N. 467 ORDINANZA (Atto di promovimento) 16 maggio 1991
N. 467 Ordinanza emessa il 16 maggio 1991 dal giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Ivrea nel procedimento penale a carico di Bonato Roberto Processo penale - Indagini preliminari - Termini: sei mesi - Richiesta di proroga - Possibilita' di autorizzazione solo prima della scadenza - Lamentata omessa previsione di richiesta prima della scadenza e di disposizione anche a termine scaduto - Disparita' di trattamento tra imputati - Irrazionale lesione dei principi di buona amministrazione della giustizia, dell'obbligatorieta' dell'azione penale e della soggezione del giudice soltanto alla legge. (C.P.P. 1988, art. 406, primo comma). (Cost., artt. 3, 97, 101 e 112).(GU n.28 del 17-7-1991 )
IL TRIBUNALE Esaminati gli atti del procedimento penale n. 55/1991 r.g. g.i.p. a carico di Bonato Roberto, sulla eccezione di legittimita' costituzionale proposta dal p.m. sull'art. 406 del c.p.p. O S S E R V A Con rapporto in data 12 luglio 1990 il n.a.s. di Torino denuncio' Bonato Roberto, odontotecnico, per il reato di esercizio abusivo della professione di odontoiatra (art. 348 c.p.), di competenza pretorile. In data 20 luglio 1990 il p.m. formo' un nuovo fascicolo con inserimento di copia del suddetto rapporto, e iscrisse il nome del Bonato nel registro delle notizie di reato della Procura della Repubblica presso il tribunale, quale persona sottoposta ad indagini per reati fiscali (art. 1 e 4 della legge 7 agosto 1982, n.516). Nel corso delle indagini preliminari sino ad ora svolte il p.m. ha provveduto all'acquisizione di documenti tributari, contabili e bancari, ai fini di svolgere su di essi una consulenza tecnica contabile, che tuttavia non fu esperita perche' il termine di sei mesi per le indagini preliminari, stabilito dall'art. 405, secondo comma del c.p.p. venne a scadenza prima ancora del giorno fissato per l'affidamento dell'incarico al consulente (8 marzo 1991). Tuttavia nel frattempo con atto 18 febbraio 1991 il p.m. chiese la proroga per ulteriori sei mesi del termine per le indagini preliminari, dichiarando che il termine originario veniva a scadere (tenuto conto della sospensione feriale) il 7 marzo 1991, e che le difficolta' incontrate nell'acquisizione dei documenti bancari non avevano consentito la conclusione degli accertamenti entro il termine originario. Detta richiesta e' stata notificata a cura del p.m. sia al Ministero delle finanze, parte offesa, presso l'Avvocatura dello Stato (in data 23 febbraio 1991) sia all'indagato Bonato Roberto (in data 6 marzo 1991); essa e' stata depositata nella cancelleria del g.i.p. il 20 febbraio 1991, ma le copie notificate alle parti (ed in particolare quella notificata all'indagato) sono pervenute allo stesso ufficio soltanto alla fine di marzo. Risulta infatti dalla attestazione 24 aprile 1991 del funzionario Gioia Di Muccio che l'atto portante la relata di notifica al Bonato, eseguita dal messo di conciliazione del comune di Aglie', e' stato rispedito ad Ivrea a mezzo posta dall'ufficiale giudiziario della pretura di Strambino il 23 marzo 1991. Poiche' nel frattempo il termine per le indagini preliminari e' scaduto, questo g.i.p. si troverrebbe nell'impossibilita' di prorogare il termine (e per questo ha fissato udienza in camera di consiglio ai sensi dell'art. 406, quinto comma, del c.p.p., in cui la eccezione di legittimita' costituzionale e' stata sollevata), nonostante che la proroga sia in concreto giustificata dalle difficolta' incontrate dal p.m. nell'acquisizione della documentazione bancaria e contabile. Infatti l'art. 406, primo comma, del c.p.p. riconosce al giudice il potere di prorogare detto termine solo "prima della scadenza". Pare impossibile, a fronte del chiaro tenore letterale della norma, riferire la locuzione "prima della scadenza" alla formulazione di detta richiesta da parte del p.m., o alla sua trasmissione al g.i.p., o alla sua notifica all'indagato. Peraltro e' altrettanto certo che il g.i.p. prima di decidere sulla richiesta di proroga deve attendere e verificare la regolare notificazione della richiesta alle parti, essendo tra l'altro riconosciuta dall'art. 406, terzo comma, del c.p.p. al difensore della persona sottoposta alle indagini il diritto di presentare memorie entro cinque giorni dalla notificazione. Ma se e' cosi', e' possibile (ed anzi con ogni probabilita' puo' accadere assai frequentemente) che il termine per le indagini scade come nel caso di specie, prima che il g.i.p. possa decidere sulla richiesta di proroga, pur tempestivamente proposta. Tale sistema appare irrazionale e contrastante con il buon andamento dell'amministrazione giudiziaria (art. 97, prima comma, della Costituzione), imponendo al pubblico ministero vincoli e impedimenti all'esercizio dell'azione penale, pur obligatoria (art. 112 della Costituzione), non stabiliti dalla legge (art. 101, secondo comma, della Costituzione), ma determinati da situazioni esterne contingenti e non prevedibili neppure dal p.m., quali un ritardo nella trasmissione a mezzo posta dell'atto notificato (come nel caso di specie) o la difficolta' di eseguire la notificazione. Si pensi in particolare al caso di persona sottoposta alle indagini che risulti irreperibile all'indirizzo noto al p.m.; per quanto questi richieda con ampio anticipo la proroga, e la relativa notifica, la necessita' di disporre ricerche e di reiterare la notifica ed altro indirizzo comportera' quasi certamente il superamento del termine per le indagini preliminari, che solo per questo non potrebbro piu' essere prorogate. Ne' puo' pretendersi dal p.m. di formulare la richiesta di proroga con un anticipo maggiore, che consenta di esaurire entro il termine tutte le ricerche eventualmente necessarie, perche' allora egli dovrebbe formularle quando ancora non ne ravvisa l'esigenza e non sa se riuscira' a concludere le indagini entro i sei mesi. Cio' evidenzia poi una grave disparita' di trattamento (art. 3 della Costituzione) tra persone sottoposte ad indagini per fatti ed in situazioni processuali sostanzialmente identici, perche' la possibilita' di proroga del termine per le indagini, e quindi di esercizio dell'azione penale con possibilita' di successo, discende irragionevolmente da condizioni che nulla hanno a che vedere con il fatto addebitato, ne' con l'attivita' svolta dal p.m., ma da situazioni contingenti, e persino dalla condotta dello stesso indagato. La questione appare percio' a questo g.i.p. non manifestamente infondata. Essa e' altresi' rilevante, perche' se la proroga fosse consentita anche dopo la scadenza del termine per le indagini preliminari (sempre che la relativa richiesta sia stata proposta prima della scadenza), si potrebbe nel caso di specie disporre la proroga, che appare giustificata, ma non piu' consentita dal testo attuale dell'art. 406, primo comma, del c.p.p.
P. Q. M. Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 406, primo comma, del c.p.p., nella parte in cui consente la proroga del termine per le indagini preliminari solo "prima della scadenza", con riferimento agli artt. 3, 97, primo comma, 101 secondo comma, e 112 della Costituzione; Ordina la sospensione del procedimento in corso; Ordina l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, la notifica della presente ordinanza al Presidente del Consiglio dei Ministri e la sua comunicazione ai Presidenti dei due rami del Parlamento. Ivrea, addi' 16 maggio 1991 Il giudice per le indagini preliminari: DE MARCHI Il funzionario di cancelleria: DI MUCCIO 91C0869