N. 495 ORDINANZA (Atto di promovimento) 7 dicembre 1990- 9 luglio 1991

                                N. 495
 Ordinanza   emessa   il   7   dicembre  1990  (pervenuta  alla  Corte
 costituzionale  il  9  luglio  1991)  dal  giudice  per  le  indagini
 preliminari  presso  il tribunale di Ancona nel procedimento penale a
 carico di Fattori Cesare
 Processo penale - Conflitto di competenza tra g.i.p. e giudice del
    dibattimento - Prevista prevalenza della decisione del giudice del
    dibattimento - Irragionevole  violazione  del  principio  di  buon
    andamento  dell'amministrazione  della  giustizia  -  Lesione  del
    principio di soggezione del giudice alla sola legge.
 Processo penale - Fascicolo per il dibattimento - Inserimento del
    verbale   d'interrogatorio   dell'imputato   avanti    al    p.m.,
    limitatamente  alle  dichiarazioni  rese  in  materia anagrafica -
    Omessa previsione - Possibile declaratoria di nullita' del decreto
    di citazione per giudizio immediato - Restituzione degli  atti  al
    g.i.p.  -  Conseguente  dovuta  ultranea  attivita' dello stesso -
    Irrazionalita'  -  Violazione  dei  principi  di  buon   andamento
    dell'amministrazione della giustizia e del principio di soggezione
    del giudice alla sola legge.
 (C.P.P. 1988, artt. 28, secondo comma, e 431).
 (Cost., artt. 2, 3, 97 e 101).
(GU n.33 del 21-8-1991 )
                IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI
    Ha  pronunciato  la  seguente ordinanza a carico di Fattori Cesare
 come generalizzato in atti proc. pen.  n.  593/1990  r.g.n.r.,  proc.
 pen. n. 799/1990 r.g.g.i.p., imputato del reato p. e p. dall'art. 628
 del  c.p.  per  avere  sottratto,  al  fine  di  trarne  profitto, un
 braccialetto d'oro a Ceccovecchi  Massimo  con  violenza  e  minaccia
 consistita  nel  dire alla persona offesa "o mi dai il braccialetto o
 di qui non esci". In Falconara Marittima (Ancona) il 15  marzo  1990.
 Difensore d'ufficio avv. Marco Maria Brunetti del Foro di Ancona;
    Vista  l'ordinanza  sezione  penale  tribunale  di  Ancona  del 29
 ottobre  1990  declaratoria  di  nullita'  del  decreto  di  giudizio
 immediato  del  g.i.p.  detto  tribunale  11  maggio  1990, stante la
 mancata notifica del detto provvedimento all'imputato (v. in atti  f.
 30  relata  di  notifica  inevasa  11  luglio 1990 aiutante ufficiale
 giudiziario c/o corte d'appello di Ancona "anzi non potuto notificare
 perche' non reperito al n. 38 in via N. Sauro. Vane numerose ricerche
 esperite sul posto"; poiche' gia' in sede di  interrogatorio  davanti
 al  p.m. (ff. 12-13) l'attuale imputato aveva eletto domicilio presso
 la  propria  abitazione  in  Roma, via N. Sauro 39, dal momento che i
 suoi obblighi di leva sarebbero terminati alla fine del giugno 1990;
    Attesa l'erroneita' della detta declaratoria di nullita' in quanto
 all'eventuale  vizio  di  notificazione  del  decreto   di   giudizio
 immediato  (che  rinviava  a  giudizio)  avrebbe dovuto provvedere il
 giudice collegiale del  dibattimento,  anche  e  soprattutto  per  le
 suesposte ragioni oggettive, stante l'art. 485 n. 1) del c.p.p.;
    Constatato   che   l'attuale  stasi  processuale  e'  in  sostanza
 equiparabile alle tipiche situazioni previste dall'art.  28,  secondo
 comma,  primo  inciso  nuovo  del  c.p.p. ("anche nei casi analoghi a
 quelli previsti dal primo comma") e che tuttavia, stando al detto 28,
 n. 2) del c.p.v., qualora il contrasto verta fra giudice dell'udienza
 preliminare e giudice  del  dibattimento,  prevale  la  decisione  di
 quest'ultimo,  normativa chiaramente incostituzionale ex artt. 2, 3 e
 97 della  Costituzione  perche'  da  un  lato  viola  la  parita'  di
 trattamento  "in  ogni  stato  e  grado  del  giudizio" discriminando
 l'udienza dibattimentale  rispetto  all'udienza  non  dibattimentale,
 dall'altro  inficia  il principio della efficiente organizzazione dei
 pubblici uffici e del buon andamento  della  p.a.  -  Amministrazione
 della  Giustizia  in  quanto  costringe p.m., g.i.p. e cancelleria di
 quest'ultimo ad uno spreco di energie lavorative e ad  una  superflua
 ultronea  attivita' processuale, in quanto, si fa notare, l'attivita'
 del g.i.p. si esaurisce con l'articolo di  legge  sull'emissione  del
 decreto  che  dispone il giudizio immediato, il tutto ex art. 455 del
 nuovo c.p.p., e nella conseguente formazione  del  fascicolo  per  il
 dibattimento  ex  art.  431 stesso cod. ("secondo le prescrizioni del
 giudice");
    Atteso, per quanto concerne  l'art.  28,  secondo  comma,  secondo
 inciso,  che  il  termine "giudice dell'udienza preliminare" e' anche
 oltremodo riduttivo  perche'  non  prevede  esplicitamente  l'ipotesi
 (come l'attuale) extra-udienza preliminare, in cui il conflitto sorge
 fra  giudice per le indagini preliminari e giudice del dibattimento a
 seguito di giudizio immediato, ritenendosi anche a  questo  proposito
 il concetto di casi analoghi a quelli previsti dal primo comma;
    Poiche'  quindi  il  detto  28,  secondo comma, secondo inciso del
 c.p.p. ha introdotto  una  norma  foriera  di  possibili  prevedibili
 enormi  danni per la celerita' e snellezza del nuovo rito processuale
 (si rifletta, per esempio, alla tutt'altro che peregrina  ipotesi  di
 una  macroscopica erronea declaratoria di nullita' in un processo con
 numerosi imputati), il tutto quindi in  contrasto  anche  con  l'art.
 101,  secondo comma della Carta costituzionale secondo cui "I giudici
 sono soggetti soltanto alla legge"  e  non  quindi  ad  altra  a.g.o.
 mentre   nel  caso  in  esame  il  g.i.p.,  in  ossequio  alla  detta
 incostituzionale normativa, viene sostanzialmente "costretto" a porre
 in essere apposita attivita' al di fuori di ogni esplicita previsione
 di legge  di  fronte  al  quale  egli  non  puo',  allo  stato  della
 legislazione, far valere qualsivoglia giusta controdeduzione;
    Essendo  la  questione  di  legittimita'  costituzionale, rilevata
 iussu indicis,  non  solo  non  manifestamente  infondata,  ma  anche
 rilevante   nel   processo  de  quo  poiche'  dalla  declaratoria  di
 costituzionalita' la sopra descritta situazione di stasi  processuale
 troverebbe  sicuramente  corretta  e  rituale  soluzione giuridica ed
 autenticamente giurisdizionale in applicazione  della  lex  generalis
 sui  "casi  analoghi" di cui all'art. 28, secondo comma, primo inciso
 del nuovo c.p.p.;
    Poiche'  comunque ed oltretutto, anche a voler ammettere l'erronea
 tesi del Collegio secondo cui competeva al solo g.i.p.  regolarizzare
 il  vizio  della non eseguita notifica, cio' urterebbe con la lettera
 dell'art. 432 secondo cui "Il decreto  che  dispone  il  giudizio  e'
 trasmesso senza ritardo, con il fascicolo previsto dall'art. 431 etc.
 alla cancelleria del giudice competente per il giudizio";
    Poiche'  tuttavia alla riscontrata anomalia processuale si sarebbe
 potuto ovviare ove nel fascicolo  per  il  dibattimento  il  collegio
 giudicante   avesse   potuto  reperire  il  verbale  d'interrogatorio
 dell'imputato  (magari  senza  il  contenuto  ma  con   le   relative
 generalita'  anagrafiche,  di  per se' esatte, fatta salva ipotesi di
 reato nel caso di false, inidonee, insufficienti  dichiarazioni  rese
 al  p.m.,  a.g.o.  da  parte  dello  stesso  imputato),  e quindi con
 conseguenti eventuali nuove ricerche anagrafiche  o  addirittura  con
 conseguente  decreto  di irreperibilita' ex artt. 159 e 160 n. 2) del
 nuovo  c.p.p.;  poiche'  dalle  pregresse  considerazioni  scaturisce
 l'incostituzionalita'  dell'art. 431 del c.p.p. laddove non contempla
 l'esplicita inserzione del detto  verbale,  che  non  condizionerebbe
 certo  il  giudicante  nel  merito  (poiche'  la  prova  si  forma, e
 continuerebbe a formarsi, nel dibattimento)  ma  eviterebbe  nullita'
 processuali, mentre l'attuale riduttiva formulazione della norma lede
 l'art. 97 della Costituzione;
    Poiche'  infine  con  le  dette  pregresse argomentazioni e' stata
 spiegata  la  rilevanza  di  quest'ultima  eccezione   nel   corrente
 giudizio;
                               P. Q. M.
    Letti gli artt. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1
 e 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Dispone   l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
 costituzionale, non potendo  il  presente  giudizio  essere  definito
 indipendentemente  dalla  risoluzione della questione di legittimita'
 costituzionale, sollevata d'ufficio  e  non  ritenuta  manifestamente
 infondata,  relativa  all'art. 28, n. 2, del nuovo c.p.p. nella parte
 in  cui  esclude  esplicitamente  il  ricorso  al  procedimento   del
 conflitto di competenza nell'ipotesi di contrasto, in sede di decreto
 che  dispone  il  rinvio  a  giudizio  immediato,  fra giudice per le
 indagini preliminari e giudice  del  dibattimento,  ed  all'art.  431
 dello  stesso c.p.p. laddove non contempla l'inserzione nel fascicolo
 per il dibattimento, secondo le prescrizioni del giudice, del verbale
 d'interrogatorio reso dall'imputato dinanzi al  p.m.  preliminarmente
 al  giudizio  immediato,  quantomeno limitatamente alle dichiarazioni
 rese in materia anagrafica, ritenendosi quindi l'art. 28 lesivo degli
 artt. 2, 3, 97 e 101 secondo comma della Costituzione, l'art. 431  in
 violazione  degli  artt.  2,  3  e  97 della legge fondamentale dello
 Stato, con annessa sospensione del corrente giudizio;
    Ordina che a cura  della  Cancelleria  la  presente  ordinanza  di
 trasmissione degli atti alla Corte costituzionale sia notificata alle
 parti  in  causa  (imputato,  difensore  d'ufficio  avv.  Marco Maria
 Brunetti del Foro di Ancona, persona  offesa  dal  reato  Ceccovecchi
 Massimo)  ed  al  p.m.  nonche'  alla  Presidenza  del  Consiglio dei
 Ministri e comunicata anche alla  Presidenza  delle  due  Camere  del
 Parlamento  e  per  conoscenza  del  Parlamento e per conoscenza alla
 sezione penale del tribunale di Ancona.
      Ancona addi', 7 dicembre 1990
           Il giudice per le indagini preliminari: BONIVENTO

 91C0920