N. 511 SENTENZA 19 - 30 dicembre 1991
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Usi civici - Regione Abruzzo - Terre classificate nel regime demaniale civico - Consiglio regionale e comune territorialmente interessato - Interventi di sclassificazione e utilizzo - Surrettizia espropriazione forzata - Razionalita' della legge di sanatoria nell'ambito della opportunita' e della certezza del diritto - Non fondatezza. (Legge regione Abruzzo 3 marzo 1988, n. 25, art. 10, secondo comma). (Cost., artt. 42, 117 e 118).(GU n.2 del 8-1-1992 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: dott. Aldo CORASANITI; Giudici: prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI; prof. Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI;
ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 10 della legge della Regione Abruzzo 3 marzo 1988, n. 25 (Norme in materia di usi civici e gestione delle terre civiche) promosso con ordinanza emessa il 16 aprile 1991 dal Commissario regionale per il riordinamento degli usi civici in Abruzzo nel procedimento demaniale vertente tra il Comune di Avezzano ed il Consorzio per il nucleo industriale di Avezzano iscritta al n. 488 del registro ordinanze 1991 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 28, prima serie speciale, dell'anno 1991; Udito nella camera di consiglio del 4 dicembre 1991 il Giudice relatore Luigi Mengoni; Ritenuto in fatto 1. - Nel corso di un giudizio avente per oggetto l'accertamento della natura di demanio civico o allodiale di alcuni terreni alienati dal Comune di Avezzano al Consorzio per il nucleo industriale di quella citta', avendo il rappresentante del Comune depositato una deliberazione della giunta comunale in data 11 aprile 1991, con cui si chiede la sclassificazione dei terreni medesimi ai sensi dell'art. 10, secondo comma, della legge della Regione Abruzzo 3 marzo 1988, n. 25 (modificata dalla legge reg. 8 settembre 1988, n. 77), il Commissario regionale per il riordinamento degli usi civici in Abruzzo, reputando che la definizione del giudizio dipenda dalla delibera che il Consiglio regionale adottera' in merito alla domanda, ha sollevato, con ordinanza del 16 aprile 1991, questione di legittimita' costituzionale del citato art. 10, secondo comma. 2. - Ad avviso del giudice a quo, la norma denunciata viola l'art. 117 Cost., in quanto "vulnera i principi fondamentali posti dalla legge nazionale 16 giugno 1927, n. 1766, dell'imprescittibilita' dei diritti di uso civico, nonche' dell'inusucapibilita' e dell'indisponibilita' delle terre collettive .. sottoposte al vincolo dell'immutabilita' della loro destinazione"; viola l'art. 118 perche' attribuisce alla Regione "poteri che non sono certamente di natura amministrativa, ma legislativa"; viola infine l'art. 42 Cost., perche' "i diritti proprietari della collettivita' vengono praticamente espropriati senza che alla medesima sia corrisposto alcun compenso a titolo di indennizzo". Considerato in diritto 1. - L'art. 10 della legge della Regione Abruzzo 3 marzo 1988, n. 25, modificato dalla legge reg. 8 settembre 1988, n. 77, dispone al secondo comma: "Nei casi in cui, per effetto di utilizzazioni improprie ormai consolidate, porzioni di terre civiche abbiano da tempo irreversibilmente perduto la conformazione fisica e la destinazione funzionale di terreni agrari, ovvero boschivi e pascolivi, il Consiglio regionale, su richiesta motivata del Comune territorialmente interessato, ovvero dell'Amministrazione separata frazionale, sentito il Comune, se trattasi di beni di pertinenza frazionale, puo' disporre la sclassificazione di dette terre dal re- gime demaniale civico". La disposizione e' impugnata dal Commissario regionale per il riordinamento degli usi civici per preteso contrasto: a) con l'art. 117 Cost., perche' "vulnera i principi fondamentali posti dalla legge nazionale 16 giugno 1927, n. 1766, dell'imprescrittibilita' dei diritti di uso civico, nonche' dell'inusucapibilita' e dell'indisponibilita' delle terre collettive", soggette a "vincolo di immutabilita' della loro destinazione"; b) con l'art. 118 Cost., perche' non rispetta "i limiti della delega stabilita dall'art. 66 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616", attribuendo alla Regione "poteri che non sono certamente di natura amministrativa, ma legislativa"; c) con l'art. 42, terzo comma, Cost., perche' con la prevista "sclassificazione" di terre civiche i diritti di proprieta' della collettivita' "vengono praticamente espropriati senza che alla medesima sia corrisposto alcun compenso a titolo di indennizzo". 2. La questione non e' fondata. Per valutare correttamente se la norma denunciata si mantenga nella cornice dei principi fondamentali risultanti dalla legge del 1927 sugli usi civici, occorre considerare che le diverse e piu' remunerative possibilita' di occupazione, prodotte dal sopravvenuto sviluppo industriale del Paese anche nelle zone tradizionalmente agricole, hanno ridotto a dimensioni modestissime le economie familiari di produzione per il consumo, determinando un progressivo abbandono dell'esercizio degli usi civici collegati a quelle economie. Tale fenomeno ha comportato che terreni gravati da usi civici, di cui si e' quasi perduto il ricordo, sono stati alienati dai Comuni trascurando le condizioni e le procedure previste dall'art. 12 della legge del 1927, per finalita' di pubblico interesse connesse ai bisogni di urbanizzazione (dal 1927 la popolazione italiana e' pressoche' raddoppiata) o ai bisogni dell'industrializzazione, apportatrice di nuovi posti di lavoro. La regolarizzazione di siffatte situazioni alla stregua del citato art. 12, come vorrebbe il giudice a quo, e' difficilmente praticabile, sia perche' presuppone l'assegnazione dei terreni a una o l'altra delle categorie distinte dall'art. 11, mentre essi hanno ormai perduto da tempo l'originaria destinazione agricola o boschivo- pastorale, sia perche' impone l'onere di rinnovazione dell'atto di vendita con un nuovo prezzo calcolato tenendo conto dell'attuale destinazione urbanistica o industriale dei terreni. Oltre a tutto, il Comune sarebbe esposto al rischio di vedersi citato in giudizio, ai sensi dell'art. 1338 cod. civ., con una domanda di risarcimento dei danni sofferti dall'acquirente per avere confidato, senza sua colpa, nella validita' del precedente contratto. Sulla base di quel contratto e del prezzo allora convenuto e' stata fatta, nel caso in esame, l'analisi dei costi-benefici dell'insediamento industriale in vista del quale i terreni di cui e' causa sono stati alienati dal Comune di Avezzano. 3. - Occorre percio', pur nel quadro della legge nazionale, trovare spazi a leggi regionali di sanatoria. La soluzione adottata dall'art. 10 della legge abruzzese utilizza a tale scopo il modello della "sclassificazione" dei beni demaniali (art. 829 cod. civ.), fondandosi sul fatto che le terre civiche ivi considerate "hanno da tempo perduto irreversibilmente la conformazione fisica e la destinazione funzionale di terreni agrari ovvero boschivi o pascolivi". Non si tratta di una "sdemanializzazione" esonerata dal presupposto della previa assegnazione dei terreni a categoria. La sclassificazione e' un atto di natura meramente dichiarativa, che accerta la perdita delle caratteristiche che qualificavano i terreni come beni di demanio collettivo, con conseguente esclusione di questa specifica ragione di nullita' della vendita stipulata senza le condizioni dell'art. 12 della legge del 1927, e quindi, se la vendita fosse gia' avvenuta, restando esclusa la necessita' di rinnovazione del contratto. La norma denunciata non viola il limite indicato dall'art. 117 Cost., ma anzi risponde a un principio generale della legislazione statale, desumibile dagli artt. 39 e 41 del r.d. 26 febbraio 1928, n. 332, nel senso che sono consentite in ogni caso - con l'autorizzazione del Ministro dell'agricoltura (sentito il parere del Commissario regionale per gli usi civici), e ora della Regione (non soggetta al requisito del detto parere preventivo) - l'alienazione o la concessione, previo mutamento di destinazione, di terre civiche quando le forme di utilizzazione previste dalla legge n. 1766 del 1927 non siano piu' possibili o risultino antieconomiche, mentre la diversa destinazione sopravvenuta rappresenta un reale beneficio per la generalita' degli abitanti. Questo principio si riflette nell'ultimo comma dell'art. 6 della legge regionale (non impugnato): di esso il successivo art. 10, secondo comma, costituisce un adattamento ordinato alla sanatoria di mutamenti di destinazione gia' intervenuti, dei quali il Consiglio regionale riconosce la rispondenza a finalita' di interesse pubblico, in pari tempo dichiarando che sono cessate definitivamente le ragioni che giustificavano l'originario vincolo di destinazione, con conseguente passaggio dei terreni nel patrimonio disponibile del Comune. 4. - La seconda censura, indicata al punto 1, sub b), e' contraddittoria con la precedente. Il motivo di impugnazione sub a) presuppone il riconoscimento alla Regione di una competenza legislativa concorrente in materia di usi civici. Al contrario, il motivo sub b) aderisce a una dottrina minoritaria, non condivisa da questa Corte (cfr. sentenza n. 511 del 1988), la quale contesta la valutazione degli usi civici come submateria dell'agricoltura e foreste, sottesa all'art. 66 del d.P.R. n. 616 del 1977. Il trasferimento delle funzioni amministrative in questa materia, in quanto estranea all'elenco dell'art. 117 Cost., dovrebbe intendersi in realta' come delega ai sensi dell'art. 118, secondo comma, assistita dal limitato potere normativo previsto dall'art. 7 del citato decreto, che la statuizione della norma in esame avrebbe ecceduto. Caduta la premessa, perde consistenza il riferimento dell'impugnazione all'art. 118 Cost. 5. - Non appare violato, infine, l'art. 42, terzo comma, Cost. L'atto di sclassificazione non e' assimilabile all'espropriazione forzata, essendo nella specie ordinato alla regolarizzazione di una vendita, gia' avvenuta, finalizzata a un insediamento industriale che rappresenta un reale beneficio per la collettivita'. Nella diversa ipotesi, in cui il mutamento di destinazione dei terreni fosse intervenuto indipendentemente da una alienazione da parte del Comune, il prezzo ricavato dalla vendita successiva alla sclassificazione dovra' essere destinato alla realizzazione di opere pubbliche di interesse della collettivita', secondo la prescrizione dell'art. 6, sesto comma, della legge regionale. Questa norma, da sottintendersi anche nell'art. 10, secondo comma, corrisponde all'art. 24 della legge del 1927, escluso l'obbligo, che certo non puo' considerarsi un principio vincolante per il legislatore regionale, dell'investimento del prezzo in titoli del debito pubblico intestati al Comune.
PER QUESTI MOTIVI LA CORTE COSTITUZIONALE Dichiara non fondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 10, secondo comma, della legge della Regione Abruzzo 3 marzo 1988, n. 25 (Norme in materia di usi civici e gestione delle terre civiche), sollevata, in riferimento agli artt. 117, 118 e 42 della Costituzione, dal Commissario regionale per il riordinamento degli usi civici con l'ordinanza indicata in epigrafe. Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19 dicembre 1991. Il presidente: CORASANITI Il redattore: MENGONI Il cancelliere: MINELLI Depositata in cancelleria il 30 dicembre 1991. Il direttore della cancelleria: MINELLI 91C1357