N. 533 ORDINANZA (Atto di promovimento) 13 maggio 1991

                                N. 533
 Ordinanza  emessa  il  13  maggio  1991  dal  tribunale  militare  di
 sorveglianza sull'istanza proposta da Capitani Alessio
 Ordinamento penitenziario - Affidamento in prova al servizio sociale
    -  Concessione - Condizioni - Previsione per i condannati militari
    della  previa  osservazione  di  almeno  un  mese  da  effettuarsi
    indefettibilmente   nello   stabilimento   militare   di   pena  -
    Ingiustificata disparita' di trattamento  rispetto  ai  condannati
    civili, i quali possono usufruire del beneficio, indipendentemente
    dalla  previa osservazione, per effetto della sentenza della Corte
    costituzionale  n.  569/1989  -  Incidenza  sul  principio   della
    funzione rieducativa della pena.
 (Legge 29 aprile 1983, n. 167, art. 2, primo comma, sostituito dalla
    legge 23 dicembre 1986, n. 897, art. 1, n. 1).
 (Cost., artt. 3 e 27).
(GU n.34 del 28-8-1991 )
                 IL TRIBUNALE MILITARE DI SORVEGLIANZA
    Ha pronunciato la seguente ordinanza.
    1.  -  In data 11 aprile 1991 il militare Capitani Alessio, nato a
 Sassuolo il 13 luglio 1971 e residente a Formigine in via  Radici  in
 Piano  n.  71,  condannato con sentenza 5 febbraio 1991 del tribunale
 militare di Roma (irrevocabile il 7 aprile 1991) alla  pena  di  mesi
 quattro  di  reclusione militare per il reato di rifiuto del servizio
 militare di leva  (art.  8  della  legge  772/1972),  ha  presentato,
 tramite  il  suo  difensore  di  fiducia  avv.  Roberto Lorenzini, al
 procuratore militare della Repubblica presso  il  predetto  tribunale
 istanza  di  affidamento in prova di cui alla legge n. 167/1983 ancor
 prima dell'inizio della detenzione
    Con provvedimento in data 15 aprile  1991  il  citato  procuratore
 ritenendo nella specie applicabile la disciplina dettata dall'art. 47
 della  legge 26 luglio 1975, n. 354, quale modificato a seguito della
 sentenza  della  Corte  costituzionale  n.   569/1989,   ha   sospeso
 l'emissione dell'ordine di esecuzione di pena a carico del condannato
 e  ha disposto la trasmissione degli atti a questo tribunale militare
 di sorveglianza.
    2.  -  Diversamente  da quanto opinato dal procuratore militare di
 Roma, il tribunale ritiene che  nella  fattispecie  l'art.  47  della
 legge n. 354/1975 non possa trovare applicazione; ed invero sembra in
 proposito  appena il caso di rilevare che l'istituto dell'affidamento
 in prova del condannato dall'autorita' giudiziaria  militare  risulta
 autonomamente  disciplinato  con  la speciale normativa dettata dalla
 legge  29  aprile  1983,   n.   167   che,   tra   l'altro,   prevede
 indefettibilmente,  per  l'adozione del provvedimento, l'osservazione
 per almeno un mese nello stabilimento militare di pena (art. 2, primo
 comma, legge ult. cit.). Consegue da quanto precede che alla  stregua
 della  vigente  normativa  l'istanza  inoltrata dal Capitani dovrebbe
 dichiararsi inammissibile per difetto delle condizioni di legge.
    3. - Peraltro, prima di pervenire alla  sopraindicata  conclusione
 il   tribunale   ritiene   di   dover  considerare  rilevante  e  non
 manifestamente infondata la questione di legittimita'  costituzionale
 proposta   da   difensore   dell'istante  in  via  subordinata  nelle
 conclusioni finali e, quindi, di dover prospettare il dubbio circa la
 conformita' dell'art. 2, primo comma, della legge  n.  167/1983  agli
 artt.  3  e  27, terzo comma, della Costituzione. In proposito appare
 illuminante la motivazione della citata sentenza 13-22 dicembre 1989,
 n.  569,  con  la  quale  la  Corte  costituzionale   ha   dichiarato
 l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  47,  terzo  comma, della
 legge n. 354/1975, cosi' come modificato dall'art. 11 della legge  10
 ottobre  1986,  n.  663,  nella  parte  in cui non prevede che, anche
 indipendentemente dalla detenzione  per  espiazione  di  pena  o  per
 custodia    cautelare,    il    condannato   possa   essere   ammesso
 all'affidamento in prova al servizio sociale se,  in  presenza  delle
 altre  condizioni,  abbia serbato un comportamento tale da consentire
 il giudizio di cui al precedente secondo comma dello stesso articolo.
    Nella sopraindicata decisione si legge che nel  corso  degli  anni
 l'isituto  dell'affidamento  in prova al servizio sociale, cosi' come
 introdotto dall'art. 47 della legge n. 354/1975, ha subito numerose e
 rilevanti  modificazioni  che  ne  hanno  attenuato   gli   originari
 caratteri  provocando una sostanziale trasformazione della sua stessa
 natura. Ed invero, ha  soggiunto  la  Corte,  a  parte  le  modifiche
 intervenute in ordine alla soppressione di talune preclusioni (art. 4
 della  legge 12 gennaio 1977, n. 1 e 7 della legge 13 settembre 1982,
 n. 646), gia' con l'art. 4- bis, inserito nel d.-l. 22  aprile  1985,
 n.  144,  al momento della conversione nella legge 21 giugno 1985, n.
 297, il periodo di osservazione venne diminuito da tre a un  mese,  e
 con  l'art.  4-  ter,  pure  inserito  in  sede di conversione, venne
 formulato l'art. 47- bis della  legge  n.  354  che,  consentendo  al
 tossicodipendente  o  alcooldipendente,che  avesse  gia'  in corso un
 programma di recupero,  di  chiedere  l'affidamento  in  prova  senza
 osservazione   in   carcere,   ha   sconvolto   la  stessa  filosofia
 dall'istituto privandolo del suo carattere originario, che lo  voleva
 riservato  ai  detenuti  in  espiazione  carceraria. Ma, ha osservato
 ancora la Corte, fu, infine, l'art. 11 della legge 10  ottobre  1986,
 n.  663,  che  riformando  totalmente il testo dell'art. 47, porto' a
 termine l'opera di progressiva  demolizione  attribuendo  alla  linea
 generale  dell'istituto  una  natura  ibrida  e  contraddittoria.  Ed
 infatti, mentre i primi due commi del nuovo art.  47  mantenevano  in
 sostanza  integro  l'originario  istituto,  riservato  ai detenuti in
 espiazione  carceraria   della   pena,   i   due   commi   successivi
 introducevano  una  nuova  specie  di  affidamento, che prescinde del
 tutto   dall'osservazione   in  carcere  e  la  sposta,  invece,  sul
 comportamento  tenuto  dal  condannato  nel   periodo   di   liberta'
 successivo  ad una eventuale custodia cautelare, di qualsiasi durata.
 A questo punto, prosegue la sentenza della Corte,  deve  evidenziarsi
 che  la  nuova formulazione dell'art. 47, terzo comma, ha dato vita a
 gravissimi problemi; ed invero, se il periodo di  custodia  cautelare
 non  serve  all'osservazione  che viene spostata su quello successivo
 della liberta', e se, per questo non occorre  nemmeno  piu'  che  sia
 rispettato   il  termine  di  almeno  un  mese  stabilito  dal  comma
 precedente appare oscuro il significato di questa condizione  che  si
 pone  come  inutile  presupposto  della  grave deroga alla disciplina
 generale, rimasta ferma nei primi due commi.
    Una deroga che fa dell'affidamento  previsto  nei  commi  terzo  e
 intermedio,  dopo una custodia cautelare, anche di brevissima durata,
 abbia  tenuto  un  comportamento  tale  da  consentire  un   giudizio
 prognostico  favorevole  in  termini  rieducativi.  Ma,  ha avvertito
 ancora la Corte, l'elemento della custodia  cautelare,  che  dovrebbe
 giustificare il diverso e sfavorevole trattamento riservato a chi non
 ha  avuto  la  ventura di incorrervi, e' privo di significato ai fini
 del  giudizio  di   idoneita'   del   soggetto   alla   rieducazione,
 specialmente  quando  si  tratti  di  un  periodo  brevissimo; il che
 significa che e' anche privo di significato in termini  di  art.  27,
 terzo comma, della Costituzione. Ed invero, a parte la considerazione
 che  la  custodia  cautelare  puo' dipendere da varie e imprevedibili
 circostanze (art. 274, lettere  a)  ,  b)  e  c),  del  c.p.p.)  deve
 comunque rilevarsi che poiche' le misure cautelari coercitive possono
 essere  applicate  soltanto quando si proceda per delitti per i quali
 la legge prevede la pena dell'ergastolo o della reclusione  superiore
 nel  massimo a tre anni, l'affidamento finirebbe per essere riservato
 a coloro che, avendo commesso reati piu' gravi  o  avendo  dimostrato
 maggiore  pericolosita',  sono stati sottoposti alle misure predette.
 Ma, si legge ancora nella decisione, sembra, difficile sostenere  che
 questi posseggano maggiore idoneita' alla rieducazione rispetto a chi
 non  abbia sperimentato la custodia cautelare. Ne consegue, ad avviso
 della  Corte,  che   l'unico   elemento   significativo   rimasto   a
 contraddistinguere  la  disciplina  comune dell'affidamento, vuoi del
 detenuto in espiazione, vuoi del condannato ancora in liberta',  vuoi
 del  condannato  tossico  o  alcooldipendente  e'  l'osservazione del
 comportamento ai fini  del  giudizio  prognostico  di  idoneita'  del
 soggetto  alla rieducazione: osservazione che il legislatore ha ormai
 riconosciuto poter  utilmente  avvenire  tanto  durante  l'espiazione
 carceraria  della  pena  (47, secondo comma), quanto in liberta' (47,
 terzo comma e 47- bis). Pertanto, conclude la sentenza, il  punto  di
 discrimine  incentrato su una custodia cautelare, anche di brevissima
 durata, per ammettere o escludere l'affidamento di chi non  si  trovi
 in  espiazione  di  pena, si presenta incompatibile con i principi di
 cui agli artt. 3 e 27 della Costituzione.
    4. - Esposto tutto quanto al punto che precede con l'ampiezza resa
 necessaria  dall'importanza  della  questione  trattata,  osserva  il
 tribunale  che  la  speciale  normativa dettata dalla legge 29 aprile
 1983, n. 167, e' stata introdotta proprio al  fine  di  estendere  al
 condannato    dall'autorita'    giudiziaria    militare,    con   gli
 indispensabili  adattamenti  richiesti  dalla  particolare  finalita'
 della  pena militare, l'istituto previsto dall'art. 47 della legge n.
 354/1975.   Tale   speciale  normativa,  peraltro,  se  si  prescinde
 dall'adeguamento della durata  dell'osservazione  nello  stabilimento
 militare  di  pena  (ridotta da tre mesi a un mese dall'art. 1, n. 1,
 della legge 23 dicembre 1986,  n.    897  in  conformita'  di  quanto
 disposto per l'affidamento al servizio sociale dell'art. 4- bis della
 legge  21  giugno  1985,  n.  297),  e'  rimasta  del  tutto estranea
 all'evoluzione dell'istituto comune, culminata con  la  dichiarazione
 di  incostituzionalita' dell'art. 47, terzo comma, legge n. 354/1975.
 Si e' in tal modo venuta  a  creare,  ad  avviso  del  collegio,  una
 irragionevole  ed  ingiustificata  disparita' di trattamento in danno
 del cittadino alle armi. Ed infatti, se e' vero che  nella  legge  n.
 167/1983 appare pienamente giustificata l'esistenza di norme speciali
 dirette  a  realizzare gli indispensabili adattamenti richiesti dalla
 specialita' degli organi giudiziari militari  e  del  diritto  penale
 militare,  nonche'  dalla  necessita' di distinguere a seconda che il
 condannato abbia terminato oppure  no  il  periodo  della  ferma  (ad
 esempio  le  disposizioni di cui agli artt. 4, 3, 8 e 9 in materia di
 competenza, di modalita' per l'affidamento,  di  legittimazione  alla
 richiesta  del  beneficio, di comunicazione all'autorita' di pubblica
 sicurezza), e' altrettanto vero, ad avviso del  tribunale,  che  tali
 esigenze di specialita' non possono ragionevolmente spingersi fino al
 punto  di  porre  nel  nulla  un  principio  di valenza assolutamente
 generale   (l'equivalenza,   cioe',   tra   l'osservazione    durante
 l'espiazione  carceraria  e  l'osservazione  in  liberta')  che,  pur
 affermato  dalla  Corte  costituzionale  relativamente   all'istituto
 comune,  sembra  dover  valere,  per evidenti ragioni di eguaglianza,
 anche in ordine all'istituto speciale. Ne' pare al tribunale  che  la
 indefettibile  osservanza intramurale possa essere giustificata dalla
 peculiare configurazione dell'istituto dell'affidamento in prova  del
 condannato  militare  che prevede che lo stesso sia affidato non gia'
 al servizio sociale (per essere da questo controllato  ed  aiutato  a
 superare  le  difficolta'  di  adattamento alla vita sociale) ma a un
 comando o ente militare, ovvero o un  ufficio  o  ente  pubblico  non
 militare  per  la  prestazione di un determinato servizio. Ed invero,
 sembra in proposito  al  collegio  che,  pure  in  presenza  di  tale
 particolare  configurazione  dell'istituto,  sufficienti  ad adeguati
 elementi di valutazione possano trarsi,  ai  fini  dell'adozione  del
 provvedimento,  delle  informazioni  degli  organi di polizia e dalle
 risultanze  delle  visite  attitudinali   eseguite   all'atto   della
 selezione.  Oltre  che con l'art.  3 della Costituzione, il tribunale
 ritiene, infine, che l'art. 2, primo comma,  della  legge  29  aprile
 1983,  n.  167,  confligga  anche  con l'art. 27, terzo comma perche'
 prevedendo indefettibilmente l'osservazione intramurale per almeno un
 mese, viene, in sostanza, ad eludere la finalita'  rieducativa  delle
 pene detentive e in particolare di quelle meno gravi.
    La  rilevanza  della prospettata questione appare evidente peche',
 ove si ritenesse  indispensabile  l'osservazione  nello  stabilimento
 militare di pena, l'istanza dovrebbe essere dichiarata inammissibile.
                                P.Q.M.
    Sentite  le  richieste  delle  parti  che  hanno  concluso come da
 verbale;
    Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Solleva  la  questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2,
 primo comma, della legge 29 aprile  1983,  n.  167,  come  sostituito
 dall'art.  1, n. 1, della legge 23 dicembre 1986, n. 897, nella parte
 in cui non prevede che, anche indipendentemente dalla detenzione  per
 espiazione  di  pena  o  per  custodia cautelare, il condannato possa
 essere ammesso all'affidamento in prova, se in presenza  delle  altre
 condizioni,  abbia  serbato  un  comportamento  tale da consentire il
 giudizio di cui al medesimo art. 2, primo comma,  in  relazione  agli
 artt.  3  e  27,  terzo  comma,  della  Costituzione,  ritenendo tale
 questione rilevante e non manifestamente infondata;
    Ordina la trasmissione degli  atti  alla  Corte  costituzionale  e
 sospende il giudizio in corso;
    Dispone  inoltre  che,  a  cura  della  cancelleria,  la  presente
 ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei  Ministri  e
 comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.
      Roma addi', 13 maggio 1991
                   Il presidente estensore: FABRETTI
                              Il collaboratore di cancelleria: LAVEZZO
    Depositata in cancelleria il 17 maggio 1991
    La  presente ordinanza, ai sensi dell'art. 23 della legge 11 marzo
 1953, n. 87 e' stata notificata al condannato il 10 giugno  1991,  al
 Presidente del Consiglio dei Ministri il 24 maggio 1991, e comunicata
 al  Presidente  della  Camera  dei deputati, al Presidente del Senato
 della Repubblica rispettivamente il 24 maggio 1991 ed  il  27  maggio
 1991.
                              Il collaboratore di cancelleria: LAVEZZO
 91C1001