N. 494 SENTENZA 18 - 27 dicembre 1991

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Tributi vari - Indennita' di fine rapporto - IRPEF - Pagamento -
 Richiesta di riliquidazione -  Termine  prescrizionale  decennale  -
 Mancata  previsione  -  Consentita efficacia retroattiva dei benefici
 dei  nuovi  criteri  di  tassazione  introdotti  -   Discrezionalita'
 legislativa    -    Ragionevolezza   -   Difetto   di   rilevanza   -
 Inammissibilita' e non fondatezza.
 
 (Legge 26 settembre 1985, n. 482, artt. 4 e 5;  d.P.R.  29  settembre
 1973,  n.  597,  artt. 12, 13 e 14; d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602,
 art. 38; legge 26 settembre 1985, n. 482, art. 4).
 
 (Cost., artt. 3 e 24).
(GU n.2 del 8-1-1992 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: dott. Aldo CORASANITI;
 Giudici: prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof.
    Gabriele PESCATORE,  avv.  Ugo  SPAGNOLI,  prof.  Francesco  Paolo
    CASAVOLA,  prof.  Antonio  BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO,
    avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI,  prof.  Enzo  CHELI,  dott.
    Renato GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI;
 ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nei  giudizi  di  legittimita' costituzionale degli artt. 4 e 5 della
 legge 26  settembre  1985,  n.  482  (Modificazioni  del  trattamento
 tributario   delle   indennita'  di  fine  rapporto  e  dei  capitali
 corrisposti in dipendenza di contratti di assicurazione sulla  vita),
 dell'art. 38 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla
 riscossione  delle imposte sul reddito) e degli artt. 12, 13 e 14 del
 d.P.R.  29  settembre  1973,  n.  597   (Istituzione   e   disciplina
 dell'imposta  sul  reddito  delle  persone  fisiche)  promossi con le
 seguenti ordinanze:
      1) ordinanza  emessa  il  29  novembre  1986  dalla  Commissione
 tributaria  di  primo  grado  di Como sui ricorsi riuniti proposti da
 Leopoldo Corbetta ed altra contro l'Intendenza  di  Finanza  di  Como
 iscritta  al  n.  386  del registro ordinanze 1991 e pubblicata nella
 Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n.  23, prima serie speciale,
 dell'anno 1991;
      2)  ordinanza  emessa  il  22  marzo  1991   dalla   Commissione
 tributaria  di  primo grado di Genova sul ricorso proposto da Antonio
 Fazzuoli contro l'Intendenza di Finanza di Genova iscritta al n.  417
 del  registro  ordinanze  1991  e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
 della Repubblica n. 24, prima serie speciale, dell'anno 1991;
    Visto l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 ministri;
    Udito  nella  camera  di consiglio del 20 novembre 1991 il Giudice
 relatore Gabriele Pescatore;
                           Ritenuto in fatto
    1. - La Commissione tributaria di primo grado di Genova nel  corso
 di  un  giudizio  promosso nel dicembre 1984 - da un dipendente della
 SIP, collocato in pensione il 30 settembre 1976, il quale chiedeva il
 parziale rimborso dell'Irpef sull'indennita' di fine  rapporto  -  ha
 sollevato  questione  di  legittimita' costituzionale, in riferimento
 agli artt. 3, 24 e 53 della Costituzione, dell'art. 4 della legge  26
 settembre   1985,   n.  482,  nella  parte  in  cui  non  prevede  la
 possibilita'  di  chiedere  la  riliquidazione,  entro   il   termine
 decennale di prescrizione - secondo i piu' favorevoli criteri dettati
 da tale legge - dell'Irpef gia' pagata.
    Nell'ordinanza  di rimessione si osserva che, a norma dell'art. 38
 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, l'istanza per il rimborso delle
 imposte indebitamente pagate con versamento diretto o per  trattenuta
 da  parte  del  sostituto  d'imposta, deve essere presentata entro il
 termine di decadenza di diciotto mesi.
    L'art. 4 della legge n. 482 del 1985, nell'introdurre  un  sistema
 di tassazione, ai fini dell'Irpef, delle indennita' di fine rapporto,
 piu'  favorevole  di  quello precedente, stabili' che tale sistema si
 applicasse - con alcune attenuazioni per gli anni dal 1974 al 1982  -
 anche  in  tutti  i  casi in cui fossero pendenti giudizi ritualmente
 promossi alla data della sua entrata in  vigore.  Stabili',  inoltre,
 che  tale  nuovo  sistema  si  applicasse anche per la riliquidazione
 dell'imposta versata sulle indennita' percepite anteriormente,  se  a
 detta  data  non  fosse  decorso  il  termine  per  la  presentazione
 dell'istanza di cui all'art. 38 del d.P.R. n.  602  del  1973  o,  se
 questa  fosse  stata  presentata anteriormente all'1 gennaio 1982, se
 non fosse decorso il termine per ricorrere di cui all'art. 37,  comma
 secondo, del d.P.R. n. 602 del 1973, ovvero se, successivamente al 31
 dicembre 1981, fosse stata presentata tempestivamente detta istanza.
    Osserva  il  giudice  a  quo  che  tutte  dette ipotesi consentono
 l'applicazione del regime piu' favorevole ai  soli  casi  ancora  non
 definiti per il decorso del termine di diciotto mesi di cui al citato
 art.  38,  per  cui  il  ricorso  proposto  dovrebbe essere rigettato
 perche' tardivo: da qui la rilevanza della questione.  Rispetto  alla
 non  manifesta  infondatezza di essa, nell'ordinanza di rimessione si
 deduce che sarebbe arbitraria, ingiustificata e lesiva del diritto di
 difesa l'esclusione della possibilita' di chiedere l'applicazione dei
 benefici della legge n. 482 del 1985 per il mancato  rispetto  di  un
 termine  consumatosi  prima  della  sua  emanazione,  con conseguente
 violazione degli artt. 3, 53 e 24 della Costituzione.
    2.  - Con altra ordinanza in data 29 novembre 1986, la Commissione
 tributaria di primo grado di Como - nel corso di due giudizi riuniti,
 promossi nell'ottobre 1984 e nel gennaio 1986, rispettivamente da  un
 dipendente  della  SIP  e  da  un dipendente statale, per ottenere il
 rimborso dell'Irpef corrisposta sull'indennita' di fine  rapporto  da
 essi   percepita   -   ha   sollevato   questione   di   legittimita'
 costituzionale degli artt. 4 e 5 della legge 26  settembre  1985,  n.
 482.
    Ha dedotto che l'art. 4 anzidetto, condizionando la riliquidazione
 dell'Irpef  sulle  indennita' di fine rapporto percepite prima dell'1
 gennaio 1980 (secondo il piu' favorevole criterio da esso  previsto),
 alla  proposizione  dell'istanza  di restituzione entro diciotto mesi
 dal pagamento dell'imposta (in base a quanto stabilito  dall'art.  38
 del d.P.R. n. 602 del 1973), introduce un'irragionevole disparita' di
 trattamento  rispetto a coloro che l'hanno percepita dopo l'1 gennaio
 1980, ai quali - a norma dell'art. 5 della legge n. 482  del  1985  -
 l'imposta va in ogni caso riliquidata.
    Il  giudice  a  quo  ha  pure  sollevato questione di legittimita'
 costituzionale dell'art. 5 della legge n. 482 del 1985 - nella  parte
 in  cui  esclude  dalla  riliquidazione  coloro  che  hanno percepito
 l'indennita' prima dell'1 gennaio 1980 - deducendo  che  la  suddetta
 irragionevole disparita' di trattamento deriva anche da esso.
    Per  il caso che tali questioni fossero dichiarate inammissibili o
 infondate, il  giudice  a  quo  ha  sollevato  inoltre  questione  di
 legittimita'  costituzionale dell'art. 4 della legge n. 482 del 1985,
 dell'art. 38 del d.P.R. n. 602 del 1973 e degli artt. 12, 13 e 14 del
 d.P.R. n. 597 del 1973 in quanto:
       a) l'art. 4 della legge n. 482 del 1985 e l'art. 38 del  d.P.R.
 n.  602  del  1973  violerebbero gli artt. 3 e 24 della Costituzione,
 poiche'   l'efficacia   preclusiva   della   mancata    presentazione
 dell'istanza  ex  art. 38 incide gravemente sul diritto di difesa del
 lavoratore, vanificando  il  principio  generale  della  prescrizione
 decennale;
       b)  gli  artt.  12,  13  e  14  del  d.P.R.  n.  597 del 1973 -
 applicabili  alla  fattispecie  ove  si  escluda  la   riliquidazione
 dell'imposta  - violerebbero gli artt. 3 e 53 della Costituzione, non
 tenendo conto  il  sistema  di  tassazione  da  essi  previsto  delle
 caratteristiche  proprie  delle  indennita'  di  fine  rapporto,  ne'
 dell'arco di tempo in cui si e' maturato il relativo diritto.
    Dinanzi a  questa  Corte,  in  tale  giudizio  e'  intervenuto  il
 Presidente  del  Consiglio  dei  ministri, chiedendo che le questioni
 siano dichiarate inammissibili o manifestamente infondate.
                        Considerato in diritto
    1. - I giudizi promossi con le ordinanze  in  epigrafe  riguardano
 questioni  identiche  o  strettamente connesse, per cui vanno riuniti
 per essere decisi con un'unica sentenza.
    2. - La Corte e' chiamata a decidere:
       a) se l'art. 4 della legge 26 settembre 1985, n.  482  -  nella
 parte in cui non prevede in via generale la possibilita' di chiedere,
 entro   il   termine   decennale  della  prescrizione  ordinaria,  la
 riliquidazione, secondo i piu' favorevoli criteri da  essa  adottati,
 dell'Irpef  sulle  indennita'  di  fine  rapporto  gia' corrisposte -
 contrasti con gli artt. 3, 24  e  53  della  Costituzione,  sotto  il
 profilo  che  sarebbe arbitraria, ingiustificata e lesiva del diritto
 di difesa l'esclusione della possibilita' di usufruire  dei  benefici
 della  legge n. 482 del 1985, in conseguenza del mancato rispetto del
 termine di diciotto mesi (previsto dall'art. 38 del d.P.R. n. 602 del
 1973)  dal  versamento  dell'imposta  per  presentare  l'istanza   di
 rimborso;
       b)  se detto art. 4 della legge n. 482 del 1985 - condizionando
 la  riliquidazione  dell'Irpef  sulle  indennita'  di  fine  rapporto
 percepite  prima  dell'1  gennaio  1980  (secondo  il piu' favorevole
 criterio  da  esso  previsto),  alla  proposizione  dell'istanza   di
 restituzione  entro  diciotto mesi dal pagamento dell'imposta - violi
 l'art. 3 della Costituzione, introducendo un'irragionevole disparita'
 di trattamento rispetto a coloro che  l'abbiano  percepita  dopo  l'1
 gennaio  1980,  ai  quali (a norma dell'art. 5) l'imposta va "in ogni
 caso" riliquidata, su  richiesta  formulata  nei  modi  e  nei  sensi
 previsti dal quinto comma;
       c)  se l'art. 5 di detta legge n. 482 del 1985 - nella parte in
 cui esclude dalla riliquidazione "in  ogni  caso"  coloro  che  hanno
 percepito  l'indennita'  prima  dell'1  gennaio 1980 - violi l'art. 3
 della  Costituzione,  introducendo  a  sua   volta   un'irragionevole
 disparita'  di  trattamento  rispetto  a coloro che l'hanno percepita
 dopo tale data;
       d) se l'art. 38 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, violi gli
 artt. 3 e 24 della Costituzione, in quanto - prevedendo, in  caso  di
 versamento   diretto  dell'Irpef,  che  l'istanza  di  rimborso,  per
 l'inesistenza totale o parziale  dell'obbligo  di  versamento,  debba
 essere   presentata   dal  percipiente  delle  somme  assoggettate  a
 ritenuta, a pena di decadenza, entro diciotto mesi dalla data in  cui
 la  ritenuta  e' stata operata - vanificherebbe il principio generale
 della prescrizione decennale, nonche' il diritto di difesa;
       e) se gli artt. 12, 13 e 14 del d.P.R. 29  settembre  1973,  n.
 597 violino gli artt. 3 e 53 della Costituzione, non tenendo conto il
 sistema  di tassazione da essi previsto delle caratteristiche proprie
 delle indennita' di fine rapporto, ne' dell'arco di tempo in  cui  si
 e' maturato il relativo diritto.
    3.  -  Deve  preliminarmente  osservarsi che la legge 26 settembre
 1985, n. 482, modificando il trattamento tributario delle  indennita'
 di  fine  rapporto in senso piu' favorevole ai percettori di esse, e'
 entrata in vigore (art. 9) l'1 ottobre 1985.
    In deroga al principio (art. 11 disp. att. cod. civ.)  secondo  il
 quale  le  nuove  disposizioni  da  essa poste avrebbero dovuto avere
 effetto rispetto ai rapporti tributari nascenti da tale data,  l'art.
 4  contiene  talune norme che consentono - in presenza di determinati
 presupposti e sulla base di un'apposita istanza (regolata dal  quinto
 comma) - l'efficacia retroattiva dei nuovi criteri di tassazione.
    Esso  statuisce,  innanzitutto  (nel  primo comma), che questi "si
 applicano nei giudizi ritualmente promossi e pendenti  alla  data  di
 entrata  in  vigore della legge"; dispone, inoltre, che si applichino
 per la  riliquidazione  dell'imposta  dovuta  sulle  indennita'  gia'
 corrisposte  "se  a  tale  data  non  sia  decorso  il termine per la
 presentazione dell'istanza di cui all'art. 38 del d.P.R. 29 settembre
 1973, n. 602 o, se questa era stata  presentata  anteriormente  all'1
 gennaio  1982,  non era decorso a tale data il termine per il ricorso
 di cui al secondo comma dell'art. 37 dello stesso decreto ovvero  se,
 successivamente   al   31   dicembre   1981,   sia  stata  presentata
 tempestivamente la suddetta istanza".
    Come  si  legge nella relazione alla Camera dei deputati, allegata
 al disegno di legge (n. 1973) presentato dal Ministro  delle  finanze
 il   30  luglio  1984,  in  questo  modo  il  legislatore  ha  esteso
 l'applicabilita' della nuova disciplina  anche  ai  casi  in  cui  il
 contribuente  non  avesse  ancora  iniziato  il  giudizio  dinanzi al
 giudice tributario, ma avesse tempestivamente esperito  le  procedure
 amministrative  che  ne costituiscono l'indispensabile presupposto (o
 non  fossero  decorsi  i  relativi   termini),   cosi'   da   poterlo
 legittimamente proporre.
    Poiche' il citato primo comma dell'art. 4 si riferisce all'ipotesi
 in  cui l'imposta fosse stata riscossa per "versamento diretto" (pag.
 7 della  citata  relazione),  con  il  successivo  comma,  di  tenore
 analogo,  il beneficio fu esteso anche ai casi in cui l'imposta fosse
 stata riscossa per "ritenuta diretta" (emendamento  governativo  4-8,
 approvato  dalla  sesta  commissione della Camera nella seduta del 21
 marzo 1985).
    La Camera dei deputati - innovando rispetto al  disegno  di  legge
 governativo   -   (nella   seduta  del  22  maggio  1985),  riconobbe
 l'applicabilita' dei nuovi  criteri  di  tassazione  (art.  4,  terzo
 comma)  anche  ai rapporti cessati anteriormente alla data di entrata
 in  vigore  della  legge  "qualora  le  somme  spettanti   a   titolo
 d'indennita'  di  fine rapporto non fossero state in tutto o in parte
 corrisposte".
    Nella stessa seduta la Camera approvo' un'ulteriore estensione del
 beneficio in questione, statuendo che poteva essere  "in  ogni  caso"
 riliquidata,  ai  sensi  del  primo  comma  dell'art.  4,  a domanda,
 "l'imposta  dovuta  sulle  indennita'  e  altre  somme  percepite   a
 decorrere  dall'1  gennaio 1983". Tale beneficio fu esteso dal Senato
 (seduta del 18 luglio 1985) alle indennita' percepite dall'1  gennaio
 1980,  secondo il disposto dell'attuale art. 5 della legge n. 482 del
 1985.
    Emerge da quanto precede che il legislatore, con gli artt. 4  e  5
 impugnati   dalle  ordinanze  di  rimessione,  ha  inteso  consentire
 l'efficacia retroattiva, a domanda  degli  interessati,  entro  certi
 limiti, dei nuovi criteri di tassazione introdotti dalla legge n. 482
 del 1985.
    Detta   retroattivita'   -  come  risulta  dall'esame  dei  lavori
 parlamentari - originariamente doveva riguardare solo i rapporti  non
 ancora   definiti,  al  fine  di  eliminare  in  radice  il  relativo
 contenzioso, vertente anche sulla legittimita'  costituzionale  della
 precedente  normativa,  ma il Parlamento la estese anche a situazioni
 gia' definite, con una valutazione di carattere equitativo, volto  ad
 attenuare sperequazioni, astrattamente ammissibili.
    4. - Cio' premesso - esaminando le questioni nell'ordine logico in
 cui  sono  state proposte - va dichiarato innanzitutto non fondato il
 profilo di legittimita' costituzionale dell'art. 4 della legge n. 482
 del 1985 sollevato, in riferimento  agli  artt.  3,  24  e  53  della
 Costituzione,   in   quanto  non  ha  previsto  in  via  generale  la
 possibilita' di chiedere, entro il termine decennale di  prescrizione
 ordinaria,  la  riliquidazione,  secondo i piu' favorevoli criteri da
 essa adottati, dell'Irpef sulle  indennita'  di  fine  rapporto  gia'
 corrisposte.
    Il  legislatore,  invero,  nella sua discrezionalita' e secondo la
 valutazione - che solo  a  lui  compete  -  delle  disponibilita'  di
 bilancio,  puo'  legittimamente  stabilire la decorrenza dei benefici
 fiscali che introduce (cfr. da ultimo l'ordinanza n. 272 del 1990  di
 questa  Corte).  Ne'  puo'  dirsi  irragionevole,  o contrastante col
 diritto di difesa, che la riliquidazione non sia stata estesa, in via
 di  principio,  a  coloro  che,  non   avendo   proposto   tempestive
 impugnazioni  contro  le trattenute e non essendo piu' in termini per
 proporle, avevano lasciato diventare  "definitivo"  il  rapporto  con
 l'amministrazione   finanziaria.   La  inoppugnabilita'  conseguente,
 infatti, giustifica il diverso trattamento tributario ed implica  che
 nessuna violazione puo' esservi del diritto di difesa.
    Inammissibili, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, vanno
 invece  dichiarate  le questioni di legittimita' costituzionale degli
 artt. 4 e 5  della  legge  n.  482  del  1985,  sollevate  in  quanto
 attribuiscono   "in  ogni  caso"  (e  quindi  anche  in  mancanza  di
 tempestiva impugnazione, o della possibilita' al momento dell'entrata
 in vigore della legge di proporla, non  essendo  scaduti  i  relativi
 termini),  la  facolta'  di chiedere la riliquidazione dell'imposta a
 coloro che hanno percepito l'indennita' a  decorrere  dall'1  gennaio
 1980 e non anche a coloro che l'abbiano percepita in precedenza.
    Come   si   e'  detto,  tale  facolta'  e'  stata  attribuita  dal
 legislatore a fini meramente equitativi, valutati in  concreto.  Essa
 e'  percio'  espressione  di  una  discrezionalita'  legislativa, non
 sorretta, soltanto da criteri strettamente giuridici, ma correlata ad
 esigenze di opportunita'. Rispetto ad esse (ai  fini  dell'ammissione
 alla  disciplina  derogatoria  di  favore)  non  puo'  profilarsi  la
 violazione del principio di uguaglianza. Questa  Corte,  infatti,  ha
 costantemente  ritenuto  inammissibili questioni volte a censurare la
 discrezionalita'  del  legislatore  in  ordine  alla  concessione  di
 agevolazioni  fiscali  nonche'  ai limiti ed alle condizioni di esse,
 (cfr., da ultimo la sentenza n. 28 del 1988 e le ordinanze n. 113 del
 1989 e n. 319 del 1987).
    Quanto alla questione di legittimita' costituzionale dell'art.  38
 del  d.P.R. n. 602 del 1973, essa e' infondata (cfr. ordinanze n. 305
 del 1985 e n. 545 del 1987).
    Al  legislatore,  infatti,  e'  consentito  di   determinare,   in
 relazione  alle  esigenze  dei  singoli procedimenti, le modalita' di
 esercizio del diritto di difesa (cfr. da ultimo la  sentenza  n.  543
 del 1989), che non e' menomato dal sistema previsto dall'art. 38 - il
 quale  stabilisce  un  termine  di  decadenza  di  diciotto  mesi per
 presentare l'istanza di rimborso ove  si  ritengano  non  dovute,  in
 tutto  o  in parte, le imposte pagate con "versamento diretto" - e la
 facolta'  dell'interessato   di   proporre,   contro   le   decisioni
 dell'intendente di finanza (ovvero il silenzio-rifiuto conseguente al
 trascorrere  di  novanta giorni dalla data dell'istanza senza che sia
 intervenuta tale  decisione)  ricorso  alle  commissioni  tributarie,
 secondo le disposizioni del d.P.R. n. 636 del 1972.
    Quanto,  infine,  alla  questione, relativa agli artt. 12, 13 e 14
 del d.P.R. n. 597 del 1973, attenendo essa al merito  dei  giudizi  a
 quibus,  va  dichiarata  inammissibile,  avendo  i giudici remittenti
 negato  la  rilevanza  di  tutte  le  questioni  innanzi   esaminate,
 fondandosi  sulla  mancata  tempestiva  proposizione  dei ricorsi, di
 talche' si rende inammissibile il loro esame nel merito.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Riuniti i giudizi:
      dichiara    inammissibili    le    questioni   di   legittimita'
 costituzionale degli artt. 4 e 5 della legge 26  settembre  1985,  n.
 482  (Modificazioni  del  trattamento  tributario delle indennita' di
 fine rapporto e dei capitali corrisposti in dipendenza di
  contratti di assicurazione sulla vita),  sollevate,  in  riferimento
 all'art.  3 della Costituzione, dalla Commissione tributaria di primo
 grado di Como con ordinanza 29 novembre 1986;
      dichiara   inammissibile   la    questione    di    legittimita'
 costituzionale  degli artt. 12, 13 e 14 del d.P.R. 29 settembre 1973,
 n. 597 (Istituzione  e  disciplina  dell'imposta  sul  reddito  delle
 persone  fisiche),  sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della
 Costituzione, dalla Commissione tributaria di primo  grado  di  Como,
 con ordinanza 29 novembre 1986;
      dichiara non fondata la questione di legittimita' costituzionale
 dell'art. 38 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla
 riscossione  delle  imposte  sul  reddito), sollevata, in riferimento
 agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dalla Commissione tributaria di
 primo grado di Como, con ordinanza 29 novembre 1986;
      dichiara non fondata la questione di legittimita' costituzionale
 dell'art. 4 della legge 26 settembre 1985, n. 482 (Modificazioni  del
 trattamento  tributario  delle  indennita'  di  fine  rapporto  e dei
 capitali corrisposti in  dipendenza  di  contratti  di  assicurazione
 sulla vita), sollevata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione,
 dalla  Commissione tributaria di primo grado di Genova, con ordinanza
 22 marzo 1991.
    Cosi' deciso in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 18 dicembre 1991.
                       Il presidente: CORASANITI
                        Il redattore: PESCATORE
                        Il cancelliere: MINELLI
    Depositata in cancelleria il 27 dicembre 1991.
                Il direttore della cancelleria: MINELLI
 91C1340