N. 393 SENTENZA 15 - 31 ottobre 1991

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Espropriazione per pubblico interesse  -  Occupazione  temporanea  di
 terreni per la sistemazione dei bacini montani - Indennizzo -
 Incongruita'  - Interventi nell'interesse degli stessi proprietari -
 Non fondatezza e manifesta infondatezza.
 
 (R.D.-L. 30 dicembre 1923, n. 3267, art. 50).
 
 (Cost., art. 42, secondo e terzo comma).
(GU n.45 del 13-11-1991 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: dott. Aldo CORASANITI;
 Giudici: prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof.
    Gabriele  PESCATORE,  avv.  Ugo  SPAGNOLI,  prof.  Francesco Paolo
    CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE,  prof.  Vincenzo  CAIANIELLO,
    avv.  Mauro  FERRI,  prof.  Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, prof.
    Giuliano VASSALLI;
 ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art.  50  del  regio
 decreto-legge  30  dicembre  1923,  n.  3267 (Riordinamento e riforma
 della legislazione in  materia  di  boschi  e  di  terreni  montani),
 promosso  con  ordinanza  emessa  il  6  novembre 1990 dalla Corte di
 Appello di Potenza  nel  procedimento  civile  vertente  tra  Regione
 Basilicata  e  Giuralongo  Raffaele  ed  altri iscritta al n. 291 del
 registro ordinanze 1991 e pubblicata nella Gazzetta  Ufficiale  della
 Repubblica n. 18, prima serie speciale, dell'anno 1991;
    Visto  l'atto  di  costituzione  di  Giuralongo  Raffaele ed altri
 nonche'  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 ministri;
    Udito  nell'udienza pubblica del 9 luglio 1991 il Giudice relatore
 Francesco Paolo Casavola;
    Udito l'Avvocato dello Stato Giorgio D'Amato per il Presidente del
 Consiglio dei ministri;
                           Ritenuto in fatto
    1. - Con ordinanza emessa il  6  novembre  1990  nel  procedimento
 civile  vertente  tra  Regione  Basilicata  e  Giuralongo Raffaele ed
 altri, la Corte di Appello di  Potenza  ha  sollevato,  in  relazione
 all'art.  42, secondo e terzo comma, della Costituzione, questione di
 legittimita' costituzionale dell'art. 50 del regio  decreto-legge  30
 dicembre 1923, n. 3267, nella parte in cui prevede, per l'occupazione
 di  terreni da sottoporre a lavori di rinsaldamento e rimboschimento,
 la corresponsione di una indennita' annua calcolata, in somma  fissa,
 sul reddito netto all'epoca dell'inizio dei lavori.
    Secondo   il   giudice   a  quo,  la  norma  impugnata,  ancorando
 l'indennizzo a un valore monetario sempre  piu'  lontano  dai  valori
 attuali  (nel  caso di specie le occupazioni si protraggono dai 18 ai
 31  anni),  violerebbe  l'art.  42,  secondo  e  terzo  comma,  della
 Costituzione,  determinandosi,  per  la  svalutazione  monetaria, uno
 squilibrio  tra  le  parti  e  conseguentemente  uno  svuotamento  di
 contenuto  del  diritto  di  proprieta',  non  essendo  adeguatamente
 compensato,  in  sede  di  indennizzo,  il  sacrificio  della perdita
 concreta, da parte dei proprietari, del godimento degli immobili.
    2. - Intervenuta in rappresentanza e  difesa  del  Presidente  del
 Consiglio dei ministri, l'Avvocatura dello Stato, dopo aver ricordato
 che le opere di sistemazione dei bacini montani previste dall'art. 39
 del  regio  decreto-legge n. 3267 del 1923 sono, a spese dello Stato,
 effettuate su terreni che rimangono di proprieta' privata e, a lavori
 ultimati,  vengono  riconsegnati   al   proprietario,   osserva   che
 l'interesse  di quest'ultimo all'esecuzione delle opere non e' minore
 di quello pubblico inerente alla funzione sociale della proprieta'  e
 agli  scopi  perseguiti  con  la normativa del regio decreto-legge n.
 3267 del 1923.
    La   questione   verterebbe   fuori   di   qualsiasi   fattispecie
 espropriativa e non sarebbe quindi pertinente il richiamo del secondo
 e   del  terzo  comma  dell'art.  42  della  Costituzione,  dovendosi
 l'indennizzo in questione considerare nel  complesso  delle  utilita'
 conseguite  dal  proprietario  e  dei  corrispondenti oneri assunti a
 carico della collettivita', per cui, a  fronte  della  sua  eventuale
 perdita  di  valore, si colloca non solo la progressiva perdita della
 redditivita' e delle possibilita' di  sfruttamento  del  terreno,  ma
 anche  il progressivo incremento della spesa (di valore attualizzato)
 a  carico  della  collettivita'  e  direttamente  produttiva  per  il
 proprietario.
    Non   sembra   pertanto   censurabile   all'Avvocatura  la  scelta
 legislativa  che  ha  portato  a  individuare  nell'indennizzo   come
 determinato  dalla  norma  censurata  il  massimo  di contributo e di
 riparazione che, nell'ambito degli scopi perseguiti con l'occupazione
 temporanea dei beni, puo' essere garantito al proprietario.  Conclude
 quindi  l'Avvocatura  chiedendo  che  la  questione  venga dichiarata
 infondata.
    3. - In una memoria  presentata  nell'imminenza  dell'Udienza,  la
 difesa  privata  ricorda  come  i proprietari dei fondi occupati, per
 evitare il ricorso da parte dell'Ispettorato forestale  ad  espropri,
 ebbero a cedere in varie epoche, da oltre trent'anni, alle condizioni
 imposte  dallo  stesso  Ufficio,  i  loro terreni adibiti a pascolo e
 seminativo, per le finalita' di cui agli artt. 33 e segg.  del  regg.
 decreto-legge  n.  3267  del  1923.  Ribadite  le  argomentazioni del
 giudice a quo, la difesa sottolinea come la mancata  rideterminazione
 (o     rivalutazione)    dell'indennita'    esclude    la    funzione
 riequilibratrice della stessa: il factum principis, vietando sine die
 l'utilizzazione dei fondi e obbligando  i  proprietari  a  pagare  le
 imposte  e  le  tasse  in  vigore e non tenendo conto della rilevante
 svalutazione monetaria nel  frattempo  verificatasi,  determinerebbe,
 come  gia' denunciato dal giudice rimettente, squilibrio tra le parti
 e quindi svuotamento del diritto di proprieta'  per  la  perdita  del
 godimento degli immobili e per il mancato compenso del sacrificio con
 un  indennizzo  adeguato e non fermo all'epoca d'inizio dei lavori di
 sistemazione.
                        Considerato in diritto
    1. - La Corte di Appello di Potenza, con ordinanza del 6  novembre
 1990  (R.O.  n.  291  del  1991),  solleva  incidente di legittimita'
 costituzionale, con riferimento all'art. 42, secondo e  terzo  comma,
 della  Costituzione, dell'art. 50 del regio decreto-legge 30 dicembre
 1923,  n. 3267 (Riordinamento e riforma della legislazione in materia
 di boschi e di terreni montani),  "nella  parte  in  cui  prevede  la
 corresponsione   di   un'indennita'   annua   in   somma   fissa  per
 l'occupazione di terreni da sottoporre a lavori  di  rinsaldamento  e
 rimboschimento".
    2. - La questione e' infondata.
    La  parziale  o  totale  sospensione  di  godimento,  da parte dei
 proprietari, dei  terreni  da  sistemare  rientra  nella  fattispecie
 descritta   dall'art.   42,   secondo   comma,   della  Costituzione,
 configurandosi come limite  allo  scopo  di  assicurare  la  funzione
 sociale della proprieta'.
    Infatti  se  i terreni dei bacini montani non fossero sottoposti a
 opere  di  sistemazione  idraulico-forestale,  il  loro  degrado   li
 sottrarrebbe  come risorsa produttiva sia direttamente ai proprietari
 sia indirettamente alla collettivita'. La  coincidenza  che  viene  a
 verificarsi   tra   interesse   pubblico   e   privato  e'  manifesta
 nell'intervento  dello  Stato,  che  a  propria  cura  e   spese   si
 sostituisce   ai   proprietari   per   il  compimento  di  opere  che
 salvaguardino  i  loro  terreni.  Il  sacrificio  della   sospensione
 temporanea  del  godimento  e'  compensato  con  un indennizzo che si
 aggiunge al beneficio realizzato dalle opere sostenute a spese  dello
 Stato.  Tale  indennizzo  non deve essere rivalutato, attesa la lunga
 durata dell'occupazione dei terreni per il compimento delle opere  di
 sistemazione,  che  lo  allontana dai valori originari, cui era stato
 rapportato in somma fissa, del reddito  netto  all'epoca  dell'inizio
 dei  lavori  di  rinsaldamento e rimboschimento, proprio perche' alla
 progressiva diminuzione  di  valore  dell'indennizzo  corrisponde  il
 vantaggio determinato dalle opere in corso.
    Non risultando peraltro compressione o svuotamento del diritto del
 proprietario   -  che  conserva  integro  ed  attuale  il  potere  di
 disposizione  sul  bene  -  cosi'  da  configurare  una   fattispecie
 espropriativa  non  traslativa,  esclusa peraltro dal carattere della
 temporaneita' che tale non cessa in virtu'  della  lunga  durata,  la
 questione  e'  manifestamente  infondata  rispetto all'art. 42, terzo
 comma, della Costituzione.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara non fondata la questione di  legittimita'  costituzionale
 dell'art.  50  del  regio  decreto-legge  30  dicembre  1923, n. 3267
 (Riordinamento e riforma della legislazione in materia di boschi e di
 terreni montani), sollevata,  in  riferimento  all'art.  42,  secondo
 comma,  della  Costituzione,  dalla  Corte  di Appello di Potenza con
 l'ordinanza di cui in epigrafe;
    Dichiara manifestamente infondata  la  questione  di  legittimita'
 costituzionale  della medesima norma, sollevata dalla stessa Corte in
 riferimento all'art. 42, terzo comma, della Costituzione.
    Cosi' deciso in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 15 ottobre 1991.
                       Il Presidente: CORASANITI
                        Il redattore: CASAVOLA
                        Il cancelliere: MINELLI
    Depositata in cancelleria il 31 ottobre 1991.
                Il direttore della cancelleria: MINELLI
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