N. 450 SENTENZA 4 - 13 dicembre 1991

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Previdenza  e  assistenza-  Pensione  di  guerra-  Vedova superstite-
 Matrimonio durato meno di  un  anno  e  senza  prole-  Negazione  del
 trattamento  pensionistico-  Richiamo alla giurisprudenza della Corte
 (sentenze nn. 123/1990 e 189/1991)- Atto  di  solidarieta'  da  parte
 dello Stato, e non meramente assicurativo nel rispetto del vincolo di
 coniugio. - Illegittimita' costituzionale.
 
 (Legge  18  marzo  1968,  n.  313,  art.  44, ultimo comma; d.P.R. 23
 dicembre 1978, n. 915, art. 40, terzo comma).
 
 (Cost., artt. 3, 29 e 31).
(GU n.50 del 18-12-1991 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: dott. Aldo CORASANITI;
 Giudici: prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof.
    Gabriele  PESCATORE,  avv.  Ugo  SPAGNOLI,  prof.  Francesco Paolo
    CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE,  prof.  Vincenzo  CAIANIELLO,
    avv.  Mauro  FERRI,  prof.  Luigi MENGONI; prof. Enzo CHELI, dott.
    Renato GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI;
 ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nei giudizi di legittimita' costituzionale  degli  artt.  44,  ultimo
 comma,  della  legge  18  marzo  1968,  n.  313  (Riordinamento della
 legislazione pensionistica di guerra), e dell'art. 40,  terzo  comma,
 del  d.P.R.  23  dicembre  1978,  n.  915 (Testo unico delle norme in
 materia di pensioni di guerra)  promossi  con  tre  ordinanze  emesse
 dalla  Corte dei conti iscritte rispettivamente ai nn. 410, 422 e 423
 del registro ordinanze 1991 e  pubblicate  nelle  Gazzette  Ufficiali
 della Repubblica nn. 23 e 25, prima serie speciale, dell'anno 1991;
    Udito  nella  camera  di consiglio del 20 novembre 1991 il Giudice
 relatore Giuseppe Borzellino;
                           Ritenuto in fatto
    Con ordinanza emessa il 22 novembre 1990 (R.O. n.  410)  la  Corte
 dei  conti  -  Sez. I Giurisdizionale per le pensioni di guerra - sul
 ricorso proposto da Maria Lozito, vedova dell'  ex  militare  Giacomo
 Bassi,  avverso  il  Ministero  del Tesoro, ha sollevato questione di
 legittimita' costituzionale, in riferimento agli artt.  3,  29  e  31
 della  Costituzione, dell'art. 44, ultimo comma, della legge 18 marzo
 1968, n.  313  (Riordinamento  della  legislazione  pensionistica  di
 guerra),   nella  parte  in  cui  nega  alla  vedova  il  trattamento
 pensionistico di guerra se il matrimonio e' durato meno di un anno  e
 non sia nata prole.
    Nota  l'ordinanza  che la Corte Costituzionale, con la sentenza n.
 123 del 1990, ha dichiarato  la  illegittimita'  costituzionale,  per
 violazione dell'art. 3 della Costituzione, dell'art. 81, terzo comma,
 del  d.P.R. 29 dicembre 1973 n.1092 (T.U. delle norme sul trattamento
 di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato),  nonche'
 dell'art.  6,  sesto  comma,  della  legge  22  novembre 1962, n.1646
 (Modifiche agli ordinamenti degli Istituti di  previdenza  presso  il
 Ministero  del  tesoro)  e dell'art. 10, settimo comma, della legge 6
 agosto  1967,  n.  699  (Disciplina  dell'Ente   "Fondo   trattamento
 quiescenza  e  assegni  straordinari  al personale del lotto"), nella
 parte in  cui  tali  norme  precludono  alle  vedove  il  diritto  di
 conseguire  il  trattamento  pensionistico  quando  il matrimonio sia
 durato meno di due anni.
    Non sembra dubbio al Collegio che i principi desumibili da  questa
 sentenza   possano   essere   estesi   anche  alle  richiamate  norme
 dell'ordinamento pensionistico di guerra, nelle  quali  non  e'  dato
 rinvenire  una  ratio diversa da quella insita nelle disposizioni che
 sono   state   caducate   col   citato   giudizio   di   legittimita'
 costituzionale.
   Anche  nella  pensionistica per causa bellica la limitazione di cui
 si discute sarebbe riposta, infatti, nel volersi  evitare  iniziative
 maliziose  e  fraudolente per l'erario; tuttavia, il mero decorso del
 tempo - fissato in un anno - per il riconoscimento del  diritto,  con
 un  irrazionale  collegamento  unicamente  ad  accadimenti  futuri ed
 imprevedibili, sarebbe discriminatorio ex art. 3 della  Costituzione,
 con  negativa  incidenza  anche  sui  valori  inerenti alla compagine
 familiare, protetti dai successivi artt. 29 e 31.
    Ricordano, in proposito,  i  remittenti  che  e'  riconosciuto  il
 diritto  a pensione in favore dei soggetti assimilati, in presenza di
 procura alle nozze, ovvero per avvenute  pubblicazioni  matrimoniali,
 come  nel punto specifico riconosciuto dalla Corte costituzionale; ed
 ancora, in caso di accertata e documentata  convivenza  preesistente.
 Ed  osserva  il  Collegio  che  l'ordinamento vigente mentre nei casi
 enunciati privilegia la  presunzione  di  un  futuro  matrimonio,  al
 contrario,  ed  e' la situazione odierna, per l'ipotesi di nozze suc-
 cessive, discrimina  la  donna  che  abbia  effettivamente  contratto
 sposalizio,  sia  pure  successivamente  alla  data in cui sono state
 contratte le ferite o malattie, per il solo fatto che esso  ha  avuto
 una durata inferiore ad un anno senza che sia nata prole.
    Con  altre due ordinanze, emesse rispettivamente dalla Sezione III
 giurisdizionale per le pensioni di guerra il 6 dicembre 1990 (R.O. n.
 422 del 1991) nel giudizio proposto da Rina  Ricci  Mingani  e  dalla
 Sezione  IV  giurisdizionale  per  le pensioni di guerra il 2 gennaio
 1991 (R.O. n. 423 del 1991) nel giudizio proposto da Maria Danile, e'
 stata sollevata, in riferimento al solo art.  3  della  Costituzione,
 analoga questione di legittimita' del gia' menzionato art. 44, ultimo
 comma,  della  legge  18  marzo  1968  n.  313, nonche' (ord. n. 422)
 dell'art. 40, terzo comma, del d.P.R. 23 dicembre 1978, n. 915 (Testo
 unico della norme in materia di pensioni di guerra).
                        Considerato in diritto
    1. -  Le  ordinanze  concernono  identica  questione:  i  relativi
 giudizi vanno riuniti per formare oggetto di un'unica pronuncia.
    2.1  -  L'art. 44, ultimo comma, della legge 18 marzo 1968, n. 313
 (Riordinamento della legislazione pensionistica di guerra)  e  l'art.
 40,  terzo  comma,  del  successivo  d.P.R.  23 dicembre 1978, n. 915
 (Testo  unico  delle  norme  in  materia  di  pensioni   di   guerra)
 stabiliscono  che  il  coniuge superstite ha diritto alla pensione di
 guerra quando il matrimonio, avvenuto successivamente  alla  data  in
 cui  sono  state  contratte dal dante causa le ferite o malattie, sia
 durato in assenza di prole non meno di un anno.
    2.2 - I giudici a quibus ravvisano confliggenti con gli  artt.  3,
 29  e 31 della Costituzione le disposizioni indicate poiche' inerenti
 a un rapporto - quello coniugale - non sottoponibile, in ordine  alla
 pensione, a limitazioni temporali.
    3. - La questione e' fondata.
    La  Corte  ha  avuto  gia'  modo,  recentemente, di riconoscere ed
 affermare  che  nella  sfera  personale  di  chi  siasi  risolto   al
 matrimonio  non  possa,  e  non debba di conseguenza, sfavorevolmente
 incidere alcunche' di estraneo, al di  fuori  cioe'  di  quelle  sole
 regole, anche limitative, proprie dell'istituto: il relativo vincolo,
 cui  tra  l'altro si riconnettono valori costituzionalmente protetti,
 e', e deve rimanere, frutto di una  libera  scelta  autoresponsabile,
 attenendo  ai  diritti intrinseci ed essenziali della persona umana e
 alle sue fondamentali istanze. Esso si sottrae, dunque, ad ogni forma
 di condizionamento  indiretto  ancorche'  eventualmente  imposto,  in
 origine, dall'ordinamento.
    Cosi',  ricorda la Corte, sono state gia' espunte dall'ordinamento
 medesime disposizioni  di  stato,  nell'ambito  delle  subordinazioni
 militari,  che  avevano  introdotto remore alla libera determinazione
 alle nozze (sent. n.73 del 1987); cosi' ancora, normativa contigua  a
 quella   ora   in   esame  -  durata  nel  tempo  -  influente  sulla
 regolamentazione pensionistica sia  nell'area  dell'impiego  pubblico
 che in quella del settore privato (sent. n.123 del 1990 e sent. n.189
 del 1991).
    Ne'  in  contrario  sembra  validamente  opponibile  la differente
 natura,  certamente  esistente,  della  pensione  per  causa  bellica
 rispetto a trattamenti a contenuto eminentemente previdenziale.
    Si   e'   infatti   posto   in   luce  piu'  sopra  che  possibili
 condizionamenti    trascendono    la    specificita'    dell'istituto
 pensionistico,  assumendo  una negativa connotazione nell'ordinamento
 positivo in generale.
    D'altra parte, la normazione del  settore  riconosce,  per  talune
 specifiche  ipotesi,  diverse dall'attuale ma che tuttavia dimostrano
 il favor legislativo nell'area, il diritto a pensione addirittura per
 soggetti che non avessero potuto contrarre - a causa degli eventi  di
 guerra - il matrimonio: l'antecedente procura alle nozze, l'accertata
 precedente  convivenza,  ovvero  -  come  introdotto da questa stessa
 Corte con sentenza n. 5  del  1986  -  le  intervenute  pubblicazioni
 matrimoniali.
    Sicche',  come e' autorevolmente riconosciuto anche in dottrina, i
 contenuti pensionistici in discorso non vanno ristretti all'ambito di
 un  mero  presupposto  assicurativo,  restando  anche   positivamente
 affermato,  invece,  che il relativo trattamento costituisce atto "di
 solidarieta' da parte dello Stato" (art. 1 d.P.R. n.  915  cit.)  nei
 confronti  dei  soggetti  cui  viene  corrisposto;  tant'e'  che, tra
 l'altro, su di esso viene, poi, negativamente  a  incidere  un  nuovo
 matrimonio (artt. 42 e 70 del d.P.R. n. 915).
     Conclusivamente  percio',  le disposizioni in esame si rivelano -
 nel quadro proprio del vincolo di  coniugio  -  in  contrasto  con  i
 parametri costituzionali invocati.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Riuniti   i   giudizi   dichiara   l'illegittimita'  costituzionale
 dell'art. 44, ultimo  comma,  della  legge  18  marzo  1968,  n.  313
 (Riordinamento   della   legislazione   pensionistica  di  guerra)  e
 dell'art. 40, terzo comma, del d.P.R. 23 dicembre 1978, n. 915 (Testo
 unico delle norme in materia di pensioni di guerra)  nella  parte  in
 cui  non consentono al coniuge superstite di fruire della pensione di
 guerra quando il matrimonio, avvenuto successivamente  alla  data  in
 cui sono state contratte le ferite o malattie dalle quali e' derivata
 la  morte  del  militare o del civile, sia durato, senza che sia nata
 prole ancorche' postuma, meno di un anno.
    Cosi' deciso in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 4 dicembre 1991.
                       Il presidente: CORASANITI
                       Il redattore: BORZELLINO
                        Il cancelliere: MINELLI
    Depositata in cancelleria il 13 dicembre 1991.
                Il direttore della cancelleria: MINELLI
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