N. 487 ORDINANZA (Atto di promovimento) 9 maggio 1991
N. 487 Ordinanza emessa il 9 maggio 1991 dal tribunale di sorveglianza di Palermo nel procedimento di sorveglianza nei confronti di Patellaro Antonino Ordinamento penitenziario - Beneficio della liberazione anticipata - Concessione - Prevista valutabilita' anche del periodo trascorso in stato di custodia cautelare nella forma degli arresti domiciliari - Impossibilita' in tal caso, di far luogo all'osservazione del comportamento del detenuto, presupposto della concessione del beneficio - Ingiustificata disparita' di trattamento rispetto ai detenuti ristretti in carcere che a tale osservazione sono soggetti - Violazione del principio della funzione rieducativa della pena. (Legge 26 luglio 1975, n. 354, art. 54, primo comma, modificato dalla legge 10 ottobre 1986, n. 663, art. 18). (Cost., artt. 3 e 27).(GU n.28 del 17-7-1991 )
IL TRIBUNALE DI SORVEGLIANZA Ha pronunciato la seguente ordinanza; Sciogliendo la riserva di decidere espressa dall'udienza del 2 maggio 1991 nel procedimento di sorveglianza promosso da Patellaro Antonino, nato a Monreale il 5 agosto 1945, in atto detenuto nella casa circondariale di Palermo, con istanza del 10 dicembre 1990 diretta ad ottenere la liberazione anticipata; Premesso che il condannato e' detenuto dal 3 marzo 1987 per espiare la pena di anni otto e mesi due di reclusione, inflittagli con sentenza della corte di appello di Palermo del 9 dicembre 1988 per illecita detenzione di ingenti quantita' di sostanze stupefacenti; Ritenuto che con separata ordinanza e' stata concessa una riduzione di pena per il periodo dal 3 marzo 1987 al 9 ottobre 1987 e dal 6 dicembre 1990 al 30 aprile 1991, trascorso nella casa circondariale di Palermo, mentre per il periodo in cui il Patellaro ha sofferto custodia cautelare in regime di arresti domiciliari (9 ottobre 1987-5 dicembre 1990) devesi eccepire d'ufficio l'illegittimita' costituzionale dell'art. 54 primo comma, della legge 26 luglio 1975, n. 354, cosi' come modificato dalla legge 10 ottobre 1986, n. 663, nella parte in cui consente la concessione di liberazione anticipata per il periodo trascorso in stato di custodia cautelare in regime di arresti domiciliari, per violazione degli artt. 3 e 27 della Costituzione. Ed, invero, filosofi e studiosi di varia estrazione hanno cercato nel corso della storia di individuare le caratteristiche e le finalita' della pena detentiva, e progressivamente si e' fatto strada il problema del trattamento del detenuto nell'istituto penitenziario. Nei sistemi penali moderni si e' cosi' andata affermando l'idea della pena indirizzata al riadattamento sociale del colpevole e alla rieducazione del condannato. L'art. 27 della Costituzione italiana prescrive, infatti, che le pene non possono consistere in trattamenti contratti al senso di umanita' e devono tendere alla rieducazione del condannato. Il legislatore ordinario, dopo alterne vicende, ha cercato di conformare l'ordinamento penitenziario al precetto costituzionale, emanando la legge 26 luglio 1975, n. 354, con il relativo regolamento esecutivo (d.P.R. 29 aprile 1976, n. 431). Sicche' puo' dirsi che l'intero sistema penitenziario e' basato sull'ideologia del trattamento come terapia di riadattamento sociale. I principi fondamentali del trattamento sono enunciati nell'art. 1 della legge citata. Contestualmente e progressivamente si afferma il principio della flessibilita' della pena e il c.d. sinallagma carcerario, che consentono attraverso il ricorso alle misure alternative alla detenzione, di modulare la pena in base al comportamento del condannato, alla sua risposta pio' o meno intesa alle occasioni trattamentali offerte dall'o.p. (lavoro; istruzione; religione; attivita' culturali, ricreative e sportive; rapporti con la famiglia e con il mondo esterno; rapporti con gli altri detenuti e con gli operatori penitenziari). L'istituto della liberazione anticipata rientra perfettamente in questo quadro. L'art. 54 della legge citata consente la concessione di una riduzione di pena "al condannato a pena detentiva che ha dato prova di partecipazione all'opera di rieducazione ...."; mentre l'art. 94 del regolamento citato indica quali debbono essere i parametri di valutazione della partecipazione all'opera di rieducazione. Peraltro la giurisprudenza della Corte di cassazione in tema di liberazione anticipata ha contribuito a qualificare maggiormente l'istituto: e' stato affermato che occorre una partecipazione "attiva e consapevole", escludendosi che una condotta puramente passiva di supina e disciplinata osservanza delle norme e del regime penitenziario possa giustificare la concessione di riduzione di pena; e che la decisione del tribunale di sorveglianza deve basarsi solo sui risultati dell'osservazione scientifica della personalita' del detenuto all'interno della struttura penitenziaria. Com'e' noto, la disciplina della liberazione anticipata e' stata modificata dall'art. 18 della legge 10 ottobre 1986, n. 663, che ha previsto la possibilita' della riduzione di pena anche per il periodo trascorso in stato di custodia cautelare e di detenzione domiciliare". Ritiene il collegio che l'innovazione concernente la custodia cautelare in regime di arresti domiciliari e' contrastante con gli artt. 3 e 27 della Costituzione, poiche' introduce una disciplina uniforme per situazioni strutturalmente diverse e perche' prescinde da qualsiasi funzione rieducativa. Va innanzitutto messo in rilievo che il nuovo codice di procedura penale ha dedicato un intero libro (il quarto, dall'art. 272 all'art. 325) alle misure cautelari, distinti in personali e reali. Quelle personali consistono in limitazioni a vario livello della liberta' individuale, nel tentativo, dichiarato dal legislatore, di evitare quanto piu' possibile il ricorso alla custodia cautelare in carcere, che e' la piu' afflittiva. Tutto il sistema delle misure cautelari personali si basa sui principi di adeguatezza e proporzionalita' (art. 275 del c.p.p.) e di gradualita', nel senso che e' stato previsto un ordine di afflittivita' crescente, nel quale alla custodia cautelare in carcere e' stato assegnato un ruolo residuale. Le misure cautelari personali sono state poi distinte in misure coercitive e misure interdittive. Le prime, che sono quelle che qui piu' interessano, consistono in limitazioni della liberta' fisica dell'individuo (di movimento, di circolazione, di soggiorno); divieto di espatrio, obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, divieto e obbligo di dimora, arresti domiciliari, custodia cautelare in carcere (o in luogo di cura). La misura degli arresti domiciliari e' stata pertanto considerata piu' afflittiva dell'obbligo di dimora e meno afflittiva della custodia cautelare in carcere, alla quale e' stata peraltro equiparata per evidenti ragioni di politica criminale. Essa, pero', sul piano strutturale e' ictu oculi altro dalla custodia cautelare in carcere, potendo semmai avvicinarsi nella misura dell'obbligo di dimora, che puo' essere integrato da particolari restrizioni e prescrizioni (e' ben noto che l'imputato agli arresti domiciliari puo' essere autorizzato ad allontanarsi dalla propria abitazione nel corso della giornata per lavorare o per provvedere alle proprie esigenze indispensabili). Deve, quindi, concludersi sul punto che la misura degli arresti domiciliari e' stata equiparata alla custodia cautelare in carcere solo sul piano formale, all'interno cioe' delle regole del nuovo processo penale (peraltro residua qualche differenza, sulla quale non e' il caso di attardarsi); nella sostanza si tratta di una misura meno afflittiva e strutturalmente e' piuttosto assimilabile all'obbligo di dimora. Ne deriva che applicando indifferentemente l'istituto della liberazione anticipata ai detenuti che hanno presofferto custodia cautelare in carcere o in regime di arresti domiciliari, si realizza una palese discriminazione a vantaggio di coloro che hanno espiato la pena agli arresti domiciliari. Va poi detto che un'altra disparita' di trattamento si realizza come corollario della precedente, quando si passa alla valutazione del comportamento del soggetto. Valga a questo proposito quanto e' dato riscontrare nel caso di Patellaro Antonino. Il commissariato di P.S. Porta Nuova di Palermo ha, invero, riferito soltanto che il Patellaro durante il periodo degli arresti domiciliari "non ha dato luogo a lagnanze, rendendosi disponibile durante i controlli effettuati". Per il periodo della custodia cautelare in carcere dal 3 marzo 1987 al 10 luglio 1987 e' stata invece acquisita una relazione dell'educatore e del direttore della casa circondariale di Termini Imerese, che hanno evidenziato che il Patellaro "non e' incorso in alcun provvedimento disciplinare e pertanto si presume che la sua condotta sia stata corretta almeno sul piano formale. Non risulta altresi' che lo stesso abbia svolto alcuna attivita' lavorativa interna". Il gruppo di osservazione della casa circondariale di Palermo ha poi redatto due relazioni (in data 4 marzo 1991 e in data 22 aprile 1991) per il periodo successivo al 6 dicembre 1990, nelle quali, premessa un'analisi della storia del soggetto e della sua famiglia, e' detto in particolare: "Il soggetto presenta una personalita' stabilizzata orientata ai valori ed alle norme della cultura 'rurale', contrassegnata da tratti marcatamente depressivi dalla valenza 'persecutoria'. Appare psichicamente bene orientato nel tempo e nello spazio, di discrete capacita' intellettive, senso della realta' e spirito critico nella norma, dal pensiero lucido e coerente. Affettivamente appare ben compensato; l'esperienza dissociale e le premesse condizioni culturali, sembrano aver acuito impropriamente un atteggiamento iperprotettivo ed asocializzante nei confronti dei figli. Relativamente al reato ascrittogli manifesta la propria innocenza, rappresentandosi vittima di un non bene identificato disegno persecutorio. L'orizzonte esistenziale del soggetto e' contrassegnato a suo dire, dalla 'fuga' e dal ritiro in campagna, segno, sempre a suo dire, di un rifiuto della societa' che lo ha vilipeso. Piu' verosimilmente tale atteggiamento risponde all'incapacita' del soggetto a sostenere il confrointo pubblico per quanto ascrittogli. All'interno della struttura penitenziaria non ha evidenziato particolari problemi di adattamento, se non quelli ricollegabili al suo stato di salute. I rapporti col personale di custodia e con gli operatori appaiono buoni ed improntati al rispetto. Lo stesso dicasi per quelli con i compagni di detenzione. Il soggetto, che espleta all'interno dell'istituto attivita' come 'inserviente', per problemi di salute ha recentemente chiesto di poter cambiare l'attivita' svolta con altra piu' confacente alle proprie condizioni". Nella seconda relazione e' poi precisato quanto segue: "........ nell'ulteriore periodo il soggetto in esame ha continuato a manifestare correttezza nel comportamento personale e ad espletare l'attivita' lavorativa in qualita' di 'inserviente'. Recentemente, in seguito ad un evento luttuoso che ha colpito la sua famiglia (morte del cognato), il Patellaro ha fruito di un permesso con scorta della durata di cinque ore. Il nucleo del soggetto ha vissuto tale avvenimento con molta angoscia, e l'assenza del capofamiglia ha reso piu' difficile il superamento delle problematiche connesse. Per quanto concerne le prospettive di inserimento lavorativo esistenti si precisa che il soggetto, a cui e' venuta meno l'offerta di lavoro come magazziniere presso un deposito edile di Monreale per le difficolta' prospettate dal datore di lavoro circa la regolare assunzione, attualmente e' sprovvisto di un'altra valida offerta. I familiari sono a tutt'oggi impegnati per la ricerca di una regolare occupazione che possa garantirgli un valido reinserimento socio- lavorativo". Sicche' il giudizio sulla condotta del Patellaro deve per forza di cose basarsi da un lato sul documento redatto in modo estremamente sintetico e generico dal dirigente del commissariato di P.S. Porta Nuova di Palermo e dall'altro sulle relazioni degli organi delle case circondariali di Termini Imerese e di Palermo, che hanno fornito un'analisi approfondita della personalita' del detenuto e delle sue risposte alle proposte trattamentali offertegli. Ora, come si e' sopra precisato, la mera regolarita' della condotta in carcere non puo' giustificare la concessione di liberazione anticipata, mentre la novella legislativa del 1986, vincolando il giudizio a un parere di poche parole dell'ufficio della p. di s., autorizza la riduzione di pena per i detenuti che abbiano tenuto regolare condotta durante la custodia cautelare in regime di arresti domiciliari. Se, quindi, le relazioni comportamentali relative al periodo trascorso in carcere avessero contenuto soltanto il riferimento a una "condotta regolare", il tribunale avrebbe dovuto rigettare l'istanza di liberazione anticipata, mentre avrebbe dovuto accoglierla per il periodo trascorso agli arresti domiciliari alla luce del documento del dirigente del commissariato di Porta Nuova. In realta' le relazioni redatte dagli organi penitenziari, che hanno illustrato in misura approfondita e esauriente il comportamento del Patellaro, hanno consentito al tribunale di motivare un positivo giudizio di accoglimento. Ne' puo' sostenersi in contrario che la mera "regolarita' della condotta" e' condizione sufficiente per la concessione della riduzione di pena ai detenuti che hanno sofferto custodia cautelare in carcere, giacche' si dimentica che il requisiti della "regolarita' della condotta" si atteggia diversamente rispetto all'istituzione penitenziaria e rispetto alla misura degli arresti domiciliari. Nel primo caso acquistano, invero, rilevanza i rapporti con gli organi penitenziari, con il personale di custodia, con gli altri detenuti; e l'assenza di rilievi disciplinasri denota quanto meno che il detenuto si e' conformato alle norme e alle regole dell'ordinamento penitenziario e ha mantenuto correttezza di comportamento e osservanza della disciplina carceraria. Cosa che evidentemente non e' dato riscontrare nel soggetto agli arresti domiciliari, nel corso dei quali vengono effettuati saltuari controlli dalle autorita' di P.S. solo allo scopo di verificare la presenza della persona in casa. D'altra parte, ed e' questo l'ultimo rilievo, durante gli arresti domiciliari non si garantiscono "le finanita' rieducative della pena". La misura consente, infatti, al soggetto di vivere nell'ambiente domestico, quello in cui ha sempre vissuto, e i controlli operati dalle forze dell'ordine sono esclusivamente finalizzati a verificare che l'arrestato non si allontani dalla propria abitazione. Vero e' che nei confronti del detenuto in custodia cautelare in carcere non puo' ancora formalmente parlarsi di osservazione scientifica della personalita' o di trattamento rieducativo, trattandosi di un soggetto ancora investito della presunzione di innocenza e non ancora condannato in modo definitivo; nei suoi confronti puo' pero' parlarsi di prospettiva rieducatrice, giacche' egli entra a far parte di una struttura, qual'e' oggi quella penitenziaria riformata, nella quale egli diventa portatore di doveri e di diritti, nella quale e' obbligato all'osservanza di norme regolamentari e disciplinari destinate non solo alla sicurezza interna dell'istituto, ma anche al miglioramento del suo comportamento e del suo atteggiamento nei confronti delle relazioni intepersonali, e nella quale gli e' pure riconosciuta la facolta' di accedere al trattamento rieducativo (art. 15, terzo comma, della legge n. 354/1975: "Gli imputati sono ammessi, a loro richiesta, a partecipare ad attivita' educative, culturali e ricreative e, salvo giustificati motivi o contrarie disposizioni dell'autorita' giudiziaria, a svolgere attivita' lavorativa o di formazione professionale, possibilmente di loro scelta e, comunque, in condizioni adegaute alla loro posizione giuridica"). E' anche per tale motivo che si giustifica la possibilita' di valutare non solo il periodo della detenzione in carcere a titolo definitivo, ma anche quello trascorso in stato di custodia cautelare. Non v'e' invece alcuna giustificazione per il periodo trascorso agli arresti domiciliari, nel quale manca del tutto qualsiasi prospettiva rieducatrice. Alla luce delle considerazioni che precedono, devesi pertanto denunciare l'illegittimita' costituzionale della normativa indicata per contrasto con gli artt. 3 e 27 della Costituzione.
P. Q. M. Ritenuta rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale, in relazione all'art. 3 e all'art. 27 della Costituzione, dell'art. 54, primo comma, della legge n. 354/1975, modificato dall'art. 18 della legge n. 663/1986, nella espressione "a tal fine e' valutato anche il periodo trascorso in stato di custodia cautelare" nella forma degli arresti domiciliari (art. 284 del c.p.p.) e cio' nei termini di cui in motivazione; Sospende il giudizio in corso e ordina l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Ordina che a cura della cancelleria l'ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Palermo, addi' 9 maggio 1991 Il presidente estensore: CERAMI 91C0889