N. 576 ORDINANZA (Atto di promovimento) 23 maggio 1991

                                N. 576
 Ordinanza  emessa  il  23  maggio  1991  dal  pretore  di Potenza nel
 procedimento penale a carico di Verrastro Leonardo Processo penale  -
 Istruzione dibattimentale - Nuove contestazioni -
    Esercizio  del  diritto  di  prova  dell'imputato  -  Limitazione:
    assoluta necessita' - Conseguente potere discrezionale del giudice
    - Irragionevole limitazione del diritto di difesa - Violazione del
    principio di parita' delle parti  -  Lesione  dei  principi  della
    legge delega.
 Processo penale - Istruzione dibattimentale - Nuove contestazioni -
    Impossibilita'  per la parte civile di proporre nuove prove, salvo
    il  caso  che  il  giudice  le  ritenga  necessarie   al   termine
    dell'acquisizione  delle  prove  gia' ammesse - Irragionevolezza -
    Deteriore trattamento  rispetto  all'imputato  -  Limitazione  del
    diritto di difesa - Lesione dei principi della legge delega.
 (C.P.P. 1988, art. 519, secondo comma).
 (Cost., artt. 3, 24 e 76).
(GU n.38 del 25-9-1991 )
    Addi'  23  maggio  1991  alle  ore  14,05 nella pretura di Potenza
 davanti  al  pretore  dott.  Carlo  Lepore   con   l'assistenza   del
 sottoscritto  ausiliario  sig.ra  Lucia  Ciorciaro, che ai fini della
 documentazione  a  mezzo  di  stenotipia  computerizzata  si   avvale
 dell'assistenza  del sig. Rocco De Maria e della sig.na Anna Mancino,
 i quali prestano la  loro  attivita',  avendone  fatto  richiesta  al
 consigliere   pretore,  a  titolo  gratuito  e  volontario,  avendone
 interesse per ragioni di dimostrazione del sistema e per esercizio, e
 con l'intervento del pubblico ministero dott.ssa Rosanna De  Nictolis
 delegata   dal   procuratore  della  Repubblica,  viene  chiamato  il
 procedimento penale a carico di: Verrastro Leonardo  libero  presente
 assistito   e  difeso  dall'avvocato  dott.  Alessandro  Singetta  di
 fiducia.
    Sono altresi' presenti le seguenti altre  parti:  fatto  l'appello
 delle  persone  offese,  dei  testimoni,  si  da' atto che sono tutti
 presenti ad eccezione di Mancuso Carmine.
    Si da' atto che e' presente la parte  civile  assistita  dall'avv.
 Leonardo Serra.
    Il pubblico ministero si oppone perche' il deposito delle liste si
 deve  considerare  tardivo  in  quanto la data massima va dalla prima
 data fissata per il dibattimento.  Il  riferimento  e'  quello  della
 prima udienza dibattimentale mentre rispetto alle necessita' di prova
 derivanti  da modifica dell'imputazione le richieste di prove possono
 essere formulate all'esito delle prove gia' ammesse.
    Parte civile, insiste sulle mie richieste.
    Difesa, faccio rilevare che l'imputato ha avuto  cognizione  della
 data  in  cui  era  stato  fissato  il  dibattimento  per il 7 marzo;
 successivamente per l'odierna udienza contemporaneamente il 3  aprile
 l'imputato  e'  venuto  a  sapere  che  c'era  stata  questa modifica
 dell'imputazione che afferma di non aver ricevuto. E' venuto a sapere
 la nuova data fissata per il dibattimento soltanto in data 3  aprile,
 quindi contestualmente gli sono stati notificati due decreti relativi
 all'udienza  del  23  maggio  e  del  7  marzo per cui ritengo che il
 termine che io ho rispettato e' quello previsto dal Codice e che  sia
 perfettamente  legittimo e quindi insisto sull'ammissione della prova
 testimoniale richiesta.
    Il pretore rientra dalla camera di consiglio alle ore 16,20 e  da'
 lettura dell'ordinanza che viene allegata al verbale.
    Chiuso alle ore 16,35.
                              IL PRETORE
    Letti gli atti in camera di consiglio;
    Premesso  che  il  p.m. all'udienza dibattimentale del 27 dicembre
 1990,  dopo  l'ammissione  delle  prove  richieste  dal  p.m.  e   la
 declaratoria  di  inammissibilita' di quelle richieste dalla p.c., ha
 provveduto ex art. 516 del c.p.p. alla modifica dell'imputazione  con
 riferimento alla indicazione della data di commissione del fatto;
      che  a  seguito  di  tale  modifica e del conseguente rinvio del
 dibattimento, prima all'udienza del 7 marzo 1991  e  poi  all'udienza
 odierna,   per   la  notifica  del  verbale  all'imputato  contumace,
 l'imputato  stesso  (cui  la  modifica  dell'imputazione   e'   stata
 notificata il 3 aprile 1991) nonche' la parte civile hanno depositato
 liste  testimoniali rispettivamente in data 20 maggio 1991 ed in data
 8 febbraio 1991;
      che ai fini della valutazione della ammissibilita' di tali prove
 orali non  sembra  possa  farsi  riferimento  alla  disciplina  degli
 articoli  468,  primo  comma,  del  c.p.p.  e 567, secondo comma, del
 c.p.p.; essa infatti e'  predisposta  per  la  ipotesi  di  ordinario
 svolgimento  del  dibattimento,  mentre  al  caso  di  specie  sembra
 applicabile la speciale disciplina degli artt. 516 seg.  del  c.p.p.,
 riguardanti  le ipotesi in cui il dibattimento risulti caratterizzato
 da nuove contestazioni, che ne alterino l'ordinario sviluppo;
      che  in  proposito  l'art.  519,  secondo  comma,   del   c.p.p.
 stabilisce  che  in ogni caso (e cioe' anche quando non si avvale del
 termine a difesa)  l'imputato  puo'  chiedere  nuove  prove  a  norma
 dell'art.  507  del  c.p.p.  senza  menzionare analoga facolta' delle
 parti private;
      che la discipina in questione, indipendentemente  da  quanto  si
 dira'  a  proposito  della specifica posizione delle altre parti pri-
 vate, diverse dall'imputato, in linea generale sembra contrastare con
 la previsione del diritto alla difesa garantito in  modo  inviolabile
 dall'art.  24,  secondo  comma della Costituzione e con i principi di
 uguaglianza e di ragionevolezza desumibili dall'art. 3,  primo  comma
 della  Costituzione,  oltre  che con l'art. 76 della Costituzione per
 violazione dei principi  e  criteri  direttivi  fissati  nella  legge
 delega.   La   situazione   che   infatti   si   determina,  rispetto
 all'esercizio del diritto alla prova, indistintamente  per  tutte  le
 parti  nella  ipotesi  di  nuove  contestazioni,  non e' dissimile da
 quella che sorge a seguito della notifica del decreto  di  citazione.
 Anche  la  nuova  contestazione  infatti  introducendo  una  modifica
 rilevante del fatto contestato in linea di principio delinea, come il
 decreto di citazione, il thema decidendum dell'accusa con gli  stessi
 caratteri  della novita', sicche' non v'e' ragione di non riconoscere
 a ciascuna delle parti del processo  l'esercizio  pieno  del  diritto
 alla  prova  rispetto  agli elementi nuovi che vengono introdotti nel
 processo.
    Invece a fronte di  una  contestazione  accusatoria  contenuta  ab
 initio  nel  decreto  di  citazione  tutte  le parti private hanno la
 concreta  possibilita'  di  richiedere  le  prove   funzionali   alle
 rispettive esigenze difensive ed il giudice e' tenuto ad ammetterle (
 ex  art.  190, primo comma, e 495, primo comma del c.p.p.) in caso di
 verifica positiva dei soli parametri ivi indicati  consistenti  nella
 insussistenza  di  un  divieto  legislativo  e  nella  non  manifesta
 superfluita' o irrilevanza.
    Nel   caso  invece  di  nuove  contestazioni  la  possibilita'  di
 richiesta di nuove prove ex art. 519, secondo  comma  del  c.p.p.  e'
 limitata dal riferimento all'art. 507 del c.p.p., implicante non solo
 il requisito piu' restrittivo della assoluta necessita' ai fini della
 ammissione, ma un potere discrezionale del giudice in applicazione di
 tale regola di giudizio.
    Ed in tal modo si viene a compromettere gravemente la possibilita'
 del  concreto  esercizio della difesa a fronte di nuove contestazioni
 che possono introdurre temi di accusa  caratterizzati  dagli  estremi
 della assoluta novita'. E cio', pur riconoscendosi il principio della
 possibilita' per il legislatore di connotare diversamente l'esercizio
 del  diritto  di difesa in relazione alle concrete situazioni, altera
 in modo inaccettabile la posizione di parita' delle parti  (direttiva
 3   della   legge  delega)  e  viola  il  loro  diritto  ad  ottenere
 l'ammissione dei mezzi di prova richiesti, con l'unico  limite  della
 estraneita'   ed   irrilevanza  (direttiva  69  della  legge  delega)
 attribuendo al p.m. un potere esercitato in posizione  di  supremazia
 rispetto  alle  parti  private a cui non corrisponde un adeguato loro
 diritto  alla  difesa.  Sarebbe  stata  invece  piu'  rispondente  ai
 parametri  costituzionali  ed  ai  principi  della  delega,  che  non
 considera altri limiti del diritto alla prova, una  previsione  della
 possibilita'  di richiesta di nuove prove non ancorata al riferimento
 all'art. 507 del c.p.p., che avrebbe consentito il  pieno  esplicarsi
 del  diritto  alla  prova in ragione della regola generale desumibile
 dagli artt. 190, primo comma, e 495, primo comma, del c.p.p.
    Ulteriori profili di illegittimita'  costituzionale  si  ravvisano
 per  quanto  riguarda  la posizione delle altre parti private diverse
 dall'imputato, ed in particolare, ad essa riferendosi la fattispecie,
 della parte civile,  cui  non  e'  riconosciuto  analogo  diritto  di
 richiedere nuove prove a seguito delle nuove contestazioni.
    Tale possibilita', esclusa dal testo dell'art. 519, secondo comma,
 del c.p.p. non puo' ricavarsi da altre disposizioni ed in particolare
 ne'   dall'art.   493,  terzo  comma,  del  c.p.p.  (che  sembra  far
 riferimento  esclusivamente  ad  una  impossibilita'  di   tempestiva
 deduzione  di  carattere  materiale,  tanto  che  ne  e' richiesta la
 dimostrazione,  previsione  inutile   e   non   necessaria   ove   la
 impossibilita' di deduzione dovesse identificarsi con lo stesso fatto
 della  contestazione  nuova)  ne'  dell'art.  507  (sembrando  che la
 espressa previsione del rinvio a tale norma contenuta nell'art.  519,
 secondo comma, del c.p.p. per il solo imputato costituisca chiaro in-
 dice  dell'intento  del  legislatore  di considerare l'applicabilita'
 dello stesso art. 507 del c.p.p. limitata  allo  svolgimento  normale
 del  dibattimento  e  di  richiamare  i  suoi  parametri  per il solo
 imputato quando invece ricorrono nuove contestazioni).
    Inoltre anche a ritenere l'applicazione di tali  disposizioni,  in
 favore   della  parte  civile,  la  sua  posizione  sarebbe  comunque
 deteriore rispetto a quella dell'imputato.
    Per la prima infatti la possibilita' di ammissione  di  una  prova
 nuova  sarebbe  condizionata alla concreta dimostrazione di una reale
 impossibilita' di anteriore deduzione, non richiesta invece dall'art.
 519, secondo comma, del c.p.p. per l'imputato.
    Correlativamente, mentre il rinvio dell'art. 519,  secondo  comma,
 del   c.p.p.   all'art.   507   del   c.p.p.   deve  essere  riferito
 esclusivamente al parametro della necessita'  delle  prove  nuove  ai
 fini  della  decisione,  e  non  alla  indicazione  del momento della
 richiesta  ed  ammissione  delle stesse, con conseguente possibilita'
 per  l'imputato  di   richiedere   immediatamente   dopo   la   nuova
 contestazione  le  prove  nuove, la previsione generale dell'art. 507
 del c.p.p. costringerebbe  la  parte  civile  ad  attendere  che  sia
 terminata  l'acquisizione delle prove gia' ammesse prima di formulare
 le sue richieste di nuove prove. E cio'  comporterebbe  non  solo  la
 alterazione dell'ordine normale di assunzione delle prove ex art. 496
 del  c.p.p.  e  150  delle  disp.  att.  del c.p.p., (con conseguente
 possibilita' che la nuova prova  orale  della  p.c.  debba  svolgersi
 successivamente  a  quella dell'imputato ed all'eventuale esame delle
 parti)  ma  sul  piano  degli  effetti  sostanziali  la  possibilita'
 addirittura  che  le  prove  preventivamente  assunte determinino nel
 giudice, delineando un quadro probatorio  completo  anche  nel  senso
 della  assoluzione,  il  convincimento  della non assoluta necessita'
 delle prove nuove  richieste  dalla  parte  civile,  con  conseguente
 rigetto delle relative richieste.
    Tale  limitazione del diritto di difesa della p.c. e disparita' di
 trattamento  rispetto  all'imputato  nel  concreto  atteggiarsi   del
 diritto alla difesa oltre a contrastare con i gia' indicati parametri
 costituzionali    non   sembra   sufficientemente   e   razionalmente
 giustificato dalla  considerazione  della  sostanziale  accessorieta'
 della  posizione  della  p.c. rispetto a quella dell'organo di accusa
 pubblica. La  dipendenza  della  pretesa  civilistica  dell'esercizio
 dell'azione  penale  non  impedisce infatti, ed anzi impone, il pieno
 riconoscimento del suo diritto alla  prova  quando  esso  debba  solo
 necessariamente conformarsi alle determinazioni accusatorie del p.m.
    La   soluzione  delle  prospettate  questioni  appare  chiaramente
 rilevante  ai  fini  della  decisione  sull'ammissione  delle   prove
 richieste, dovendosi evidentemente preventivamente stabilire, ai fini
 della  decisione  sulla ammissione delle prove, in generale, se debba
 farsi utilizzazione del criterio di giudizio di cui agli  artt.  190,
 primo  comma,  e  595,  primo comma, del c.p.p. ovvero di quello piu'
 rigoroso e del potere discrezionale  di  cui  all'art.  507,  secondo
 comma, del c.p.p. e con riferimento alla posizione della parte civile
 se  debba  escludersi una sua legittimazione a richiedere nuove prove
 ai sensi dell'art. 519, secondo comma del c.p.p.
                                P. Q. M.
    In riferimento agli artt. 3, primo comma, 24, primo  comma,  e  76
 della Costituzione, ritenute rilevanti e non manifestamente infondate
 le questioni di legittimita' costituzionale:
       a)  dell'art. 519, secondo comma, del c.p.p. nella parte in cui
 ammette la richiesta di nuove prove esclusivamente "a norma dell'art.
 507 del c.p.p.";
       b) dell'art. 519, secondo comma, del c.p.p. nella parte in  cui
 esclude  il  diritto  della parte civile di richiedere, nuove prove a
 seguito di nuove contestazioni ai sensi degli artt.  516  e  517  del
 c.p.p. prevedendo tale diritto per il solo imputato;
    Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Sospende il giudizio in corso;
    Rimette  gli atti alla Corte costituzionale per la soluzione delle
 prospettate questioni;
    Dispone che la presente ordinanza sia notificata al Presidente del
 Consiglio  dei  Ministri  e comunicata ai Presidenti delle due Camere
 del Parlamento.
      Potenza, addi' 22 maggio 1991
                          Il pretore: LEPORE

 91C1049