N. 647 ORDINANZA (Atto di promovimento) 20 febbraio - 7 ottobre 1991
N. 647 Ordinanza emessa il 20 febbraio 1991 (pervenuta alla Corte costituzionale il 7 ottobre 1991) dal tribunale di Roma, nel procedimento civile vertente tra la S.p.a. Nigeria in liquidazione e il condominio di largo Fermi n. 6, Roma, ed altro Fallimento e procedure concorsuali - Crediti ammessi - Impugnazione da parte del fallito - Esclusione anche nel caso in cui l'accertamento del credito sia pregiudiziale rispetto alla opposizione alla dichiarazione di fallimento proposta dallo stesso fallito (fattispecie in cui nello stato passivo della societa' dichiarata fallita risulta ammesso un unico creditore) - Prospettata lesione del diritto di difesa - Richiesta di riesame di questione gia' decisa (sentenza n. 222/1984) in considerazione della suindicata peculiarita' del caso concreto). (R.D. 16 marzo 1942, n. 267, art. 100). (Cost., art. 24).(GU n.42 del 23-10-1991 )
IL TRIBUNALE Ha emesso la seguente ordinanza nella causa civile di primo grado iscritta al n. 66198 del ruolo generale per gli affari contenziosi dell'ano 1990 posta in deliberazione all'udienza collegiale del 6 febbraio 1991 e vertente tra Nigeria S.p.a. in liquidazione, in persona del legale rappresentante, elettivamente domiciliata in Roma, via L. Mancinelli n. 6, presso lo studio dell'avv. F. Naticchioni, che la rappresenta e difende per delega a margine del ricorso introduttivo, ricorrente, e il condominio di largo Fermi n. 6, Roma, in persona del suo amministratore in carica, elettivamente domiciliato in Roma, via Magna Grecia n. 84, presso l'avv. Angelo Pinto, dal quale e' rappresentato e difeso per delega in calce alla copia notificata del ricorso, resistente, nonche' il fallimento della S.p.a. Nigeria in liquidazione, in persona del curatore in carica, resistente contumace. Oggetto: impugnazione di credito ammesso. Il tribunale di Roma, con sentenza del 5 maggio 1990, dichiarava il fallimento della S.p.a. Nigeria, in liquidazione, su ricorso del condominio di largo Fermi n.6, Roma, unico creditore istante, munito di sentenza della corte d'appello di Roma che condannava la S.p.a. Nigeria al risarcimento dei danni, in favore del condominio istante, nella misura di L. 60.000.000, oltre interessi e spese accessorie. Alla udienza di verifica del 3 ottobre 1990, alla quale il fallito non era presente, veniva depositata domanda di ammissione al passivo soltanto da parte del menzionato condominio; il curatore dichiarava "di non avere elementi per contestare il credito" ed il giudice delegato ammetteva il cedito come da domanda. Con ricorso del 16 ottobre 1990, depositato, notificato ed iscritto a ruolo nei termini, la fallita societa', premesso che la sentenza della corte d'appello di Roma, sulla quale il condominio istnate fondava il suo credito, era stata impugnata con ricorso per cessazione, pendente al momento della dichiarazione di fallimento "proponeva opposizione all'ammissione del credito del condominio di largo C. Fermi n. 6, Roma, e" chiedeva che il tribunale lo escludesse ai sensi dell'art. 95, terzo comma, della l.f., o per qualsiasi altro motivo di giustizia. Nell'ipotesi che il tribunale l'avesse ritenuta non legittimata alla opposizione, la S.p.a. Nigeria eccepiva l'illegittimita' costituzionale degli artt. 43 e 100 della l.f. in relazione agli artt. 24 e 113 della Costituzione. Il condominio convenuto si costituitva, eccependo, tra l'altro, il difetto di legittimazione della fallita, mentre il fallimento restava contumace. Tanto premesso in ordine ai fatti ed allo svolgimento del processo, il tribunale ritiene non manifestamente infondata l'eccezione di illegittimita' costituzionale dell'art. 100 della l.f., in relazione all'art. 24 della Costituzione. Il collegio, naturalmente, non ignora che la questione e' stata decisa, in senso negativo, dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 222/1984 e che la questione e' stata piu' volte dichiarata manifestamente infondata dalla Corte di cassazione (Cass. 14 maggio 1981, n. 3172 e Cass. 21 gennaio 1985, n. 195). Tuttavia, a sommesso avviso del collegio, la peculiarita' della presente fattispecie evidenzia un nuovo profilo di illegittimita' e consiglia un riesame della questione. Nel caso in esame si verificano le seguenti circostanze: 1) la fallita societa', come risulta dalla relazione del curatore agli atti del fallimento, non ha debiti diversi da quello, contestato, verso il condominio di largo Fermi; 2) la fallita societa' non possiede alcuna attivita', con la conseguenza che dall'accertamento del credito di cui al punto precedente consegue automaticamente l'accertamento dello stato di insolvenza; 3) la fallita societa', come dalla stessa dedotto in questa sede e come risulta dal fascicolo fallimentare, ha proposto opposizione alla dichiarazione di fallimento, contestando la sussistenza dello stato di insolvenza ed affermando, in particolare, di non avere alcun debito nei confronti del condominio istante. In tale situazione, tenuto conto, alla stregua del diritto vivente (Cass. 8 febbraio 1969, n. 427 e Cass. 9 aprile 1970, n. 971, entrambe con specifico riferimento alla preclusione, per il fallito, della possibilita' di contestare, in sede di opposizione alla dichiarazione di fallimento, i crediti risultanti dallo stato passivo; nonche' Cass. 14 maggio 1981, n. 3172 e Cass. 21 gennaio 1985, n. 195, entrambe sopra citate), dalla sicura efficacia endofallimentare dell'accertamento del passivo effettuato in sede di verifica dei crediti, appare chiaro che, ove non si ammettesse la legittimazione del fallito alla impugnazione del credito ammesso, e tanto dovrebbe conseguire alla applicazione dell'art. 100 della l.f., l'opposizione alla dichiarazione di fallimento sarebbe definitivamente pregiudicata dalla ammissione del credito qui impugnata. In proposito, il collegio ritiene che la ricerca di un piu' soddisfacente equlibrio, all'interno delle procedure concorsuali "anche nella prospettiva di una migliore tutela della condizione del fallito" (Corte costituzionale n. 222/1984 cit.), divenga non piu' solo auspicabile, ma necessaria per garantire il diritto di difesa del fallito ogni qualvolta l'accertamento del credito sia, come nella fattispecie, immediatamente e direttamente decisivo ai fini dell'accertamento dello stato di insolvenza. Tale aspetto del problema, del resto, e' estraneo alle fattispecie esaminate dalla Corte di cassazione, che, dichiarando la questione manifestamente infondata, ha posto l'accento sulla efficacia esclusivamente endo fallimentare dei provvedimenti resi in materia di ammissione di crediti al passivo e sulla conseguente possibilita' per il fallito di successivi controlli sulle pretese dei creditori. Nel caso in esame e' evidente che i successivi controlli ed anche l'eventuale favorevole esito del ricorso per cassazione non avrebbero alcun effetto ai fini dell'accertamento dello stato di insolvenza, vincolato ai risultati dello stato passivo. E' il caso di osservare che la lesione del diritto di difesa prende corpo nella mancata legittimazione del fallito alla impugnazione, con conseguente rilevanza nel presente giudizio, e non nella efficacia endofallimentare dell'accertamento del passivo. Premesso che, ove la violazione del diritto di difesa fosse ravvisata nella efficacia endofallimentare dell'accertamento del passivo, la questione non sarebbe rilevante in questa sede e potrebbe essere sollevata solo nel giudizio di opposizione a dichiarazione di fallimento, il collegio ritiene non prospettabile in tal senso il problema, giacche' l'efficacia endofallimentare e' logicamente funzionale alle esigenze della procedura, non potendosi ipotizzare uno stato passivo (non impugnato e divenuto) definitivo che non sia conforme alla sentenza che accerta la sussistenza o meno dello stato di insolvenza. La decisione n. 222 della Corte costituzionale, pur con l'auspicio sopra ricordato, ha ritenuto che il diritto di difesa del fallito sia insufficientemente garantito dalla partecipazione del fallito alla fase sommaria della verificazione, che consentirebbe allo stesso di rappresentare le sue ragioni. Tale partecipazione, tuttavia, ad avviso del collegio, e' idonea alle esigenze di difesa solo in relazione ai rapporti processuali rispetto ai quali il fallito ha perso la legittimazione (art. 43 della l.f.) e nei limiti in cui la perdita di legittimazione sia funzionale alle esigenze della procedura, come si vengono concretamente a configurare nelle fasi di accertamento del passivo, di accertamento, recupero e liquidazione dell'attivo nonche' di ripartizione di quest'ultimo tra i creditori. Oltre tale limite, quando, in particolare, l'accertamento del passivo ha immediati e diretti riflessi in ordine a rapporti processuali civili, come l'opposizione alla dichiarazione di fallimento, rispetto ai quali il fallito ha ovvia legittimazione, ovvero rispetto a rapporti processuali penali, come quelli conseguenti ad eventuali imputazioni di bancarotta, la mera audizione del fallito non offre sufficiente tutela giurisdizionale dei suoi diritti in relazione alla decisione che puo' essere assunta dal giudice delegato. Pertanto, quando l'accertamento del passivo non ha efficacia limitata ai fini delle operazioni procedurali ed investe l'accertamento di uno dei presupposti del fallimento, quando, in particolare, la pronunzia del giudice delegato ha efficacia preclusiva anche in giudizio nel quale il fallito conserva la sua legittimazione, appare fortemente lesiva del diritto alla difesa, garantito dall'art. 24 della Costituzione, l'esclusione della legittimazione del fallito alla impugnazione dei crediti ammessi al passivo dal giudice delegato. Sotto tale profilo, pertanto, e' irrilevante, ad avviso del collegio, la circostanza che il fallito non sia comparso all'udienza di verificazione del passivo, in quanto cio' che conta e' il fatto che lo stesso non possa impugnare un provvedimento che ha effetti preclusivi in un giudizio rispetto al quale ha conservato la legittimazione. Il collegio e' consapevole che l'estensione al fallito della legittimazione alla impugnazione ex art. 100 della l.f. potrebbe comportare gravi rischi per la funzionalita' della procedura, in considerazione di possibili strumentalizzazioni, quali la proliferazione di impugnazioni tese esclusivamente al rallentarne il corso. Tali inconvenienti, tuttavia, se possono consigliare, in ipotesi, al legislatore la ricerca di una diversa soluzione, non posono esimere il tribunale dal rimettere l'esame della questione alla Corte costituzionale. In proposito, peraltro, il collegio ritiene che la portata degli inconvenienti debba essere valutata con riferimento ai presupposti in presenza dei quali l'esclusione del fallito dalla legittimazione alla impugnazione prevista dall'art. 100 fallimentare viene ritenuta da questo tribunale in contrasto con l'art. 24 della Costituzione. In particolare, sotto tale profilo, as- sume rilievo la concreta pregiudizialita' dell'accertamento del credito impugnato dal fallito rispetto al giudizio di opposizione alla dichiarazione di fallimento. Per quanto sopra esposto, il collegio, ritenuta non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 100 della l.f., nella parte in cui non prevede la legittimazione all'impugnazione da parte del fallito, quando l'accertamento del credito abbia carattere pregiudiziale rispetto alla opposizione alla dichiarazione di fallimento proposta dallo stesso fallito, dispone la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale e sospende il giudizio.
P. Q. M. Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 100 del r.d. 16 marzo 1942, n. 267, in relazione all'art. 24, primo comma, della Costituzione, nella parte in cui non prevede la legittimazione del fallito alla impugnazione dei crediti ammessi, quando l'accertamento del credito sia pregiudiziale rispetto al giudizio di opposizione alla dichiarazione di fallimento proposto dallo stesso fallito; Sospende il giudizio in corso ed ordina la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Dispone che la presente ordinanza sia notificata, a cura della cancelleria, alle parti in causa ed al Presidente del Consiglio dei Ministri; Dispone altresi' la comunicazione dell'ordinanza ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Cosi' deciso in Roma nella camera di consiglio del 20 febbraio 1991. Il presidente: ATZENI Il cancelliere: (firma illeggibile) Depositata in cancelleria oggi 6 giugno 1991. Il cancelliere: (firma illeggibile) 91C1138