N. 548 ORDINANZA (Atto di promovimento) 14 giugno 1991
N. 548 Ordinanza emessa il 14 giugno 1991 dal giudice per le indagini preliminari c/o la pretura di Alessandria nel procedimento penale a carico di Maldini Rodolfo Reati e pene - Emissione di assegni a vuoto - Causa di non punibilita' conseguente al pagamento degli assegni e accessori, da effettuarsi nel termine di 90 giorni decorrente dall'entrata in vigore della legge 15 dicembre 1990, n. 386 - Impossibilita', per il fallito, di usufruire del beneficio, non essendo ad esso consentito, durante la procedura fallimentare, di effettuare il pagamento - Ingiustificata disparita' di trattamento. (Legge 15 dicembre 1990, n. 386, art. 11). (Cost., art. 3).(GU n.34 del 28-8-1991 )
IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa penale iscritta al n. 382/1991 r.g. g.i.p. contro Maldini Rodolfo, nato ad Alessandria il 3 dicembre 1917. RITENUTO IN FATTO che Maldini Rodolfo, a seguito di rinvio a giudizio per il reato di cui agli artt. 81, secondo comma, del c.p. e 116 del r.d. n. 1736/1z933, aveva richiesto al p.m. l'applicazione della pena ex art. 444 del c.p.p.; che il p.m., prestato il proprio consenso, aveva fissato udienza dinnanzi questo g.i.p.; che a seguito dell'entrata in vigore della legge n. 386/1990 questo g.i.p. dichiarava la sospensione del processo ai sensi dell'art. 11, secondo comma, della stessa legge; che il difensore dell'imputato ha proposto questione di illegittimita' costituzionale dell'art. 11 della legge n. 386/1990, in riferimento all'art. 3 della Costituzione; RITENUTO IN DIRITTO che con l'entrata in vigore della legge n. 386/1990 il reato di emissione di assegno a vuoto ha subito trasformazione strutturale; che in particolare mentre il reato previsto dall'art. 116 del r.d. n. 1736/1933 veniva costruito come reato di pura condotta, i primi orientamenti giurisprudenziali hanno configurato il reato di cui all'art. 2 della legge n. 386/1990 come reato di evento (v. in tal senso proc. gen. presso la Corte di cassazione risoluzione di conflitto ex art. 54 del c.p.p. del 27 febbraio 1991; proc. gen. presso la Corte di cassazione risoluzione di conflitto ex art. 54 del c.p.p. del 18 febbraio 1991); che per evento si e' inteso il mancato pagamento nel tempo utile; che, conseguentemente, tra l'art. 116 del r.d. n. 1736/1933 e l'art. 2 della legge n. 386/1990 si e' verificata successione di leggi per fattispecie parzialmente coincidenti; che in particolare, avvenuta l'abrogazione espressa dell'art. 116 (art. 12 della legge n. 386/1990), attualmente costituiscono ancora reato solamente quei fatti posti in essere prima dell'entrata in vigore della legge n. 386/1990 che riguardano non piu' la mera emissione del titolo ma che presentano invece l'estremo di fatto del mancato pagamento (in tal senso v. proc. gen. cit. del 27 febbraio 1991); che tale interpretazione normativa trova conforto indirettamente nell'art. 11 della legge n. 386/1990 che, prevedendo un'apposita norma transitoria al fine di rimettere in termine per il pagamento i comportamenti sanzionati dall'art. 2 della stessa legge, implicitamente conferma l'intervenuta abrogazione del comportamento di "emissione di assegno a vuoto" cui non segua l'"evento mancato pagamento"; che, peraltro, tale comportamento non puo' essere posto in essere da chi, dopo l'emissione dell'assegno ma prima addirittura dell'entrata in vigore della legge n. 386/1990, sia stato dichiarato fallito; che, in vero qualora fosse avvenuto il pagamento di cui all'art. 11, della legge n. 386/1990, il fallito avrebbe posto sicuramente in essere un comportamento censurabile sotto il profilo di cui all'art. 216, terzo comma, della legge fallimentare, posto che i procuratori degli assegni sono da ritenersi creditori a tutti gli effetti; che sostanzialmente il fallito (il cui status soggettivo e' intervenuto dopo l'emissione dell'assegno) si e' trovato, durante la moratoria di cui all'art. 11, nell'impossibilita' di evitare la commissione del reato di emissione di assegno vuoto nella nuova formulazione di cui all'art. 2 della legge n. 386/1990 temendo la commissione del piu' grave reato di bancarotta preferenziale; che conseguentemente tale situazione suscita fondati dubbi di costituzionalita' dell'art. 11 della legge n. 386/1990 in relazione all'art. 3 della Costituzione in quanto del tutto discriminata appare la situazione di chi si trova costretto a commettere un reato (quello di cui all'art. 2 della legge n. 386/1990) per non commettere quello piu' grave di cui all'art. 216 della l.f.; che comunque l'impossibilita' per il fallito di fruire della condizione di improcedibilita' appare legata alla pronuncia della sentenza dichiarativa di fallimento che - qualora intervenga dopo l'emissione dell'assegno - rende impossibile in fatto (per la mancanza dei relativi mezzi conseguente alla declaratoria di fallimento) ed in diritto (per la possibilita' di commettere piu' grave reato) di effettuare il versamento di cui all'art. 11 della legge n. 386/1990 determinando pertanto, con violazione dell'art. 3 della Costituzione, disparita' di trattamento tra chi non viene dichiarato fallito dopo l'emissione dell'assegno ovvero venga dichiarato fallito decorsa la moratoria di cui all'art. 11 ovvero venga dichiarato fallito nel tempo utile di cui all'art. 11; che dubbi non sembrano sussistere circa la rilevanza della questione, tenuto conto che la norma censurata, inibisce una declaratoria di improcedibilita';
P. Q. M. Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Dichiara non manifestamente infondata e rilevante la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 11 della legge n. 386/1990, in relazione all'art. 3 della Costituzione; Dispone la sospensione del procedimento e la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Dispone che la presente ordinanza sia notificata alle parti e al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti dei due Rami del Parlamento. Alessandria, addi' 14 giugno 1991 Il giudice per le indagini preliminari: RAVERA 91C1016