udienza   preliminare   e   la  cristallizzazione
 dell'accusa nel decreto di citazione, per cui il detto  prolungamento
 avrebbe  l'unica  conseguenza  di rendere necessario il compimento di
 una  serie  di   incombenti   finalizzati   alla   celebrazione   del
 dibattimento e tuttavia suscettibili di essere posti nel nulla da una
 successiva  richiesta  di  patteggiamento  avanzata dall'imputato col
 consenso del pubblico ministero;
      che, infine, la norma impugnata violerebbe  anche  il  principio
 del  giudice  naturale precostituito di cui all'art. 25, primo comma,
 della Costituzione, consentendo all'imputato di scegliere il  giudice
 competente  a  decidere  sulla  richiesta  (giudice  per  le indagini
 preliminari o pretore del dibattimento)  sulla  base  della  semplice
 opzione  in  ordine  alla  fase  del  giudizio  in  cui  formulare la
 richiesta stessa;
      che e'  intervenuto  nei  presenti  giudizi  il  Presidente  del
 Consiglio   dei   ministri,   concludendo  per  l'infondatezza  della
 questione;
    Considerato che i giudizi, concernendo identica  questione,  vanno
 riuniti e decisi congiuntamente;
      che  la  questione,  gia'  sollevata  nei medesimi termini dallo
 stesso giudice a quo con precedenti ordinanze,  e'  stata  da  questa
 Corte,   con   ord.   n.  208  del  1991,  dichiarata  manifestamente
 inammissibile quanto al combinato disposto  degli  artt.  446,  primo
 comma,  549  e  563,  primo  e  quarto comma, del codice di procedura
 penale, e manifestamente infondata quanto all'art. 563, quarto comma,
 dello stesso codice;
      che le ordinanze di cui ai presenti  giudizi,  come  detto,  non
 adducono argomenti nuovi;
    Visti  gli  artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale;
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
    Riuniti i giudizi,
      a)  dichiara  la  manifesta  inammissibilita' della questione di
 legittimita' costituzionale del combinato disposto degli  artt.  446,
 primo comma, 549 e 563, primo e quarto comma, del codice di procedura
 penale,  in  riferimento  agli  artt.  76  e  25,  primo comma, della
 Costituzione, sollevata dal Pretore di Perugia con  le  ordinanze  in
 epigrafe;
       b)  dichiara  la  manifesta  infondatezza  della  questione  di
 legittimita' costituzionale dell'art. 563, quarto comma,  del  codice
 di  procedura penale, in riferimento agli artt. 76 e 25, primo comma,
 della Costituzione, sollevata dal Pretore di Perugia con le  medesime
 ordinanze.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 19 giugno 1991.
                       Il Presidente: CORASANITI
                          Il redattore: FERRI
                        Il cancelliere: MINELLI
    Depositata in cancelleria il 5 luglio 1991.
                Il direttore della cancelleria: MINELLI
 91C0852