N. 542 ORDINANZA (Atto di promovimento) 21 giugno 1991
N. 542 Ordinanza emessa il 21 giugno 1991 dal pretore di Vicenza, sez. distaccata di Lonigo nel procedimento penale a carico di Dal Lago Silvio Inquinamento - Trasferimento di impianti produttivi (nella specie: forno di fusione dell'ottone e sabbiatrici) senza autorizzazione - Previsione di sanzioni penali per la omessa richiesta dell'autorizzazione, di cui all'art. 13, stesso d.P.R. n. 203/1988, concernente pero' non il trasferimento ma la continuazione dell'attivita' produttiva - Conseguente incertezza sul contenuto della norma incriminatrice in violazione del principio di tassativita' in materia penale. (D.P.R. 24 maggio 1988, n. 203, art. 25, sesto comma). (Cost., artt. 3, 24 e 25).(GU n.34 del 28-8-1991 )
IL PRETORE Nel presente procedimento penale osserva quanto segue. PREMESSO IN FATTO che viene contestato all'imputato di aver effettuato il trasferimento di un forno di fusione dell'ottone e di due sabbiatrici senza aver richiesto la preventiva autorizzazione e pertanto commettendo il reato di cui all'art. 25, sesto comma, del d.P.R. 24 maggio 1988, n. 203, in relazione agli artt. 13 e 15, lett. b); che l'art. 25, sesto comma, del d.P.R. n. 203/1988 considera reato il trasferimento dell'impianto senza l'autorizzazione di cui all'art. 13; che l'art. 13, riferito all'art. 12 del d.P.R. n. 203/1988 e' relativo alla autorizzazione da richiedersi in caso di continuazione dell'attivita' produttiva preesistente all'entrata in vigore del citato d.P.R., e non riguarda minimamente il trasferimento di un impianto produttivo, disciplinato invece dall'art. 15, lett. b); che pertanto la non chiarezza dell'art. 25, sesto comma, del d.P.R. n. 203/1988 ha comportato la formalizzazione della sopra indicata imputazione, in forza della quale si e' contestato all'imputato di non aver richiesto due autorizzazioni: quella di cui all'art. 13 e quella di cui all'art. 15, lett. b), del d.P.R. n. 203/1988; che appare dunque rilevante accertare quale sia la autorizzazione o le autorizzazioni richieste dalla legge per l'esclusione del reato di cui all'art. 25, sesto comma, del d.P.R. n. 203/1988, se cioe' quella di cui all'art. 13 o quella di cui all'art. 15, lett. b), ovvero entrambe, stante la non chiara formulazione della legge. OSSERVA IN DIRITTO Il d.P.R. n. 203/1988 prevede vari tipi di autorizzazione: a) nel caso in cui l'impianto e' costruito dopo l'entrata in vigore del d.P.R. n. 203/1988 e' richiesta l'autorizzazione ex art. 6 del d.P.R. citato, e la mancata autorizzazione e' sanzionata dall'art. 24; b) nel caso in cui l'impianto e' preesistente all'entrata in vigore del citato d.P.R. l'autorizzazione richiesta e' quella ex artt. 12 e 13, e le sanzioni relative sono prevedute dall'art. 25; c) in caso di modifica sostanziale o di trasferimento dell'impianto, nuovo o preesistente, e' necessaria l'autorizzazione di cui all'art. 15. Stante l'attuale formulazione dell'art. 25, sesto comma, ove non vi e' alcun riferimento all'art. 15, la omessa richiesta e l'omesso rilascio dell'autorizzazione preveduta dall'art. 15 e' sfornita di sanzione, non potendo tale caso rientrare in quello radicalmente diverso indicato dagli artt. 12 e 13, relativo alla continuazione nella stesso luogo di una attivita' produttiva in un impianto preesistente. Tale situazione di incertezza normativa sembra essere stata determinata, secondo la dottrina, da un errore materiale del legislatore, il quale, nel formulare l'art. 25, sesto comma, ha richiamato l'art. 13, che si riferisce esclusivamente all'autorizzazione per impianti preesistenti, anziche' l'art. 15, che fissa l'obbligo di preventiva autorizzazione per modifiche e trasferimenti degli impianti. La sopra indicata difficolta' normativa, determina nel cittadino destinatario della norma in esame una situazione di assoluta incertezza in ordine al precetto penale con conseguente impossibilita' di sapere quali sono gli obblighi cui deve attenersi. Viene pertanto leso il principio di tassativita' della norma penale riconducibile all'art. 25 della Costituzione. Il principio della tassativita' della norma penale, riconducibile all'art. 25, secondo comma, della Costituzione, obbliga infatti il legislatore a procedere, al momento della creazione della norma penale, alla precisa determinazione della fattispecie legale, in modo tale da rendere chiaro al cittadino cio' che e' penalmente lecito e cio' che e' penalmente illecito, in conformita' con il brocardo nullum crimen sine lege poenali scripta et scricta. Questo e' un principio diretto a garantire la certezza del diritto, e diretto a fronteggiare gli arbi'tri del potere giudiziario, precludendo quest'ultimo potere la possibilita' di punire i casi non espressamente previsti dalla legge. Il predetto principio oltre che a garantire la certezza del diritto, tende ad assicurare anche l'eguaglianza giuridica dei cittadini a parita' di condotta e' la possibilita' di conoscere cio' che e' e cio' che non e' penalmente vietato, onde consapevolmente decidere il proprio comportamento (art. 3 della Costituzione). Tale principio incide anche direttamente sul diritto di difesa processuale del cittadino (art. 24, secondo comma, della Costituzione). Ed invero la assenza di tassativita' della norma penale rende inattuabile il diritto alla difesa e quindi alla precisa contestazione dell'addebito, atteso che la genericita' della norma incriminatrice reagisce sulla formulazione del capo di imputazione. L'esigenza di tasstivita', benche' non espressamente affermata dall'art. 25, secondo comma, della Costituzione deriva da una interpretazione sistematica della Costituzione: la stessa funzione di prevenzione generale che la pena svolge a livello di normazione astratta, impone una formulazione della norma penale in termini tassativi. La questione e' evidentemente rilevante per la definizione del giudizio in quanto dalla sua soluzione dipende la valutazione in ordine al tipo di autorizzazione la cui mancanza comporta la sussistenza del reato. E' pertanto non manifestamente infondata la questione di illegittimita' costituzionale dell'art. 25, sesto comma, del d.P.R. n. 203/1988 nella parte in cui, prevedendo la punibilita' del trasferimento dell'impianto avvenuto senza autorizzazione di cui all'art. 13 anziche' di cui all'art. 15 non pone il destinatario della norma in condizioni di sapere quale tipo di autorizzazione debba essere richiesta alla autorita' amministrativa per l'esercizio della propria attivita', per violazione degli artt. 25, secondo comma, 24, secondo comma, e 3 della Costituzione.
P. Q. M. Visti gli artt. 134 della Costituzione, 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, e 23 della legge 11 marzo 1953, numero 87; Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di illegittimita' costituzionale dell'art. 25, sesto comma, del d.P.R. n. 203/1988 in relazione agli artt. 25, secondo comma, 24 e 3 della Costituzione; Sospende il presente giudizio; Ordina che a cura della cancelleria vengano immediatamente trasmessi gli atti del presente giudizio alla Corte costituzionale, e copia della presente ordinanza venga notificata alle parti e al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata al Presidente della Camera dei deputati e al Presidente del Senato della Repubblica. Lonigo, addi' 21 giugno 1991 Il pretore: PERINA Depositato in cancelleria oggi 21 giugno 1991. Il direttore della cancelleria: BORRELLI 91C1010