N. 493 SENTENZA 18 - 27 dicembre 1991

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale.
 
 Regione - Regione Sicilia - Personale dipendente - Stato giuridico ed
 economico - Contrattazione decentrata a livello regionale - Dirigenti
 regionali  -  Inclusione  nell'ambito  di  operativita' della norma -
 Violazione della riserva di legge esclusiva della regione  -  Tardiva
 comunicazione  al  commissario dello Stato per la regione siciliana -
 Sistema degli accordi adottato in Sicilia  con  espresso  riferimento
 alle  qualifiche  dirigenziali (cfr. legge regione Sicilia 29 ottobre
 1985, n. 41)
 - Non fondatezza.
 
 (Legge regione Sicilia 2 maggio 1991, n. 338; legge regione Sicilia 2
 maggio 1991, n. 338, art. 1).
 
 (Statuto speciale regione Sicilia, artt. 28  e  14,  lett.    q),  in
 relazione  all'art.  26,  quarto comma, della legge 29 marzo 1983, n.
 93; Cost., art. 97).
(GU n.2 del 8-1-1992 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: dott. Aldo CORASANITI;
 Giudici: prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof.
    Gabriele  PESCATORE,  avv.  Ugo  SPAGNOLI,  prof.  Francesco Paolo
    CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE,  prof.  Vincenzo  CAIANIELLO,
    avv.  Mauro  FERRI,  prof.  Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott.
    Renato GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI;
 ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel  giudizio  di legittimita' costituzionale dell'art. 1 della legge
 regionale approvata il 2  maggio  1991  (Nuove  disposizioni  per  la
 disciplina   dello   stato   giuridico  ed  economico  del  personale
 dell'Amministrazione regionale e per la contrattazione  decentrata  a
 livello  regionale)  promosso con ricorso del commissario dello Stato
 per la regione siciliana notificato il 10 maggio 1991, depositato  in
 cancelleria il 17 maggio successivo ed iscritto al n. 24 del registro
 ricorsi 1991;
    Visto l'atto di costituzione della regione Sicilia;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  19  novembre  1991  il giudice
 relatore Enzo Cheli;
    Uditi l'Avvocato dello Stato Franco Favara per  il  ricorrente,  e
 l'avvocato Francesco Castaldi per la regione Sicilia.
                           Ritenuto in fatto
    1.  -  Con  ricorso  in  data 10 maggio 1991, il commissario dello
 Stato per la regione siciliana ha  impugnato  l'art.  1  della  legge
 regionale  approvata  il  2  maggio  1991  (Nuove disposizioni per la
 disciplina  dello  stato  giuridico  ed   economico   del   personale
 dell'Amministrazione  regionale  e per la contrattazione decentrata a
 livello regionale), nella parte  in  cui  non  esclude  il  personale
 appartenente  alle  qualifiche  di  dirigente  superiore  e direttore
 regionale  dall'applicazione  della  normativa  ivi  contenuta,   per
 violazione dell'art. 14, lett. q), dello statuto regionale, approvato
 con  r.d.lgs.  15  maggio  1946,  n.  455,  in relazione all'art. 26,
 secondo comma, della legge 29 marzo 1983,  n.  93  (legge-quadro  sul
 pubblico impiego), e dell'art. 97, secondo comma, della Costituzione.
    Nel  ricorso si espone che la legge impugnata, nel disciplinare lo
 stato  giuridico  ed  economico  del  personale  della  Regione   per
 uniformarlo  ai  principi  della  legge-quadro  sul  pubblico impiego
 (legge 29 marzo 1983,  n.  93),  demanda  la  regolamentazione  degli
 aspetti  inerenti  all'organizzazione  del  lavoro  ed al trattamento
 economico di tutto il personale ad accordi  sindacali,  da  recepirsi
 con decreto del presidente della regione.
    Per  effetto  di tale previsione risulta sottratta alla competenza
 dell'organo legislativo regionale anche la disciplina concernente  il
 personale  dirigente  e  relativa  agli  stessi oggetti. Ma questo, a
 giudizio del ricorrente, determinerebbe  una  lesione  del  principio
 fondamentale   che  riserva  alla  legge  la  disciplina  dell'intero
 trattamento giuridico  ed  economico  dei  dirigenti,  principio  che
 andrebbe desunto dall'art. 26, quarto comma, della legge-quadro, dove
 risulta  stabilito  che  "sino  all'entrata  in vigore della legge di
 riforma della dirigenza resta disciplinato dalle vigenti disposizioni
 il trattamento economico e normativo dei  dirigenti  dello  Stato  ed
 assimilati  nonche'  dei  dirigenti  degli  enti di cui alla legge 20
 marzo 1975, n. 70".
    Tale  principio,   secondo   il   ricorrente,   dovrebbe   trovare
 applicazione  anche  nei  confronti della dirigenza regionale, per la
 quale, a parita' di funzioni con quella statale, si pone  una  uguale
 esigenza di tutela dell'autonomia professionale.
    Un ulteriore motivo di gravame viene poi sollevato in relazione al
 fatto  che  la  legge in questione e' stata comunicata al commissario
 dello Stato il quarto giorno dalla sua  approvazione,  in  quanto  il
 terzo  giorno  risultava  festivo. Il mancato rispetto del termine di
 tre   giorni,   di   cui   all'art.   28   dello  statuto  regionale,
 determinerebbe  -  a  giudizio   del   ricorrente   -   l'inefficacia
 dell'intera legge per vizio formale.
    2.  -  Si  e'  costituito  in giudizio il presidente della regione
 siciliana per chiedere il rigetto del ricorso.
    Sul vizio procedurale, il  presidente  della  regione,  dopo  aver
 osservato che la proroga dei termini scadenti in un giorno festivo al
 primo  giorno  seguente  non  festivo e' regola generale, richiama la
 sentenza di questa Corte n. 365 del 1990, dove e' stato  escluso  che
 la  tardiva  comunicazione possa rappresentare un vizio formale della
 legge.
    Nel merito, il presidente della regione afferma che dall'art.  26,
 quarto  comma, della legge-quadro sul pubblico impiego non sarebbe in
 alcun modo ricavabile un principio generale ne' tanto meno una  norma
 di   riforma   economico-sociale,  suscettibile  di  condizionare  la
 competenza legislativa della regione siciliana.  La  disposizione  in
 questione  si  caratterizzerebbe,  infatti,  come  norma transitoria,
 destinata ad operare, con carattere di specialita', fino alla riforma
 della  dirigenza,  in  quanto  espressamente  riferita  a  specifiche
 categorie   di   personale,  caratterizzate  dall'essere  oggetto  di
 normative  settoriali  connesse  a   ben   individuate   collocazioni
 funzionali.  Tale  disposizione  non  potrebbe,  pertanto, estendersi
 oltre l'ambito temporale e materiale  espressamente  indicato  e  non
 esprimerebbe,  comunque, un principio generale della legge-quadro. La
 Regione ricorda anche che successivamente all'entrata in vigore della
 stessa legge-quadro la disciplina della dirigenza e' stata  demandata
 ad  accordi  sindacali  sia  nel comparto degli enti locali che nella
 normativa di  altre  regioni  a  statuto  speciale,  in  ossequio  al
 principio   negoziale   che   costituirebbe,   esso  si',  una  norma
 fondamentale della riforma adottata con la legge-quadro sul  pubblico
 impiego.
    3. - In prossimita' dell'udienza l'Avvocatura generale dello Stato
 ha  presentato,  nell'interesse  del commissario dello Stato, memoria
 per ribadire i motivi del ricorso.
                        Considerato in diritto
    1. - Il commissario dello Stato per la regione  siciliana  impugna
 l'art.  1 della legge approvata dall'assemblea regionale siciliana il
 2 maggio 1991 con il n.  338,  recante  "Nuove  disposizioni  per  la
 disciplina   dello   stato   giuridico  ed  economico  del  personale
 dell'amministrazione regionale e per la contrattazione  decentrata  a
 livello  regionale", nella parte in cui non esclude dall'applicazione
 della  normativa  contenuta   nella   stessa   legge   il   personale
 appartenente  alla  qualifica  di  dirigente superiore e di direttore
 generale.   L'inclusione   di   questo   personale   nell'ambito   di
 operativita'  della  legge  -  comportando  una  disciplina  mediante
 accordi  sindacali  anche  dell'organizzazione  del  lavoro   e   del
 trattamento  economico  dei  dirigenti  regionali  (artt.  3  e  5) -
 verrebbe a violare, ad avviso del  commissario,  oltre  all'art.  97,
 secondo comma, della Costituzione, l'art. 14, lett. q), dello statuto
 speciale in relazione all'art. 26, quarto comma, della legge 24 marzo
 1983,  n.  93,  da  cui  andrebbe  desunto,  come  norma fondamentale
 suscettibile  di  limitare  la  competenza  esclusiva  della  regione
 siciliana,  un  vincolo  di  riserva di legge per l'intera disciplina
 concernente il trattamento dei dirigenti regionali.
    Il  ricorso contesta altresi' l'efficacia del disegno di legge nel
 suo complesso, per essere stato lo stesso comunicato  al  commissario
 soltanto  il  quarto  giorno  dopo la sua approvazione, in violazione
 dell'art. 28 dello statuto speciale.
    2. - Va in  primo  luogo  esaminata  la  questione  sollevata  nei
 confronti  dell'intero disegno di legge per vizio formale conseguente
 alla sua comunicazione al commissario oltre il termine di tre  giorni
 stabilito nell'art. 28 dello statuto speciale.
    Questa  Corte,  in  relazione  ad analoga questione, ha gia' avuto
 modo di rilevare che "la violazione da parte  della  regione  Sicilia
 del   termine  di  cui  all'art.  28  della  statuto  speciale  altra
 conseguenza non produce se non che il termine di giorni  cinque  dato
 al  commissario  dello Stato per l'impugnazione della legge regionale
 decorre  dall'ulteriore  giorno  dell'effettivo  invio  della   legge
 stessa" (sent. n. 365 del 1990).
    Tale   indirizzo,   che   va   confermato,  conduce  a  dichiarare
 l'infondatezza della questione proposta con riferimento  all'art.  28
 dello  statuto  speciale,  dal  momento  che la tardiva comunicazione
 della legge al commissario non puo'  essere  motivo  sufficiente  per
 affermare   l'invalidita'   e   l'inefficacia  della  legge  nel  suo
 complesso.
    3. - Anche la questione sollevata nei confronti dell'art. 1  della
 legge  in  esame,  nella  parte  in cui non esclude dall'applicazione
 della nuova normativa il personale appartenente  alle  qualifiche  di
 dirigente superiore e di direttore generale, non si presenta fondata.
    Tale  questione  risulta, in primo luogo, prospettata in relazione
 al valore di norma  fondamentale  di  riforma  economico-sociale  che
 andrebbe  riconosciuto  al  principio desumibile dall'art. 26, quarto
 comma, della legge quadro sul pubblico impiego (legge 29 marzo  1983,
 n.  93),  principio  che, pertanto, sarebbe suscettibile di vincolare
 anche  la  competenza  di  tipo  esclusivo  spettante  alla   regione
 siciliana  in  materia  di stato giuridico ed economico del personale
 regionale (art. 14, lett. q, dello statuto speciale).
    Ora - a differenza di quanto viene sostenuto  dalla  difesa  della
 Regione  -  il  fatto  che la disposizione contenuta nel quarto comma
 dell'art. 26 della legge quadro debba essere qualificata -  anche  in
 relazione   alla   sua  rubrica  ed  alla  sua  collocazione  -  come
 transitoria e speciale non conduce necessariamente  ad  escludere  la
 natura   di   norma   fondamentale  nel  principio  desumibile  dalla
 disposizione in questione,  dal  momento  che  anche  una  disciplina
 transitoria,  ove  diretta a realizzare o a favorire, sia pure in via
 contingente, il perseguimento di un obbiettivo primario  connesso  ad
 una  legge di riforma, puo' assumere le caratteristiche proprie della
 norma  fondamentale  suscettibile  di  vincolare  l'esercizio   delle
 competenze di natura primaria delle regioni speciali e delle province
 autonome. E questo, nel quadro della riforma adottata per il pubblico
 impiego  con  la legge n. 93 del 1983, puo' condurre a riconoscere il
 carattere di norma fondamentale anche al principio  desumibile  dalla
 disposizione transitoria espressa nell'art. 26, quarto comma, di tale
 legge,  ove  si  pensi  al  rilievo  che  la  nuova  disciplina della
 dirigenza da  tale  norma  preannunciata  e'  destinata  ad  assumere
 nell'assetto  definitivo  dell'intero  settore  del pubblico impiego.
 Senonche' da tale principio - pur  riconosciutane  la  piena  vigenza
 anche nei confronti della normazione adottata dalla regione siciliana
 in  tema  di  pubblico  impiego  -  non  e'  dato  poi  desumere quel
 significato  che,  attraverso  il  ricorso  di  cui  e'   causa,   il
 commissario  dello Stato ha preteso affermare: il significato, cioe',
 di una riserva assoluta di legge che, nella fase transitoria, sarebbe
 destinata a coprire,  con  pari  rigidita',  l'intero  assetto  della
 dirigenza  nei  vari  settori,  statali  e  non  statali, senza alcun
 margine per discipline di tipo contrattuale.
    In realta', il principio  generale  che  e'  dato  desumere  dalla
 disposizione  in  esame  appare  diverso ed attiene esclusivamente al
 fatto che "sino all'entrata in vigore della legge  di  riforma  della
 dirigenza"  il  quadro  normativo  concernente  lo stato giuridico ed
 economico dei dirigenti - a  qualunque  amministrazione,  centrale  o
 periferica,  gli stessi appartengano - non dovra' essere pregiudicato
 da interventi contingenti o parziali.  E  questo  anche  al  fine  di
 consentire  che la preannunciata legge di riforma della dirigenza (da
 tempo all'esame del Parlamento), assumendo valore generale,  oltre  a
 definire la fisionomia della dirigenza statale, possa utilmente porre
 i  principi  fondamentali  cui  le  regioni,  a  statuto  ordinario e
 speciale,  dovranno  attenersi  per   la   disciplina   dei   settori
 dirigenziali  di  propria  competenza  (cfr.,  l'art.  10,  n. 5, del
 disegno di legge governativo n. 3464, presentato alla  Camera  il  18
 dicembre 1988).
    4. - Salva questa esigenza di armonizzazione tra i diversi tipi di
 dirigenza, statale e regionale, che la futura legge dovra' perseguire
 mediante  la  formulazione  di  principi  fondamentali  comuni, resta
 comunque il fatto che, per quanto concerne la fase attuale, la  norma
 impugnata,   nel   riferirsi  a  tutto  il  personale  della  Regione
 siciliana, ivi  compreso  quello  dirigenziale,  non  ha  introdotto,
 rispetto  alla  normativa anteriore, elementi di novita' suscettibili
 di  determinare  la  violazione  del  principio  richiamato,  ove  si
 consideri  che gia' con la legge regionale 29 ottobre 1985, n. 41, il
 meccanismo della disciplina mediante accordi era  stato  adottato  in
 Sicilia  anche  con  riferimento  alle qualifiche dirigenziali per le
 questioni relative "all'organizzazione  del  lavoro,  alla  gestione,
 utilizzazione    e   mobilita'   del   personale,   all'articolazione
 dell'orario di lavoro  ordinario  e  straordinario,  alla  formazione
 professionale".
    Non  emerge,  pertanto,  dalla disposizione impugnata, una lesione
 del principio desumibile dall'art. 26, quarto comma, della  legge  29
 marzo  1983,  n. 93, e, conseguentemente, la violazione dell'art. 14,
 lett. q), dello statuto speciale che e' stata denunciata.
    5. - Anche la questione sollevata  con  riferimento  all'art.  97,
 secondo  comma,  della  Costituzione,  non  si  presenta fondata, dal
 momento che tale norma costituzionale  non  viene  a  incidere  nelle
 materie  che  il  disegno  di legge in esame, all'art. 3, affida alla
 disciplina mediante accordi.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara non fondata la questione  di  legittimita'  costituzionale
 sollevata,  con il ricorso di cui epigrafe, nei confronti della legge
 approvata dall'assemblea regionale siciliana il 2 maggio 1991 con  il
 n.  338,  recante  "Nuove  disposizioni per la disciplina dello stato
 giuridico ed economico del personale dell'amministrazione regionale e
 per la contrattazione decentrata a livello regionale", per violazione
 dell'art. 28 dello statuto speciale della regione siciliana;
    Dichiara  non  fondata la questione di legittimita' costituzionale
 sollevata, con il ricorso di cui in epigrafe, nei confronti dell'art.
 1 della stessa legge, per violazione dell'art. 14,  lett.  q),  dello
 statuto speciale, in relazione all'art. 26, quarto comma, della legge
 29   marzo  1983,  n.  93,  e  dell'art.  97,  secondo  comma,  della
 Costituzione.
    Cosi' deciso in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 18 dicembre 1991.
                       Il presidente: CORASANITI
                          Il redattore: CHELI
                        Il cancelliere: MINELLI
    Depositata in cancelleria il 27 dicembre 1991
                Il direttore della cancelleria: MINELLI
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