N. 729 ORDINANZA (Atto di promovimento) 30 settembre 1991
N. 729 Ordinanza emessa il 30 settembre 1991 del pretore di Prato nel procedimento penale a carico di Candini Luciano Imposta di fabbricazione - Deposito di olii minerali - Costituzione e/o esercizio senza la prescritta denuncia al competente U.T.I.F. - Trattamento sanzionatorio - Determinazione del minimo edittale nella misura del doppio dell'imposta relativa ai prodotti trovati nel deposito - Lamentata eccessivita' della sanzione con incidenza sul principio della funzione rieducativa della pena. (Legge 2 luglio 1957, n. 474, art. 13, primo comma). (Cost., artt. 25 e 27).(GU n.4 del 22-1-1992 )
IL PRETORE Ha pronunciato la seguente ordinanza. Candini Luciano e' stato tratto a giudizio per rispondere del reato di cui all'art. 13 della legge n. 474/1957 ed in particolare per avere esercitato un deposito di olii minerali senza avere effettuato la prescritta denuncia all'U.T.I.F. Nel corso dell'istruttoria dibattimentale, imperniata su acquisizioni documentali e sulla deposizione del sottufficiale dela g.d.f. che effettuo' l'accertamento, emergeva che: a) la ditta Il Pantano S.r.l., di cui l'imputato e' legale rappresentante, e' provvista di due cisterne della capienza di metri cubi 18 ciascuna, adibite a deposito di olii minerali; b) nessuna denuncia all'U.T.I.F. era stata effettuata per l'esercizio di detto deposito; c) nel corso dei cinque anni precedenti all'accesso della polizia tributaria presso la ditta suddetta, erano transitate nel deposito le seguenti quantita' di olii minerali: olio 3/5 - kg 1.615.570; olio denso 15/20 - kg 10.360; olio lubrificante ed olii diatermici - kg 17.214; gasolio - kg 194.837; l'imposta relativa a detti prodotti ammontava complessivamente a L. 226.788.911. All'esito dell'istruttoria dibattimentale, in sede di conclusioni, la difesa dell'imputato sollevava questione di legittimita' costituzionale della norma incriminatrice di cui all'art. 13, primo comma, della legge n. 474/1957, per contrasto con gli artt. 25, secondo comma, 3 e 27, terzo comma, della Costituzione. I termini della questione sollevata dalla difesa possono esere compendiati come segue. 1) Art. 25: La norma di cui all'art. 13 cit. sarebbe in contrasto con il principio della riserva di legge individuato dall'art. 25, secondo comma, della Costituzione. Nella norma in esame sarebbe sostanzialmente indeterminata la sanzione poiche' " .. la entita' cui deve farsi riferimento per stabilire la pena e' una entita' variabile a seconda del tempo di commissione del reato, a seconda di provvedimenti amministrativi indipendenti dalla legge, a seconda di circostanze variabili e quindi extra legem". 2) Art. 3: Proprio la asserita arbitrariamente variabile entita' della sanzione violerebbe per la difesa il principio di uguaglianza. Infatti il medesimo reato verrebbe ad essere sanzionato " .. per identiche categorie di cittadini, con pene di entita' diversa in relazione al momento in cui esso e' commesso e con riferimento a provvedimenti variabili nel tempo e variabili non per volonta' legislativa ma per volonta' amministrativa". 3) Art. 27: Il meccanismo di determinazione della pena (dal doppio al decuplo dell'imposta relativa ai prodotti trovati nel deposito) genererebbe una sproporzione enorme tra fatto e sanzione. Le pene irrogabili per effetto dell'accertamento del reato in discorso sarebbero "quantitativamente assurde ed insopportabili"; sarebbe cosi' violato il precetto costituzionale relativo al finalismo rieducativo della sanzione criminale. Le prime due questioni di illegittimita' incostituzionale prospettate dalla difesa appaiono manifestamente infondate. Appena il caso di evidenziare infatti come tanto il precetto quanto la sanzione relativi alla fattispecie di cui all'art. 13, primo comma, cit. trovino origine in disposizioni legislative. In particolare per quanto attiene alla sanzione, su cui si appunta la questione in discorso, va evidenziato come il criterio moltiplicatore contenuto nell'art. 13 cit. trovi il proprio referente in altre norme di legge. Il riferimento e' al d.-l. n. 989/1964 convertito nella legge n. 1350/1964 nonche' alle sue successive, periodiche modificazioni (v. da ultimo il d.-l. n. 261/1990 convertito nella legge n. 331/1990) recanti l'individuazione quantitativa delle imposte di fabbricazione per gli olii minerali. Da tanto discende all'evidenza la declaratoria di manifesta infondatezza tanto della questione relativa all'asserita violazione della riserva di legge, quanto della questione relativa all'asserita violazione del principio di uguaglianza. Diverso discorso e' da farsi in ordine alla questione di legittimita' costituzionale dell'art. 13 cit. con riferimento all'art. 27, terzo comma, della Costituzione. Occore al proposito prendere le mosse dal nuovo assetto interpretativo della norma costituzionale invocata, assetto interpretativo scaturito dalla recente sentenza della Corte costituzionale n. 313 del 2 luglio 1990. Tale pronuncia, recependo ed articolando le acquisizioni della dottrina piu' consapevole ed evoluta ha chiarito in termini non equivocabili come " .. la necessita' costituzionale che la pena debba tendere a rieducare, lungi dal rappresentare una mera generica tendenza riferita al solo trattamento, indica invece proprio una delle qualita' essenziali e generali che caratterizzano la pena nel suo contenuto ontologico, e l'accompagnano da quando nasce, nell'astratta previsione normativa, fino a quando in concreto si estingue". La pronuncia in esame ribadisce quindi con forza che " .. il precetto di cui al terzo comma dell'art. 27 della Costituzione vale tanto per il legislatore quanto per i giudici della cognizione .." trattandosi di " .. un principio che, seppure variamente profilato, e' ormai da tempo diventato patrimonio della cultura giuridica europea, particolarmente per i suo collegamento con il principio di proporzione fra qualita' e quantita' della sanzione, da una parte, ed offesa, dall'altra". L'applicazione delle suddette enunciazioni al caso di specie non puo' che portare alla dichiarazione di non manifesta infondatezza della questione in discorso. Occorre in proposito evidenziare (in punto di rilevanza della questione nel presente processo) che, alla stregua della sentenza della Corte costituzionale n. 887 del 26 luglio 1987, l'espressione "prodotti trovati nel deposito" contenuta nell'art. 13 cit., si riferisce a tutti i prodotti ivi immessi e non soltanto a quelli essitenti al momento dell'accertamento del reato. Propio su tali basi interpretative (recepite tanto dall'autorita' di polizia giudiziaria che dall'odierno giudicante) fu effettuato l'accertamento che diede origine al processo e fu quindi evidenziata la quantita' di olii minerali transitati nel deposito, nella misura specificata nella narrativa che precede. L'esito dell'opzione interpretativa suddetta e dell'accertamento da essa dipendente porterebbe ad individuare il minimo della pena per il reato in discorso, nella somma di L. 453.577.822 (il doppio cioe' dell'imposta relativa ai prodotti "trovati" nel deposito e corrispondente a complessive L. 226.788.911). La conformita' di un tale trattamento sanzionatorio (di cui e' stata specificata solo l'entita' minima) al precetto costituzionale in discorso ed in particolare al principio di proporzionalita' cui si e' fatto cenno, appare quanto meno dubbia. Occorre al proposito evidenziare fra l'altro come la norma incrimintrice di cui all'art. 13, primo comma, cit. individui una violazione formale, di mero pericolo, collocata - nella relazione alla legge di conversione del d.-l. n. 271/1957 - fra le infrazioni "meno pericolose". Su tali basi e' quindi agevole desumere la non manifesta infondatezza della questione in discorso, solo che si consideri l'enorme sproporzione sussistente nel caso di specie fra il modesto disvalore del fatto (la norma non sanziona alcuna evasione di imposta) e la sanzione per esso prevista nel minimo. La detta sproporzione impedisce di individuare, in un trattamento sanzionatorio cosi' congegnato, alcun traccia del finalismo rieducativo imposto dalla norma costituzionale in discorso come contenuto ontologico della pena.
P. Q. M. Visto ed applicato l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Dichiara manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 13, primo comma, della legge 2 luglio 1957, n. 474, con riferimento agli artt. 25, secondo comma, e 3 della Costituzione; Dichiara rilevante e non manifestamente infondata, con riferimento all'art. 27, terzo comma, della Costituzione, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 13, primo comma, della legge 2 luglio 1957, n. 474, nella parte in cui fissa la pena minima per il reato in essa previsto nel doppio dell'imposta relativa ai prodotti trovati nel deposito, intendendosi per prodotti trovati, tutti i prodotti immessi nel deposito medesimo; Ordina pertanto la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, sospende il giudizio in corso ed ordina che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti dei due rami del Parlamento. Prato, addi' 30 settembre 1991 Il pretore: CAROFIGLIO 92C0021