N. 404 SENTENZA 4 - 12 novembre 1991

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Imposte  in genere - Commissioni tributarie - Procedimento tributario
 - Sospensione - Applicabilita' - Richiamo alla sentenza  n.  560/1989
 della Corte - Non fondatezza nei sensi di cui in motivazione.
 
 (D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, art. 39, primo comma).
 
 (Cost., artt. 3, primo comma, e 97, primo comma).
 
(GU n.46 del 20-11-1991 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: dott. Aldo CORASANITI;
 Giudici: prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof.
    Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Antonio  BALDASSARRE,
    prof.  Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI,
    prof. Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI;
 ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  39,  primo
 comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636 (Revisione della disciplina
 del  contenzioso  tributario),  promosso  con  ordinanza  emessa il 4
 febbraio 1991 dalla Commissione tributaria di 1›  grado  di  Verbania
 nel  ricorso  proposto  da  Aghina Giampiero contro l'Ufficio imposte
 dirette di Arona iscritta al n. 325 del  registro  ordinanze  1991  e
 pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale  della Repubblica n. 21, prima
 serie speciale, dell'anno 1991;
    Visto l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del 9 ottobre 1991 il Giudice
 relatore Giuseppe Borzellino;
                           Ritenuto in fatto
    1. - Con ordinanza emessa il 4  febbraio  1991  dalla  Commissione
 tributaria  di  1›  grado  di Verbania sul ricorso proposto da Aghina
 Giampiero contro l'Ufficio imposte dirette di Arona (Reg. ord. n. 325
 del 1991) avverso l'avviso di accertamento  con  il  quale  e'  stato
 elevato il reddito di partecipazione dell'Aghina in qualita' di socio
 della  "PI.EM. di Lazzaro Emilio e Aghina Giampiero s.n.c.", e' stata
 sollevata questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  39,
 primo  comma,  del  d.P.R.  26  ottobre  1972,  n. 636, in quanto non
 prevede l'applicabilita', al procedimento  davanti  alle  commissioni
 tributarie,   dell'art.   295   c.p.c  (sospensione  necessaria),  in
 riferimento agli artt. 3, primo  comma,  e  97,  primo  comma,  della
 Costituzione.
    Rilevato  infatti  che  ai sensi dell'art. 5 del d.P.R. n. 597 del
 1973 il reddito di  partecipazione  del  socio  e'  subordinato  alla
 determinazione  del reddito della societa' e che pende il giudizio di
 appello relativo all'avviso di accertamento notificato alla  suddetta
 societa'  PI.EM., il Collegio a quo osserva come nella fattispecie in
 esame la sospensione del processo  non  solo  sarebbe  opportuna,  ma
 "addirittura   necessaria",   poiche'   la   decisione   del  ricorso
 dipenderebbe "totalmente"  dalla  definizione  della  causa  promossa
 dalla PI.EM. s.n.c.
    La  sospensione,  secondo  il  Collegio,  non e' tuttavia prevista
 dalle norme del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, senza che l'art.  295
 del  Codice  di  procedura  civile  possa  trovare  applicazione  nel
 processo tributario.
    Di conseguenza, l'eventualita' di giudicati contraddittori in caso
 di  mancata  sospensione  giustificherebbe  la  relativa  censura  di
 incostituzionalita'  in relazione all'art. 3, primo comma, (principio
 di razionalita') e all'art. 97,  primo  comma,  (principio  del  buon
 andamento).
    2.  -  Ha  spiegato  intervento  il  Presidente  del Consiglio dei
 ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
 Stato,  che  ha  concluso per l'inammissibilita' o infondatezza della
 questione.
    A  parte  un  adombrato  automatismo,  nella   sfera   tributaria,
 correlante   il   reddito   societario   premesso   con   quello   di
 partecipazione del socio,  si  osserva,  infatti,  che  la  finalita'
 sostanziale  perseguita  nell'art.  295  c.p.c. in una forma - quella
 della  sospensione  del  processo  -  coerente  ad  un   procedimento
 caratterizzato    dall'impulso   di   parte,   sarebbe   pur   sempre
 salvaguardata,  in  procedimenti  -  come  quello  tributario  -  con
 strumenti  diversi  (quali,  ad esempio, il rinvio o la cancellazione
 dal ruolo d'udienza).
                        Considerato in diritto
    1. - L'art. 39, primo comma, del d.P.R. 26 ottobre  1972,  n.  636
 (Revisione  della  disciplina  del  contenzioso  tributario) dichiara
 espressamente applicabili al procedimento  dinanzi  alle  Commissioni
 tributarie,  con salvezza di talune specifiche disposizioni, le norme
 del libro primo del codice di procedura civile.
    Talche', la Commissione remittente ha ravvisato senz'altro escluso
 dal procedimento stesso l'istituto della sospensione necessaria quale
 contemplata invece nel codice di rito, ma in diverso libro (II:  art.
 295).
    Tanto  contrasterebbe,  secondo  il  remittente, con i principi di
 razionalita' e di buon andamento del procedimento espressi  nell'art.
 3, primo comma, e 97, primo comma, della Costituzione.
    2. - La questione, nei termini di cui in appresso, non e' fondata.
    Gia'   la  Corte  di  Cassazione,  seguita  da  gran  parte  della
 giurisprudenza della Commissione Centrale delle imposte, con svariate
 univoche  decisioni,  ha   ritenuto   applicabile   al   procedimento
 tributario,  quando  ne  ricorrono  i  presupposti, l'istituto di cui
 trattasi. Anche in dottrina  e'  stato  rilevato,  ed  ancorche'  nel
 silenzio  della  legge, che sussiste ragione sufficiente per ritenere
 non estranea al contenzioso tributario la sospensione in parola.
    D'altronde, questa stessa Corte ha avuto  modo  di  affermare  nel
 recente  passato,  in  termini  piu'  generali, che la disciplina del
 processo comune va riferita  ed  e'  pertanto  applicabile  anche  al
 procedimento   tributario,   tutte  quelle  volte  che  esso  risulti
 compatibile con esso (sent. n. 560 del 1989).
    Cio'  acquista  particolare  valore  per  la  situazione in esame,
 considerati gli scopi della regolamentazione  dettata  nell'art.  295
 del  codice  di rito, avente il fine di evitare la contraddittorieta'
 di giudicati.
    In definitiva, con l'avvertenza che il giudice  tributario  dovra'
 tener  presente,  nella  disamina,  la compatibilita' effettiva della
 sospensione - come in punto adombrato dalla stessa Avvocatura  -  con
 quanto  deriva  dalla  iscrizione  provvisoria a termini di legge nei
 ruoli, la questione nei sensi qui descritti va dichiarata infondata.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione
 di legittimita' costituzionale dell'art. 39, primo comma  del  d.P.R.
 26  ottobre  1972, n. 636 (Revisione della disciplina del contenzioso
 tributario), sollevata  quanto  all'applicazione  dell'art.  295  del
 codice di procedura civile, in riferimento agli artt. 3, primo comma,
 e  97,  primo comma, della Costituzione, dalla Commissione tributaria
 di primo grado di Verbania con l'ordinanza in epigrafe.
    Cosi' deciso in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 4 novembre 1991.
                       Il Presidente: CORASANITI
                       Il redattore: BORZELLINO
                        Il cancelliere: MINELLI
    Depositata in cancelleria il 12 novembre 1991.
                Il direttore della cancelleria: MINELLI
 91C1201