N. 679 ORDINANZA (Atto di promovimento) 10 luglio 1991

                                N. 679
    Ordinanza emessa il 10 luglio 1991 dal pretore di Cagliari nel
     procedimento penale a carico di Pedditzi Gianfranco ed altri
 Processo penale - Arresto in flagranza - Adizione al pretore per
    convalida  e  celebrazione  del  rito direttissimo - Non richiesta
    applicazione di  misure  coercitive  -  Convalida  dell'arresto  e
    mancata  emissione di provvedimenti restrittivi - Lamentata omessa
    previsione, in tale ipotesi, del potere di restituzione degli atti
    al  p.m.  perche'  proceda  con  il  rito  ordinario  -  Possibile
    sottrazione  dell'imputato  al  giudice  naturale  e  quindi ad un
    "giusto processo".
 (C.P.P. 1988, art. 566, quinto e sesto comma).
 (Cost., art. 25).
(GU n.45 del 13-11-1991 )
                              IL PRETORE
    Ha pronunciato  e  pubblicato,  dandone  lettura  in  udienza,  la
 seguente ordinanza nel procedimento penale contro:
      1)  Pedditzi  Gianfranco,  nato  a  Marcalagonis il 29 settembre
 1971;
      2) Gallus Cesare, nato a Cagliari il 7 luglio 1970;
      3) Podda Massimiliano, nato a Settimo S. Pietro il  26  novembre
 1972, imputati del delitto di cui agli artt. 110, 624, 625, n. 2, 5 e
 7  del  c.p. perche', in concorso tra loro e con i minorenni Pedditzi
 Domenico  e  Mereu  Davide,  al   fine   di   trarne   profitto,   si
 impossessavano   dell'autoveicolo   Fiat   Uno   tg.   CA/454699  che
 sottraevano dalla pubblica  via  dove  Pilato  Angelina  lo  deteneva
 esposto  per  necessita'  e  consuetudine  alla pubblica fede, previa
 violenza sulle  cose  (manomissione  blocco  accensione  e  serrature
 portiere). In Cagliari tra l'8 ed il 9 settembre 1991;
    Ritenuto  che  all'odierna  udienza  dibattimentale  ufficiali  di
 polizia  giudiziaria  hanno  presentato  al  nostro  cospetto   certi
 Pedditzi  Gianfranco,  Gallus  Cesare e Podda Massimiliano, arrestati
 nella flagranza del delitto specificato in epigrafe, che l'arresto e'
 stato convalidato e che, come richiesto dal pubblico  ministero,  non
 sono state applicate misure coercitive;
                             O S S E R V A
    Ai  sensi  della  disposizione  di  carattere  generale  contenuta
 nell'art. 121 del decreto legislativo 28  luglio  1989,  n.  271,  il
 pubblico ministero, anche prima di presentare (o far presentare dalla
 polizia  giudiziaria,  cfr.  art.  163  del  d.lgs. cit.) l'arrestato
 davanti al giudice, ha sempre l'obbligo di  valutare  la  sussistenza
 oppure   non   dei  requisiti  che  potrebbero  per  legge  importare
 l'applicazione di misure coercitive.
    In  particolare,  in  caso  di  stima  negativa,  non  puo'   egli
 promuovere  il  giudizio  direttissimo  tipico,  ma  ha  il dovere di
 disporre l'immediata liberazione dell'arrestato e di procedere con le
 forme ordinarie (cfr. art. 121, secondo comma, citato).
    Nessuna norma, invece, prevede  che  la  mancata  applicazione  di
 misure  coercitive  da parte del giudice comunque adi'to con le forme
 del procedimento direttissimo comporti la trasformazione del rito con
 restituzione degli atti al pubblico ministero.
    Infatti, secondo l'opinione della dottrina  e,  da  ultimo,  anche
 della  Corte  di  cassazione  (C.c.  19  aprile  1991,  Corpino+1, in
 motivazione) per la celebrazione del giudizio speciale e' necessaria,
 ma anche sufficiente, la sola convalida dell'arresto, come si  ricava
 dal  combinato  disposto  del  quinto e sesto comma dell'art. 566 del
 codice, nei quali e' appunto soltanto statuito che "se  l'arresto  e'
 convalidato .. si procede immediatamente al giudizio" e, se non lo e'
 "il pretore restituisce gli atti al pubblico ministero".
    Nel  vigente  sistema,  quindi,  da  un  lato,  la legge impone al
 pubblico ministero di adire il pretore designato per la  celebrazione
 dei giudizi direttissimi solo se ricorra (anche) il presupposto della
 applicabilita'  di misure coercitive, e, dall'altro, non pone rimedio
 alcuno alla violazione di tale limite da parte del medesimo  pubblico
 ministero  perche'  il  giudizio speciale, una volta instaurato, deve
 comunque essere  proseguito  non  soltanto  nell'ipotesi  in  cui  il
 giudice  accerti che quel presupposto non era in realta' sussistente,
 ma eziandio nel caso - peraltro non infrequente nella  pratica  -  in
 cui  la  stessa  pubblica  accusa neppure chieda l'adozione di misure
 cautelari.
    A parere di questo pretore,  la  norma  da  ultimo  citata,  cosi'
 interpretata - e non si vede come potrebbe esserlo diversamente -, e'
 di pubblica legittimita' costituzionale, con riferimento all'art. 25,
 primo  comma,  della  Carta, nella parte in cui appunto non impone al
 pretore,  anche  nel  caso  di  mancata  adozione  di   provvedimenti
 restrittivi,  di  rendere  gli  atti  al  pubblico  ministero perche'
 proceda con le forme ordinarie.
    Infatti, l'incontrollabilita', sotto il profilo della  scelta  del
 rito,  della  preventiva  valutazione  del  pubblico  ministero circa
 l'applicabilita'  di   misure   coercitive,   puo'   determinare   la
 indiscriminata  sottrazione  dell'imputato  sia al suo giusto giudice
 del procedimento incidentale di convalida (che e' il giudice  per  le
 indagini  preliminari, ai sensi del secondo comma dell'art. 121 cit.)
 sia a quello del dibattimento (designabile ai sensi dell'art. 160 del
 d.lgs. cit.), e, al limite, permette che l'esercizio  di  un  potere-
 dovere legittimo possa trasformarsi in abuso e la discrezionalita' in
 arbitrio.
    Costante   e'   invece   la   giurisprudenza   di   codesta  Corte
 nell'affermare che le  stime  del  pubblico  ministero  destinate  ad
 influire  sulla scelta del rito devono essere normalmente soggette al
 controllo del giudice proprio  per  rendere  il  loro  esercizio  non
 incompatibile con il canone della predeterminazione sancito nel primo
 comma  dell'art.  25 della Costituzione (cfr., per tutte, le sentenze
 n. 177/1968; n. 40/1971; n. 123/1971; n.  209/1971;  cfr.,  altresi',
 Cass. sez. unite 28 novembre 1981, Emiliani).
    Ne'  sembra dubitabile che il principio postulato e ribadito nelle
 succitate  sentenze  sia  perfettamente  in  armonia  anche  con   le
 specifiche  posizioni  assegnate  nel  nuovo sistema istituzionale al
 pubblico ministero ed al giudice, le  quali  non  consentono  che  la
 prospettazione  del  primo - parte che propone una domanda e che deve
 percio' primariamente provare i requisiti formali  di  ammissibilita'
 della stessa - possa avere una "forza" addirittura superiore a quella
 della  volonta' della legge, come dichiarata dal secondo che, invece,
 imparzialmente decide non solo sul merito della pretesa, ma anche sui
 relativi suoi presupposti procedurali (cfr. da ultimo, con  specifico
 riferimento   alla  spettanza  in  capo  al  giudice  del  dovere  di
 controllare i presupposti sui quali  si  fonda  la  scelta  del  rito
 operata  dal  pubblico  ministero,  Corte  costituzionale 22 maggio-6
 giugno 1991, quart'ultimo cpv. della motivazione).
    E' inoltre da porre in risalto che  l'accoglimento  della  dedotta
 questione  non  creerebbe  affatto  una situazione finora sconosciuta
 all'ordinamento processuale, ma, anzi, porrebbe l'attuale sistema  in
 continuita' con l'ultima evoluzione di quello precedente, il cui art.
 505,  come  novellato  dalla  legge  27  luglio 1984, n. 397, appunto
 prevedeza  che  si  dovesse  procedere  immediatamente  al   giudizio
 direttissimo  solo  "se  l'arresto  e'  convalidato ed il pretore non
 ritiene di disporre che l'imputato sia posto in liberta'".
    Si  potrebbe  anzi  addirittura  sostenere  che  la   disposizione
 contenuta  nell'art.  121, primo comma, delle vigenti disposizioni di
 attuazione  rappresenti  un   ulteriore   perfezionamento   di   quel
 meccanismo  sotto  il profilo garantista. Con essa, infatti, non solo
 l'alternativa tra  la  liberazione  e  l'immediato  giudizio  di  cui
 all'abrogato  art.  505  e'  stata  ribadita  ed anzi estesa anche al
 procedimento  davanti  al  tribunale  ed  alla  corte  d'assise,   ma
 addirittura la soluzione della alternativa stessa e' stata anticipata
 alla fase del primo, necessario contatto dell'arrestato all'autorita'
 giuridiaria (cfr. artt. 386 del cod. e 163 att. cit.).
    E'  tuttavia  evidente  che  tale  piu'  incisiva  guarentigia  di
 liberta' risulta invano prevista, se poi,  attraverso  il  meccanismo
 dell'insindacabilita'  dell'opinione del pubblico ministero, lo stato
 di  custodia  puo'  sempre  essere  impunemente   mantenuto   ed   il
 procedimento  speciale  promosso  e  coltivato  anche  fuori  del suo
 proprio  ambito  istituzionale   e,   quindi,   piu'   o   meno   con
 consapevolezza,   anche   utilizzato  per  il  perseguimento  di  non
 controllabili obiettivi atipici, taluni dei quali,  magari,  come  la
 sottrazione dell'imputato al giudice naturale - e, quindi, al "giusto
 processo"  -,  non  necessariamente  condivisibili  neppure  in linea
 teorica.
    La rilevanza della questione sta, infine, in cio', che  dalla  sua
 soluzione  dipenderanno le modalita', con le forme comuni, oppure con
 quelle  del  rito  speciale,  secondo  le  quali  dovra'  svilupparsi
 l'ulteriore corso del presente procedimento.
                               P. Q. M.
    Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Dichiara  non manifestamente infondata e rilevante la questione di
 legittimita' dell'art. 566, quinto  e  sesto  comma,  del  codice  di
 procedura  penale,  con  riferimento  all'art. 25, primo comma, della
 Costituzione, nella parte in cui non impone al pretore, adito per  la
 celebrazione  del  giudizio direttissimo tipico, che non abbia emesso
 provvedimenti  restrittivi,  di  restituire  gli  atti  al   pubblico
 ministero  perche'  proceda  con le forme ordinarie e, per l'effetto,
 dispone   l'immediata   trasmissione   degli    atti    alla    Corte
 costituzionale,  sospende  il  giudizio  in  corso  e  dispone che la
 presente ordinanza sia  notificata,  a  cura  della  cancelleria,  al
 Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri  e comunicata ai Presidenti
 delle due Camere del Parlamento.
      Cagliari, addi' 10 luglio 1991
                         Il pretore: PODDIGHE

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