N. 652 ORDINANZA (Atto di promovimento) 27 maggio 1991

                                N. 652
     Ordinanza emessa il 27 maggio 1991 dal pretore di Milano nel
    procedimento civile vertente tra Livoti Giuseppe e l'I.N.A.I.L.
 Previdenza e assistenza sociale - Crediti previdenziali nei confronti
    dell'I.N.A.I.L. - Applicabilita', per effetto della sentenza della
    Corte costituzionale n. 156/1991, della disciplina  (rivalutazione
    monetaria  ed  interessi  legali)  prevista  dall'art.  429, terzo
    comma, del cod. proc. civ. in caso di ritardato  pagamento  per  i
    crediti  di  lavoro  -  Mancata  previsione  della responsabilita'
    dell'ente previdenziale  nei  limiti  dell'art.  1224  del  codice
    civile  come  previsto  per  i  debitori  comuni  - Ingiustificato
    deteriore  trattamento  dei  datori  di  lavoro   e   degli   enti
    previdenziali rispetto ai debitori comuni.
 (C.P.C., art. 429, terzo comma).
 (Cost., art. 3).
(GU n.42 del 23-10-1991 )
                              IL PRETORE
    Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  nella causa n. 3432/1990
 promossa da Livoti Giuseppe col  proc.  dom.  avv.  Garlatti,  contro
 l'I.N.A.I.L.  col proc. dom. avv. Polliere sciogliendo la riserva che
 precede osserva quanto segue.
    Il ricorrente chiede la condanna dell'I.N.A.I.L.  a  corrispondere
 la  rendita vitalizia con gli interessi e la rivalutazione ai sensi e
 per gli effetti dell'art. 429 del  c.p.c.  applicabile  nella  specie
 alle   prestazioni  previdenziali  a  seguito  della  sentenza  Corte
 costituzionale n. 156/1991.
    Ritiene pero' il giudicante di sollevare di ufficio  la  eccezione
 di incostituzionalita' del predetto art. 429, terzo comma, del c.p.c.
 per  violazione  del principio di eguaglianza di cui all'art. 3 della
 Costituzione.
    Il pretore prende  lo  spunto  dalla  stessa  sentenza  citata  n.
 156/1991    la    quale    ha    dato   atto   della   eccezione   di
 incostituzionalita', sollevata dallo stesso  I.N.A.I.L.  casualmente,
 aggiungendo   peraltro  di  non  poterla  esaminare  in  quella  sede
 evidentemente perche' non proposta nelle forme di rito.
    Questa volta il pretore intende prospettarla formalmente.
    Essa  e'  rilevante in quanto il giudizio non puo' essere concluso
 senza prima stabilire se la norma invocata sia legittima  o  meno  ed
 appare altresi' fondata per i motivi che seguono.
    Come  e'  noto  la  Corte costituzionale considera due profili: la
 irrazionalita' e la irragionevolezza (vedi in particolare sentenza n.
 429/1990).
    Il pretore intende far valere entrambi i profili.
    1. - Innanzitutto l'art. 429,  terzo  comma,  del  c.p.c.  suscita
 sospetti  di  illegittimita'  costituzionale  in relazione all'art. 3
 della  Costituzione  considerata  l'esorbitanza  della   tutela   ora
 accordata  ai  crediti  di  lavoro  dal  cumulo  irrazionale  di  due
 strumenti di copertura della inflazione, che invece dovrebbero essere
 alternativi.
    Per effetto della legge 26 novembre 1990, n. 353, il saggio  degli
 interessi  legali e' stato elevato al 10% annuo, il che significa che
 ai crediti di lavoro e alle prestazioni previdenziali compete in caso
 di ritardo  del  pagamento  una  maggiorazione  del  16%  attualmente
 (stante l'attuale livello dell'inflazione al 6%).
    Se  prima  della  legge  n.  353/1990  una  maggiorazione dell'11%
 (quando l'interesse legale  era  attestato  sul  5%)  poteva  trovare
 qualche  giustificazione, ora che come si diceva l'interesse e' stato
 elevato al  10%  tale  giustificazione  non  sembra  piu'  rinvenirsi
 rispetto alle normali condizioni del mercato mobiliare.
    E'  noto  ifatti che il danno che gli interessi e la rivalutazione
 tendono a coprire ai sensi dell'art. 429 citato per  il  ritardo  del
 pagamento  si  identifica  con il guadagno che non puo' conseguire il
 creditore per la mancata disponibilita' della somma dovuta.
    Egli  invero  se  ne  avesse  avuto  la  predetta   disponibilita'
 l'avrebbe  potuta  investire  realizzando un reddito che nell'attuale
 situazione del mercato al piu' puo' ammontare al 10%. E  poiche'  gli
 interessi legali ormai coprono l'area del predetto danno non dovrebbe
 restare  spazio  per  l'ulteriore  risarcimento  rappresentato  dalla
 svalutazione monetaria.
    Persistere  nel  riconoscere  al  creditore   ex   art.   429   la
 rivalutazione  monetaria  in  questo contesto significa attribuire un
 trattamento  senza  titolo,  in  quanto  l'eccedenza  non  puo'  piu'
 considerarsi risarcimento di un danno che non sussiste.
    2. - Secondariamente la norma contenuta nel menzionato art. 429 e'
 ingiustificatamente discriminatrice.
    La  irragionevolezza della eccezione disposta a favore dei crediti
 di lavoro e delle  prestazioni  previdenziali  potra'  dunque  essere
 addetta  a fondamento di una questione di legittimita' costituzionale
 del predetto  art.  429  rivolta  ad  ottenere  il  ripristino  della
 normativa  generale  ritenuta  ingiustificatamente derogata da quella
 particolare.
    Si  potrebbe  obbiettare  che  la  giustificazione   del   diverso
 trattamento  consisterebbe  nella necessita' di porre una remora alla
 resistenza ed  agli  ingiustificati  ritardi  dei  datori  di  lavoro
 nell'adempimento  delle loro obbligazioni (arieggiando la sentenza n.
 162/1977 della Corte costituzionale).
    Si deve pero' ritenere che questa giustificazione sia ormai venuta
 meno  alla  luce della successiva sentenza della Corte costituzionale
 n. 156/1991 che ha esteso la normativa dell'art.  429,  terzo  comma,
 del  c.p.c.  alle prestazioni previdenziali ove sicuramente non vi e'
 modo di riscontrare la resistenza e gli  ingiustificati  ritardi  dei
 datori di lavoro di cui sopra.
    Anzi  venuta  meno  questa ratio e considerazione la uguale natura
 retributiva dei  crediti  dei  dipendenti  degli  enti  pubblici  non
 economici  dovrebbe  pure estendersi agli stessi il predetto art. 429
 del c.p.c. cosi' superandosi la precedente sentenza n. 43/1977  della
 stessa Corte.
    Pero' ad avviso del pretore la soluzione dovrebbe essere piuttosto
 quella  di  ridurre  nei  limiti  della  regola  generale  consacrata
 nell'art. 1224 del c.c. come interpretata dalla Corte  di  cassazione
 n.  5299/1989  la  portata  della  norma  contenuta nell'art. 429 del
 c.p.c.
    Invero la  natura  retributiva  dei  crediti  di  lavoro  e  delle
 prestazioni  previdenziali  non  sembra  giustificare  il trattamento
 deteriore fatto ai datori di lavoro ed enti previdenziali rispetto ai
 debitori comuni che tra l'altro hanno forza contrattuale pari o anche
 superiore (vedi compagnie di assicurazione).
    D'altra parte altra possibilita' tecnica non  sussiste  avendo  la
 stessa  Corte costituzionale sempre nella citata sentenza n. 427/1990
 avvertito che  il  principio  di  eguaglianza  non  puo'  fondare  un
 incidente di costituzionalita' diretto ad ottenere l'estensione della
 norma  particolare  che,  in  quanto derogatoria rispetto alla regola
 desumibile  dal  sistema  normativo,  si  rivela  insuscettibile   di
 estensione ad altri casi.
    In  conclusione ad avviso del pretore la penalizzazione del datore
 di lavoro  e  dell'ente  previdenziale  non  ha  ragione  d'essere  e
 reciprocamente  il  trattamento  previlegiato dei debitori comuni non
 trova giustificazione nel sistema costituzionale.
                               P. Q. M.
    Dichiara rilevante la questione che segue;
    Ritiene  altresi'  fondata  la  questione  di  incostituzionalita'
 dell'art.   429,  terzo  comma,  del  c.p.c.  in  quanto  riserva  un
 trattamento deteriore ai datori di lavoro e agli  enti  previdenziali
 rispetto  ai  debitori  comuni  i  quali  sono  invece  soggetti alla
 normativa contenuta  nell'art.  1224  del  c.c.  cio'  in  violazione
 dell'art.  3  della  Costituzione  sotto  il  duplice  profilo  della
 irrazionalita' e della irragionevolezza;
    Dispone conseguentemente l'immediata trasmissione degli atti  alla
 Corte costituzionale;
    Sospende il giudizio in corso;
    Ordina  che  a  cura  della  cancelleria  la preente ordinanza sia
 notificata alle parti in causa, nonche' al Presidente  del  Consiglio
 dei  Ministri,  e  sia  comunicata ai Presidenti delle due Camere del
 Parlamento.
      Milano, addi' 27 maggio 1991
                  Il pretore del lavoro: BONAVITACOLA
    Depositata in cancelleria, oggi 28 maggio 1991.
                  Il cancelliere: (firma illeggibile)

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