N. 458 ORDINANZA (Atto di promovimento) 9 gennaio 1991
N. 458 Ordinanza emessa il 9 gennaio 1991 dal tribunale amministrativo regionale delle Marche sul ricorso proposto da Picciotti Giuseppe contro l'u.s.l. n. 24 di Ascoli Piceno Impiego pubblico - Stato giuridico del personale delle uu.ss.ll. - Medici in posizione apicale - Collocamento a riposo al compimento del sessantacinquesimo anno di eta' come il restante personale medico delle uu.ss.ll. - Mancata previsione del trattenimento in servizio fino al settantesimo anno di eta' come per i dirigenti civili dello Stato ed i professori - Ingiustificata disparita' di trattamento di situazioni analoghe - Incidenza sul diritto alla retribuzione (anche differita) proporzionata ed adeguata, nonche' sui principi di imparzialita' e buon andamento della p.a. - Riferimento alle sentenze della Corte costituzionale nn. 207/1986, 461/1989 e 440/1990. (D.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761, art. 53; d.-l. 27 dicembre 1989, n. 413, art. 1, comma 4-quinquies, convertito in legge 28 febbraio 1990, n. 37). (Cost., artt. 3, 38 e 97).(GU n.28 del 17-7-1991 )
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sui ricorsi n. 24/1987 proposto da Picciotti Giuseppe, rappresentato e difeso dall'avv. Nicola Sbano, presso lo stesso elettivamente domiciliato in Ancona, via San Martino, 23, contro l'unita' sanitaria locale n. 24, con sede in Ascoli Piceno, in persona del presidente pro-tempore del comitato di gestione, rappresentata e difesa dall'avv. Vincenzo Aliberti, con domicilio eletto in Ancona, corso Garibaldi, 110, studio avv. Franco Carile, per l'annullamento della deliberazione 10 dicembre 1986, n. 1649, con cui il comitato di gestione dell'u.s.l. n. 24 di Ascoli Piceno ha respinto la domanda del ricorrente volta al trattenimento in servizio oltre il sessantacinquesimo anno d'eta' per raggiungere il massimo di servizio utile a pensione, nonche' degli atti di collocamento a riposo del medesimo al compimento del detto limite di eta'; Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'u.s.l. n. 24 di Ascoli Piceno; Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese; Visti gli atti tutti della causa; Udito, alla pubblica udienza del 5 dicembre 1990, il magistrato relatore cons. Mario Di Giuseppe e udito, altresi', l'avv. Vincenzo Aliberti per l'amministrazione resistente; Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue: F A T T O Con atto notificato in data 5 gennaio 1987 il ricorrente, quale dirigente medico dell'u.s.l. n. 24 di Ascoli Piceno ed ex medico condotto, ha impugnato la deliberazione 10 dicembre 1986, n. 1649, con cui il comitato di gestione della detta u.s.l. ha respinto la sua domanda volta ad ottenere il trattenimento in servizio oltre il sessantacinquesimo anno d'eta' e fino al raggiungimento di quaranta anni di servizio utile a fini pensionistici. Contestualmente il ricorrente ha impugnato gli atti concernenti il proprio collocamento a riposo per compimento del sessantacinquesimo anno d'eta' decorrente dal 25 gennaio 1987. A sostegno del gravame sono stati dedotti: 1) Violazione e falsa applicazione della legge 7 maggio 1965, n. 459, e della legge 2 aprile 1968, n. 517. Essendo medico condotto interinale sin dal 1947 ed essendo divenuto titolare di condotta medica dal 24 aprile 1954, il ricorrente aveva chiesto di poter beneficiare delle epigrafate leggi e sostiene, in sintesi ed avverso l'impugnato diniego, che l'articolo unico della legge n. 517/1968 citata, allorche' precisa, in via di interpretazione autentica della legge n. 459/1965 citata, che "il requisito dell'ingresso in carriera fino al 31 dicembre 1952", quale condizione per il trattenimento in servizio ai fini predetti dei sanitari condotti, comunque in servizio all'entrata in vigore della detta legge, deve intendersi riferito "all'ingresso in carriera, per pubblico concorso, nei ruoli del personale sanitario, sia dello Stato che degli enti locali". Tanto consegue all'impossibilita' di dare interpretazione alla norma, se non nel senso che la titolarita' (per pubblico concorso) del ruolo va spostata dal 31 dicembre 1952 ad una data posteriore da individuarsi, o alla data di entrata in vigore della citata legge del 1965 - analogicamente a quanto previsto dalla legge n. 336/1964, interpretata dalla legge n. 627/1982, riguardante i medici ospedalieri in posizione apicale -, oppure a data ancora successiva purche' anteriore alla domanda. Diversamente opinando, per il ricorrente, non si riuscirebbe a spiegare logicamente la contraddizione, contenuta nella stessa norma interpretativa, che, da un lato, richiede il conseguimento dell'ingresso in ruolo al 31 dicembre 1952, e, dall'altro, stabilisce che, alla successiva data (22 maggio 1965) di entrata in vigore di essa norma, il sanitario sia "comunque" in servizio (e cioe' a qualsivoglia titolo e qualifica). 2) Violazione dei principi in tema d'equiparazione del servizio non di ruolo a quello ruolo: del t.u. 30 settembre 1938, n. 1631, d.P.R. 27 marzo 1969, n. 130, delle disp. trans. della legge 23 dicembre 1978, n. 833, art. 24 del d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761, art. 21 del d.m. 30 gennaio 1982, n. 10. Secondo il ricorrente appare contrastante col sistema una interpretazione che annulli la valenza del servizio prestato per incarico anteriormente al 31 dicembre 1952, quando lo stesso viene assunto dalla citata legge del 1965 come requisito (anche se non esclusivo) ai fini del diritto al beneficio. Con memoria depositata in data 21 novembre 1990 il ricorrente ha insistito per l'accoglimento del gravame, nel contempo sollevando questione di costituzionalita' delle leggi nn. 459/1965 e 517/1968 per contrasto con gli artt. 3 e 97 delle Costituzioni a causa del diverso trattamento riservato ai medici condotti rispetto ai sanitari contemplati dalla legge n. 336/1964. Alla pubblica udienza del 5 dicembre 1990 il ricorso e' stato posto in decisione. D I R I T T O Il ricorso prospetta l'illegittimita' del collocamento a riposo del proponente, dipendente da unita' sanitaria locale con qualifica apicale, al compimento del sessantacinquesimo anno di eta' senza aver conseguito il diritto al massimo della pensione, riservato a coloro che abbiano maturato l'anzianita' di quaranta anni di servizio. Fondamentale e' la censura di incostituzionalita' dell'articolo unico della legge 2 aprile 1968, n. 517, e della legge 7 maggio 1965, n. 459, dal predetto autenticamente interpretata, nella misura in cui esse effettivamente precludano nel caso specifico del ricorrente - il quale non era (medico condotto) di ruolo al 31 dicembre 1952 - il trattenimento in servizio oltre il sessantacinquesimo anno di eta' e, comunque, non oltre il settantesimo, ai fini del conseguimento del menzionato diritto. Cio' comporta che, sebbene con il ricorso si chieda, in principalita', l'annullamento dei provvedimenti impugnati, siccome illegittimi per violazione di legge, assume assorbente rilevanza la censura di illegittimita' costituzionale riferita alle citate norme che tale accoglimento precludono, stante l'impossibilita', ad avviso del collegio, di condividere la interpretazione del loro contenuto precettivo propugnata con l'atto introduttivo. Ugualmente e' impossibile, ad avviso del collegio, aderire alle argomentazioni poste a sostegno della questione di costituzionalita' con riferimento alla disparita' di trattamento rispetto ai sanitari contemplati dalla legge 10 maggio 1964, n. 336, essendo quest'ultima riferita ad una particolare categoria di sanitari e non alla generalita' di essi. Il collegio rileva, peraltro, che il quadro legislativo, nel quale la Corte costituzionale ha dichiarato manifestamente infondate analoghe questioni, e' radicalmente mutato, come e' stato posto in luce dal tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sezione staccata di Brescia, e da quello per la Campania, con le ordinanze, rispettivamente, nn. 510 del 27 aprile 1990 e 708 del 17 luglio 1990. Al mutamento di tale quadro ha concorso da ultimo, l'art. 1, comma 4-quinquies, introdotto dalla legge 28 febbraio 1990, n. 37, in sede di conversione del d.l. 27 dicembre 1989, n. 413, il quale ha stabilito che, dalla data di entrata in vigore del decreto stesso, le disposizioni di cui all'art. 15, secondo e terzo comma, della legge 30 luglio 1973, n. 477 e all'art. 10, sesto comma, del d.-l. 6 novembre 1989, n. 357, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 1989, n. 417 "sono estese ai dipendenti civili dello Stato". Come e' stato posto in evidenza, in particolare, nella citata ordinanza dal tribunale amministrativo per la Campania, con tale ultimo ampliamento della sfera dei destinatari del beneficio del trattenimento in servizio fino al settantesimo anno di eta', ai fini sopra ricordati, sono venute meno quelle ragioni equitative (assicurare un regime transitorio nel passaggio da un regime piu' favorevole ad uno meno favorevole) che erano state evidenziate, per il personale della scuola in servizio alla data del 1º ottobre 1974, dalla stessa Corte costituzionale nelle sentenze n. 207 del 9-24 settembre 1986 e n. 461 del 19-27 luglio 1989. Senza riproporre in questa sede le argomentazioni gia' svolte nelle recenti richiamate ordinanze del giudice amministrativo, sembra soltanto opportuno ribadire che la logica delle deroghe, di cui un lungo elenco (di tipo esemplificativo) si rinviene nella sentenza della Corte costituzionale n. 134/1986 e nelle stesse ordinanze dei tribunali amministrativi regionali per la Lombardia e per la Campania, ancorata a principi di salvaguardia di posizioni acquisite (come e' stato detto a proposito del personale del comparto della scuola), ha ceduto il passo a diverse esigenze, tra cui quella, di valenza costituzionale, evidenziata dalla stessa Corte costituzionale nella sentenza n. 444 del 12 ottobre 1990, della piu' compiuta attuazione dell'art. 38, secondo comma, della Costituzione, auspicata dal giudice delle leggi in precedenti occasioni (n. 461/1989). Il medesimo giudice, nella piu' recente pronuncia sopra richiamata, ha rilevato, per un verso, come sia "meritevole di considerazione" l'interesse del lavoratore ad essere trattenuto in servizio per il tempo necessario "al conseguimento della pensione normale .......", tenuto conto che "la presunzione secondo cui al compimento dei sessantacinque anni si pervenga a una diminuita disponibilita' di energie incompatibile con la prosecuzione del rapporto e' destinata ad essere vieppiu' inficiata dai riflessi positivi del generale miglioramento delle condizioni di vita e di sa- lute dei lavoratori sulla capacita' di lavoro", e, per altro verso, proprio riferendosi all'intervenuta legislazione di estensione ai dirigenti civili dello Stato della legislazione gia' in vigore in favore del personale della scuola in servizio alla data del 1º ottobre 1974, che tale legislazione "mira ad estendere ad altre categorie le norme derogatorie dettate per il personale scolastico", nella ricordata ottica della piu' compiuta attuazione del diritto garantito dall'art. 38 della Costituzione. Con quest'ultima pronuncia la Corte ha riconosciuto che l'esclusione del personale ultrasessantacinquenne, assunto dopo la ripetuta data del 1º ottobre 1974, dal trattenimento in servizio, sia pure fino al conseguimento del diritto alla pensione minima (e comunque non oltre il settantesimo anno di eta') "non risponde, nell'attuale quadro normativo, al precetto contenuto nel parametro costituzionale dianzi citato", quadro che, viceversa, si considerava di realizzazione dell'equilibrio faticosamente raggiunto allorche' la ripetuta Corte venne investita della questione di legittimita' costituzionale della legge 3 settembre 1982, n. 627 (sentenza 4 giugno 1986, n. 134). In tale rinnovato contesto di valutazioni a fondamento della deroga al pensionamento dei pubblici dipendenti al raggiungimento del sessantacinquesimo anno di eta' non sembra manifestamente infondato al collegio il dubbio di legittimita' costituzionale dell'art. 53 del d.P.R. n. 761/1979 (in base al quale il ricorrente e' stato collocato a riposo al compimento del sessantacinquesimo anno di eta', giusta deliberazione 10 ottobre 1986, n. 1275) e/o dell'art. 1, comma 4-quinquies, della legge n. 413/1989, che priva i dipendenti delle unita' sanitarie locali con funzioni primariali, in servizio al 1º ottobre 1974, della possibilita' di permanere in servizio fino al conseguimento del diritto al massimo della pensione, come e', invece, consentito, ora, a tutti i dirigenti delle amministrazioni statali. Ne' per questi ultimi, in difetto di qualsiasi ausilio ermeneutico desumibile dagli atti parlamentari, e' dato rintracciare una ratio legis diversa da quella della considerazione del normale ritardo dell'ingresso in carriera, dipendente dal completamento di un piu' ampio ciclo di studi, tanto piu' verificabile per il personale sanitario di qualifica apicale, attesa la lunghezza della durata del corso di laurea in medicina e la necessita' di specializzazione. Conclusivamente sembra al collegio che il citato art. 53 del d.P.R. n. 761/1979 ovvero l'art. 1, comma 4-quinquies del d.-l. n. 413/1989, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 37/1990, nella parte in cui non estende al personale medico o veterinario in posizione apicale il beneficio ivi previsto, contrasti: con l'art. 3 della Costituzione, poiche' il deteriore trattamento per il personale di che trattasi con qualifica dirigenziale non si dimostra ne' logico ne' razionale a confronto della situazione del personale dirigente dello Stato; con l'art. 97, primo comma, della Costituzione, poiche' in tal modo la pubblica amministrazione viene a privarsi di esperienza e professionalita' di personale qualificato, la cui formazione ha richiesto ingenti costi per la collettivita'; con l'art. 38, secondo comma, della Costituzione, in quanto la mancata estensione al personale sanitario dirigente delle unita' sanitarie locali dell'art. 15, secondo e terzo comma della legge n. 477/1973, la cui finalita' e' anche quella di incrementare la base stipendiale pensionabile, rappresenta una minore garanzia del diritto alla pensione sotto forma del diritto alla giusta retribuzione differita, riconosciuto a tutti i lavoratori (Corte cost. n. 238/1988).
P. Q. M. Visti gli artt. 134 della Costituzione, 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, e 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Ritenuta rilevante e non manifestamente infondata in relazione agli artt. 3, 38, secondo comma, e 97, primo comma, della Costituzione, la questione di costituzionalita' dell'art. 53 del d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761 e dell'art. 1 comma 4-quinquies, del d.-l. 27 dicembre 1989, n. 413, come convertito dalla legge 28 febbraio 1990, n. 37, nella parte in cui non prevede l'estensione delle disposizioni dell'art. 15, secondo e terzo comma, della legge 30 luglio 1973, n. 477, e dell'art. 10, sesto comma, del d.-l. 6 novembre 1989, n. 357, come convertito dalla legge 27 dicembre 1989, n. 417, anche al personale medico delle unita' sanitarie locali in posizione apicale; Sospende il giudizio e ordina la immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Dispone che a cura della segreteria la presente ordinanza sia notificata a tutte le parti in causa e al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Cosi' deciso in Ancona, nelle camere di consiglio del 5 e 19 dicembre 1990. Il presidente: GRASSI Il consigliere estensore: DI GIUSEPPE Il consigliere: RANALLI 91C0860