N. 720 ORDINANZA (Atto di promovimento) 27 giugno - 5 dicembre 1991
N. 720 Ordinanza emessa il 27 giugno 1991 (pervenuta alla Corte costituzionale il 5 dicembre 1991) dal tribunale amministrativo regionale per il Veneto sui ricorsi riuniti proposti da Galfano Luciano ed altri contro l'Universita' degli studi di Padova ed altro. Universita' - Dipendenti di quarta qualifica funzionale - Svolgimento di mansioni superiori - Lamentata omessa previsione di trattamento economico correlato alle mansioni stesse per il periodo anteriore alla decorrenza dell'inquadramento previsto e regolato dall'art. 1 della stessa impugnata legge 21 febbraio 1989, n. 63 - Violazione del principio di adeguatezza della retribuzione. (Legge 21 febbraio 1989, n. 63). (Cost., art. 36).(GU n.51 del 24-12-1991 )
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sui ricorsi n. 676/91, n. 677/91, n. 678/91 e n. 681/91, proposti rispettivamente da Galfano Luciano, da La Penna Riccardo, da Bonvicini Paola e da Masiero Mara, tutti rappresentati e difesi dall'avv. Paolo F. Brunello, con domicilio eletto presso la segreteria del t.a.r. (art. 35 del r.d. 26 giugno 1924, n. 1054, art. 19 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034), contro l'Universita' degli studi di Padova, in persona del rettore pro-tempore, rappresentata e difesa dall'avvocatura distrettuale dello Stato di Venezia, domiciliataria per legge, e il Ministero dell'universita' e della ricerca scientifica e tecnologica, non costituito in giudizio, per il riconoscimento del diritto alla indennita' retributiva corrispondente alle mansioni superiori di fatto svolte nel corso del rapporto d'impiego con l'Universita' di Padova; Visti i ricorsi, notificati il 21 febbraio 1991 e depositati il 15 marzo 1991, con gli allegati; Visti gli atti di costituzione in giudizio dell'Universita' di Padova, depositati il 15 giugno 1991; Visti tutti gli atti della causa; Uditi, nell'udienza del 27 giugno 1991 (relatore il presidente Rosini) l'avv. Brunello per i ricorrenti e l'avv. dello Stato Daneluzzi per l'Universita'; Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue; F A T T O I ricorrenti, dipendenti dell'Universita' di Padova, espongono che, pur essendo inquadrati nella quarta qualifica funzionale, da anni svolgono mansioni che rientrano in profili professionali elencati dal d.P.C.M. del 24 settembre 1981 fra quelli appartenenti alla sesta qualifica funzionale. Nell'ambito dell'espletamento delle procedure di inquadramento ex legge n. 63/1989 l'Universita' ha confermato sia lo svolgimento di fatto delle mansioni svolte, cosi' come precisate nei ricorsi, sia la corrispondenza delle stesse alla sesta qualifica. Cio' premesso, e premesso altresi' di avere inutilmente chiesto all'Universita' il pagamento delle indennita' retributive corrispondenti all'esercizio delle mansioni superiori svolte, i ricorrenti chiedono l'accoglimento di queste conclusioni: "Accertato che parte ricorrente dal 1ยบ gennaio 1985 (Galfano), dal 31 dicembre 1982 (La Penna), dal 18 ottobre 1982 (Bonvicini e Masiero) al 31 dicembre 1990, o a data diversa che risultera' in corso di causa, ha prestato di fatto mansioni corrispondenti alla sesta qualifica funzionale, superiore rispetto a quella di inquadramento per la quale e' stata retribuita; ritenuto e dichiarato che a parte ricorrente spetta il diritto ad una retribuzione corrispondente alle mansioni di fatto svolte, pari quindi a quella percepita da altri colleghi inquadrati in tale qualifica, ovvero in subordine una indennita' economica corrispondente alla differenza tra quanto percepito e quanto avrebbe dovuto percepire per le mansioni di fatto svolte in relazione alla corrispondente qualifica funzionale; condannarsi in via generica i reistenti, per quanto ad ognuno spetti, a pagare a parte ricorrente tali differenze retributive e/o indennitarie. Spese di causa rifuse". Resiste al ricorso l'Universita' di Padova, che ne chiede la reiezione sostenendo che i ricorrenti chiedono in sostanza l'applicazione retroattiva della legge n. 63/1989, e in subordine eccepisce la prescrizione. D I R I T T O I ricorrenti in epigrafe, tutti rivolti contro l'Universita' di Padova, possono essere opportunamente riuniti, perche' la decisione di tutti dipende dalla soluzione della stessa questione. I ricorrenti hanno provato, con idonea documentazione, di avere svolto, per un certo periodo di tempo, mansioni proprie di una qualifica funzionale superiore a quella in cui erano inquadrati, e di averlo fatto per ottemperare a disposizioni impartite dall'amministrazione universitaria. Essi percio' hanno chiesto all'amministrazione universitaria di essere inquadrati nel profilo professionale e nella qualifica funzionale correlati alle mansioni effettivamente espletate, e cio' a norma della legge 21 febbraio 1989, n. 63; la quale prevede che il richiedente ottenga l'inquadramento richiesto, anche in soprannumero rispetto alla dotazione organica, dopo che il consiglio di amministrazione dell'Universita' abbia accertato "la congruenza tra il profilo per il quale e' presentata la domanda e l'organizzazione del lavoro proprio della struttura presso la quale gli aventi titolo prestano servizio" (vale a dire, secondo quanto suggerisce l'interpretazione sistematica, dopo che sia stato individuato il profilo professionale corrispondente alle mansioni di cui sia stato verificato l'effettivo svolgimento) e dopo che, accertata tale congruenza, il richiedente abbia altresi' superato una "prova idoneativa". Naturalmente dalla decorrenza del provvedimento di inquadramento nella qualifica funzionale che gli spetta il dipendente ha diritto al trattamento economico connesso alla qualifica stessa. La legge n. 63/1989 non precisa se tale provvedimento produca effetti dalla data in cui viene adottato oppure retroagisca. Ma deve ritenersi che gli effetti dell'inquadramento non possano precedere il superamento della prova idoneativa. I ricorrenti sostengono tuttavia che, siccome nell'accertare la "congruenza" l'Universita' ha altresi' riconosciuto che le mansioni superiori erano svolte da data anteriore a quella della domanda e quindi, a maggio ragione, a quella del (futuro) provvedimento di inquadramento nella qualifica corrispondente alle mansioni svolte, spetta loro, per il periodo, anteriore a tale provvedimento, in cui hanno svolto le mansioni superiori, la differenza fra il trattamento economico proprio della qualifica in cui erano inquadrati e quello proprio della qualifica corrispondente alle mansioni svolte. Il fondamento giuridico di tale domanda sarebbe ricavabile, in buona sostanza, dall'art. 36 della Costituzione e dal principio che a parita' di lavoro deve corrispondere parita' di salario. (Nei ricorsi si menziona anche l'art. 2126 del Codice civile in quanto da esso ha argomentato la Corte costituzionale, nella sentenza n. 57/1989, per ritenere che il provvedimento formale di assegnazione a mansioni superiori non sia presupposto necessario per la rilevanza dell'esercizio delle mansioni stesse; ma il riferimento e' irrilevante in un caso come quello in esame, caratterizzato dalla esistenza del provvedimento formale). Nell'affrontare la questione va premesso che i pubblici dipendenti hanno diritto, in via di massima, al trattamento economico connesso alla qualifica funzionale nella quale sono inquadrati. L'inquadramento nelle qualifiche funzionali, regolato dalla legge 11 luglio 1980, n. 312, e', infatti, finalizzato essenzialmente alla determinazione del trattamento economico di attivita' e delle mansioni che il dipendente ha il dovere e il diritto di svolgere. Quando la legge attribuisce rilevanza (e nella sentenza n. 269/1990 la Corte costituzionale ha precisato che la legge puo' farlo, non che debba farlo) all'espletamento di mansioni proprie di qualifiche superiori a quella in cui l'impiegato e' inquadrato, lo fa stabilendo che esso costituisce (da solo, come nell'art. 85 della legge n. 312/1980, oppure in concorso con altri requisiti, come il superamento delle prove previste dall'art. 4 della stessa legge e dall'art. 1 della legge n. 63/1989) il presupposto per l'inquadramento in una qualifica diversa. S'e' gia' detto che la legge 21 febbraio 1989, n. 63, che regola la fattispecie dedotta in lite, ha stabilito che il personale tecnico e amministrativo delle Universita', che abbia svolto mansioni superiori a quelle proprie della sua qualifica, possa essere inquadrato nella qualifica adeguata alle mansioni stesse; ma ne' prevede che gli effetti di tale inquadramento decorrano dalla data di inizio dell'esercizio delle mansioni superiori ne' attribuisce alcun compenso, al di fuori dello stipendio proprio della qualifica di appartenenza, per l'esercizio delle mansioni stesse. Questa omissione non e' una lacuna che possa essere riempita ricorrendo, per il tramite dell'art. 2129 del Codice civile, all'art. 2103 dello stesso Codice (come ha fatto proprio questo tribunale nella sentenza del 1974 ricordata dai ricorrenti, superata tuttavia dalla giurisprudenza successiva). Le regola che il trattamento economico dei pubblici dipendenti e' determinato dal loro inquadramento nelle qualifiche funzionali (inquadramento che in certi casi previsti dalla legge, come s'e' accennato, puo' essere influenzato dallo svolgimento di mansioni superiori, ma dal quale discende comunque la determinazione del trattamento economico) e', infatti, un aspetto fondamentale dell'organizzazione del pubblico impiego (vd. gli artt. 4 e 17, ultimo capoverso, della legge quadro n. 93/1983); sicche' ogni deroga ad esso, vale a dire la rilevanza diretta, sul trattamento economico, delle mansioni svolte, deve essere stabilita esplicitamente e specificamente dalla legge. Percio' la domanda dei ricorrenti e' priva di fondamento normativo. Va affrontata, percio', siccome dirimente (nonostante la genericita' con cui e' stata proposta dai ricorrenti), la questione di legittimita' costituzionale della legge 21 febbraio 1989, n. 63, nella parte in cui non prevede (e percio' esclude, per quanto s'e' detto) che lo svolgimento di mansioni superiori vada adeguatamente retribuito; e cio' con riferimento all'art. 36 della Costituzione. Al riguardo la sezione osserva che la regola costituzionale della proporzionatezza della retribuzione alla "qualita' del lavoro" non esige un sistema retributivo che identifichi la qualita' del lavoro nel tipo di mansioni attribuite al lavoratore. Tale attribuzione, infatti, non e' indicativa della "qualita' del lavoro" se prescinde dall'accertamento della relativa capacita' professionale, costituita dall'insieme dei requisiti richiesti dall'ordinamento in relazione ai diversi tipi di funzioni (vd. l'art. 17, secondo comma, della legge 29 marzo 1983, n. 93, che distingue il "contenuto oggettivo del rapporto di servizio" dai "requisiti culturali e di esperienza professionale"). Chi, senza avere dimostrato (superando un pubblico concorso o una prova attitudinale, od ottenendo l'iscrizione a un albo) di possedere la capacita' professionale occorrente per coprire un posto, esercita tuttavia le relative mansioni, non puo' sostenere, per cio' solo, di effettuare prestazioni della stessa qualita' di chi ha dimostrato di possedere la relativa capacita' professionale. A non dire che la regola costituzionale di adeguatezza della retribuzione (art. 36) trova un limite nella regola, pure di rango costituzionale (art. 97) di buon andamento della pubblica amministrazione, che sarebbe ferita dalla rilevanza che venisse attribuita in via generale allo svolgimento di mansioni diverse da quelle di appartenenza; come e' stato ripetutamente messo in luce da una giurisprudenza che i ricorrenti mostrano di non ignorare. Ed e' significativo che in nessuno dei contratti stipulati, ai sensi della legge quadro n. 93/1983, per i vari comparti del pubblico impiego e neppure in seno agli accordi intercompartimentali del 1986 e del 1988 sia stata prevista l'attribuzione di effetti economici all'esercizio di mansioni superiori a quelle proprie della qualifica di appartenenza. Questi argomenti non sono tuttavia incontrovertibili, in presenza di un orientamento della Corte costituzionale (sentenza n. 57 del 23 febbraio 1989) che sembra far corrispondere la qualita' del lavoro al tipo di mansioni, e che sembra subordinare l'art. 97 della Costituzione all'art. 36; e dunque non consentono di dichiarare manifestamente infondata una questione di legittimita' costituzionale tanto importante per la sua rilevanza pratica. E' il caso, percio', di affidarla al giudizio della Corte costituzionale.
P. Q. M. Riuniti i ricorsi in epigrafe, rimette alla Corte costituzionale la questione di legittimita' costituzionale, con riferimento all'art. 36 della Costituzione, della legge 21 febbraio 1989, n. 63, nella parte in cui non stabilisce che per il periodo anteriore alla decorrenza dell'inquadramento previsto e regolato dall'art. 1 della stessa legge sia attribuito, al personale che ha svolto le accertate mansioni superiori, il trattamento economico della qualifica correlata alle mansioni stesse; Sospende frattanto il giudizio, dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, e manda alla Segreteria di notificare la presente ordinanza alle parti in causa e al Presidente del Consiglio dei Ministri e di comunicarla ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Cosi' deciso in Venezia il 27 giugno 1991. Il presidente, estensore: (firma illeggibile) Il segretario: (firma illeggibile) 91C1288