N. 513 ORDINANZA (Atto di promovimento) 15 aprile 1991

                                N. 513
 Ordinanza emessa il 15 aprile 1991 dal pretore di Reggio  Emilia  nel
 procedimento penale a carico di Iotti Franco
 Regione Emilia-Romagna - Inquinamento - Insediamenti produttivi -
    Scarichi di liquami in acque superficiali - Esclusione dall'ambito
    della  fattispecie  penalmente rilevante, di cui all'art. 21 della
    legge statale n. 319/1976, dello scarico di liquami non  preceduto
    da  domanda  di  autorizzazione  e/o  eccedente i limiti tabellari
    previsti  negli  allegati  alla  legge,  stessa,  nell'ipotesi  di
    provenienza  da  imprese  agricole  -  Asserita indebita invasione
    della sfera di competenza statale in materia penale.
 (Legge regione Emilia-Romagna, 28 novembre 1986, n. 42, art. 11,
    primo comma, lett. a), n. 2).
 (Cost., artt. 25 e 117).
(GU n.33 del 21-8-1991 )
                              IL PRETORE
    All'udienza dibattimentale del 15  aprile  1991  nel  procedimento
 penale  n. 9695/1990 reg. not. reato a carico di Iotti Franco, nato a
 Poviglio il 29 marzo 1938 ed  ivi  residente,  via  Cervarola  n.  6;
 imputato: del reato p. e p. dall'art. 21, terzo comma, della legge 10
 maggio  1976,  n.  319  con  successive modifiche, perche', nella sua
 qualita'  di  presidente  (legale  rappresentante)  della   "Latteria
 Sociale   Nuova   Aurora",  Societa'  cooperativa  a  responsabilita'
 limitata avente per oggetto la lavorazione del  latte  conferito  dai
 soci ed annesso allevamento suinicolo di circa 750 capi, insediamento
 da  ritenersi  produttivo per difetto di complementarieta' funzionale
 tra l'attivita' agricola di coltivazione, con l'allevamento  di  capi
 bovini   da   parte  dei  singoli  soci  sui  terreni  di  rispettiva
 pertinenza, e l'attivita' di trasformazione del  latte  di  esclusiva
 pertinenza  della  societa'  cooperativa  con  autonomia  strutturale
 organizzativa, effettuava uno scarico di  reflui  di  lavaggio  della
 sala  di  lavorazione del latte in acque superficiali (fosso stradale
 di scolo) eccedente nei parametri dei solidi sedimentali, Bod e Cod i
 limiti di accettabilita' di cui alle tabelle C  ed  A  allegate  alla
 legge n. 319/1976;
    Accertato in Poviglio, il 24 febbraio 1989;
    Ha  pronunciato  la seguente ordinanza della quale ha dato lettura
 in dibattimento.
    Premesso che il p.m.  ha  sollevato  eccezione  di  illegittimita'
 costituzionale  dell'art.  11,  primo  comma lett. A n. 2 della legge
 regionale Emilia-Romagna 28 novembre 1986, n. 42, cosi' argomentando:
    In  via  subordinata  alla   reiezione   della   tesi   principale
 (qualificazione  dell'insediamento  de  quo  come  produttivo,  e non
 civile, agli effetti dell'applicazione della normativa richiamata  in
 contestazione, trattandosi di questione sicuramente rilevante ai fini
 della  decisione  in  caso  di  qualificazione dell'insediamento come
 civile, tenuto conto altresi' dell'autorevole indicazione in  materia
 della  Corte  costituzionale  nella recente sentenza n. 285 del 1990,
 viene proposta l'eccezione di illegittimita' costituzionale dell'art.
 11, primo comma, lett. a),  n.  2),  della  legge  regionale  Emilia-
 Romagna 28 novembre 1986, n. 42, nella parte in cui prevede, a carico
 dei   titolari   di   scarichi  civili,  l'applicazione  di  sanzioni
 amministrative pecuniarie, nel  caso  di  mancato  adeguamento  degli
 scarichi  ai  limiti  di  accettabilita'  di cui alla legge regionale
 Emilia-Romagna 29 gennaio 1953, n. 7, e successive modifiche  (limiti
 equivalenti  a  quelli  previsti dalle tabelle C) ed A) allegate alla
 legge dello Stato 10 maggio 1976, n. 319,  e  successive  modifiche),
 come  pure  nel  caso  di  violazione  dell'obbligo  della preventiva
 richiesta di autorizzazione e di inosservanza delle  prescrizioni  in
 essa  indicate,  ovvero  di  violazione  del  divieto di effettuare o
 mantenere gli scarichi prima dell'autorizzazione o con autorizzazione
 negata o revocata.
    E' noto invero, che la legge 10 maggio 1976, n.  319,  piu'  volte
 modificata,   contenente   "norme   per   la   tutela   delle   acque
 dall'inquinamento", dopo aver definito, nei primi tre titoli, le  sue
 finalita' generali e i compiti dello Stato, degli enti territoriali e
 dei  consorzi  in  materia  di scarichi, con specifica previsione del
 censimento dei corpi idrici e della redazione di piani  (nazionale  e
 regionali)  di  risanamento delle acque, disciplina nel titolo quarto
 tutti gli scarichi, introducendo  una  fondamentale  distinzione  tra
 scarichi  di  insediamenti produttivi (nuovi ed esistenti) e scarichi
 di insediamenti civili (nuovi ed esistenti):  cfr.,  rispettivamente,
 gli artt. 12 e 13 per i primi, e gli artt. 14 e 15 per i secondi.
    Tale  distinzione,  concerne  tempi  e  modi  di definizione della
 disciplina dei due tipi di scarichi ispirata ad una maggior favor per
 gli insediamenti civili (in cui sono ricompresi quelli agricoli),  in
 considerazione  della  minore  capacita'  inquinante e della maggiore
 diffusione dei medesimi sul  territorio  nazionale,  con  conseguente
 necessita'  di  tener  conto  delle  diverse  situazioni  locali;  la
 medesima  distinzione,  tuttavia,  non  autorizza  in  alcun  modo  a
 ritenere  che  il  legislatore  abbia  inteso attribuire alle regioni
 (cfr. artt. 8 e 14, primo cpv., legge 319/1976) una  regolamentazione
 degli  scarichi  civili  del tutto autonoma e differenziata da quella
 statale sugli scarichi produttivi.
    In particolare, non e' esatto  che  l'obbligo  dell'autorizzazione
 sia  previsto  solo  per  gli  scarichi  produttivi  e non per quelli
 civili,  giacche'  la  legge  n.  319/1976  e  successive  modifiche,
 riservando  alle  regioni  la disciplina di quest'ultimi ai sensi del
 citato art. 14, primo cpv., consentirebbe alle medesime di introdurre
 o meno il principio autorizzatorio.
    Parimenti, non e'  esatto  che  la  riserva  di  disciplina  degli
 scarichi  civili a favore delle regioni, permetterebbe a quest'ultime
 di  adottare  standards  di  accettabilita'   degli   scarichi   meno
 restrittivi  di  quelli  previsti dalle tabelle A) e C) allegate alla
 legge statale, con conseguente inapplicabilita' agli scarichi  civili
 delle sanzioni penali previste dagli artt. 21, 22 e 23 della legge n.
 319  cit.  (cfr., in senso conforme alla tesi qui sostenuta. Cass. 30
 maggio 1989 n. 7769 e Cass. 2 aprile 1990, n. 4450).
    L'affermazione  contrasta  con  il  principio  fondamentale  della
 ripetuta  legge  319, quale emerge dall'art. 1 ("La presente legge ha
 per oggetto: alla disciplina degli scarichi di qualsiasi  tipo"..  ..
 ..)  e  dall'art.  9,  primo,  secondo e ultimo comma, ove si prevede
 "un'unica  disciplina  degli   scarichi"   basata   sui   limiti   di
 accettabilita'  previsti  nelle  tabelle  A) e C) allegate alla legge
 statale, di cui e' disposta l'applicazione "secondo le modalita' e  i
 termini" previsti nei successivi articoli, espressamente disponendosi
 infine che:  "tutti gli scarichi debbono essere autorizzati".
    L'esistenza  di  principi  generali unitari nella disciplina degli
 scarichi di qualsiasi tipo, pur nella differenziazione  dei  tempi  e
 modi  di  applicazione  e/o  definizione della medesima disciplina in
 relazione al diverso tipo (produttivo o civile di insediamento, trova
 i seguenti ulteriori riscontri testuali alla legge  n.  319/1976  con
 successive modifiche:
       a)  nel  disposto  dell'art.  10,  capoverso,  nuovo testo, che
 prevede l'obbligo di richiesta di una nuova  autorizzazione  per  gli
 scarichi  da  insediamenti  civili  soggetti a trasferimenti, diversa
 destinazione ecc.;
       b)   nell'art.   11,   nuovo   testo,   che   fa    riferimento
 all'autorizzazione "agli scarichi diretti nelle acque del mare";
       c) nell'art. 17 che prevede per tutti gli utenti dei servizi di
 fognature e depurazione, morosi per oltre un anno nel pagamento delle
 tariffe, la "decadenza dell'autorizzazione";
       d)  negli  artt.  21  primo  comma,  cpv. terzo alinea, e terzo
 comma: 22, 23 e 23 bis, ove  il  riferimento  del  precetto  e'  allo
 scarico,  senza  distinzione  tra  quello produttivo e civile; mentre
 tale distinzione e' ben presente negli artt. 21, c. no. primo  alinea
 e nell'art. 15, primo comma.
    Sembra  chiaro,  pertanto,  che il rinvio dell'art. 14, capoverso,
 nuovo testo, alla disciplina regionale non e' un rinvio "in  bianco",
 poiche', conformemente all'obiettivo di uniformita' della disciplina,
 perseguito  dal  richiamato  art.  9,  esso  tiene fermi, come punti-
 cardine della normativa regionale, sia  il  principio  autorizzatorio
 degli   scarichi   "civili",   sia   l'osservanza   dei   limiti   di
 accettabilita' tabellari di  cui  allo  stesso  art.  9,  secondo  le
 direttive   del   comitato  interministeriale  ed  in  ragione  delle
 situazioni locali e degli obiettivi dei piani di risanamento.
    In  sostanza,  come  e'   stato   autorevolmente   osservato,   il
 provvedimento  autorizzatorio e gli standards di accettabilita' dello
 scarico  rappresentano  il  nucleo  omogeneo  della   legge   statale
 vincolante per la legislazione regionale sugli scarichi civili.
    I due indicati principi sono stati, infatti, applicati dalle leggi
 regionali  finora  emanate in "subiecta materia". Ci si riferisce, in
 particolare, alle leggi del Lazio, della Liguria e, per  quanto  piu'
 interessa in questa sede, dell'Emilia Romagna.
    Quest'ultima  regione, invero, con la legge 29 gennaio 1953, n. 7,
 modificata e integrata dalla legge 23  marzo  1984,  n.  13,  facendo
 esplicito  riferimento "agli adempimenti di cui al piano regionale di
 risanamento delle acque, previsto dall'art. 8 della legge  10  maggio
 1976,  n.  319, e successive modifiche ed integrazioni" (cfr. art. 1,
 primo comma, legge n. 7/1983),  ha  disciplinato,  tra  l'altro,  gli
 scarichi   civili   che   non   recapitano  in  pubbliche  fognature,
 distinguendoli in tre classi (A, B e C) e,  all'interno  di  ciascuna
 classe,  in  scarichi  da insediamenti nuovi ed esistenti, prevedendo
 per tutti l'obbligo di munirsi della autorizzazione e di  rispettare,
 entro  tempi  differenziati,  i  limiti di accettabilita' di cui alle
 allegate tabelle II e III,  assimilabili  rispettivamente  ai  limiti
 previsti  dalle  tabelle  C)  ed A) della legge statale (cfr. tit. II
 legge n. 7/1983 e, in particolare, gli artt. 3, 17).
    Ne discende, per gli scarichi civili della regione Emilia  Romagna
 recapitanti in corpi d'acqua superficiali, l'attuale operativita' dei
 limiti  di  cui  alle  citate  tabelle II e III assimilabili a quelli
 delle tabelle statali C) ed A), e in particolare la vincolativita', a
 partire dal 17 febbraio 1984, dei limiti previsti  dalla  tabella  II
 (C)  e,  a  partire  dal  1ยบ  marzo  1985,  dei  limiti definitivi di
 accettabilita' di  cui  alla  tabella  III  (A),  relativamente  agli
 insediamenti  civili  "esistenti"  della  classe C (comprensiva delle
 imprese  agricole);  e'  prevista,  invece,   la   conformita',   sin
 dall'attivazione, ai piu' rigorosi limiti di cui alla tabella III per
 gli  scarichi degli insediamenti civili "nuovi" della medesima classe
 C, di cui all'art. 6 della legge (cfr.  artt.  16  e  17  legge  reg.
 7/1983).
    La  sanzione  per  la violazione dei predetti limiti tabellari e',
 evidentemente, prevista dall'art. 21, comma terzo, legge n. 319/1976,
 in riferimento agli artt. 9 (primo e secondo  comma)  e  14  (secondo
 comma) della medesima legge.
    Infatti,  posto  che  "in  tutto  il  territorio  nazionale  viene
 stabilita   un'unica   disciplina   degli   scarichi   basata   sulla
 prescrizione  per  gli  stessi  dei limiti di accettabilita' previsti
 nelle tabelle  A)  e  C)  allegate  alla  legge  statale........    i
 quali........  si  applicano  con  le modalita' e i termini di cui ai
 successivi articoli della medesima  legge  "(cfr.  art.  9,  primo  e
 secondo  comma, legge n.  319/1976), e posto che compete alle regioni
 di  definire  tale  disciplina,  tendenzialmente  unitaria,  per  gli
 scarichi  degli  insediamenti civili, da regolamentare tenendo conto,
 in particolare, dei limiti di accettabilita'  fissati  dalle  tabelle
 allegate  alla  legge  statale (cfr. art. 14, secondo comma, in fine,
 legge 319/1976), ne discende evidente che, una volta  intervenuta  la
 disciplina  regionale  degli  scarichi  degli insediamenti civili, in
 armonia e non in contrasto con la disciplina statale  degli  scarichi
 degli  insediamenti  produttivi,  le  sanzioni previste dal titolo IV
 della legge statale per gli scarichi  tout  court  siano  applicabili
 anche  a  quelli  civili  parimenti soggetti al rispetto dell'obbligo
 autorizzatorio disposto per tutti gli scarichi (art. 9, ultimo comma,
 citato),  e   parimenti   tenuti   all'osservanza   dei   limiti   di
 accettabilita'  di  cui alle tabelle allegate alla legge statale "nei
 rispettivi limiti  e  modi  di  applicazione",  come  definiti  dalla
 vigente normativa regionale.
    L'autonoma  fattispecie criminosa di cui all'art. 21, terzo comma,
 legge 319/1976 costituisce, dunque, tipica norma penale in bianco che
 rimanda la sua parte precettiva, integrata dal superamento dei limiti
 di accettabilita' di cui alle tabelle A) e C) della legge statale, ai
 "rispettivi limiti e modi di applicazione"  delle  medesime  tabelle,
 definiti,  per  gli insediamenti civili, dalle regioni con i piani di
 risanamento delle acque di cui all'art. 4, legge 319/1976.
    In altri termini,  come  e'  stato  autorevolmente  affermato,  le
 prescrizioni  regionali  "costituiscono,  a loro volta, applicazione,
 nei limiti e modi rispettivi, delle tabelle di legge", configurandosi
 in tal modo, il primo e il terzo  comma  dell'art.  21  come  vere  e
 proprie  norme  penali  in  bianco.  Una interpretazione strettamente
 letterale e formalistica  dell'espressione  legislativa,  del  reato,
 finirebbe  per  compromettere  l'applicabilita'  dell'art.  21, terzo
 comma, anche a gran parte degli insediamenti  produttivi  (cio'  che,
 invece, e' pacifico in dottrina e giurisprudenza); si pensi, infatti,
 che  gli scarichi da insediamenti produttivi, recapitanti in pubblica
 fognatura, solo provvisoriamente debbono attenersi  al  rispetto  dei
 limiti   tabellari   in   esame,  dovendo  fare  riferimento  in  via
 definitiva, ai limiti, alle norme e alle  prescrizioni  regolamentari
 stabilite  dai  comuni  o  dai  consorzi  che gestiscono gli impianti
 centrali di depurazione (v. art. 12,  primo  comma,  n.  2,  per  gli
 insediamenti  produttivi  nuovi,  e art. 13, primo comma, n. 2, lett.
 b), per gli insediamenti esistenti).
    E  altrettanto  potrebbe  dirsi  per  gli scarichi da insediamenti
 produttivi sul suolo (artt. 12 n. 3 e  13  n.  3)  soggetti,  in  via
 definitiva,  al  rispetto della normativa specifica di cui agli artt.
 2, lett. e), punto 2 e 4 lett. e), da emanarsi da parte  di  Stato  e
 regioni.  Ne'  puo'  trascurarsi il fatto che l'inciso suddetto, "nei
 rispettivi limiti  e  modi  di  applicazione",  resterebbe  privo  di
 significato, e sarebbe del tutto pleonastico, se non venisse posto in
 relazione alla legislazione ora richiamata.
    L'interpretazione  qui  sostenuta,  oltre  ad essere piu' conforme
 alla lettera e alla ratio della legge n. 319/1976 sulla tutela  delle
 acque  dall'inquinamento (fenomeno quest'ultimo che puo' presentarsi,
 con identiche caratteristiche, sia nel caso di  scarichi  produttivi,
 sia  nel  caso  di  scarichi  civili,  con  uguale  lesione  del bene
 penalmente  protetto),  e'   anche   quella   piu'   rispettosa   del
 fondamentale  principio  costituzionale  che  impone  la  tutela  del
 paesaggio della nazione e della salute  dei  cittadini,  intesa  come
 fondamentale   diritto   dell'individuo   e  interesse  della  intera
 collettivita', in condizioni di parita' di trattamento a  parita'  di
 rischi  per  la  salubrita'  dell'ambiente e la salute pubblica (cfr.
 art. 9 cpv. e 32  primo  comma  della  costituzione,  in  riferimento
 all'art. 3, primo comma della medesima Costituzione).
    Cio'  posto,  il  contrasto  di  costituzionalita'  denunciato  si
 configura piu' specificamente tra l'art. 11, legge regionale  Emilia-
 Romagna  n.  42  del  1985 e gli artt. 25 e 117 della Costituzione in
 riferimento alla  legge  10  maggio  1976,  n.  319,  con  successive
 modifiche,  la  quale  ha  per  dichiarato  oggetto,  come si e' gia'
 osservato, "la disciplina degli scarichi di qualsiasi tipo,  pubblici
 e  privati,  diretti  ed  indiretti, in tutte le acque superficiali e
 sotterranee interne e marine, sia pubbliche che private,  nonche'  in
 fognature,  sul  suolo  e  nel  sottosuolo"  (art. 1), delegando alle
 regioni, al di fuori dell'ambito di materie  tassativamente  indicate
 dall'art.   117  della  Costituzione  come  oggetto  di  legislazione
 regionale  autonoma,  la  sola  definizione  della  disciplina  degli
 scarichi  delle  pubbliche  fognature e degli insediamenti civili che
 non recapitano in pubbliche fognature", nel  prescritto  rispetto  di
 tutta  una  serie  di parametri tra cui sono espressamente previsti i
 "limiti  di  accettabilita'  fissati  nelle  tabelle  allegate   alla
 presente  legge" (cfr. art. 14, secondo comma, in fine della legge n.
 319 del 1976 cit.).
    E'   evidente,   invero,   che   l'intervento    di    definizione
 disciplinatrice  degli  scarichi  delle  pubbliche  fognature e degli
 insediamenti  civili  non  recapitanti  in  pubbliche  fognature,  da
 attuarsi con i prescritti "piani" regionali, tenendo conto dei limiti
 di  qualita' degli scarichi sanciti nelle tabelle allegate alla legge
 statale, non puo' risolversi nella sostanziale eversione dei precetti
 fondamentali (previsti per tutti i  tipi  di  scarichi)  dalla  legge
 statale,  con  il disposto corredo di sanzioni penali, trattandosi di
 materia non costituzionalmente riservata alla legislazione regionale,
 la quale si profila illegittimamente  interferente  con  la  predetta
 disciplina   statale  e  intrinsecamente  inosservante  dello  stesso
 strumento normativo delegato, determinato dalla  legge  statale  come
 "piano"  (norma  sub-primaria  di  attuazione  o  atto amministrativo
 generale di normazione secondaria)  e  non  come  "legge  regionale",
 unica    fonte   (quest'ultima)   abilitata   a   disporre   sanzioni
 amministrative  insieme  alla legge statale (art. 1 legge 24 novembre
 1981, n. 589).
    Vi  e'  dunque  una  illegittimita'  costituzionale   innanzitutto
 formale  della  normativa  regionale essendosi rivestita del rango di
 legge (norma primaria) e non di quello  di  semplice  "piano"  (norma
 sub-primaria  di attuazione della legge statale), in contrasto con la
 disposizione   costituzionale   (art.   117,   primo   comma    della
 Costituzione)  che  riserva  proprio  alla  Costituzione  e  a  leggi
 costituzionali l'indicazione delle  materie  soggette  alla  potesta'
 legislativa  autonoma  delle  regioni,  affidando  alle  leggi  della
 Repubblica la possibilita' di demandare alle regioni il  solo  potere
 di  emanare  norme  per  la  loro attuazione (art. 117, secondo comma
 della Costituzione).
    Ma vi e' pure un'illegittimita'  di  contenuto  sostanziale  delle
 predette  norme  regionali,  le  quali  non  si limitano a perseguire
 obiettivi di risanamento delle acque con il "piano" (e non la  legge)
 oggetto  della  delega statale, ma, formulando autonomamente l'intera
 disciplina   degli   scarichi   civili,   arbitrariamente   escludono
 dall'ambito della fattispecie penalmente rilevante di cui all'art. 21
 legge   n.   319/1976   lo  scarico,  non  preceduto  da  domanda  di
 autorizzazione  e/o  eccedente  i  limiti  tabellari  previsti  negli
 allegati  alla  stessa  legge  statale,  solo  perche' proveniente da
 imprese agricole equiparate all'insediamento  civile.  Si  determina,
 cosi',  una  illegittima  interferenza  riduttiva  del  contenuto del
 precetto statale penalmente sanzionato, in contrasto con  l'art.  25,
 secondo  comma  della  Costituzione,  che riserva esclusivamente alla
 legge dello Stato la definizione dei fatti di rilievo penale.
    In proposito, la Corte costituzionale ha piu' volte precisato  che
 la "fonte del potere punitivo risiede nella sola legislazione statale
 e  che le regioni non hanno la possibilita' di comminare, rimuovere o
 variare con proprie leggi le pene previste in una data materia.
    Non possono, cioe' intervenire negativamente con le  norme  penali
 statali  disciplinando  e considerando lecita un'attivita' che invece
 l'ordinamento statale sanziona penalmente" (sentenza Corte  cost.  n.
 79 del 1977, n. 370 del 1989, nn. 43 e 309 del 1990).
   Si  insiste, dunque, nel denunciare l'illegittimita' delle sanzioni
 amministrative introdotte dalla legge regionale Emilia-Romagna n.  42
 del  1986  cit.,  per  intrinseca radicale illegittimita' della legge
 regionale  in   materia   non   rientrante   in   alcuna   previsione
 costituzionale  di  legislazione  regionale  autonoma (violazione del
 principio di riserva costituzionale -  art.  117  della  Costituzione
 citata  -  delle  materie attribuite alla legislazione regionale), e,
 ancora,  per  illegittima  interferenza  della  disciplina  regionale
 sanzionatoria  in  una materia (tutela delle acque dall'inquinamento)
 oggetto di legge dello Stato con previsione di principi  generali  di
 disciplina  degli  scarichi  di qualsiasi tipo (cfr., in particolare,
 l'art. 9, primo, secondo ed ultimo comma,  della  ripetuta  legge  n.
 319/1976)  e  correlative  sanzioni penali (cfr., in particolare, gli
 artt. 21, 22, 23 e 23- bis, della legge 319/1976),  non  modificabili
 da  una disciplina regionale espressamente prevista come attuativa di
 quegli stessi principi (art. 14, secondo comma, cit.)  attraverso  lo
 strumento  del  piano  di  risanamento  delle acque, nella vincolante
 cornice di principi e parametri, con relativo  corredo  sanzionatorio
 penale, adottati con legge dello Stato (art. 25 della Costituzione).
    Per completezza si rileva che l'adesione alle linee interpretative
 finora  esposte,  pur  fondando  solidamente la proposta eccezione di
 illegittimita',  potrebbe  consentirne  il   superamento   attraverso
 l'applicazione  dell'art.  9 della legge 24 novembre 1981 n. 689, nei
 rapporti tra l'art. 11 della legge regionale n. 42, del 1986 e l'art.
 21 della legge n. 319 del 1976.
    E'  noto,  infatti,  che  il  concorso  di  illecito   penale   ed
 amministrativo  con riguardo ad uno stesso fatto e' risolto dall'art.
 9 della legge 24 novembre 1981, n. 689, secondo un criterio  di  tipo
 misto.
    In  particolare,  si e' accolto il principio di specialita' per il
 concorso tra disposizioni penali e amministrative  nel  caso  in  cui
 queste  ultime  siano  previste  da  leggi dello Stato (art. 9, primo
 comma, della legge citata); si e' stabilita,  invece,  la  prevalenza
 della  sanzione  penale  (art.  9, secondo comma) allorche' lo stesso
 fatto sia previsto come violazione amministrativa da una disposizione
 regionale o delle province autonome di Trento e Bolzano.
    La  ratio  del  secondo  comma  e'  evidente.  L'applicazione  del
 principio  di  specialita' anche nei casi ivi contemplati si sarebbe,
 infatti,  risolta  nel  conferimento  di  un  sostanziale  potere  di
 depenalizzazione  alle  regioni ed alle province autonome di Trento e
 Bolzano, giacche' tutte le volte che la  disposizione  amministrativa
 della  legge  regionale o provinciale avesse dovuto qualificarsi come
 speciale rispetto alla disposizione penale, quest'ultima non  sarebbe
 stata  piu'  applicabile,  con  l'ulteriore  discrasia  che  l'ambito
 spaziale dell'efficacia di una norma  penale  avrebbe  potuto  essere
 diverso  da  regione  a  regione  (o  a  provincia autonoma), siccome
 restringibile ad libitum da una  fonte  normativa  sub-primaria,  con
 patente  violazione del principio di uguaglianza (art. 3, primo comma
 della Costituzione) ed in contrasto coi principi di cui agli artt. 28
 delle disposizioni sulla legge in generale, 3 e 6 del c.p.
    Ne discende che la  fattispecie  di  scarico  civile  eccedente  i
 limiti  tabellari,  penalmente  rilevante a sensi dell'art. 21, terzo
 comma, legge n. 319/1976 (con successive  modifiche  per  le  ragioni
 ampiamente  riferite  sopra,  e  nello  stesso  tempo  integrante  un
 illecito amministrativo a sensi dell'art. 11 della legge regionale n.
 42/1986, deve essere disciplinata soltanto dalla disposizione  penale
 prevalente  su  quella  regionale in virtu' del disposto dell'art. 9,
 secondo comma, della legge n. 689/1981 cit.
    Ritenuto che  la  proposta  eccezione  non  appare  manifestamente
 infondata,  sembrando evidente che, cosi' come sostenuto dal p.m., la
 regione Emilia-Romagna ha legiferato  eccedendo  tanto  i  limiti  di
 materia  imposti  dall'art. 117 della Costituzione, quanto quelli dei
 principi fondamentali stabiliti dalla legge statale 10  maggio  1976,
 n.  319,  (limiti  dei  quali  lo  stesso art. 117 della Costituzione
 impone l'osservanza), finendo per "rimuovere" o  per  "ridurre",  con
 l'emanazione  della  norma della quale si eccepisce l'illegittimita',
 la disposizione penale statale (art. 21 della legge 319/1976).
                               P. Q. M.
    Letti gli artt. 134 della Costituzione, 23 della  legge  11  marzo
 1953, n. 87;
    Dichiara  rilevante,  nel  giudizio  di  cui  in  epigrafe,  e non
 manifestamente   infondata    la    questione    di    illegittimita'
 costituzionale  dell'art.  11,  primo  comma, lett. B nn. 1 e 2 della
 legge regionale Emilia-Romagna 28 novembre 1986, n. 42, in  relazione
 agli artt. 25 e 117 della Costituzione italiana;
    Dispone   l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
 costituzionale;
    Sospende il giudizio in corso;
    Ordina  che  a  cura  della  cancelleria,  questa  ordinanza   sia
 notificata  al  Presidente del Consiglio dei Ministri e al Presidente
 della Giunta regionale e comunicata ai Presidenti  delle  due  Camere
 del  Parlamento  e  al  Presidente  del  Consiglio  regionale Emilia-
 Romagna.
      Reggio Emilia, addi' 15 aprile 1991
                        Il v. pretore: LUSENTI

 91C0980