N. 499 ORDINANZA (Atto di promovimento) 28 maggio 1991
N. 499 Ordinanza emessa il 28 maggio 1991 dal giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Isernia nel procedimento penale a carico di Maslouhi Allal Processo penale - Rito abbreviato - Decidibilita' allo stato degli atti nella prospettazione addotta dal p.m. - Diversita' rispetto alla ricostruzione del fatto proposta dall'imputato - Lamentata omessa previsione della facolta' di integrazione probatoria da parte del g.i.p. ex art. 422 del c.p.p. - Possibile condizionamento della difesa per avvalersi della diminuente ex art. 442, secondo comma del c.p.p. - Irrazionalita' - Limitazione del diritto di difesa - Responsabilita' dell'imputato condizionata alla rapida definizione del processo - Violazione del principio di soggezione del giudice alla sola legge. (C.P.P. 1988, artt. 440, primo comma, e 441, primo comma). (Cost., artt. 3, 24, 27 e 101).(GU n.33 del 21-8-1991 )
IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI Il giudice dott. Giuseppe Pansini, letti gli atti del fascicolo n. 242/91 mod. 21 p.m. e n. 363/91 g.i.p. relativo a Maslouhi Allal, nato il 6 giugno 1958 a Casablanca (Marocco), residente a Roccamandolfi (Isernia) via Chiaia, 10, imputato del delitto di omicidio volontario aggravato in danno del connazionale Louzi Azeddine; Rilevato che su richiesta di rinvio a giudizio del detto Maslouhi, all'odierna udienza preliminare, in limine e' stata formulata, con consenso del p.m., richiesta di giudizio abbreviato, ai sensi dell'art. 438 e segg. del c.p.p.; Osservato che gli elementi raccolti in sede di indagini preliminari sembrerebbero offrire un quadro esauriente della vicenda, conforme a quanto assunto dall'accusa, non peraltro collimante con la ricostruzione proposta dall'imputato (fornita di una qualche plausibilita', ma sostanzialmente priva di elementi di riscontro, e quindi allo stato, in una sfera di pura congettualita') e concernente profili di legittima difesa, di provocazione da parte della vittima e comunque sia di modalita' del fatto che lo renderebbero meno efferato rispetto alla prospettazione accusatoria; Preso anche atto che i difensori - sulla presumibile loro valutazione che in sede di udienza preliminare comunque non si sarebbero configurati gli estremi per l'applicazione dell'art. 422 del c.p.p., quanto alla causa di giustificazione, perche' essa risultava un mero assunto di parte, smentito dalle altre risultanze, e, quanto agli altri due profili citati, per la loro non rilevanza ai fini dell'accoglimento o meno della richiesta di rinvio a giudizio - ponendosi in posizione differenziata, anzi contrastante con il loro assistito, quanto alla giudicabilita' allo stato degli atti, hanno formulato istanza per la integrazione di questo; tutto cio' premesso: Considerato che il limite posto al giudice dell'art. 400, primo comma, del c.p.p. di decidere allo stato degli atti privilegia una ricostruzione del fatto alla stregua essenzialmente degli elementi addotti dall'accusa, con pregiudizio dei diritti della difesa alla piu' esatta e dunque piu' vera individuazione di esso, cosi' come effettivamente commesso dall'imputato; ritenuto che l'interesse di quest'ultimo a godere della riduzione di un terzo della pena, interferisce con quella - personale ma anche oggettiva - esigenza, e per l'appunto nel senso di condizionare esso imputato, in quanto apre la possibilita', ed anzi la favorisce, di indurre a dichiarazioni sostanzialmente confessorie, o anche solo ad acquiescenze, gia' di per se' inquinanti l'oggettiva realta' dei fatti, ogni volta che questa potrebbe risultare, al di la' dello "stato degli atti", solo dall'acquisizione di quegli elementi che appunto e' preclusa in sede di giudizio abbreviato, e che potrebbe percio' ottenersi soltanto al costo, da cui nel caso opposto per forza di cose e' immune la parte accusatoria, della rinuncia alla suddetta riduzione; Considerato dunque che la difesa e' stretta nell'alternativa o di rinunciare al beneficio del giudizio abbreviato o di fare acquiscenza ad una ricostruzione non genuina del fatto addebitato; Osservato che in una giusta prospettiva la "premialita'" del rito abbreviato non puo' trovare la sua ratio nell'accettazione, e cioe' sottomissione, da parte della difesa di un addebito non veritiero, o anche soltanto non esatto e non compiutamente delineato, giacche' in tal caso l'imputato finirebbe per essere responsabile e in un certa e non altra misura, non del fatto come da lui commesso, ma di un fatto non "suo", e soltanto unilateralmente ipotizzato e prospettato dall'accusa (dovendosi) invece quella "premialita'" riferire a null'altro che alla rinuncia del giudicabile alla maggiore garanzia offertagli dal rito ordinario, per i suoi tempi piu' lunghi e piu' dialetticamente articolati, o per il controllo della collettivita' attraversa la pubblicita' dell'udienza, o per l'eventuale composizione collegiale dell'organo giudicante o per le libere forme dell'impugnazione; Osservato pertanto che la "premialita'" sarebbe comunque giustificata anche se gli elementi di giudizio fossero non soltanto quelli "allo stato degli atti" ma si arricchissero dell'apporto della difesa: il che non solo riequilibrerebbe le posizioni delle parti contrapposte, ma eviterebbe l'inammissibile implicazione che la responsabilita' dell'imputato fosse commisurata non al criterio della responsabilita' personale ma all'esigenza, di tutt'altro ordine, di una piu' rapida definizione del processo; Osservato altresi' che nella descritta situazione il principio costituzionale che il giudice e' soggetto soltanto alla legge, verrebbe alterato e compromesso giacche' nel processo di applicazione della norma al fatto, esso giudice subirebbe l'interferenza di una (in ipotesi) fittizia ricostruzione del fatto stesso, che appunto, al di fuori della normale dialettica processuale, verrebbe a configurarsi non quale esso era effettivamente, ma quale e' stato assunto dalla unilaterale e libera prospettazione dell'accusa, ove passivamente accettata dalla difesa, per il condizionamento a non privarsi della prevista riduzione di pena; Ritenuto pertanto non manifestamente infondato il sospetto di incostituzionalita' della normativa in tema di giudizio abbreviato (disposto degli artt. 440, 441 del c.p.p., per contrasto con gli altri artt. 3, 24, 27 e 101 della carta fondamentale, ed essendo ipotizzabile il rimedio dell'applicabilita' per tale procedimento speciale, della norma di cui all'art. 422 del c.p.p. (che peraltro, nell'applicarsi in funzione del mero rinvio a giudizio, non si vede perche' non debba applicarsi anche ai fini della ben piu' pregnante decisione di condanna o assoluzione); Ritenuto che nel caso di specie le esposte considerazioni attengono e si rendono rilevanti sotto il profilo che se il fatto fosse diverso quanto meno per le sue modalita' e circostanze da quanto appare allo stato degli atti, se non altro la pena sarebbe diversa da quella al momento prospettabile; la quale, anzi, potendo essere in concreto, alla stregua dell'attuale imputazione, addirittura quella dell'ergastolo, escluderebbe l'esperibilita' stessa del giudizio abbreviato (sentenza n. 176/1991 di codesta altissima Corte);
P. Q. M. Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale degli articoli 400, primo comma e 441, primo comma, del c.p.p. nella parte di cui si esclude l'applicabilita' dell'art. 422 del c.p.p. con riferimento agli artt. 3, 24, 27 e 101 della Costituzione come sopra indicati; Ordina la sospensione del giudizio in corso nei confronti di Moslouhi Allal; Dispone l'immediata trasmissione di copia degli atti alla Corte costituzionale; Manda alla cancelleria per la notifica della presente ordinanza al Presidente del Consiglio dei Ministri e per la comunicazione ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Isernia, addi' 28 maggio 1991 Il giudice per le indagini preliminari: PANSINI 91C0947