N. 657 ORDINANZA (Atto di promovimento) 22 giugno 1991
N. 657 Ordinanza emessa il 22 giugno 1991 dal pretore di Catania, sezione distaccata di Acireale, nel procedimento penale a carico di Paratore Pietro Processo penale - Pluralita' di sentenze per il medesimo fatto contro la stessa persona - Prevalenza di quella piu' favorevole per l'imputato, in caso di sentenze dello stesso tipo o emesse in fase di giudizio - Prevalenza del provvedimento emesso in giudizio o del decreto penale, in caso di sentenze di diverso tipo e/o emesse in fasi diverse del giudizio, anche nell'ipotesi, come quella di specie, di ignoranza da parte del giudice del dibattimento, dell'avvenuta oblazione - Ingiustificata disparita' di trattamento. (C.P.P. 1988, art. 669, ultimo comma). (Cost., art. 3).(GU n.44 del 6-11-1991 )
IL PRETORE Ha pronunciato la seguente ordinanza emessa dal pretore giudice dell'esecuzione riguardo alla esecuzione della sentenza penale n. 17/1991 pronunziata dal pretore della sezione di Acireale il 15 febbraio 1991 contro Paratore Pietro nato a Belpasso il 12 luglio 1955 ivi residente via III trav. n. 97, condannato alla pena di un mese di arresto e di L. 50.000 di ammenda, con i benefici di legge, nonche' al pagamento delle spese processuali. M O T I V A Z I O N E Con decreto di citazione notificato il 13 novembre 1990 Paratore Pietro, imputato di contravvenzione all'art. 68, quarto comma del codice stradale, fu rinviato a giudizio per l'udienza del 15 febbraio 1991. Il Paratore successivamente alla notifica del decreto di citazione presento' domanda di oblazione che fu accolta dal g.i.p., che con sentenza del 24 gennaio 1991 dichiaro' non luogo a procedere essendo il reato estinto per oblazione. Tale sentenza fu notificata al Paratore, a mani della moglie convivente, in data 12 febbaio 1991. Nella data fissata per il dibattimento cioe' il 15 febbraio 1991 l'imputato non si presento' ne' fece presente che era stata gia' accolta la sua domanda di oblazione, e neppure il p.m. fece presente questa decisiva circostanza, sconosciuta, al pretore del dibattimento. In esito al dibattimento il Paratore fu condannato alla pena di un mese di arresto e di L. 50.000 di ammenda coi benefici di legge. Tale sentenza fu notificata all'imputato contumace in data 21 febbraio 1991 a mani della moglie convivente. In data 12 aprile 1991 il condannato presentava l'istanza in atti colla quale chiedeva: a) dichiararsi la non esecutivita' della sentenza di condanna (art. 670, n. 3, del c.p.p.); b) in subordine la rimessione in termini (670, n. 3, 175, del c.p.p.) per la proposizione dell'impugnazione, che proponeva contestualmente. Il p.m. esprimeva parere favorevole alla rimessione in termini per l'impugnazione. Ad avviso di questo giudice dell'Esecuzione nessuna delle due domande puo' essere accolta. Non la domanda di dichiarazione di non esecutivita' della sentenza di condanna, perche' la sentenza e' esecutiva, essendo stata regolarmente notificata all'imputato a cura del messo di conciliazione di Belpasso delegato dal v.p.o. di quella sezione, e non essendo stata impugnata dall'imputato nel termine previsto dalla legge (art. 648, n. 2, del c.p.p.). E neppure la domanda di rimessione in termini, per la proposizione dell'impugnazione, non sussistendone i presupposti (di cui all'art. 175 del c.p.p.). Infatti il plico contenente la sentenza fu consegnato alla moglie del Paratore (convivente) in data 21 febbraio 1991. Da questa data alla data di presentazione della domanda di remissione in termini (e contestuale impugnazione) sono trascorsi ben cinquanta giorni, di contro ai quindici previsti per l'impugnazione (art. 585 del c.p.p.). Non e' stato debotto (ne' sussiste) caso fortuito o forza maggiore, ne' l'imputato ha provato (come suo onere, secondo l'art. 175, n. 2, del c.p.p.) di non avere avuto tempestiva conoscenza del provvedimento di condanna, essendo al contrario presumibile che la moglie (convivente) gli abbia consegnato il plico o comunque lo abbia reso partecipe della avvenuta consegna. Il Paratore ha semplicemente asserito (ma non ha provato) di essere stato assente da casa nel periodo utile per l'impugnazione e fino a dieci giorni prima della presentazione dell'istanza di rimessione in termini, cosi' da non avere avuto conoscenza della notifica della sentenza. Siamo quindi al di fuori del campo di applicazione sia dell'art. 670 sia dell'art. 175 del c.p.p., dovendo il "conflitto" tra le due sentenza (quella di non luogo a procedere per oblazione e quella successiva di condanna a seguito di giudizio) risolversi in base alle disposizioni contenute nell'art. 669 del c.p.p., dettate per risolvere i casi in cui non sia stato applicato (come nel caso in esame) il principio del ne bis in idem (649 del c.p.p.). L'art. 669, mentre risolve il "conflitto" tra piu' sentenze dibattimentali o tra piu' sentenze istruttorie in base al principio del favor rei (considerato come ancor piu' favorevole per l'imputato del principio del ne bis in idem), invece quando si tratta di "conflitto" tra sentenza di non luogo a procedere e sentenza pronunziata a giudizio (o decreto penale) da sic et simpliciter la prevalenza alla sentenza pronunziata in giudizio (o al decreto penale); disapplicando entrambi i principi suddetti. La prevalenza della sentenza pronunziata a seguito di giudizio e' fondata sulla presunzione che nel giudizio si possa accertare la verita' meglio che nelle indagini preliminari, e sul fatto che la sentenza di non luogo a procedere e' revocabile e che quindi la sentenza pronunziata nel giudizio abbia implicitamente revocato la sentenza di non luogo a procedere. Senonche' cio' presuppone che il giudice (del giudizio) sia stato in grado di valutare le circostanze gia' valutate dal giudice delle indagini preliminari e sia andato in contrario avviso. L'automatica prevalenza della sentenza pronunziata a seguito del giudizio (sancita dall'ultimo comma dell'art. 669 del c.p.p.) diventa invece ingiustificabile, quando il giudice del giudizio (come nel caso in esame) non abbia avuto conoscenza della sentenza di non luogo a procedere e delle sue motivazioni e pertanto non abbia potuto (come imponeva l'art. 129 del c.p.p.) dichiararsi non doversi procedere contro l'imputato per avvenuta oblazione (confermando cosi' la precedente pronunzia del g.i.p.) ovvero dichiararsi non doversi procedere ai sensi dell'art. 649 del c.p.p. (ove il principio del ne bis in idem sia ritenuto applicabile anche alle sentenze istruttorie, come la giurisprudenza prevalente riteneva riguardo all'art. 90 del precedente c.p.p.). Se l'imputato avesse presentato domanda di oblazione al giudice del dibattimento e fosse stato da questo prosciolto con sentenza dibattimentale, alla successiva sentenza di condanna non sarebbe stata data la prevalenza; invece poiche' l'imputato e' stato piu' diligente e ha presentato domanda di oblazione al g.i.p., e da questi prosciolto con sentenza di non luogo a procedere, la prevalenza (secondo l'art. 669 del c.p.p.) deve essere accordata alla successiva sentenza di condanna, emessa perche' l'ufficio ignorava l'avvenuta oblazione. Non e' chi non veda che dallo stesso presupposto (l'oblazione) nascono conseguenze diverse a seconda che l'oblazione sia stata accolta con sentenza dal g.i.p. o dal giudice in fase di giudizio, circostanze estrinseche che nulla tolgono o aggiungono al fatto che il reato, a seguito dell'oblazione, si era estinto. In realta' non c'e' ragione per derogare anche in questo caso al principio del favor rei, che informa tutto il procedimento penale e le altre disposizioni contenute nell'art. 669 del c.p.p. La disparita' di trattamento, che nell'art. 669 del c.p.p. e' riservata da un lato al caso in cui debbano essere comparate tra loro piu' sentenze dello stesso tipo (di condanna o di proscioglimento o di non luogo a procedere: art. 669, n. 1, e 7, del c.p.p.) e al caso in cui debbano essere comparate sentenze di tipo diverso (sentenza di proscioglimento e sentenza di condanna: art. 669, n. 8, del c.p.p.) ma emesse entrambe in fase di giudizio - tutti casi in cui la legge da' prevalenza a quella piu' favorevole per l'imputato o da questo ritenuta piu' favorevole - e dall'altro lato al caso in cui la comparazione riguardi sentenze di tipo diverso e/o emesse in fasi di- verse (sentenza di non luogo a procedere e sentenza pronunziata in giudizio o decreto penale) - caso in cui la prevalenza, secondo l'art. 669, ultimo comma, deve essere data alla sentenza emessa in giudizio o al decreto penale, in base a un criterio formalistico e non piu' in base al principio del favor rei; Tale disparita' di trattamento sembra ingiustificata sia in generale sia a maggior ragione nel caso in esame (nel quale il "conflitto" riguarda una sentenza di non luogo a procedere per estinzione del reato per oblazione e una sentenza di condanna, emessa solo perche' il giudice del dibattimento ignorava l'avvenuta oblazione). Si ritene quindi non manifestamente infondata e rilevante la questione di costituzionalita' dell'art. 669, ultimo comma, del c.p.p. per violazione dell'art. 3 della Costituzione.
P. Q. M. In applicazione dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Sospende il procedimento di esecuzione della sentenza penale n. 17/1991 pronunziata in data 15 febbraio 1991 contro Paratore Pietro; Dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Ordina che a cura della cancelleria l'ordinanza presente sia notificata alle parti (p.m. e condannato) nonche' alla Presidenza del Consiglio dei Ministri e che sia comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Acireale, addi' 22 giugno 1991 Il pretore: STURIALE Il direttore di cancelleria: FERRIGNO 91C1155