N. 406 ORDINANZA 4 - 12 novembre 1991
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Previdenza e assistenza - Cassa nazionale ingegneri e architetti - Minimo di pensione inferiore all'importo della pensione sociale - Perplessita' sulla formulazione della questione - Difetto di motivazione sulla rilevanza - Manifesta inammissibilita'. (Legge 3 gennaio 1981, n. 6, art. 25, decimo comma). (Cost., artt. 3 e 38).(GU n.46 del 20-11-1991 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: dott. Aldo CORASANITI; Giudici: prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI;
ha pronunciato la seguente ORDINANZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 25, comma decimo, della legge 3 gennaio 1981, n. 6 (Norme in materia di previdenza per gli ingegneri e gli architetti) promosso con ordinanza emessa il 6 marzo 1991 dal Pretore di Torino nel procedimento civile vertente tra Vinella Costantino e Cassa nazionale di previdenza ed assistenza per gli ingegneri ed architetti iscritta al n. 321 del registro ordinanze 1991 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 21, prima serie speciale, dell'anno 1991; Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella camera di consiglio del 9 ottobre 1991 il Giudice relatore Luigi Mengoni; Ritenuto che, nel corso di un giudizio civile promosso dall'ing. Costantino Vinella contro la Cassa nazionale di previdenza e assistenza per gli ingegneri e gli architetti, il Pretore di Torino, con ordinanza del 6 marzo 1991, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 38 della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 25, decimo comma, della legge 3 gennaio 1981, n. 6, nella parte in cui prevede, fino al 1 gennaio del secondo anno successivo all'entrata in vigore della legge, un minimo di pensione di lire tre milioni annui, inferiore all'importo della pensione sociale calcolato ai sensi dell'art. 26, secondo comma, della legge 30 aprile 1969, n. 153; che la rilevanza della questione e' motivata sul rilievo che, ai sensi dell'art. 21 della legge 11 ottobre 1990, n. 290, il ricalcolo e l'adeguamento, ivi previsti, delle pensioni maturate in data anteriore hanno effetto dal primo giorno del mese successivo alla data di entrata in vigore della legge, restando cosi' insoddisfatte le pretese del ricorrente per il periodo anteriore"; che secondo il giudice remittente, alla luce dei principi esposti nella sentenza n. 31 del 1986 di questa Corte, da lui condivisi, la questione dovrebbe ritenersi "infondata", senza tuttavia che possa dirsi tale "in maniera manifesta", stante la successiva sentenza n. 243 del 1990, dalla quale "sembra emergere un diverso orientamento giurisprudenziale, che modifica il precedente principio di non paragonabilita' fra sistemi previdenziali"; che nel giudizio davanti alla Corte e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile per contraddittorieta' ed inadeguatezza della motivazione o, in subordine, infondata; Considerato che l'ordinanza di rimessione appare perplessa sulla formulazione della questione, oscillando tra la prospettazione della parte ricorrente (che nel dispositivo si dichiara di accogliere), la quale assume a termine di paragone l'importo della pensione sociale (sul riflesso che la pensione minima corrisposta da un ente di previdenza, dovendo rispondere al fine indicato nel secondo comma dell'art. 38 Cost., non puo' mai essere inferiore alla pensione sociale, che e' una forma di assistenza destinata ad assicurare il minimo esistenziale garantito a tutti i cittadini dal primo comma), e una diversa prospettazione che assume a termine di confronto il trattamento pensionistico minimo corrisposto dal Fondo pensioni per i lavoratori dipendenti; che in ordine alla prima prospettazione l'ordinanza difetta di motivazione sulla rilevanza della questione, la quale - attesa la premessa del giudice a quo, secondo cui il diritto alla pensione minima di vecchiaia erogata dalla Cassa di previdenza per gli ingegneri non toglie al ricorrente il diritto di fruire della pensione sociale, ove ne sussistano le condizioni - e' riconoscibile solo se sia accertata nella specie la non ricorrenza di tali condizioni; che in ordine alla seconda prospettazione il giudice a quo esprime, da un lato, un giudizio di "non fondatezza" della questione alla stregua della sentenza di questa Corte n. 31 del 1986, ormai superata dalla legge 29 dicembre 1988, n. 544, il cui art. 7 ha ragguagliato i minimi di pensione a carico della Cassa di previdenza per i professionisti al minimo a carico del Fondo pensioni per i lavoratori dipendenti; dall'altro, un giudizio di "non manifesta infondatezza" alla stregua della sentenza n. 243 del 1990, che ha deciso una questione diversa, concernente la legittimita' costituzionale del "sottominimo" di pensione previsto dalla legge sulla previdenza per i geometri, e comunque non ha affatto innovato nell'orientamento di questa Corte in punto di "paragonabilita' fra sistemi previdenziali", essendo la sua ratio decidendi indipendente da confronti con altri sistemi; che pertanto i rilevati elementi di incertezza sia nella definizione dei termini della questione sia nell'indicazione dei criteri di valutazione della norma impugnata rendono manifestamente inammissibile la questione; Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale;
PER QUESTI MOTIVI LA CORTE COSTITUZIONALE Dichiara la manifesta inammissibilita' della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 25, decimo comma, della legge 3 gennaio 1981, n. 6 (Norme in materia di previdenza per gli ingegneri e gli architetti), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 38 della Costituzione, dal Pretore di Torino con l'ordinanza indicata in epigrafe. Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 novembre 1991. Il Presidente: CORASANITI Il redattore: MENGONI Il cancelliere: MINELLI Depositata in cancelleria il 12 novembre 1991. Il direttore della cancelleria: MINELLI 91C1203