N. 546 ORDINANZA (Atto di promovimento) 5 giugno 1991

                                N. 546
 Ordinanza emessa il 5 giugno 1991 dal tribunale  militare  di  Padova
 nel procedimento penale a carico di Dal Bo Maurizio
 Reati militari - Insubordinazione con violenza, minaccia ed ingiuria
    -  Configurabilita'  di  tale  reato  anche  se commesso per cause
    estranee al servizio ed alla disciplina militare ma alla  presenza
    di  militari  riuniti  per servizio - Conseguente applicazione per
    cio' solo del piu' severo trattamento sanzionatorio  di  cui  alla
    normativa  speciale  prevista  per  i  reati  contro la disciplina
    militare  -  Irragionevolezza  con  violazione  del  principio  di
    democraticita' dell'ordinamento militare.
 (C.P.M.P., art. 199).
 (Cost., artt. 3 e 52).
(GU n.34 del 28-8-1991 )
                         IL TRIBUNALE MILITARE
    Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza nella causa contro Dal Bo
 Maurizio, nato il 18 febbraio 1966 a Conegliano  (Treviso),  atto  di
 nascita  n.  171/1.A.,  residente a Trieste in via dell'Istria n. 51,
 celibe, incensurato; carabiniere  effettivo  al  n.o.r.m  del  gruppo
 carabinieri di Trieste; libero imputato di:
       A)  diffamazione ad un corpo militare e diffamazione a militare
 in concorso formale (artt. 81 c.p.; 227 primo e  terzo  comma  e  227
 primo e secondo comma del c.p.m.p.), perche', carabiniere nel comando
 gruppo  di Trieste, il 27 gennaio 1991 alle ore 22,30 in una pubblica
 via  di  Conegliano,  presenti  il  brigadiere  Gatti   Roberto,   il
 carabiniere  Rigo  Renato,  recava  nocumento  alla reputazione della
 compagnia carabinieri di Conegliano ed a quella del brigadiere  Reina
 Baldassarre  asserendo  con  una  sola espressione: "i carabinieri di
 Conegliano sono dei bastardi, ce  l'hanno  con  me,  specialmente  il
 brigadiere  con  la  Fiat  124  che  ha fatto un'informativa su di me
 dicendo che fumo spinelli";
       B) diffamazione (art. 227, primo e secondo comma del  c.p.m.p.)
 poiche',  il  28  gennaio 1991 alle ore 15 all'interno della stazione
 carabinieri di Conegliano e avanti i militari di servizio,  nell'atto
 di  portare  in  visione  la  carta  di  circolazione  della  propria
 autovettura, per  la  cui  mancanza  la  sera  precedente  era  stato
 contravvenzionato,  recava  nocumento alla reputazione di uno dei due
 militari che l'avevano  contravvenzionato  dicendo:  "e'  stato  quel
 testa di cazzo di Rigo".
    Modificato  poi in udienza il fatto A), nel senso che si tratta di
 insubordinazione con ingiuria, ingiuria e  diffamazione  in  concorso
 formale  (art.  189,  secondo comma, 226 primo comma del c.p.m.p., 81
 del c.p.) perche', carabiniere nel comando gruppo di Trieste,  il  27
 gennaio  1991  alle  ore 22,30 in una pubblica via di Conegliano, con
 un'unica azione offensiva il prestigio  l'onore  e  la  dignita'  del
 superiore  brigadiere  Gatti  Roberto  nonche' offendeva l'onore e il
 decoro del carabiniere Rigo Renato e  offendeva  la  reputazione  del
 brigadiere  Reina Baldassarre, non presente, rivolgendo al brigadiere
 Gatti  e  al  carabiniere  Rigo,  in  servizio  presso  la  compagnia
 carabinieri   di   Conegliano,   l'espressione:   "i  carabinieri  di
 Conegliano  sono  dei  bastardi"  e   l'espressione   poi   riportata
 nell'originario capo di imputazione;
                            FATTO E DIRITTO
    Il carabineire Dal Bo Maurizio, effettivo al gruppo carabinieri di
 Trieste,  e'  comparso dinanzi a questo tribunale per rispondere, tra
 l'altro,  del  reato  di  diffamazione  ad  un   corpo   militare   e
 diffamazione  a  militare in concorso formale (artt. 81 del c.p.; 227
 primo, secondo e terzo comma, del c.p.m.p.) per aver  il  27  gennaio
 1991  in  Conegliano sulla pubblica via, in presenza di un brigadiere
 dei carabinieri e di un  carabiniere,  profferito  l'espressione:  "I
 carabinieri  di  Coneglianto sono dei bastardi, ce l'hanno con me", e
 aggiunto che cio' valeva "specialmente per il brigadiere con la  Fiat
 124  che ha fatto un'informativa su di me dicendo che fumo spinelli",
 in  tal  modo  riferendosi  al  brigadiere  dei   carabinieri   Reina
 Baldassarre.
    Nel corso del dibattimento, il pubblico ministero messa a fuoco la
 circostanza  che  i  militari presenti cui il Dal Bo aveva rivolto la
 citata  espressione  erano  in  servizio  proprio   nella   compagnia
 carabinieri  di  Conegliano, ha parzialmente modificato l'imputazione
 (art. 423, primo comma, del c.p.p.), nel senso che (ferma restando la
 descritta accusa di  diffamazione  a  danno  dell'assente  brigadiere
 Reina)  il  fatto doveva essere qualificato come insubordinazione con
 ingiuria e ingiuria in concorso formale (artt. 81 c.p.;  189  secondo
 comma e 226 primo comma, del c.p.m.p.) a danno dei militari dell'arma
 presenti, rispettivamente il brigadiere Gatti Roberto ed il parigrado
 Rigo Renato.
    Nel  dibattimento, a seguito di esame dei testimoni e dello stesso
 imputato, e' rimasto provato che quest'ultimo ebbe  effettivamente  a
 profferire    la    suindicata   espressione,   perche'   contrariato
 dall'intervento dei colleghi brigadiere Gatti e carabiniere Rigo che,
 in servizio di pattuglia del nucleo radiomobile, lo  avevano  fermato
 nell'abitato  di  Conegliano  mentre  in  abiti borghesi e libero dal
 servizio si trovava insieme ad amici a bordo della sua  auto,  e  gli
 avevano  contestato delle infrazioni al codice della strada. E' anche
 emerso - circostanza  di  rilievo  per  una  corretta  qualificazione
 giuridica  del fatto - che al momento in cui il Dal Bo veniva fermato
 e poi esprimeva la citata frase, erano presenti, oltre al Gatti e  al
 Rigo,  i  componenti  di  altra  pattuglia del nucleo radiomobile, il
 brigadiere Tucci Giovanni ed il carabiniere Cavion Giampietro.
    Le  parti  hanno  concluso nel merito: il p.m. con la richiesta di
 condanna e la difesa con la richiesta di assoluzione perche' il fatto
 non  costituisce  reato,  e  in  subordine  di  declaratoria  di  non
 punibilita' a norma dell'art. 228 del c.p.m.p.
    Questo  tribunale,  essendo  evidente  che  con  la  sua  frase il
 carabiniere Dal Bo ha offeso l'onore  e  il  prestigio  dei  militari
 dell'arma  presenti,  considera  innanzitutto che si sia nella specie
 realizzata a danno del carabiniere Rigo la previsione  dell'art.  226
 del c.p.m.p.
    Per  quanto,  poi,  riguarda l'offesa all'onore e al prestigio del
 superiore brigadiere Gatti,  e'  ben  noto  che  la  sussistenza  del
 contestato  reato di insubordinazione con ingiuria (art. 189, secondo
 comma c.p.m.p.) e' subordinata al verificarsi  di  una  almeno  delle
 circostanze indicate nell'art. 199 del c.p.m.p.
    Il  Dal  Bo offeso il brigadiere "per cause estranee al servizio e
 alla disciplina", dal momento che tra i due non era  in  atto  alcuna
 relazione  tipica  del rapporto di gerarchia militare ed il superiore
 era anzi intervenuto nello svolgimento di normali compiti di  polizia
 giudiziaria.  In  questo senso, del resto, si esprime la piu' recente
 giurisprudenza (cfr. per tutte t.s.m. 25 maggio 1971, in Giust.  Pen.
 1972,  II,  370,  44, con motiv.), dopo che in tempi meno recenti era
 prevalso l'opposto orientamento che oggi  comunque  contraddirebbe  i
 principi  della  legge  11  luglio  1978,  n. 382) secondo cui, avuto
 riguardo alla c.d.  indelebilita'  del  rapporto  gerarchico,  tra  i
 superiori impegnati in generiche funzioni di polizia e gli inferiori,
 estranei  a  quel  servizio,  cui  essi  si  rivolgano  "il  rapporto
 disciplinare sorge immediatamente" (cfr. per tutte t.s.m. 17 febbraio
 1959, in Mass. Giurisprudenza t.s.m., anni 1952-1977, 487, 1).
    Si deve, tuttavia, ugualmente ravvisare a carico dell'imputato  il
 contestato  reato di insubordinazione, in quanto l'offesa all'onore e
 al prestigio del superiore si e' realizzata "in presenza di  militari
 riuniti per servizio" (i citati Rigo, Tucci e Cavion).
    A  tal  riguardo,  che  il  servizio  nell'occasione espletato dai
 militari dell'arma non  avesse  natura  militare  e'  circostanza  di
 nessun  rilievo,  dal  momento  che,  per pacifica giurisprudenza, il
 militare e' "di servizio" o "in servizio" o  ad  altri  riunito  "per
 servizio"   ogniqualvolta  sia  impegnato  nello  svolgimento  di  un
 qualsiasi  specifico  compito  legittimamente   affidatogli   perche'
 inerente alle finalita' istituzionali delle Forze armate in genere, o
 dell'arma  o  corpo  militare di cui faccia parte, compreso dunque le
 funzioni di polizia attribuite ai carabinieri.
    Pertanto, di fronte ad un fatto che deve essere  qualificato  come
 reato  contro la disciplina militare, nonostante sia stato realizzato
 per cause ad essa e  al  servizio  militare  estranee,  per  la  sola
 circostanza  che sia venuto in essere in presenza di militari riuniti
 per servizio, questo tribunale non puo' non  rilevare  una  probabile
 incostituzionalita', analoga a quella gia' prospettata con precedenti
 sue  ordinanze,  a seguito delle quali la Corte costituzionale con la
 sentenza n. 22/1991 gia' ha  dichiarato  la  parziale  illegittimita'
 dell'art. 199 del c.p.m.p.
    Disporre,  come  fa  il  citato articolo, che i fatti di ingiuria,
 minaccia e violenza nei confronti del  superiore  (o  dell'inferiore)
 semplicemente  commessi  in presenza di militari riuniti per servizio
 abbiano lo stesso trattamento penalistico (i cui  principali  aspetti
 di  deroga  rispetto  alla  normativa comune bene sono stati messi in
 rilievo dalla Corte costituzionale con la sentenza succitata e con la
 precedente n. 278, del 1990) dei fatti medesimi quando siano commessi
 per  cause  estranee  al  servizio o alla disciplina militare, sembra
 violare principi costituzionali: quello dell'art. 3 innanziatutto,  e
 quello  di  democraticita' dell'ordinamento militare (art. 52, ultimo
 comma, della Costituzione) per il quale solo effettive esigenze della
 disciplina militare possono consentire ai militari di normative  piu'
 rigorose  di  quelle  riguardanti  i cittadini in genere (cfr. art. 3
 della legge 11 luglio 1978, n. 382).
    Ma se di solito l'art. 199 pone la linea  di  demarcazione  tra  i
 reati militari speciali di insubordinazione (e di abuso di autorita')
 e  quelli  militari  comuni  contro  la  persona  (artt.  222 e segg.
 c.p.m.p., per cui la questione di  costituzionalita'  forse  verrebbe
 proposta  in termini piu' suggestivi in un caso di offesa arrecata ad
 un superiore (o all'inferiore) per ragioni  del  tutto  private  alla
 casuale (e magari nemmeno avvertita dall'agente) presenza di militari
 riuniti  per servizio, nella specie la disposizione medesima, data la
 qualifica di pubblico ufficiale rivestita  dal  brigadiere  Gatti  (e
 dallo  stesso  carabieniere  Rigo), bene rivela un ulteriore profilo,
 quello  di  porre  la  linea  di  demarcazione  tra   il   reato   di
 insubordinazione e quello di oltraggio a pubblico ufficiale (art. 341
 del c.p.).
    Le  "cause  estranee  al  servizo e alla disciplina militare", che
 stanno all'origine del reato qui in esame, si precisano e specificano
 nell'attinenza alle funzioni  di  pubblico  ufficiale  nell'occasione
 esercitate  dal  brigadiere  Gatti.  Ne  risulta accentuata la dubbia
 costituzionalita' dell'art. 199 in relazione agli artt. 3 e 52 ultimo
 comma della Costituzione, in quanto, per le offese al  prestigio  del
 pubblico  ufficiale  "a  causa  o  nell'esercizio delle sue funzioni"
 poste in essere dal militare a danno di superiori (o inferiori), esso
 determina diversita' nel  trattamento  (il  cui  aspetto  di  maggior
 rilievo  e'  costituito  dall'applicabilita',  o  meno, dell'esimente
 configurata dall'art. 4 decreto legislativo  14  settembre  1944,  n.
 228) a seguito della circostanza, del tutto estrinseca all'area degli
 interessi tutelati, se al fatto abbiano, o no, assistito dei militari
 riuniti per servizio.
                               P. Q. M.
    Letto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Dichiara  non manifestamente infondata e rilevante la questione di
 legittimita' costituzionale dell'art. 199 del c.p.m.p., in  relazione
 agli artt. 3 e 52 ultimo comma della Costituzione;
    Dispone la sospensione del procedimento in corso e la trasmissione
 degli atti alla Corte costituzionale;
    Ordina  che  la  presente  ordinanza  sia  notificata  alle parti,
 nonche' al Presidente del Consiglio  dei  Ministri  e  comunicata  ai
 Presidenti dei due rami del Parlamento.
      Padova addi', 5 giugno 1991
                    Il presidente estensore: ROSIN

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