N. 616 ORDINANZA (Atto di promovimento) 19 marzo 1991

                                N. 616
 Ordinanza  emessa  il  19  marzo 1991 dal Consiglio di Stato, sezione
 quarta giurisdizionale, sul ricorso  proposto  dalla  S.p.a.  impresa
 Zumaglini e Gallina ed altri contro Parodi Milena ed altro
 Demanio e patrimonio dello Stato - Costruzione di nuove sedi di
    servizio  e  relative  pertinenze  per  l'Arma  dei  carabinieri -
    Equiparazione  alle  opere  destinate  alla  difesa  nazionale   -
    Conseguente   sottrazione   delle   opere  stesse  agli  strumenti
    urbanistici - Arbitrarieta' della predetta sottrazione - Incidenza
    sui principi di tutela della autonomia regionale, del paesaggio  e
    del patrimonio storico ed artistico dello Stato - Violazione della
    sfera di competenza regionale.
 (Legge 6 febbraio 1985, n. 16, art. 3).
 (Cost., artt. 5, 9, 117, 118 e 128).
(GU n.40 del 9-10-1991 )
                         IL CONSIGLIO DI STATO
    Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza sul ricorso in appello n.
 1510/1989, proposto  dall'impresa  Zumaglini  &  Gallina  S.p.a.,  in
 persona  del  presidente  e  legale  rappresentante,  rappresentato e
 difeso dall'avv. Paolo Ricciardi (sostituito  in  corso  di  giudizio
 all'avv.  Gabriele  Moricca,  deceduto)  ed elettivamente domiciliato
 presso lo stesso avv.  Ricciardi  in  Roma,  viale  Tiziano,  80  con
 appello  incidentale  concorrente  di  Ministero dei lavori pubblici,
 Ministero  della  difesa,  Ministero  dell'interno,  in  persona  dei
 rispettivi  titolari  pro-tempore,  rappresentati  e difesi per legge
 dall'Avvocatura generale dello Stato e presso  la  stessa  legalmente
 domiciliati  in  Roma,  via  dei  Portoghesi, 12, e nei confronti del
 comando generale  dei  carabinieri  e  del  provveditorato  regionale
 oo.pp.,  Liguria  n.c.;  ed entrambi contro Parodi Milena e Ballestri
 Alessandro, appellati  ed  appellanti  incidentali,  rappresentati  e
 difesi  dagli avvocati Lorenzo Acquarone, Lorenzo Giovanni Bormioli e
 Ludovico Villani, ed elettivamente domiciliati presso quest'ultimo in
 Roma, piazzale Clodio 12, per l'annullamento della sentenza 14  marzo
 1989,  n.  188, del tribunale amministrativo regionale per la Liguria
 con la quale e' stato  accolto  il  ricorso  proposto  dagli  attuali
 appellati  avverso  i provvedimenti di approvazione e localizzazione,
 su terreno dei ricorrenti, del  progetto  per  la  nuova  sede  della
 stazione  carabinieri  di  Lerici,  con  particolare  riferimento  ai
 seguenti atti:
       a) decreto n. 761, del  20  febbraio  1987,  con  il  quale  il
 provveditore regionale alle oo.pp. ha approvato il progetto;
       b)  decreto del prefetto di Genova (cosi' erroneamente indicato
 nel ricorso introduttivo: in realta' del prefetto della  Spezia),  18
 marzo 1988, n. 1482, relativo all'occupazione d'urgenza del terreno;
       c)  atto  del  provveditorato  regionale  oo.pp.,  e  per  esso
 dell'ingegnere capo designato per la provincia della Spezia, in  data
 7  maggio 1988, prot. 718, con il quale si da' avviso dell'immissione
 in possesso e della formazione dello  stato  di  consistenza  per  il
 giorno 28 maggio 1988;
       d)  ogni  altro  atto  presupposto, preparatorio, conseguente e
 connesso.
    Visto il ricorso dell'impresa Zumaglini & Gallina  S.p.a.,  con  i
 relativi allegati;
    Visto  l'appello  incidentale  concorrente  delle  amministrazioni
 dello Stato;
    Visto l'atto di costituzione in  giudizio  dei  signori  Parodi  e
 Ballestri,  nonche'  l'atto  di  appello  incidentale  proposto dagli
 stessi;
    Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle  rispettive
 difese;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Udita,  alla  pubblica udienza del 19 marzo 1991, la relazione del
 consigliere  Lignani,  e  uditi  altresi',  gli  avvocati  Ricciardi,
 Criscuoli   (avv.   Stato)   e   Villani;   ciascuno   per  le  parti
 rispettivamente rappresentate;
    Vista la propria decisione parziale deliberata il 19  marzo  1991,
 con la quale e' stato dichiarato inammissibile l'appello dell'impresa
 Zumaglini  &  Gallina, con riserva di pronunciare altro provvedimento
 per le questioni relative all'appello dell'avvocatura;
    Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
                               F A T T O
    I signori Parodi e Ballestri,  ricorrenti  in  primo  grado,  sono
 proprietari di un terreno inedificato in Lerici.
    Il progetto della nuova sede della stazione carabinieri di Lerici,
 approvato dal provveditore regionale alle oo.pp., con decreto n. 761,
 del 20 febbraio 1987, in attuazione del programma di cui alla legge 6
 febbraio  1985,  n.  16,  prevede  la realizzazione dell'edificio sul
 terreno dei signori Parodi e Ballestri, previa espropriazione.
    Gli interessati hanno impugnato  il  progetto  in  parola,  con  i
 relativi  atti  amministrativi,  davanti  al  t.a.r. del Piemonte, il
 ricorso e' stato poi rimesso per competenza al t.a.r. della Liguria.
    Essi esponevano, in punto di fatto, che la costruzione  progettata
 si poneva per vari aspetti in contrasto con la disciplina urbanistica
 della  zona,  e  contestavano, in punto di diritto, che l'opera fosse
 svincolata da quella disciplina, come ritenuto invece dalle autorita'
 statali procedenti.
    In particolare, i ricorrenti denunciavano la violazione e la falsa
 applicazione  dell'art.  81  del  d.P.R.  24  luglio  1977,  n.  616,
 richiamato  dalla legge 6 febbraio 1985, n. 16, nonche' la violazione
 e la falsa applicazione di  quest'ultima  legge.  In  sostanza,  essi
 prospettavano alcune riserve sul fatto che l'opera in questione fosse
 pienamente  assimilabile  alle opere destinate alla difesa nazionale,
 per quanto attiene allo speciale regime urbanistico di  cui  all'art.
 81  del d.P.R. n. 616/1977, ma sostenevano che, comunque, tale regime
 speciale non puo' esonerare  l'autorita'  statale  dall'acquisire  il
 consenso  delle autorita' urbanistiche regionali e comunali, qualora,
 come nella specie, si tratti di realizzare opere in contrasto con gli
 strumenti urbanistici. Essi richiamavano anche la legge  n.  497/1978
 che,  in  materia  di alloggi per militari, prevede una consultazione
 con le autorita' regionali qualora si tratti  di  opere  contrastanti
 con  gli  strumenti  urbanistici.  Deducevano  anche una questione di
 costituzionalita', nei confronti del combinato disposto  della  legge
 n.  16/1985  e  dell'art.  81  del  d.P.R. n. 616/1977, qualora lo si
 volesse interpretare come rivolto ad  estendere  lo  speciale  regime
 urbanistico,  dettato  per  le opere destinate alla difesa nazionale,
 anche ad opere non aventi nella sostanza tale carattere.
    I  ricorrenti  denunciavano,  inoltre,  la  violazione  del  piano
 territoriale  di  coordinamento paesistico della regione Liguria e la
 mancata considerazione dei vincoli paesistici  gravanti  sul  terreno
 interessato.
    Deducevano  anche  altri  motivi  relativi  al  procedimento,  con
 riguardo all'incompetenza del provveditore regionale alle oo.pp.  (il
 progetto  avrebbe  dovuto,  invece, essere approvato dal Ministro dei
 ll.pp.), alla mancata indicazione dei termini  di  cui  all'art.  13,
 legge  n.  2359  del 1865, alla mancata liquidazione dell'indennita',
 ecc. In corso di giiudizio, i ricorrenti proponevano altresi'  alcuni
 motivi aggiunti, con riguardo all'asserita violazione delle regole in
 materia  di  distribuzione  delle competenze fra comando generale dei
 carabinieri, Ministero dei ll.pp.  e  provveditorato  regionale  alle
 oo.pp.
    Il  tribunale amministrativo regionale, con sentenza pubblicata il
 14 marzo 1989, n. 188, ha accolto il ricorso.
    La decisione appare costruita sul presupposto, dato per certo  dal
 t.a.r.,   della   difformita'  dell'opera  rispetto  alla  disciplina
 urbanistica della zona. Il t.a.r. ha quindi osservato che  l'art.  81
 del  d.P.R.  n.  616/1977  sottrae,  bensi',  le opere destinate alla
 difesa nazionale all'onere di concessione  edilizia  ed  allo  stesso
 accertamento  di conformita' agli strumenti urbanistici, previsto per
 la generalita' delle opere statali ed attribuito alla competenza  del
 Ministro  dei  ll.pp.;  ma non le sottrae allo speciale procedimento,
 dettato dal terzo e quarto comma dello stesso art. 81,  con  riguardo
 all'ipotesi  di opere difformi dallo strumento urbanistico. E poiche'
 nella fattispecie le procedure previste dall'art. 81 non  sono  state
 osservate,  ha  concluso  per  l'illegittimita' dell'approvazione del
 progetto.
    La sentenza e' stata impugnata con appello principale dall'impresa
 Zumaglini & Gallina S.p.a., appaltatrice dei lavori,  e  con  appello
 incidentale concorrente dalle amministrazioni dello Stato.
    In  entrambi  gli  atti  di appello si contesta la fondatezza, nel
 merito, della sentenza appellata;  in  particolare  si  sostiene  una
 diversa   interpretazione  dell'art.  81,  d.P.R.  n.  616/1977,  con
 riguardo ai rapporti fra opere  destinate  alla  difesa  nazionale  e
 disciplina urbanistica.
    Gli  originari  ricorrenti,  oltre  a resistere agli appelli delle
 controparti,  hanno  proposto  a  loro  volta   appello   incidentale
 condizionato,  al  solo fine di riproporre i motivi che il t.a.r. non
 ha preso in esame, considerandoli assorbiti.
    Con decisione  parziale,  deliberata  nella  camera  di  consiglio
 tenuta consecutivamente all'udienza del 19 marzo 1991, la sezione, ha
 dichiarato  inammissibile,  per  difetto di legittimazione, l'appello
 dell'impresa, e si e' riservata di risolvere  le  restanti  questioni
 con separato provvedimento.
                             D I R I T T O
    1.  -  Il collegio ha risolto alcune questioni preliminari con una
 decisione parziale: si e' giudicato  inammissibile,  per  difetto  di
 legittimazione,   l'appello   principale   dell'impresa  Zumaglini  &
 Gallina, e si e' aggiunto che nondimeno rimane ritualmente introdotto
 l'appello delle amministrazioni dello Stato, che, incidentale  quanto
 alla  forma, non appare in alcun modo condizionato all'ammissibilita'
 ed alla fondatezza di quello dell'impresa.
    Viene  ora  in  esame,  pertanto,  il  merito  dell'appello  delle
 amministrazioni dello Stato.
    2.  - Conviene ricordare che il tribunale amministrativo regionale
 ha accolto il ricorso dei privati, contro il progetto di  ampliamento
 dell'edificio  del comando intermedio carabinieri di Santa Margherita
 Ligure, "per violazione dell'art. 81 del d.P.R. 24  luglio  1977,  n.
 616".  Precisamente,  secondo il t.a.r. le amministrazioni procedenti
 giustamente hanno ritenuto che il progetto fosse sottratto  non  solo
 alla  concessione  edilizia  comunale,  come tutte le opere pubbliche
 statali in genere, ma anche allo speciale accertamento di conformita'
 agli strumenti urbanistici, di cui al secondo comma del  citato  art.
 81;  ma  avrebbero  errato  nel  ritenerlo  sottratto  altresi'  agli
 adempimenti dettati dai commi terzo e quarto  dello  stesso  articolo
 per  il caso in cui l'opera sia, come nella fattispecie, in contrasto
 con gli strumenti urbanistici.
    Il t.a.r. e' giunto a queste conclusioni  in  base  ad  una  carta
 interpretazione  dell'art.  81,  d.P.R.  n.  616/1977,  che viene ora
 contestata dalle amministrazioni dello Stato appellanti.    Donde  la
 questione di diritto che ora il collegio deve affrontare.
    3. - Le disposizioni che in vario modo sono state richiamate nella
 sentenza o negli atti di parte, come rilevanti ai fini della suddetta
 questione di diritto, sono le seguenti:
       a)  la  legge 6 febbraio 1985, n. 16, programma quinquennale di
 costruzione di nuove sedi  di  servizio  e  relative  pertinenze  per
 l'arma  dei  carabinieri, e in particolare l'art. 3, che dispone: "Ai
 fini dell'accertamento di conformita' previsto dell'art. 81 ( ..), le
 opere di edilizia previste dalla presente legge sono equiparate  alle
 opere destinate alla difesa militare";
       b)  l'art. 81 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, il suo secondo
 comma dispone che "per  le  opere  da  eseguirsi  da  amministrazioni
 statali   o   comunque   insistenti   su  aree  del  demanio  statale
 l'accertamento della conformita' alle prescrizioni delle norme e  dei
 piani  urbanistici  ed edilizi, salvo che per le opere destinate alla
 difesa militare, e'  fatto  dallo  Stato,  d'intesa  con  la  regione
 interessata";  il  terzo  comma  dispone  che  la  localizzazione dei
 progetti di opere pubbliche "se difforme  dalle  prescrizioni  e  dai
 vincoli  delle  norme  o  dei  piani urbanistici ed edilizi, e' fatta
 dall'amministrazione  statale  competente  d'intesa  con  le  regioni
 interessate,  che  devono sentire preventivamente gli enti locali nel
 cui territorio sono previsti gli interventi"; il quarto comma dispone
 che in caso di mancata intesa con la regione, il progetto  puo'  aver
 corso  se approvato con decreto del Presidente della Repubblica, pre-
 via deliberazione del Consiglio dei Ministri, sentita la  commissione
 interparlamentare per le questioni regionali;
       c)  la  legge  24 dicembre 1976, n. 898, Nuova regolamentazione
 delle servitu' militari: il suo art. 3, primo comma, dispone che  "In
 ciascuna regione e' costituito un comitato misto paritetico (composto
 da  sei  rappresentanti dello Stato e sei della regione) di reciproca
 consultazione   per   l'esame   (   ..)   dei    problemi    connessi
 all'armonizzazione  tra i piani di assetto territoriale della regione
 ed i programmi  delle  installazioni  militari  e  delle  conseguenti
 limitazioni";  lo  stesso articolo, decimo comma, riserva al Ministro
 della  difesa  la  potesta'  di adottare "le definitive decisioni sui
 programmi di  installazioni  militari  e  relative  limitazioni",  ma
 attribuisce  alla  regione interessata la facolta' di chiedere, entro
 quindici giorni, che la questione sia riesaminata dal  Consiglio  dei
 Ministri:
       d) la legge 18 agosto 1978, n. 497, Autorizzazione di spesa per
 la  costruzione  di  alloggi  di servizio per il personale militare e
 disciplina delle relative concessioni:  il  suo  art.  4,  nel  testo
 novellato  dalla  legge  28  febbraio  1981,  n.  47,  dispone che il
 relativo programma d'interventi sara' realizzato "utilizzando aree di
 immobili demaniali disponibili, in conformita'  alle  norme  ed  agli
 strumenti  urbanistici  vigenti,  ovvero  anche  in deroga ad essi ai
 sensi dell'art. 3 della legge 21 dicembre 1955, n. 1357", vale a dire
 previo  nulla-osta  della  sezione  urbanistica  regionale  e   della
 soprintendenza  ai  monumenti; dispone altresi' che le infrastrutture
 realizzate all'interno di basi, impianti, installazioni  militari,  o
 posti  al  loro diretto e funzionale servizio "sono da considerarsi a
 tutti gli effetti opere destinate alla difesa nazionale e,  pertanto,
 dovranno  essere realizzate con l'eccezione prevista al secondo comma
 dell'art. 31 della legge 17 agosto 1942,  n.  1150,  come  modificato
 dall'art. 10 della legge 6 agosto 1967, n. 765";
       e)  la  legge  11  marzo  1988,  n.  67,  Disposizioni  per  la
 formazione del bilancio annuale e pluriennale  dello  Stato  -  legge
 finanziaria  1988:  il suo art. 17, ventiquattresimo comma, dopo aver
 rifinanziato il programma di alloggi di servizio per militari, di cui
 alla legge n. 497/1978, aggiunge: "Nella localizzazione dei  predetti
 alloggi  devono  essere  osservate  le  prscrizioni  degli  strumenti
 urbanistici adottati e delle leggi in materia di tutela paesaggistica
 e di protezione delle bellezze naturali".
    4. - Cio' posto, occorre verificare, al  di  la'  delle  deduzioni
 delle   parti,   quali   fra   le  disposizioni  teste'  citate  iano
 direttamente applicabili nella fattispecie.
    Non sembrano esserlo, innanzi tutto, quelle relative agli  alloggi
 di servizio per il personale militare, di cui alla legge n. 497/1978,
 come  integrata  dalla  legge  n.  47/1981  e dalla legge n. 67/1988.
 Queste disposizioni si riferiscono  ad  uno  specifico  programma  di
 realizzazione  di alloggi di servizio per militari, che e', con tutta
 evidenza, cosa diversa dal programma quinquennale di  nuove  sedi  di
 servizio,  e  relative pertinenze per l'arma dei carabinieri, oggetto
 della legge n. 16/1985. I due programmi differiscono  per  finalita',
 durata,   fonti  di  finanziamento,  disciplina  procedurale,  e  via
 dicendo; e non pare che le disposizioni relative al  primo  programma
 (legge  n. 497/1978) possano essere mutuate con riferimento a singoli
 progetti rientranti nel secondo programma  (legge  n.  16/1978)  solo
 perche'  si  tratti,  occasionalmente,  di "pertinenze" da utilizzare
 come alloggi.  Ma anche volendo supporre che  le  norme  dettate  per
 l'un  programma siano applicabili pure all'altro, sta di fatto che la
 legge n.  67/1988 e' posteriore all'approvazione del progetto ora  in
 contestazione,   e   che  essa  ha  carattere  innovativo,  non  gia'
 interpretativo, ne' retroattivo, nella parte in  cui  esclude  quella
 focalta'  di deroga agli strumenti urbanistici, che le leggi del 1978
 e del 1981 espressamente concedevano. Pertanto la legge del 1988  non
 protrebbe  essere invocata per affermare l'illegittimita' di progetti
 gia'  approvati,  contrastanti  con  gli  strumenti  urbanistici   ma
 conformi alle previsioni derogatorie delle leggi del 1978 e del 1981.
    Ora,  in  base a queste due ultime leggi, un progetto contrastante
 con  lo  strumento   urbanistico   doveva   senz'altro   considerarsi
 legittimo,  se  relativo  ad  opere da eseguirsi all'interno di basi,
 impianti o installazioni militari, o posti  a  diretto  e  funzionale
 servizio  di  essi  (cfr.  Cass.  terza sezione pen., 29 maggio 1987,
 Morreale, che ha annullato  pret.  Taranto,  10  dicembre  1986),  o,
 altrimenti,  poteva  essere  autorizzato  mediante  nulla  osta della
 sezione urbanistica regionale e della  soprintendenza  ai  monumenti.
 Sicche',  anche  volendo  supporre:  a)  che  nella fattispecie fosse
 applicabile la legge n. 497/1978,  come  modificata  dalla  legge  n.
 47/1981;  b)  che  l'opera  rientrasse fra quelle per cui, a norma di
 detta legge, occorrevano i nulla osta in parola, emergerebbe un vizio
 di legittimita' differente da quello ritenuto sussistente dal t.a.r.;
 che e', si ricorda, la mancata applicazione delle ben diverse  proce-
 dure  di  cui  al  terzo  e  quarto  comma dell'art. 81 del d.P.R. n.
 616/1977.  In altre parole, il vizio di legittimita', derivante dalla
 supposta violazione della legge n. 497/1978,  non  s'identificherebbe
 col vizio derivante dalla supposta violazione dell'art. 81 del d.P.R.
 n.  616/1977.  Peraltro  il  t.a.r.  ha  ravvisato  nella fattispecie
 proprio  quest'ultimo  vizio,   con   argomentazioni   interpretative
 "interne"  allo  stesso  art.  81,  e  altre  derivate  dai  principi
 generali. E percio', dato e non concesso che nella fattispecie  fosse
 applicabile  anche  la  legge  n.  497/1978,  non  sarebbe  questo un
 argomento utile per sostenere la fondatezza  del  giudizio  dato  dal
 t.a.r. in ordine all'interpretazione dell'art. 81.
    5.  -  Considerazioni parzialmente analoghe possono essere fatte a
 proposito della legge  24  dicembre  1976,  n.  898,  in  materia  di
 servitu' militari.
    Questa volta, a sostegno dell'applicabilita' della legge in parola
 alla fattispecie potrebbe venir invocato un autorevole precedente: la
 Corte   costituzionale,  con  sentenza  6  dicembre  1988,  n.  1065,
 pronunciata su conflitto di attribuzioni fra lo Stato e una  regione,
 ha affermato che anche per la scelta del sito di una sede di servizio
 dei  carabinieri  e'  necessaria  la  consultazione prevista da detta
 legge.   Anche in  questo  caso,  pero',  il  vizio  derivante  dalla
 supposta  violazione  della  legge  24  dicembre  1976,  n.  898, non
 potrebbe identificarsi con quello derivante dalla supposta violazione
 dell'art. 81 del d.P.R.  n.  616/1977:  cosi'  come  il  procedimento
 delineato  dall'una  legge non s'identifica con quello dell'altra.  E
 si puo' osservare che per l'interesse dei privati  ricorrenti  sembra
 maggiormente  satisfattiva  l'affermazione  che  l'opera  de  qua era
 soggetta alle procedure di cui all'art. 81,  terzo  e  quarto  comma;
 viceversa,  le  amministrazioni  dello  Stato  hanno  interesse a far
 affermare che l'opera non era soggetta  all'art.  81,  anche  se,  in
 ipotesi,  si  dovesse  concludere  che  era  soggetta  alla  legge n.
 896/1976.
    Si dovrebbe ancora verificare se nel ricorso di  primo  grado  sia
 ravvisabile  la prospettazione di uno specifico motivo d'impugnazione
 riferito alla supposta violazione della  legge  n.  898/1976;  intesa
 come norma direttamente applicabile nella fattispecie.
    Ma  pure  se  cosi'  fosse, resterebbe comunque prioritaria, e non
 potrebbe venir aggirata o elusa, la questione dell'interpretazione  e
 dell'applicazione  dell'art.  81  del  d.P.R. n. 616/1977.   A questo
 problema sono, dunque, dedicate le considerazioni che seguono.
    6.  - Il tribunale amministrativo ha basato la sua interpretazione
 dell'art. 81 partendo da un'esegesi testuale  del  secondo,  terzo  e
 quarto comma; ha poi ritenuto di poter trovare nella sistematica, nei
 principi  generali  e  nella  ratio  legis  le  opportune conferme al
 risultato ottenuto per via esegetica.
    In sostanza,  sul  piano  testuale  il  t.a.r.  ha  osservato  che
 l'inciso  "salvo  che per le opere destinate alla difesa militare" si
 legge solo nel  secondo  comma,  non  nel  terzo  e  nel  quarto.  Di
 conseguenza,   il   regime   differenziato   delle   opere   militari
 riguarderebbe soltanto il momento dell'accertamento della conformita'
 agli  strumenti  urbanistici,  e  consisterebbe   soltanto   in   uno
 spostamento di competenza: il giudizio di conformita' dovrebbe essere
 espresso  dalla  stessa  amministrazione militare, anziche' da quella
 dei lavori pubblici (cfr. art. 31 della legge n. 1150/1942)  e  senza
 bisogno  d'intesa  con  la  regione.  Ma  quante  volte tale giudizio
 dovesse  concludersi  nel  senso   della   difformita',   il   regime
 differenziato  verrebbe  meno,  e  le  opere  destinate  alla  difesa
 militare rientrerebbero  nella  disciplina  comune  alla  generalita'
 delle opere pubbliche statali non conformi ai piani regolatori.
    Pare  al  collegio che questa ricostruzione della normativa non si
 giustifichi sullo stesso piano letterale. Nel secondo comma, l'inciso
 "salvo che per le opere destinate alla difesa  militare"  non  sta  a
 disporre  che,  per queste opere, l'accertamento di conformita' segue
 un procedimento diverso:  se  questa  fosse  stata  l'intenzione  del
 legislatore   delegato,   vi  sarebbe  stato  almeno  un  accenno  al
 procedimento da seguire. Sta invece a significare che per le opere di
 difesa si prescinde dall'accertamento di conformita'.
    Ma se e' cosi', viene meno il presupposto  stesso  dell'ipotizzata
 applicazione  del terzo e del quarto comma alle opere di difesa. Essi
 prevedono i meccanismi per  consentire  la  ralizzazione  dell'opera,
 superando  l'ostacolo  rappresentato  dall'eventuale  sua difformita'
 rispetto al piano regolatore: se per determinate opere  dal  giudizio
 di conformita' si prescinde, l'eventuale difformita' e' irrilevante e
 non vi e' luogo a ricorrere a procedure di risoluzione del conflitto.
 D'altronde,  una volta che il legislatore ha ritenuto di attriuire un
 regime   urbanistico   privolegiato    alle    opere    di    difesa,
 differenziandole  dalla  generalita'  delle  opere pubbliche statali,
 sembrerebbe  poco  ragionevole  che  tale  regime  differenziato   si
 applicasse  solo  nell'ipotesi,  verosimilmente marginale e di scarso
 interesse, di opere di difesa previste dal piano regolatore comunale;
 mentre in caso contrario, e cioe' nell'ipotesi piu'  frequente  e  di
 maggior  rilevanza,  le  opere di difesa sarebbero interamente assim-
 ilate alle ordinarie opere pubbliche statali.
    Inoltre, sempre con  riferimento  al  contesto  dell'art.  81,  si
 osserva  che  l'ultimo comma di detto articolo fa espressamente salve
 le disposizioni della  legge  n.  898/1976  in  materia  di  servitu'
 militari.  Peraltro,  se  l'art. 81 si dovesse interpretare nel senso
 voluto dal t.a.r., la sopravvivenza della legge del 1976 non  avrebbe
 ragion  d'essere.  Le  finalita' di tutela delle autonomie locali, di
 coordinazione fra opere militari e  territorio,  ecc.,  sottese  alla
 legge  del  1976,  sarebbero  interamente  e forse meglio soddisfatte
 mediante le procedure dei commi terzo e quarto dell'art. 81. A quanto
 pare, invece, il legislatore delegato ha fatta  salva  la  legge  del
 1976, perche' era consapevole che i commi terzo e quarto dell'art. 81
 non  sono  applicabili  alle opere di difesa. In alternativa, si puo'
 anche  pensare  che  il  legislatore   delegato   abbia   considerato
 necessario  richiamare  la  legge  del 1976, perche' riteneva che, in
 mancanza,  alle  opere  militari  si  sarebbe  estesa  la  disciplina
 generale  dei  commi  terzo  e  quarto:  in  ogni  caso  il risultato
 dell'interpretazione e' lo stesso, e cioe' che la confermata  vigenza
 della  legge  del  1976  esclude  l'applicabilita'  dei commi terzo e
 quarto alle opere di difesa.
    7.   -   Queste   conclusioni   non   sono   contraddette    dalle
 considerazioni,  relative  ai  principi generali ed alla ratio legis,
 che il t.a.r. ha creduto di poter addurre a confronto  della  propria
 contraria interpretazione.
    Ed  invero,  non  pare  contestabile  che  le opere destinate alla
 difesa nazionale richiedano, per loro natura, un  regime  urbanistico
 differenziato   rispetto   alla  generalita'  delle  opere  pubbliche
 statali. Cio' si dice non tanto con riferimento ad una  gerarchia  di
 valore fra interessi pubblici: benche' sembri tuttora sostenibile che
 l'interesse  dello Stato a conservare l'integrita' del territorio, la
 sovranita'  e  l'indipendenza  s'identifichi  con  l'interesse  della
 comunita'  nazionale  a  sopravvivere  come tale, e sia, pertanto, un
 interesse primario: primum vivere. Si dice piuttosto perche', secondo
 la  comune  esperienza,  le  esigenze  connesse  alla   distribuzione
 territoriale  delle  opere  di  difesa  ed  alla  loro  progettazione
 trascendono  le  possibilita'  di   apprezzamento   delle   autorita'
 urbanistiche.  La misura, poi, del relativo affrancamento delle opere
 di   difesa   dalla  pianificazione  territoriale  generale,  con  il
 necessario contemperamento delle diverse esigenze,  e'  quetione  che
 spetta  al  legislatore  risolvere: in questa sede si discute de iure
 condito, e piu' precisamente dell'interpretazione dell'art. 81, ed il
 collegio non puo' che prendere atto della volonta' espressa in questa
 norma.
    8. - Tutto  cio'  vale,  peraltro,  a  condizione  che  si  tratti
 realmente  di "opere destinate alla difesa nazionale", e non di opere
 di altra natura, artificiosamente  definite  tali  al  solo  fine  di
 sottrarle  alla  disciplina urbanistica propria delle ordinarie opere
 pubbliche  statali.    Si  puo'  ammettere  che,  come   ogni   altra
 espressione  del  linguaggio  giuridico,  anche  la nozione di "opere
 destinate alla difesa nazionale" abbia confini non sempre chiaramente
 riconoscibili;  e  si  puo'  ammettere  che  entro   questi   margini
 d'incertezza   il   legislatore   abbia   il   potere   d'intervenire
 autoritativamente, attribuendo, o negando ex professo, la qualita' di
 "opera destinata alla difesa nazionale", ad un'opera il cui carattere
 sarebbe altrimenti controvertibile.
    Ma altro  e'  dire  che  il  legislatore  possa  attribuire  detta
 qualita'  ad  opere  che,  di  per  se',  abbiano pacificamente altra
 natura, e che non rivestano alcuna di quelle speciali caratteristiche
 ed esigenze che giustificano uno speciale regime urbanistico.
    Il problema non si potrebbe se il  legislatore  fosse  arbitro  di
 sottrarre,  indiscriminatamente,  questa  o quell'opera pubblica alla
 disciplina urbanistica generale. Se cosi' fosse, una ipotetica  legge
 che  qualificasse  come  "opere  di  difesa",  ad es., le biblioteche
 pubbliche, o i cimiteri, sarebbe forse criticabile  sul  piano  della
 proprieta' di linguaggio, ma non censurabile sul piano giuridico.  Il
 legislatore,  pero', non e' interamente libero, in quanto e' soggetto
 ai limiti che gli derivano dalla Costituzione.   Ora, in  materia  di
 relazioni fra le opere pubbliche e la disciplina urbanistica, vengono
 in  considerazione numerosi precetti costituzionali.  In primo luogo,
 vi sono gli artt. 117 e 118  della  Costituzione,  che  attribuiscono
 alle  regioni,  rispettivamente,  la  potesta'  legislativa  e quella
 amministrativa, nella materia dell'urbanistica.
    In secondo luogo, vi sono gli artt. 5  e  128,  che  attribuiscono
 rilevanza  costituzionale  all'autonomia degli enti locali; autonomia
 che, manifestamente, non  puo'  non  esprimersi,  primariamente,  nel
 governo del territorio.
    In  terzo  luogo, vi e' l'art. 9 secondo comma, che, affermando il
 valore costituzionale del  paesaggio  e  del  patrimonio  storico  ed
 artistico,  intuitivamente  assoggetta  ai  relativi vincoli anche le
 opere pubbliche,  salvo  che  il  sacrificio  di  quei  beni  risulti
 indispensabile  in  vista  d'interessi altrettanto tutelati sul piano
 costituzionale.     Pertanto,   una   legge   che   nominalmente   ed
 arbitrariamente  conferisca  la  qualita'  di  "opera  di  difesa" ad
 un'opera di altra natura, al solo fine di sottrarla  alla  disciplina
 urbanistica  generale,  potrebbe venir giudicata incostituzionale per
 violazione delle norme teste' riferite.
    9. - Pare al collegio  che  questo  sia  il  caso  della  legge  6
 febbraio 1985, n. 16, art. 3.
    Al  riguardo  va  notato  che con le parole "le opere di edilizia,
 previste dalla presente legge, sono equiparate alle  opere  destinate
 alla  difesa  militare",  il  legislatore  stesso  sembra rivelare la
 consapevolezza  di  stare  operando  non  un   semplice   chiarimento
 interpretativo,  ma  una  vera  e propria estensione di disciplina ad
 opere non suscettibili, per se', di essere giudicate "opere destinate
 alla difesa militare".  Da un punto di  vista  sostanziale,  poi,  si
 osserva  che  e'  innegabile l'intensita' del pubblico interesse alla
 piena  efficienza  delle   strutture   edilizie   logistico-operative
 dell'arma dei carabinieri. Ma pare altrettanto certo che si tratti di
 strutture  concepite  essenzialmente,  o  almeno prevalentemente, per
 funzioni di ordine pubblico, di  pubblica  sicurezza,  e  di  polizia
 giudiziaria,  piuttosto  che  per  funzioni  di  difesa nazionale. In
 questa luce, l'interesse pubblico  alla  realizzazione  dell'edificio
 per  una  stazione di carabinieri non appare qualitativamente diverso
 da quello relativo, ad es., ad un tribunale,  una  prefettura  o  una
 questura.    Sicche',  se  lo  Stato, per realizzare la nuova sede di
 uffici giudiziari o di uffici pubblici in genere, deve sceglierne  il
 sito  in  conformita' ai piani urbanistici, o altrimenti esperire, in
 contraddittorio con le autorita' regionali e locali, le procedure  di
 cui  ai commi terzo e quarto dell'art. 81 del d.P.R. n. 616/1977, non
 vi e' alcuna evidente ragione perche' altrettanto non debba  avvenire
 per una sede di servizio dei carabinieri.
    Si  tratta,  in  ogni  caso,  di strutture la cui collocazione, in
 genere, non e' strettamente necessitata da esigenze tecniche ed oper-
 ative,  e  per  le  quali   e'   sufficiente   individuare   l'ambito
 territoriale,  piu'  o  meno  vasto  (una circoscrizione comunale, un
 centro abitato, un quartiere urbano), entro il quale debbono  trovare
 sede.   Pertanto, l'applicazione dell'art. 81, compresi i commi terzo
 e  quarto,  non  si   prospetta   come   eccessivamente   gravosa   o
 pregiudizievole per gli interessi dello Stato, tenuto anche conto che
 queste   disposizioni   consentono,   in   definitiva,  il  prevalere
 dell'interesse  dello  Stato  sugli  orientamenti   delle   autorita'
 urbanistiche locali.
    10.  Si puo' dunque concludere nel senso che non e' manifestamente
 infondato il sospetto d'incostituzionalita' dell'art. 3 della legge 3
 febbraio 1985, n. 16, con riferimento  agli  articoli  costituzionali
 117  e  118 (riserva di competenze legislative ed amministrative alle
 regioni, in materia urbanistica),  5  e  128  (tutela  dell'autonomia
 degli  enti  locali)  e  9, secondo comma (tutela del paesaggio e del
 patrimonio storico e artistico).  La questione e' rilevata,  perche',
 una  volta  eliminato,  in  ipotesi,  il suddetto art. 3, si dovrebbe
 confermare,  sia  pure  con  motivazione  parzialmente  diversa,   la
 sentenza  del t.a.r., che ha giudicato illegittimo il progetto de quo
 perche'  non  approvato  con  l'osservanza  delle  procedure  di  cui
 all'art.  81,  secondo,  terzo e quarto comma del d.P.R. n. 616/1977.
 Se,  invece,  l'eccezione   di   costituzionalita'   dovesse   venire
 rigettata,  in  base  alle  considerazioni  sopra esposte la sentenza
 dovrebbe essere riformata e il progetto  dovrebbe  essere  giudicato,
 sotto  questo  prifilo, legittimo; salvo l'eventuale accoglimento del
 ricorso dei privati per altri motivi, che  comporterebbe  conseguenze
 parzialmente  diverse  in  ordine  agli interessi delle parti ed alle
 ulteriori attivita' di competenza dell'amministrazione.
    11. - Pertanto,  a  scioglimento  della  riserva  contenuta  nella
 decisione  parziale  gia'  deliberata  da  questo  collegio,  si deve
 sospendere  il   giudizio   e   rimettere   gli   atti   alla   Corte
 costituzionale,  per la soluzione dell'incidente di costituzionalita'
 sopra prospettato; e riservare, all'esito dell'incidente stesso, ogni
 altra pronuncia in rito, in merito e sulle spese.
                                P. Q.M.
    Sospende il giudizio e, riservata ogni altra pronuncia, ne  ordina
 la  remissione alla Corte costituzionale perche' decida la questione,
 rilevante   e   non   manifestamente   infondata,   della    sospetta
 incostituzionalita'  dell'art.  3 della legge 6 febbraio 1985, n. 16,
 con riferimento agli artt. 5, 9, secondo comma, 117, 118 e 128, della
 Costituzione;
    Dispone che la presente ordinanza sia notificata  alle  parti  del
 giudizio e al Presidente del Consiglio dei Ministri, e sia comunicata
 ai Presidenti dei due rami del Parlamento;
    La  segreteria  della  sezione  e' incaricata degli adempimenti di
 rito.
    Cosi' deciso il 19 marzo 1991 in Roma.
                       Il presidente: PALEOLOGO
                                                  L'estensore: LIGNANI
     Depositata in segreteria il 27 maggio 1991.
                  Il segretario: (firma illeggibile)

 91C1090