N. 520 ORDINANZA (Atto di promovimento) 16 maggio 1991

                                N. 520
 Ordinanza  emessa  il  16 maggio 1991 dal pretore di Ravenna, sezione
 distaccata di Lugo nel procedimento penale a carico di Guerra Samuele
 Processo penale - Atti preliminari al dibattimento - Proscioglimento
    per  estinzione  del reato (nella specie: remissione di querela) -
    Lamentata omessa previsione del potere di controllo  del  giudice,
    tramite   gli   atti  acquisiti  nel  fascicolo  del  p.m.  o  del
    dibattimento, sulla corretta qualificazione giuridica del fatto  o
    sulla  corrispondenza dello stesso alla realta' - Irragionevolezza
    - Illegittima restrizione del potere  giurisdizionale  dell'organo
    giudicante  -  Lesione  del  principio  di  soggezione  del potere
    giurisdizionale alla sola legge.
 (C.P.P. 1988, art. 469).
 (Cost., artt. 3, 101 e 112).
(GU n.33 del 21-8-1991 )
                              IL PRETORE
    Ha pronunciato la seguente ordinanza nel  procedimento  penale  n.
 4055/91 r.g. a carico di Guerra Samuele;
                           RILEVATO IN FATTO
    Che  con decreto di citazione notificato all'imputato il 4 gennaio
 1991 il p.m. disponeva la  citazione  dinanzi  a  questo  pretore  di
 Guerra Samuele per rispondere "del reato di cui all'art. 590 del c.p.
 perche'  per colpa consistita in imprudenza e negligenza, esercitando
 pressione sulla soglia portiera di autopulman percorreva la caduta di
 Biondi  Monia,   cagionandole   lesioni   personali   e   conseguente
 incapacita'  di  attendere  alle  ordinarie  occupazioni per un tempo
 superiore ai 40 giorni. In Lugo il 24 novembre";
      che alla prima udienza del  7  marzo  1991  veniva  disposto  il
 rinvio  del  dibattimento  all'udienza  del  17  maggio  1991 siccome
 l'imputato non si era presentato in giudizio perche'  impossibilitato
 a comparire per legittimo impedimento;
      che  nelle more del giudizio con atto ricevuto da questo pretore
 in data 15 aprile 1991 i genitori della parte offesa minorenne Biondi
 Monia rimettevano la querela  che  veniva  contestualmente  accettata
 dall'imputato;
      che  all'udienza  odierna tenuta in camera di consiglio ai sensi
 dell'art. 469 del c.p.p. assente l'imputato, venivano sentiti il p.m.
 e il difensore dell'imputato i quali non si opponevano alla pronuncia
 della sentenza inappellabile di non doversi procedere per  estinzione
 del reato a seguito della remissione di querela;
                          OSSERVA IN DIRITTO
    L'art.  469  del  c.p.p. la cui applicazione viene qui in rilievo,
 impone al giudice di dichiarare l'improcedibilita' dell'azione penale
 ovvero l'estinzione del reato contestato dal p.m. all'imputato, senza
 consentirgli di effettuare alcuna verifica sul modo in cui  e'  stata
 esercitata  l'azione  penale con la formulazione dell'imputazione nel
 decreto di citazione a giudizio;
    In particolare la norma non consente  al  giudice  di  verificare,
 sulla  base  di  tutti  gli  atti  acquisiti,  se  il  fatto commesso
 dall'imputato  non  sia  diverso  ovvero  non  sia   da   qualificare
 diversamente da come contestato dal p.m. e di dichiarare nell'ipotesi
 affermativa  che  si debba procedere al dibattimento perche' la causa
 d'improcedibilita' o di  estinzione  del  reato  non  esercita  alcun
 effetto;
    Questa  verifica  non puo' essere esercitata perche' nella sede di
 cui all'art. 469 non e' previsto che il  giudice  nell'esercizio  dei
 suoi poteri decisori possa conoscere ed utilizzare gli atti acquisiti
 al fascicolo del p.m. ovvero possa utilizzare tutti gli atti inseriti
 nel  fascicolo  per  il  dibattimento (per es. la querela che a norma
 dell'art.   511   puo'   servire  all'unico  scopo  di  accertare  la
 sussistenza della condizione di procedibilita');
    In sostanza, ne risulta che il giudice  e'  vincolato  all'ipotesi
 accusatoria sostenuta dal p.m. e nel caso in cui sulla stessa incomba
 una causa d'estinzione del reato il giudice altro non potra' fare che
 dichiararlo;
    Tale  disciplina,  costituisce  allora una illegittima restrizione
 dei poteri del giudice di conoscere e decidere sul fatto;
    La norma  nell'impedire  un  qualsiasi  accertamento  (positivo  o
 negativo)  sul  reato  contestato  dal  p.m. intacca l'essenza stessa
 della funzione giurisdizionale che per  principio  costituzionale  e'
 soggetta soltanto alla legge (art. 101 della Costituzione);
    Nel  contempo  essa  sottrae al giudice il giudizio sull'esercizio
 dell'azione penale ed attribuisce al p.m. la facolta' di disporre  in
 modo   insindacabile   l'oggetto  della  decisione  (art.  112  della
 Costituzione);
    Non si puo' escludere (come nel  caso  di  specie)  che  il  reato
 contestato  dal  p.m.  e  per il quale occorre applicare una causa di
 estinzione sia in realta' diverso da quello  commesso  dall'imputato;
 ed  e'  pure  possibile  che  tale difformita' si possa evincere gia'
 dagli atti acquisiti nel fascicolo del p.m. o del dibattimento;
    Il giudice pero' non potra' dichiararlo se non gli  e'  consentito
 di conoscerli e utilizzarli;
    Tale  disciplina appare tanto piu' incongrua in quanto vanifica il
 potere del giudice di dichiarare la diversita' del fatto o della  sua
 qualificazione  giuridica  che  e' fatto salvo nel dibattimento (art.
 521 del c.p.p.) ed all'esito di un'attivita'  istruttoria  che  manca
 nel predibattimento;
    Essa  vanifica  altresi'  il  potere  del  p.m.  di rimediare alla
 difformita' dell'accusa  rispetto  al  fatto  che  e'  pure  previsto
 dall'art. 526 ma solo nel corso dell'istruzione dibattimentale;
    Va  inoltre  evidenziato  che qualora la stessa causa d'estinzione
 del reato fosse  intervenuta  prima  dell'emissione  del  decreto  di
 citazione  ed il p.m. avesse riconosciuta la sua efficacia estintiva,
 egli avrebbe dovuto  richiedere  al  g.i.p.  di  pronunciare  decreto
 d'archiviazione  (artt.  554  e 411 del c.p.p.); in tal caso pero' e'
 previsto che il p.m. trasmetta al  g.i.p.  tutti  gli  atti  fin  li'
 assunti  ed il g.i.p. avrebbe potuto utilizzarli tutti per verificare
 la legittimita' dell'inazione del p.m. e quindi anche per  dichiarare
 che  la  causa  di  estinzione  non  e' operativa perche' il fatto e'
 diverso da come ipotizzato  nella  richiesta  o  e'  diversa  la  sua
 qualificazione  giuridica, disponendo in tal caso che il p.m. proceda
 a formulare l'imputazione;
    E' irragionevole pertanto ai sensi dell'art. 3 della  Costituzione
 che  si  sottragga al pretore dall'udienza predibattimentale tutto il
 materiale  di  indagine  contenuto  nel  fascicolo  del   p.m.   gia'
 ostensibile  al  g.i.p.  solo  perche'  la  causa  di  estinzione  e'
 intervenuta dopo l'emissione del decreto di  citazione  e  prima  del
 dibattimento;
    Tanto   piu'   che  la  sentenza  predibattimentale  che  dichiari
 l'estinzione del reato (per es. per remissione di  querela  come  nel
 caso  che si tratta) impedisce un secondo giudizio sul medesimo fatto
 definito  come  reato  perseguibile  d'ufficio;  mentre  il   decreto
 d'archiviazione  pronunciato  per  lo  stesso  motivo  non ha effetti
 preclusivi  e  non impedisce la riapertura dell'indagine sullo stesso
 fatto (art. 414 del c.p.p.);
    Nemmeno e' possibile sostenere (per es. valorizzando in tal senso,
 l'inciso  "se  per  accertarlo  non  e'   necessario   procedere   al
 dibattimento"  contenuto nell'art. 469 del c.p.p.) che gia' l'attuale
 disciplina consente al giudice del predibattimento, di dissentire dai
 termini storici e  giuridici  in  cui  e'  formulata  l'accusa  e  di
 procedere  al  dibattimento,  riservandosi  all'esito dello stesso di
 dichiarare l'operativita' della causa d'estinzione ovvero di  negarle
 efficacia,  restituendo  gli atti al p.m. o qualificando diversamente
 la fattispecie;
    Non si vede infatti  come  il  giudice  possa  vagliare  l'ipotesi
 formulata  dal  p.m.  ed  eventualmente  dissentire su di essa se non
 conosce il materiale d'indagine raccolto  dal  p.m.  e  se  non  puo'
 utilizzare  nemmeno  a  tale  limitato  scopo,  tutti  gli  atti gia'
 inseriti nel fascicolo del dibattimento (come la querela);
    Tutto il materiale  conoscitivo  fin  li'  raccolto  ben  potrebbe
 essere  invece  vagliato  ed  utilizzato dal giudice al solo scopo di
 disporre che si proceda al dibattimento; si tratta  infatti  di  atti
 che  non  potranno  poi  influire  sulla decisione che andra' fondata
 nelle sole prove  legittimamente  acquisite  nel  dibattimento  (come
 d'altra  parte  gia'  accade quando nel corso del "patteggiamento" il
 giudice valutati gli atti ritenga di dover  respingere  la  richiesta
 avanzata dalle parti);
    Pertanto considerato che nel caso che si giudica occorre applicare
 l'art.  469  del  c.p.p.  e che tale norma non prevede che il giudice
 conosca ed utilizzi tutti gli atti fin li' acquisiti al fascicolo del
 p.m. e del dibattimento al fine di esercitare  tutti  i  suoi  poteri
 decisori,  eventualmente  anche  per  negare  effetto  ad  una  causa
 d'estinzione del reato contestato dal p.m. nel decreto di citazione;
                                P. Q. M.
    Visto l'art.  23  della  legge  11  marzo  1953,  n.  87,  solleva
 d'ufficio,  dichiara  rilevante  e  non  manifestamente  infondata la
 questione di legittimita' costituzionale  dell'art.  469  del  c.p.p.
 nella  parte  in  cui  non prevede che il giudice conosca ed utilizzi
 tutti gli atti contenuti nel fascicolo del dibattimento  al  fine  di
 dichiarare  l'estinzione  del  reato ovvero per negare effetto ad una
 causa di estinzione e disporre che si  proceda  al  dibattimento  per
 contrasto con gli artt. 3, 101 e 112, della Costituzione;
    Sospende il giudizio in corso;
    Ordina la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale;
    Ordina  che la presente ordinanza sia notificata dalle parti ed al
 Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti  dei
 due rami del Parlamento.
      Lugo, addi' 16 maggio 1991
                          Il pretore: RIVERSO

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