N. 562 ORDINANZA (Atto di promovimento) 10 giugno 1991

                                N. 562
 Ordinanza  emessa il 10 giugno 1991 dalla Corte di appello di Palermo
 nel procedimento penale a carico di Fontana Stefano ed altri
 Processo penale - Dibattimento - Conoscenza degli atti delle indagini
    preliminari  per  avere  il  giudice  pronunciato  o  concorso   a
    pronunciare  provvedimento  di  natura  cautelare o quale g.i.p. o
    quale componente del tribunale della liberta' - Incompatibilita' a
    esercitare le funzioni di giudizio - Omessa previsione -  Asserita
    violazione  dei  criteri direttivi contenuti nella legge di delega
    in base ai quali il nuovo codice di procedura penale deve  attuare
    i  caratteri del sistema accusatorio con conseguente accentuazione
    del principio della terzieta'  del  giudice  -  Impossibilita'  di
    considerare   legittimamente  precostituito  il  giudice  che  per
    l'attivita' processuale  in  precedenza  svolta  non  assicura  la
    certezza della imparzialita'.
 (C.P.P. 1988, art. 34, secondo comma).
 (Cost., artt. 25, 76 e 77; legge 16 febbraio 1987, n. 81, art. 2).
(GU n.36 del 11-9-1991 )
                          LA CORTE DI APPELLO
    Riunita in camera di consiglio ha emesso la seguente ordinanza.
    Con  atto  depositato  il  7  maggio  1991  i difensori di Fontana
 Stefano + 10, imputati di associazione per  delinquere  aggravata  ed
 altro  nel  procedimento  penale  iscritto  al  n.  6981/90 r.g.n.r.,
 pendente  dinanzi  al  tribunale  di   Palermo,   hanno   dichiarato,
 nell'interesse  dei  propri assistiti, di ricusare il dott. Francesco
 Ingargiola, presidente del collegio giudicante, ed il dott. Salvatore
 Barresi, giudice a latere, avendo tali magistrati, nella  fase  delle
 indagini   preliminari,  rispettivamente  presieduto  e  composto  il
 tribunale della liberta', e cosi' partecipato  alla  pronunzia  delle
 ordinanze  in  data  13  marzo  1990,  confermative  - dopo una ampia
 valutazione del merito - di quelle del g.i.p. presso il tribunale  di
 Palermo che avevano applicato a Madonia Francesco e Galatolo Raffaele
 la misura cautelare della custodia in carcere.
    In  particolare  gli istanti hanno dedotto che una interpretazione
 estensiva del disposto  dell'art.  34  del  c.p.p.  consentirebbe  di
 ricondurre  la  fattispecie  in  esame  nell'ambito  del regime delle
 incompatibilita' del giudice correlate al compimento  di  atti  nelle
 precedenti  fasi dello stesso processo; in subordine, tenuto conto di
 quanto statuito dalla Corte costituzionale con sentenza n. 496 del 26
 ottobre   1990,   hanno   sollevato   questione    di    legittimita'
 costituzionale dello stesso art. 34 del c.p.p. nella parte in cui non
 prevede  l'incompatibilita' a partecipare al giudizio del giudice che
 ha concorso,  quale  componente  del  tribunale  della  liberta',  al
 riesame  di  un provvedimento restrittivo della liberta' personale, e
 cio' sul duplice rilievo che tale norma contrasterebbe:
       a) con gli artt.  76  e  77  della  Costituzione,  perche'  non
 rispetterebbe  le  direttive  del legislatore delegante ne' in ordine
 all'attuazione del sistema accusatorio ne' in ordine  all'adeguamento
 del c.p.p. alle convenzioni internazionali ratificate dall'Italia;
       b)  con  gli  artt.  25  e  101 della Costituzione perche', con
 l'inosservanza  delle  esigenze  di  imparzialita'  e  terzieta'  del
 giudice,   quali   scaturiscono  dal  sistema  accusatorio,  l'organo
 giudicante non potrebbe essere qualificato "giudice naturale".
    Con  ordinanza  del  13  maggio  1991  questa  corte,   disponendo
 procedersi  nelle  forme  di  cui  all'art. 127 del c.p.p., riservava
 all'udienza di trattazione "tutte le questioni" (ivi comprese  quelle
 sull'ammissibilita'  della  dichiarazione)  ed ordinava - ex art. 41,
 secondo  comma,  del  c.p.p.  -  la  sospensione  temporanea  di ogni
 attivita' processuale del giudice ricusato, ad eccezione  degli  atti
 urgenti.
    All'udienza  camerale  di  trattazione  dell'istanza  il p.g. ed i
 difensori degli imputati hanno avuto la parola, come  da  verbale  in
 atti.  In particolare l'avv. Barone ha precisato che la posizione del
 proprio assistito Galatolo Giovanni e' stata stralciata. Va  pertanto
 preliminarmente   dichiarata   inammissibile   la   dichiarazione  di
 ricusazione fatta  nell'interesse  del  detto  imputato  non  essendo
 costui  piu'  parte  per  separazione  dei  giudizi  del procedimento
 relativamente al quale le dichiarazioni di ricusazione furono  fatte.
 Invero  l'interesse di costui alla ricusazione puo' sorgere solo se e
 quando la sua posizione (stralciata) sara' trattata  da  giudici  che
 abbiano composto il tribunale della liberta'.
    Cio' premesso si osserva:
    1)  La  dichiarazione di ricusazione e' ammissibile, ancorche' sia
 stata sottoscritta soltanto dai difensori degli imputati, sul rilievo
 che il relativo potere, ai sensi  dell'art.  38,  quarto  comma,  del
 c.p.p.,  rientra fra le facolta' attribuite allo stesso difensore per
 il  semplice  mandato  defensionale,  senza  necessita'   di   alcuna
 specifica ed ulteriore autorizzazione della parte assistita, dato che
 la  norma,  distinguendo fra il difensore ed il procuratore speciale,
 presuppone che il primo non abbisogni  di  mandato  ad  hoc  comunque
 formalizzato.
    Tale principio, desumibile dal dato testuale, e' conforme a quanto
 statuito  da  parte  della  giurisprudenza  sotto l'impero del c.p.p.
 previgente (Cass. sez. I, 30 marzo 1989, n. 583) e deve  ritenersi  a
 maggior  ragione  operante  nella vigenza del c.p.p. del 1988, ove si
 abbia riguardo all'ampiezza dei poteri di rappresentanza che all'art.
 99,  primo  comma,   del   c.p.p.   sono   conferiti   al   difensore
 dell'imputato.
    2)  Nel  merito  deve  innanzi  tutto  rilevarsi  che  i  casi  di
 incompatibilita',  astensione  e  ricusazione  -  in  quanto  pongono
 eccezioni   alla   generale  capacita'  del  giudice  ed  alle  norme
 dell'ordinamento giudiziario relative alla  formazione  degli  organi
 giudicanti  -  sono  tassativamente  previsti  dalla legge e non sono
 suscettibili di interpretazione estensiva o analogica.
    Pertanto non e' consentito ritenere che la  fattispecie  in  esame
 possa essere ricondotta nell'ambito del regime delle incompatibilita'
 di cui all'art. 34 del c.p.p. attraverso un'interpretazione estensiva
 o analogica di tale norma.
    3)  Quanto alla questione di legittimita' costituzionale la corte,
 preso   atto   della   motivazione   della   sentenza   della   Corte
 costituzionale   n.  496/1990  (con  la  quale  e'  stata  dichiarata
 l'illegittimita' costituzionale  dell'art.  34,  secondo  comma,  del
 c.p.p.  nella  parte  in  cui non prevede che non puo' partecipare al
 giudizio abbreviato il giudice per le indagini preliminari presso  la
 pretura  che  abbia  emesso  l'ordinanza di cui all'art. 554, secondo
 comma, del c.p.p.) ne ritiene  la  non  manifesta  infondatezza,  nei
 limiti che saranno precisati nel prosieguo.
    E'  opportuno, a tale riguardo, prendere le mosse dal rilievo che,
 secondo la direttiva di ordine generale  di  cui  all'art.  2,  primo
 comma,  parte  prima,  della legge delega 16 febbraio 1987, n. 81, il
 nuovo codice di  procedura  penale  "deve  attuare  i  caratteri  del
 sistema  accusatorio",  e  cio',  ovviamente,  nell'ottica  del pieno
 adeguamento ai  principi  della  Costituzione  ed  alle  norme  delle
 convenzioni  internazionali  ratificate  dall'Italia anche in tema di
 giudizio imparziale ed indipendente.
    Non si puo' trascurare, pero', che in tale quadro  il  legislatore
 delegante, specificando i casi di incompatibilita' del giudice con la
 direttiva  n.  67,  ha  voluto  sottolineare  che  non  sempre da una
 valutazione precedentemente data (si considerino le  decisioni  sulle
 istanze  relative  allo  status libertatis dell'imputato emesse nella
 stessa fase del processo poi definito dal medesimo giudice)  o  dalla
 partecipazione  ad  una  precedente fase scaturisce una situazione di
 incompatibilita' per il successivo giudizio sul merito o per le  fasi
 successive.
    Ne  deriva che, nei casi controversi, occorre valutare se la norma
 di procedura che non li prevede fra le incompatibilita'  del  giudice
 rispetti  sostanzialmente i principi generali dettati dal legislatore
 delegante.
    Nel caso in esame e' dunque da chiedersi  se  "la  valutazione  di
 merito  del  giudice del dibattimento possa essere (o possa ritenersi
 che sia) condizionata, dallo  svolgimento  di  determinate  attivita'
 nelle  precedenti fasi del procedimento o dalla previa conoscenza dei
 relativi atti processuali" (Corte costituzionale n. 496/1990 citati).
    In tale prospettiva e' significativo sul  punto  -  ad  avviso  di
 questa Corte - il c.d. "regime del doppio fascicolo" (artt. 431 e 433
 del   c.p.p.),  alla  cui  stregua  tutti  gli  atti  delle  indagini
 preliminari, esclusi quelli indicati nell'art. 431 del  c.p.p.,  sono
 sottratti  alla  conoscenza di chi deve partecipare alla normale fase
 del giudizio e restano inclusi nel fascicolo  del  p.m.,  accessibile
 alle sole parti.
    Ora  l'identica  esigenza non consente ai componenti del tribunale
 della liberta', che abbiano concorso  a  decidere  ex  art.  309  del
 c.p.p.  sull'istanza di riesame di un provvedimento restrittivo della
 liberta' personale, di partecipare ai giudizi nei quali sia  preclusa
 la  possibilita'  di tenere conto (salve le eccezioni di legge) degli
 atti delle indagini preliminari.
    Invero in tal caso il tribunale della liberta', per decidere, deve
 richiamare gli atti sui quali si  e'  fondato  il  convincimento  del
 g.i.p.,   e  tali  non  possono  essere  che  quelli  delle  indagini
 preliminari.
    4) Indipendentemente dalla osservanza, o meno, dei criteri fissati
 dalla  legge  delega,  questa  corte  ritiene,  poi,  che  non  possa
 considerarsi  manifestamente  infondata l'eccezione di illegittimita'
 costituzionale della norma de qua, nei  limiti  sopra  indicati,  per
 violazione dell'art. 25 della Costituzione.
    L'innegabile  accentuazione  del  principio  della "terzieta'" del
 giudice nel sistema accusatorio puo' invero portare ad escludere  che
 sia giudice naturale legittimamente precostituito chi per l'attivita'
 processuale   precedentemente   svolta,   non  assicuri  la  certezza
 dell'imparzialita',   con   l'impossibilita'   di   una   valutazione
 preconcetta  sia in ordine all'acquisizione delle prove sia in ordine
 al merito.
    Non  fondato,  invece, e' il riferimento alla violazione, all'art.
 101 della Costituzione perche' nella specie non  viene  in  questione
 l'indipendenza del giudice.
    5)  La questione e', nel caso in esame, rilevante, considerato che
 il presidente del collegio giudicante dott. Franco Ingargiola  ed  il
 giudice  a  latere dott. Salvatore Barresi sono gli stessi magistrati
 che, in qualita' rispettivamente di presidente  del  tribunale  della
 liberta'  e giudice relatore, respinsero le richieste di riesame for-
 mulate da Madonia Francesco e  Galatolo  Raffaele  dopo  avere  preso
 visione degli atti delle indagini preliminari.
    6)  Ai  sensi  dell'art.  23  della  l.c. 11 marzo 1953, n. 87, va
 percio' disposta  l'immediata  trasmissione  degli  atti  alla  Corte
 costituzionale,  va ordinata la sospensione del presente procedimento
 e vanno demandate alla cancelleria le notifiche e le comunicazioni di
 rito.
                               P. Q. M.
    Visti gli artt. 127 del c.p.p., 23 della l.c. 11  marzo  1953,  n.
 87,  preliminarmente dichiarata inammissibile la ricusazione proposta
 nell'interesse di Galatolo Giovanni;
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata,  per  contrasto
 con  gli  artt.  76 e 77 della Costituzione - in relazione all'art. 2
 della legge 16 febbraio 1987, n. 81 - nonche'  con  l'art.  25  della
 Costituzione,  la  questione di legittimita' costituzionale dell'art.
 34, secondo  comma,  del  c.p.p.  nella  parte  in  cui  non  prevede
 l'incompatibilita'  a  partecipare  al  giudizio  del  giudice che ha
 concorso, quale componente del tribunale della liberta',  al  riesame
 ex art. 309 del c.p.p. di un provvedimento restrittivo della liberta'
 personale;
    Ordina    l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
 costituzionale;
    Dispone la sospensione del procedimento di ricusazione in corso;
    Ordina che a cura della  cancelleria  la  presente  ordinanza  sia
 notificata   alle   parti  e  al  procuratore  generale,  nonche'  al
 Presidente del Consiglio dei Ministri;
    Ordina che a  cura  della  stessa  cancelleria  l'ordinanza  venga
 altresi' comunicata ai Presidenti delle Camere del Parlamento.
      Palermo, addi' 10 giugno 1991
                       Il presidente: PASSANTINO
                           I consiglieri relatori: CALABRESE - COTTONE
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