N. 486 SENTENZA 18 - 27 dicembre 1991

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Espropriazione   per  pubblico  interesse-  Illecita  occupazione  di
 terreni per difetto assoluto del decreto  espropriativo-  Divieto  di
 retrocessione-Proprietario   di  terreno  utilizzato  per  l'edilizia
 residenziale pubblica- Mancata estensione della  disciplina  prevista
 per   il   caso   di   accertata   illegittimita'   -  Illegittimita'
 costituzionale.
 
 (Legge 27 ottobre 1988, n. 458, art. 3)
 
 (Cost., art. 3).
(GU n.1 del 4-1-1992 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: dott. Aldo CORASANITI;
 Giudici: prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof.
    Gabriele PESCATORE,  prof.  Antonio  BALDASSARRE,  prof.  Vincenzo
    CAIANIELLO,  avv.  Mauro  FERRI,  prof.  Luigi MENGONI, prof. Enzo
    CHELI, dott. Renato GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI;
 ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 3  della  legge
 27 ottobre 1988, n. 458 ("concorso dello Stato nelle spese degli enti
 locali  in  relazione ai pregressi maggiori oneri delle indennita' di
 esproprio") promosso con ordinanza emessa  il  24  gennaio  1991  dal
 Tribunale  di  Potenza  nei  procedimenti civili riuniti vertenti tra
 Giocoli Emilio ed altri e Comune di Potenza ed altri iscritta  al  n.
 338 del registro ordinanze 1991 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
 della Repubblica n. 22, prima serie speciale, dell'anno 1991;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 ministri;
    Udito nella camera di consiglio del 6  novembre  1991  il  Giudice
 relatore Renato Granata;
                           Ritenuto in fatto
    1.  -  Nel  corso  di  un  giudizio  di  restituzione  di  terreni
 abusivamente   occupati   e,   senza   emissione   di   provvedimenti
 espropriativi,  utilizzati  per la costruzione di alloggi di edilizia
 residenziale pubblica da parte di cooperative all'uopo  delegate  dal
 Comune,  l'adito  Tribunale  di  Potenza con ordinanza del 24 gennaio
 1991 - ritenuto che, nella  specie,  non  potevano  configurarsi  ne'
 l'effetto  acquisitivo,  in  favore  dell'ente territoriale, ai sensi
 degli artt. 35 e 57 della legge n. 865/1971, per mancanza appunto  di
 una   legittima  procedura  espropriativa,  ne'  la  c.d.  accessione
 invertita, in favore delle cooperative, secondo i principi  elaborati
 dalla  giurisprudenza  presupponenti l'irreversibile destinazione del
 fondo ad un'"opera pubblica"" quale non e'  l'"alloggio"  pur  se  di
 tipo  economico  e  popolare quando realizzato, come nella specie, da
 soggetti  privati,  onde   avrebbe   dovuto   disporsi   la   chiesta
 restituzione  dell'area ai proprietari; e considerato che, viceversa,
 nell'analoga situazione di fondo utilizzato  per  scopi  di  edilizia
 sociale con provvedimento espropriativo poi dichiarato illegittimo e'
 intervenuto   l'art.   3   della  legge  n.  458/1988  a  vietare  la
 retrocessione del bene riconoscendo al proprietario il  solo  diritto
 al  risarcimento  del  danno  - ha reputato di conseguenza rilevante,
 oltreche' non manifestamente  infondata  in  riferimento  all'art.  3
 Cost.,   ed   ha   percio'   sollevato   questione   incidentale   di
 costituzionalita' del predetto art. 3 della legge n. 458, nella parte
 appunto in cui non estende la disciplina ivi prevista per il caso  di
 accertata  illegittimita'  anche all'ipotesi di radicale mancanza del
 provvedimento espropriativo di area edificata per finalita' abitative
 sociali.
    Identica sarebbe  infatti  nelle  due  fattispecie  -  secondo  il
 Tribunale  -  la  situazione  di  carenza  di  potere  in  cui  versa
 l'Amministrazione, per cui non si giustificherebbe  il  loro  diverso
 trattamento  giuridico, sotto il profilo della (in un caso) esclusa e
 (nel secondo) consentita restituzione del suolo edificato.
   2. - L'Avvocatura, per l'intervenuto Presidente del  Consiglio  dei
 ministri,    ha    eccepito   l'inammissibilita'   e   in   subordine
 l'infondatezza della questione: reputando, per un  verso,  dubbia  la
 rilevanza  dell'impugnativa,  per  l'insufficiente  e contraddittoria
 esposizione  dei  dati  di  fatto   nell'ordinanza   di   rinvio,   e
 contestando,  sotto  il  secondo  profilo,  l'idoneita'  della  norma
 denunciata a fungere da tertium comparationis - perche' facente parte
 di una legge volta solo  a  consentire  il  finanziamento  di  talune
 specifiche  spese  dei comuni - agli effetti della pronunzia additiva
 ora chiesta alla Corte.
    Ha prospettato inoltre - con memoria successivamente depositata  -
 che    l'inammissibilita'    della    sollevata    questione    possa
 alternativamente discendere dal fatto che, nella fattispecie  oggetto
 del  giudizio  a quo, la paventata restituzione del bene ablato resti
 comunque impedita dal divieto di annullamento dell'attivita' posta in
 essere attraverso gli atti di destinazione del terreno per  finalita'
 di   interesse   generale  (quale  quella  di  edilizia  economica  e
 popolare), discendente dagli artt. 2 e 4 della legge  abolitrice  del
 contenzioso amministrativo: ovvero proprio dai richiamati principi in
 tema   di   "accessione   invertita",   a   suo   avviso  applicabili
 indipendentemente   dalla   natura    privatistica    del    soggetto
 concessionario dell'esecuzione dell'opera (o destinatario del diritto
 di   superficie  sul  suolo),  quando  vi  sia  (come  nella  specie)
 corrispondenza  tra  i  motivi  di  pubblica  utilita',  che  avevano
 legittimato  l'occupazione,  e  le  finalita'  assolte  dall'edificio
 realizzato.
    Ha  ipotizzato  ancora, in ulteriore subordine, la possibilita' di
 una applicazione analogica od estensiva dell'art. 3  della  legge  n.
 45/88  (ai  fini  della  reiezione dell'impugnativa con una decisione
 interpretativa).
    Ed ha dedotto infine il carattere  "transitorio"  della  norma  in
 esame,  agli  effetti di un vaglio "meno rigido" di essa alla stregua
 del canone dell'art. 3 Cost.
                        Considerato in diritto
    1. - L'art. 3 della legge 27 ottobre 1988 n.  458  (sul  "concorso
 dello  Stato  nella spesa degli enti locali in relazione ai pregressi
 maggiori oneri delle indennita' di esproprio")  testualmente  dispone
 che "il proprietario del terreno utilizzato per finalita' di edilizia
 residenziale  pubblica,  agevolata  e  convenzionata,  ha  diritto al
 risarcimento  del  danno  causato  da   provvedimento   espropriativo
 dichiarato   illegittimo  con  sentenza  passata  in  giudicato,  con
 esclusione della retrocessione del bene".
    Il Tribunale di Potenza dubita della  legittimita'  costituzionale
 di  tale  norma,  in  riferimento all'art. 3 Cost., reputando che sia
 irragionevole  la  mancata  estensione  del   riferito   divieto   di
 retrocessione (del bene comunque utilizzato per finalita' di edilizia
 residenziale pubblica) anche all'ipotesi - del tutto analoga a quella
 legislativamente  considerata - di terreni illecitamente occupati per
 mancanza  (invece  che  per  accertata  illegittimita')  del  decreto
 espropriativo.
    2.  -  L'Avvocatura  di  Stato,  nella  sequenza  dei  propri atti
 difensivi, ha  dedotto  plurimi  profili  di  inammissibilita'  della
 questione - anche in connessione a problemi esegetici e qualificatori
 della   disposizione  denunciata  -  che,  per  evidenti  ragioni  di
 priorita' logica e giuridica, vanno ora preliminarmente esaminati.
    Nessuno di tali rilievi e' per altro fondato.
    In particolare,  entrambe  le  eccezioni  formulate  nell'atto  di
 intervento - in ordine (a) alla dedotta impossibilita' della norma in
 oggetto  a  svolgere  il  ruolo  di  tertium  comparationis  ad  essa
 attribuito dal giudice a quo, stante il suo inserimento in una  legge
 essenzialmente   di  stanziamento  volta  soltanto  a  consentire  il
 finanziamento di speciali spese  dei  comuni;  ed  (b)  alla  pretesa
 esposizione,   nell'ordinanza   di   rimessione,   di  dati  fattuali
 contraddittori  ai  fini  della  riconducibilita'  della  fattispecie
 nell'ambito  dell'edilizia  convenzionata  od in quella dell'edilizia
 agevolata - non valgono ad invalidare il giudizio di rilevanza  della
 questione espresso dall'autorita' rimettente.
    Quanto  alla prima, perche' la finalita' di una legge, considerata
 nel  suo  complesso,  non  esclude  la  possibilita'  che   in   essa
 (opportunamente  o meno dal punto di vista della tecnica legislativa)
 sia inserita una disposizione  avente  una  valenza  diversa  e  piu'
 ampia.
    Quanto  alla  seconda  eccezione,  perche' si palesa risolutivo il
 fatto che senza adozione di alcun provvedimento espropriativo  vi  e'
 stata  utilizzazione  di  aree  private su concessione del comune per
 finalita' di edilizia residenziale pubblica,  mentre  e'  irrilevante
 stabilire  se  questa  fosse  nella specie agevolata o convenzionata,
 posto che entrambe sono contemplate dalla disposizione impugnata.
    Del  pari  non  possono  essere  condivisi   gli   altri   rilievi
 pregiudiziali  svolti  nella  memoria  per  la  udienza, sia perche',
 secondo la giurisprudenza della Corte di Cassazione, la vicenda della
 occupazione acquisitiva puo'  configurarsi  solo  in  relazione  alla
 realizzazione  di  opere  pubbliche  sussumibili  nella  categoria (e
 soggette al  regime)  dei  beni  pubblici  demaniali  o  patrimoniali
 indisponibili, il che, per un verso, presuppone la appartenenza delle
 opere  stesse  a soggetti pubblici e, per altro verso, costituisce la
 ragione del  divieto  posto  al  giudice  ordinario  di  disporre  la
 restituzione in pristino dello stato dei luoghi; sia perche' la norma
 stessa  -  in  ragione  dell'attesa, ormai perdurante da anni, di una
 nuova   disciplina   normativa   generale   della    materia    delle
 espropriazioni  per  pubblica  utilita'  -  non  sembra  possa  dirsi
 predicata dal carattere di transitorieta' affermato dalla  Avvocatura
 dello Stato.
   3. - Per altro, il problema se la norma dettata dal menzionato art.
 3  della  legge  n.  488/88  sia  o  non  idonea a fungere da tertium
 comparationis - prospettato dall'Avvocatura sotto  il  profilo  prima
 illustrato  -  rimane da esaminare sotto la diversa angolazione della
 natura eccezionale  o  derogatoria,  che  il  giudice  a  quo  le  ha
 attribuito  per  negare  l'applicabilita'  in  via di interpretazione
 analogica di  detta  norma,  senza  considerare  che  essa,  se  tale
 veramente  fosse,  non  potrebbe svolgere quel ruolo (di comparazione
 appunto) che lo stesso giudice pur le ha assegnato.
    Problema - questo - la cui soluzione deve passare  attraverso  una
 pur  sintetica  indagine volta ad inquadrare nel sistema la specifica
 disposizione che ne occupa.
    L'art. 3 della legge 458/88  viene  comunemente  inteso  come  una
 sostanziale   applicazione   al   settore  specifico  della  edilizia
 residenziale pubblica di quella particolare  fattispecie  acquisitiva
 alla  mano  pubblica  di  beni  privati  costituita  dalla figura, di
 creazione giurisprudenziale,  della  c.d.  accessione  invertita,  od
 occupazione   appropriativa.  La  quale  ricorre,  come  gia'  si  e'
 accennato, quando il soggetto  pubblico  -  pure  in  carenza  di  un
 provvedimento  espropriativo  operativo  di  effetti,  o  perche' mai
 emanato o perche' caducato  per  illegittimita'  -  occupa  un  suolo
 privato  e  radicalmente  ed  irreversibilmente  lo trasforma in bene
 pubblico  assoggettato  al  regime  proprio  dei  beni  demaniali   o
 patrimoniali indisponibili, su di esso realizzando un'opera pubblica,
 oggetto di precedente dichiarazione di pubblica utilita'. Fattispecie
 acquisitiva  particolare,  predicata  dunque,  tra  gli altri, da due
 indici di identificazione:  la  esistenza  di  una  dichiarazione  di
 pubblica  utilita'  dell'opera  cosi' realizzata; la qualificabilita'
 come pubblica, in ragione della sua  realizzazione  da  parte  di  un
 soggetto  pubblico, dell'opera stessa con conseguente assoggettamento
 della nuova entita' materiale in cui essa consiste al regime dei beni
 demaniali o patrimoniali indisponibili.
    Alla stregua di quanto sopra, pertanto, prima  della  introduzione
 nell'ordinamento  della disposizione dettata con l'art. 3 della legge
 458/88, la vicenda della accessione invertita poteva verificarsi  nel
 settore  della  edilizia residenziale pubblica soltanto per una parte
 delle ipotesi in esso ricomprese, ma non per tutte.
    Rientravano, infatti, nell'area di potenziale operativita' di tale
 fattispecie acquisitiva le ipotesi di  costruzioni  realizzate  dalla
 mano  pubblica  direttamente  o  nel  quadro del regime concessorio e
 convenzionale di cui all'art. 35 della legge 865/71; restavano  fuori
 tutte  le  altre  ipotesi  di  opere  realizzate comunque da soggetti
 privati  pur  se ancora nel quadro di quest'ultimo regime, ovvero nel
 concorso di interventi agevolativi di altro tipo.
    Questa ricostruzione del sistema normativo preesistente all'art. 3
 legge 458/88 spiega perche' la  disposizione  taccia  della  edilizia
 sovvenzionata,  per  tale comunemente intendendosi quella realizzata,
 come si e' prima  accennato,  da  soggetti  pubblici  oltre  che  con
 esclusivo  ricorso a mezzi finanziari pubblici (in quanto, si ripete,
 rispetto a questa era gia' operante l'accessione invertita)  e  mette
 in  luce  che  la  disposizione  stessa  comporta  l'estensione della
 fattispecie acquisitiva  "accessione  invertita"  con  riguardo  alle
 altre  forme  di  edilizia  residenziale  pubblica  (comprese  quelle
 realizzate in regime di concessione-convenzione ex art. 35 cit. ma  a
 cura  di  concessionari  non soggetti pubblici) che, concretandosi in
 costruzioni facenti capo alla mano privata, non potevano dare vita ad
 entita' materiali qualificabili come opere pubbliche.
    Dal quadro cosi' tracciato risulta quindi che l'art. 3 della legge
 458/88, da un lato, prende atto della esistenza di  una  regola  gia'
 operante  in  via generale per tutte le opere pubbliche e, in specie,
 anche nel settore della edilizia residenziale  pubblica  quanto  alle
 costruzioni  realizzate  dalla  mano pubblica: e, dall'altro, estende
 tale regola alle restanti parti della  stessa  edilizia  residenziale
 pubblica  che  erano  sottratte  alla  sua applicazione. Estensione -
 questa - giustificata dalla identita', sul piano  politico-economico,
 del   risultato   perseguito   attraverso   il   programma  edilizio,
 considerato nella globalita' delle sue  articolazioni  a  prescindere
 dalla  diversita'  delle  qualificazioni  giuridiche  spettanti  alle
 costruzioni  in  dipendenza  della  natura  pubblica  o  privata  del
 soggetto realizzatore.
    Donde  e'  da  escludersi  che  l'art.  3 considerato abbia natura
 derogatoria o  eccezionale  e  deve  per  contro  riconoscerglisi  la
 idoneita',  appunto, a fungere da tertium comparationis rispetto alle
 ipotesi, non comprese nella sua previsione,  di  utilizzazione  senza
 titolo,  perche'  mai  emesso,  di  aree  private  a fini di edilizia
 residenziale pubblica, sempre che incluse nei piani  di  zona  aventi
 valore  di  dichiarazione  di  pubblica  utilita'  e  fermi gli altri
 elementi di identificazione della fattispecie  normativa  presupposti
 dalla disposizione con lo stesso articolo dettata.
    4.  -  Quanto  premesso vale anche a dimostrare, venendo al merito
 della questione, che la disparita'  di  trattamento  fra  la  ipotesi
 contemplata  dalla  previsione normativa (provvedimento espropriativo
 emesso ma dichiarato illegittimo con sentenza passata in giudicato) e
 la   ipotesi   esclusa   (mancata   emissione    del    provvedimento
 espropriativo)   effettivamente   e'   priva   di   una   sufficiente
 giustificazione razionale, come confermato anche dalla considerazione
 che nello schema giurisprudenziale della accessione  invertita  -  il
 cui  ambito  di  operativita', come si e' gia' sottolineato, la norma
 denunziata si propone di estendere all'intero settore della  edilizia
 residenziale pubblica - nessuna rilevanza discriminante e' attribuita
 (del  tutto  correttamente,  attesa  la  identita'  della  situazione
 giuridica finale di carenza di  potere  alla  quale  in  entrambe  le
 ipotesi si perviene) alla circostanza della presenza nel singolo caso
 concreto  di  un provvedimento espropriativo poi caducato con effetto
 ex tunc o, al contrario, della mancanza di esso  in  radice,  perche'
 mai  emesso.  Onde  non  si  intende  per quale ragione una rilevanza
 siffatta   tale  circostanza  dovrebbe  esplicare  in  sede  di  mera
 estensione dell'ambito di operativita' di quello stesso schema.
    5. - Tanto considerato - e dovendosi escludere la possibilita'  di
 ricomprendere  nella  previsione  normativa  in  via  di applicazione
 analogica o di interpretazione estensiva anche l'ipotesi di  mancanza
 del  titolo  espropriativo,  perche' mai emesso, in quanto dai lavori
 parlamentari, in piena consonanza con il dato testuale, risulta avere
 il legislatore inteso considerare fin dall'inizio soltanto  l'ipotesi
 di  annullamento  del decreto espropriativo emesso - va dichiarata la
 illegittimita' costituzionale,  per  violazione  dell'art.  3  Cost.,
 dell'art. 3, primo comma, della legge n. 458 del 1988, nella parte in
 cui  non  prevede  che  al  proprietario  del  terreno utilizzato per
 finalita' di edilizia  residenziale  pubblica  senza  che  sia  stato
 emesso   alcun   provvedimento   di  esproprio  possa  applicarsi  la
 disciplina da detta norma prevista  per  l'ipotesi  in  cui  -  nella
 medesima  situazione  -  il  provvedimento  espropriativo  sia  stato
 dichiarato illegittimo.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 3 della legge 27
 ottobre 1988 n. 458 ("concorso dello Stato  nella  spese  degli  enti
 locali  in  relazione ai pregressi maggiori oneri delle indennita' di
 esproprio"), nella parte in cui non prevede che al  proprietario  del
 terreno  utilizzato  per  finalita' di edilizia residenziale pubblica
 senza che sia stato emesso alcun  provvedimento  di  esproprio  possa
 applicarsi la disciplina da detta norma prevista per l'ipotesi in cui
 -  nella  medesima  situazione  -  il provvedimento espropriativo sia
 stato dichiarato illegittimo.
    Cosi' deciso in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 18 dicembre 1991.
                       Il Presidente: CORASANITI
                         Il redattore: GRANATA
                        Il cancelliere: MINELLI
    Depositata in cancelleria il 27 dicembre 1991.
                Il direttore della cancelleria: MINELLI
 91C1332