N. 585 ORDINANZA (Atto di promovimento) 2 luglio 1991

                                N. 585
 Ordinanza  emessa  il  2  luglio  1991  dal  giudice  per le indagini
 preliminari presso il tribunale di Roma  nel  procedimento  penale  a
 carico di Samir Mohamed
 Processo penale - Conflitto tra g.i.p. e giudice del dibattimento -
    Prevista prevalenza della decisione del secondo - Violazione della
    legge   delega,   del  principio  del  giudice  naturale  e  della
    sottoposizione dell'organo giudicante alla sola legge.
 (C.P.P. 1988, art. 28, secondo comma, seconda parte).
 (Cost., artt. 25, 76 e 101).
(GU n.38 del 25-9-1991 )
                IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI
                           RILEVATO IN FATTO
      che a seguito di richiesta di rinvio a giudizio di Samir Mahamed
 in ordine ai reati di rissa aggravata (art. 588, secondo  comma,  del
 c.p.)  e  lesioni personali aggravate (artt. 582, 583 e 585 del c.p.)
 fu disposta l'udienza preliminare del 6 maggio 1991;
    L'avviso con la richiesta di rinvio a giudizio fu notificaa  dalla
 p.g. al medesimo Samir;
    Il  susseguente  decreto  che  dispose  il giudizio dovette essere
 notificato all'imputato, non comparso, al medesimo recapito  (ufficio
 stranieri   della   questura   di   Roma)  dove  aveva  l'obbligo  di
 presentarsi, unico luogo dove poteva essere reperito in quanto  senza
 fissa  dimora;  il  decreto  non pote' essere notificato perche', nel
 frattempo, lo straniero era stato espulso;  il  tribunale  penale  di
 Roma,  sezione  settima,  ha  dichiarato  la nullita' del decreto per
 omessa notificazione all'imputato  per  "irrituale  applicazione  del
 codice";
                          RITENUTO IN DIRITTO
     A)  La  nullita' della notificazione non comporta la nullita' del
 decreto che dispone il  giudizio  trattandosi  di  atti  e  attivita'
 diversi.
     B)  Cio'  e'  tanto vero che l'art. 143 delle norme di attuazione
 prevede testualmente che  "in  tutti  i  casi  in  cui  occorre,  per
 qualunque  motivo,  rinnovare  la  citazione a giudizio o la relativa
 notificazione, vi provvede il presidente".
     C) L'udienza preliminare e il conseguente decreto, sono del tutto
 validi in quanto l'avviso dell'udienza, con la relativa richiesta  di
 rinvio  a  giudizio, sono stati notificati personalmente all'imputato
 (v. relata di notifica della p.g.) che, in questo modo, essendo senza
 fissa dimora, e' stato messo  in  grado  di  presenziare  all'udienza
 preliminare.
     D)  Che,  quindi,  non  si  e' trattato di dimicilio dichiarato o
 eletto o irrituale, bensi' di recapito (art. 157, secondo comma,  del
 c.p.p.),  luogo previsto dal legislatore, luogo dove l'imputato aveva
 l'obbligo  di  presentarsi  in  ottemperanza  di   un   provvedimento
 coercitivo  e  quindi  di un luogo dove era effettivamente reperibile
 (come infatti e' stato).
     E) Non e' possibile elevare conflitto  di  competenza  stante  il
 divieto di cui all'art. 28, secondo comma, parte seconda, del c.p.p.,
 ribadito  dalla  Corte  di cassazione (sezione prima) con sentenza n.
 2053 del 30 aprile 1991.
    Ritenuto che l'art. 28, secondo comma, parte seconda,  del  c.p.p.
 deve  essere  esaminato sotto il profilo costituzionale per accertare
 se sia conforme o meno ai principi della Carta costituzionale.
    Ad  avviso  dello  scrivente  tre sono i motivi che fanno ritenere
 contrario alla Costituzione la norma in questione:
       a) violazione della legge di delega;
       b) violazione dell'art. 25 della Costituzione;
       c)   violazione   dell'art.   101,   primo   capoverso,   della
 Costituzione.
     A)  La  direttiva n. 15 di cui all'art. 2 della legge 16 febbraio
 1987,  n.  81,  in  relazione  alla  disciplina  dei   conflitti   di
 giurisdizione  e  di  competenza  non  prevede  alcuna statuizione in
 ordine ai rapporti tra giudice dell'udeinza preliminare e giudice del
 dibattimento, ritenendo, ovviamente, il legislatore, che  in  ipotesi
 del  genere  si  applicassero i principi generali del diritto e cioe'
 che in presenza di situazioni derivate da provvedimenti abnormi o  da
 palesi  nullita'  per  violazione  dei  suddetti principi, il giudice
 dell'udienza preliminare, in assenza di previsione  d'impugnativa  da
 parte  del  p.m., potesse eccepire la questione innanzi alla Corte di
 cassazione supremo giudice della legalita'.
    Il legislatore delegato, invece, dando preminenza all'interesse di
 una sollecita definizione del processo, in  assenza  di  qualsivoglia
 direttiva  o  previsione  del  legislatore delegante in tal senso, ha
 preferito  privilegiare  tale  interesse  (sollecita  definizione)  a
 quella  del  giudice a non essere vincolato alla definizione di altro
 giudice (v. relazione ministeriale  al  progetto  preliminare  p.  I,
 libro  I, titolo I, capo V, capo 7ΓΈ e sgt.) in violazione della prima
 parte della direttiva 15 che prevede l'attribuzione, ad  ogni  parte,
 del potere di denunciare il conflitto proprio o improprio che sia.
    In  conclusione, il divieto al giudice dell'udienza preliminare di
 denunciare conflitti col giudice del dibattimento  non  solo  non  e'
 previsto  dalla  norma  delegante,  ma e' in contrasto con la stessa:
 viola quindi l'art. 76 della Costituzione con  tutte  le  conseguenze
 del caso.
     B)  Nel  caso di specie, l'art. 28, secondo comma, parte seconda,
 del c.p.p. viola anche il principio del giudice naturale: infatti, in
 presenza di un provvedimento abnorme o, quantomeno, affetto da palese
 nullita'  assoluta,  non  essendo  possibile  elevare  il   conflitto
 (improprio)  di  competenza,  l'imputato  sarebbe  sottratto  al  suo
 giudice naturale (giudice del dibattimento) in  violazione  dell'art.
 25  della Costituzione in virtu' del principio "di frettolosita'" (ci
 si scusa per la terminologia non giuridica)  che  non  ha,  non  puo'
 avere  e,  si  spera,  non  avra'  mai  ingresso  nel  nostro sistema
 giuridico.
     C) Infine l'art. 28, secondo comma,  parte  seconda,  del  c.p.p.
 viola  il  principio della sottoposizione del giudice solo alla legge
 (art. 101, secondo comma, della Costituzione): impedendo l'elevazione
 di  un  eventuale  conflitto  di  competenze  costringe  il   giudice
 dell'udienza preliminare a sottostare alla decisione di altro giudice
 in  palese violazione del dettato costituzionale. Nel caso di specie,
 infatti il g.u.p. dovra' dar corso ad altra udienza preliminare,  re-
 bus sic stantibus, in palese violazione di legge.
    Ad  abundantiam,  valga anche una considerazione metagiuridica: la
 norma in questione impedisce l'intervento della Corte regolatrice  in
 tutti  quei  casi  che  sorgono  dalla diversa interpretazione di una
 stessa norma di legge ad opera del tribunale e del g.i.p., intervento
 tanto piu' necessario  tenuto  conto  delle  novita'  introdotte  dal
 codice vigente.
    Ritenuto,   pertanto,   di   non  poter  proseguire  nel  giudizio
 indipendentemente dalla risoluzione della questione  di  legittimita'
 costituzionale dell'art. 2, secondo comma, seconda parte, del c.p.p.,
 in relazione agli artt. 25, 76 e 101 della Costituzione.
                                P. Q. M.
    Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Dispone   l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
 costituzionale e sospende il giudizio in corso;
    Ordina, a cura della cancelleria, la notificazione della  presente
 ordinanza  alle  parti in causa, al p.m., al presidente del Consiglio
 dei  Ministri  pro-tempore,  e  la  comunicazione  della  stessa   ai
 Presidenti pro-tempore delle due Camere del Parlamento.
      Roma, addi' 2 luglio 1991
                         Il giudice: CAPPIELLO

 91C1058