N. 483 ORDINANZA (Atto di promovimento) 8 maggio 1991
N. 483 Ordinanza emessa l'8 maggio 1991 dal tribunale di Firenze nel procedimento civile vertente tra I.N.P.S. e Fontanelli Ines Previdenza e assistenza sociale - Pensioni I.N.P.S. - Cumulo di pensioni - Diritto all'integrazione al minimo, secondo la giurisprudenza della Cassazione, per una sola pensione e, nel caso di cessazione di tale diritto per superamento del limite di reddito, alla conservazione dell'importo erogato fino al suo riassorbimento per effetto della perequazione automatica - Incidenza sul principio di uguaglianza nonche' su quello della retribuzione (anche differita) proporzionata ed adeguata - Riferimento alla sentenza della Corte costituzionale n. 822/1988. (D.-L. 12 settembre 1983, n. 463, art. 6, settimo comma, convertito, con modificazioni, nella legge 11 novembre 1983, n. 638). (Cost., artt. 3 e 38).(GU n.28 del 17-7-1991 )
IL TRIBUNALE All'udienza di discussione dell'8 maggio 1991 nella causa n. 164/1991 del ruolo generale tra l'Istituto nazionale della previdenza sociale (I.N.P.S.), appellante, contro Fontanelli Ines appellata ha pronunciato la seguente ordinanza dandone lettura. Il pretore di Firenze, decidendo su ricorso proposto da Fontanelli Ines, titolare di due pensioni, entrambe integrate al minimo, con sentenza 7 dicembre-22 dicembre 1990 condannava l'Istituto nazionale della previdenza sociale a corrisponderle la pensione stessa integrata al 30 settembre 1983. L'I.N.P.S. impugnava la decisione sostenendo cha la nuova normativa esclude il diritto alla "cristallizzazione", nel caso della integrazione al minimo di due pensioni. La soluzione del contrasto interpretativo influisce, all'evidenza, sulla presente contesa. La ricordata legge n. 638/1983 riconosce, come del resto tutta la normativa precedente, il diritto alla integrazione al minimo per una sola pensione, e, nel caso di cessazione di tale diritto per superamento del limite di reddito, al settimo comma dell'art. 6 prevede la conservazione dell'importo fino al suo riassorbimento per effetto della perequazione automatica, di cui al comma quinto dello stesso articolo. La disposizione e' dettata per l'unico caso di integrazione al minimo previsto dalla stessa legge, e non per quello di duplice integrazione, non contemplata dal legislatore, e venuta ad esistenza soltanto con la sentenza n. 314/1985 della Corte costituzionale. Il giudice di legittimita' si e' pronunciato con le sentenze nn. 5720/1989 e 3749/1990 affermando, con la prima, che "l'art. 6 del d.-l. n. 463/1983, convertito, con modificazioni, nella legge n. 683 del 1983 ha dettato un generale regime di integrazione al minimo per l'ipotesi del cumulo di piu' pensioni, sicche' risulta legittima la soppressione del diritto all'integrazione al minimo per il periodo successivo all'entrata in vigore della normativa indicata (1º ottobre 1983); e', tuttavia, fatta salva la corresponsione dell'integrazione, nella misura pagata al 30 settembre 1983, fino al suo riassorbimento conseguente alla rivalutazione automatica della pensione-base, in conformita' di quanto dispone il settimo comma dell'art. 6 del d.-l. n. 463/1983", e dettando, con la seconda, il seguente principio. "Dopo il 1º ottobre 1983 il diritto alla doppia integrazione al minimo delle pensioni aventi decorrenza anteriore cessa solo per effetto del superamento del limite reddituale". Le motivazioni poste a base delle due sentenze non sembrano, a giudizio di questo tribunale, persuasive, e tali, comunque, da costituire "diritto vivente". Con la prima decisione la suprema Corte ritiene di rinvenire nella stessa legge n. 683/1983 il principio della doppia "cristallizzazione", principio che il legislatore ha dettato, come si e' detto, per l'unico caso di integrazione che ha inteso regolare, non essendosi mai posto nel corso dell'iter formativo della legge, il problema di una integrazione plurima. Neppure la lettura coordinata delle norme inducono in tale conclusione, poiche' si ripete il tutto ruota intorno a un'unica integrazione. Ne' la disposizione del comma settimo dell'art 6, ove non si potesse riferire alla ipotesi della duplice integrazione, sarebbe "inutiliter data", perche' trova il suo chiaro punto di riferimento nel caso di perdita del diritto alla integrazione per effetto del superamento del limite di reddito. Con la sentenza 5 maggio 1990, n. 37497 i giudici del diritto vanno addirittura al di la' della "cristallizzazione", affermando il diritto alla doppia integrazione al minimo anche per il periodo successivo al 1º ottobre 1983, il che sembra potersi sicuramente escludere contenendo la nuova legge esplicito riferimento ad una sola ipotesi di integrazione. In un tale contesto il tribunale non ritiene di poter accogliere la domanda proposta da Fontanelli Ines, intesa ad ottenere il riconoscimento del proprio diritto alla "cristallizzazione" del trattamento pensionistico in godimento al 30 settembre 1983, data di cessazione del diritto alla seconda integrazione al minimo. Cio' comporta, pero', questione, non manifestamente infondata, di legittimita' costituzionale della nuova normativa, specie del comma settimo dell'art. 6 del d.-l. n. 463/1987, convertito, con modificazioni, nella legge n. 638/1983, in relazione agli artt. 3 e 38 della Costituzione. Non si vede, infatti, la ragione della diversita' di trattamento tra titolari di una sola pensione integrata al minimo e titolari di due pensioni, pur esse integrate al minimo, ove si consideri che la ratio che ha indotto il legislatore a sancire con il settimo comma dell'art. 6, il diritto alla c.d. cristallizzazione, con riferimento ad una sola integrazione, dovrebbe essere comune ad entrambi i casi. Essendo noto che i trattamenti pensionistici sono destinati a soddisfare primarie esigenze della vita quotidiana dei titolari e delle loro famiglie, il legislatore ha inteso evitare un brusco e drastico ridimensionamento del reddito del pensionato, con le immancabili gravi conseguenze sul tenore di vita suo e della famiglia. E del resto e' lo stesso giudice delle leggi che, con la sentenza n. 822/1988, nell'escludere che il potere del legislatore di modificare l'ordinamento delle pensioni possa essere assolutamente discrezionale, afferma che non e' consentita "una modifica normativa che, intervenendo in una fase avanzata del rapporto di lavoro o addirittura quando sia subentrato lo stato di quiescenza, peggiori in misura notevole e in maniera definitiva il trattamento pensionistico gia' attribuito dalla normativa precedente con grave irrimediabile sacrificio delle legittime aspettative nutrite dal lavoratore per il tempo successivo alla cessazione del rapporto".
P. Q. M. Letti gli artt. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1 e 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87: a) dispone la rimessione degli atti alla Corte costituzionale per la decisione della questione di legittimita' costituzionale del settimo comma dell'art. 6 del d.-l. 12 settembre 1983, n. 463, convertito, con modificazioni,' nella legge 11 novembre 1983, n. 638, laddove non contempla la conservazione dell'importo erogato alla data di cessazione del diritto alla integrazione anche per il caso di doppia integrazione al minimo, in relazione agli artt. 3 e 38 della Costituzione. Trattasi di questione non manifestamente infondata e rilevante ai fini del giudizio che viene sospeso; b) manda alla cancelleria per la comunicazione della presente ordinanza alla Presidenza del Consiglio dei Ministri e ai Presidenti della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica. Firenze, addi' 8 maggio 1991 Il presidente: CALVISI 91C0885