N. 741 ORDINANZA (Atto di promovimento) 22 aprile 1991
N. 741 Ordinanza emessa il 22 aprile 1991 dal tribunale di Potenza nel procedimento penale a carico di Danzi Michele Stupefacenti e sostanze psicotrope - Detenzione di stupefacenti in misura superiore alla dose media giornaliera - Individuazione del discrimine tra condotta lecita e condotta penalmente rilevante nella dose media giornaliera desunta sulla base dei quantitativi massimi di principio attivo anziche' sulla base della dose abituale del singolo consumatore - Ingiustificata discriminazione dei consumatori abituali costretti ad assumere quantitativi sempre maggiori di stupefacenti - Prospettata irragionevolezza in considerazione della impossibilita' per il consumatore di conoscere la quantita' di principio attivo accertabile solo a posteriori - Incidenza sul diritto alla salute del singolo consumatore sottoposto a sanzione penale invece che a trattamento terapeutico. (D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 73). (Cost., artt. 3 e 32).(GU n.4 del 22-1-1992 )
IL TRIBUNALE Nella udienza del 22 aprile 1991 ha pronunciato la seguente ordinanza di rimessione degli atti alla Corte costituzionale nella causa penale iscritta al n. 35/91 r.g. trib., contro Danzi Michele nato a Potenza l'11 gennaio 1969, res. a Vaglio della Basilicata alla via Trieste e Trento n. 42, imputato del reato di cui all'art. 73, primo comma, introdotto dall'art. 14 della legge n. 162/1990, perche' illecitamente deteneva g 0,4034 di sostanza stupefacente di cui alla tabella I - eroina - contenente una quantita' di principio attivo pari a g 0,1547, pertanto in quantita' superiore a quella media giornaliera. In vaglio della Basilicata il 17 ottobre 1990. Danzi Michele e' stato tratto a giudizio per rispondere del reato di cui all'art. 73 del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, introdotto dall'art. 14 della legge 26 giugno 1990, n. 162, in relazione agli artt. 75 e 78 del citato d.P.R., corrispondenti rispettivamente agli artt. 71, 72 e 72-quater della legge 22 dicembre 1975, n. 685 (disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope), come modificata dalla citata legge n. 162/1990, per aver detenuto illecitamente eroina contenente mg 154 di principio attivo, pertanto in quantita' superiore a quella media giornaliera, sancita dal d.m. 12 luglio 1990, n. 186, cui rinviamo - per la determinazione della dose media giornaliera consentita - gli artt. 75 e 78 del citato d.P.R. (72 e 74-quater della legge), di 100 mg. Consulenza tecnica neuropsichiatrica, disposta dal p.m. inquirente al fine di evidenziare "il fabbisogno giornaliero di eroina" del Danzi, affermava che "il soggetto, facendo uso di una dose giornaliera del tipo di quella esaminata .. assume un quantitativo di eroina intorno ai 170 mg/die". A conclusione del dibattimento, il tribunale ha ritenuto di dover rimettere a codesta Corte la questione di legittimita' costituzionale degli artt. 71, 72 e 72-quater della legge 22 dicembre 1975, n. 685, siccome modificata dalla legge 26 giugno 1990, n. 162 (corrispondenti, rispettivamente, agli artt. 73, 75 e 78 del t.u. 9 ottobre 1990, n. 309), in relazione agli artt. 3 e 32 della Costituzione. Ad avviso del collegio, infatti, l'art. 71 viola le citate norme costituzionali nei limiti in cui sottopone a sanzione penale la detenzione, in quantita' superiori alla "dose media giornaliera", di sostanze stupefacenti destinate al consumo. Secondo l'art. 71 della legge n. 162/1990 (corrispondente all'art. 73 del citato d.P.R.), la "dose media giornaliera" (d.m.g.) e' il limite quantitativo massimo oltre il quale la detenzione a qualsiasi titolo della sostanza stupefacente costituisce reato. L'art. 72 (corrispondente all'art. 75 del d.P.R.), demanda "ai criteri indicati al primo comma dell'art. 72-quater" (corrispondente all'art. 78 del d.P.R.) la determinazione della d.m.g. Quest'ultimo articolo che, secondo la rubrica, disciplina la "quantificazione delle sostanze", demanda a sua volta a un decreto del Ministro della sanita', previo parere dell'Istituto superiore di sanita', di determinare: a) le procedure diagnostiche e medico-legali per accertare l'uso abituale di sostanze stupefacenti o psicotrope; b) le metodiche per quantificare l'assunzione abituale nelle ventiquattro ore; c) i limiti quantitativi massimi di principio attivo per le dosi medie giornaliere. Il d.m. citato ha fissato in 100 mg la d.m.g. di eroina, limite al di la' del quale, per il combinato disposto degli artt. 71, 72 e 72-quater, la detenzione di sostanza stupefacente eroina e' ritenuta illecita, indipendentemente dalle caratteristiche personali dell'assuntore, in particolare della quantita' giornaliera abitualmente assunta dal singolo e specifico soggetto. Il tribunale muove tre censure di costituzionalita', due in relazione alla presunta violazione dell'art. 3 della Costituzione, una in relazione all'art. 32. Ritiene innanzitutto sussistere un'ipotesi di disparita' di trattamento di situazioni sostanzialmente analoghe fra di loro, in relazione al discrimine, fondato sulla d.m.g., fortemente penalizzante per i tossicomani c.d. pesanti (il cui fabbisogno giornaliero e' superiore a quanto stabilito col decreto ministeriale) esposti alla sanzione penale pur quando mantengano l'approvvigionamento nei limiti del loro fabbisogno quotidiano, ed i tossicomani la cui soglia di tolleranza e' tutt'ora al di sotto di quel limite, e che potranno avvalersi, rispetto a quelli, della scriminante prevista nell'art. 72. Volendo ritenere, come l'esperienza e la rilevazione pratica hanno dimostrato, che una delle caratteristiche della tossicodipendenza e' la tolleranza, cioe' la necessita' di assumere quantitativi sempre maggiori della stessa sostanza, il rilievo mosso puo' tradursi in un discrimine, sotto il profilo del diverso trattamento penale della detenzione per uso proprio della dose giornaliera, fra consumatore abituale e consumatore occasionale o per cosi' dire iniziale. La questione, gia' posta all'attenzione della Corte costituzionale con ordinanza del 12 ottobre 1990 del tribunale di Roma, formalmente in relazione alla violazione del principio di offensivita' (nullum crimen sine danno) e della riserva di legge (nullum crimen sine lege) in ordine alle fattispecie penali (art. 25 della Costituzione), e ritenuta infondata dalla Corte stessa, nella pronuncia n. 333/1991, intercorsa nelle more del deposito della presente ordinanza, con riferimento ai profili di ragionevolezza ed offensivita', nonche' al profilo della riserva di legge, non appare esaminata ne' risolta in relazione al profilo indicato. E' necessario, quindi, ritornare sull'argomento. Nel corso del dibattito parlamentare il governo e la maggioranza avevano mostrato di annettere grande importanza alla dimensione personalizzata di stupefacenti. Nella seduta del Senato del 28 novembre 1989 il Ministro guardasigilli, nel preannunciare l'introduzione della norma che prevede i criteri per la definizione della d.m.g., afferma: "cio' dovrebbe eliminare le lamentate equivocita' ed incertezze interpreta- tive a cui il testo attuale potrebbe dar luogo circa il riferimento oggettivo-soggettivo, cioe' personalizzato, della d.m.g.". A sua volta il relatore Condorelli, replicando ad alcuni interventi critici secondo i quali la sostituzione della modica quantita' con la d.m.g. avrebbe lasciato le cose come stavano, afferma: "Non e' affatto vero, si tratta di una soluzione molto differente. Oggi la scriminante tra lo spacciatore ed il consumatore e' rappresentata da un mero fatto quantitativo: il peso. Con la d.m.g. no, c'e' una perizia medica sulla persona, un accertamento, che stabilisce innanzitutto se il soggetto e' un tossicodipendente .. ci sara' una valutazione globale, medico-legale, condotta dai sanitari, che potra' valutare l'esigenza di droga dei singoli soggetti .. ad esempio un soggetto puo' aver bisogno di cento milligrammi di eroina, ma un altro potrebbe aver bisogno di assumere anche 5 grammi ..". I punti a) e b) dell'art. 72-quater, citati, avevano rilievo nello schema del disegno governativo in quanto riferiti al consumatore abituale, per il quale la dose consentita era determinabile in riferimento a quella abitualmente ed affettivamente assunta nelle 24 ore. Il diverso concetto di d.m.g. era introdotto per la detenzione da parte del consumatore occasionale. Senonche' nel testo definitivo della legge la distinzione tra assuntore occasionale ed assuntore abituale e' venuta a cadere. A modifica del testo originario, la legge n. 162/1990 unifica in una sola figura l'assuntore abituale a quello occasionale, creando un'unica fattispecie di illecito sulla soglia quantitativa della d.m.g. I punti a) e b) dell'art. 72-quater sono percio' divenuti irrilevanti per la cognizione dell'illecito ed e' solo il punto c) ad essere chiamato in causa. Quanto al punto c), al silenzio della legge n. 162/1990 hanno fatto seguito le sommarie indicazioni contenute in calce al decreto ministeriale citato, che aggiunge all'elenco dei "limiti quantitativi massimi di principio attivo per le d.m.g." poche righe di "note esplicative". Si apprende cosi' che le quantita' riportate sono state "individuate sulla base dei dati epidemiologici relativi all'uso abituale". Peraltro non e' fornita alcuna precisazione per permettere di risalire ai criteri adottati per la individuazione dei dati. Sicche' il richiamo ad una entita' media dovrebbe far riferimento ad un dato statistico, cioe' alla quantita' complessiva consumata quotidianamente dall'insieme di consumatori di una data sostanza stupefacente, divisa per il numero dei consumatori stessi. Ma potrebbe essere altresi' la media aritmetica fra il dosaggio massimo registrato, da parte di un consumatore per c.d. all'ultimo stadio, ed il dosaggio minimo di un assuntore al primo impatto con la sostanza stupefacente. O ancora, come riferisce la commissione di esperti dell'Universita' La Sapienza, all'uopo nominata dal Ministro della sanita', "le quantita' giornaliere che, secondo l'esperienza maturata presso i servizi di assistenza sanitaria dei tossicodipendenti .. le segnalazioni provenienti dall'I.S.S. e le statistiche dei sequestri effettuati dalle forze di polizia, sono consumate dalla maggior parte dei tossicodipendenti di grado medio nell'arco delle 24 ore". Questo e' il punto. La legge, cosi' come formulata, discrimina il medio assuntore (e, a fortiori, l'assuntore occasionale od iniziale), mentre penalizza chi invece si e' assestato su consumi superiori alla media. Il che puo' dipendere da condizioni oggettive o soggettive (la modalita' del consumo, la forma dell'assunzione, le condizioni fisiche dell'assuntore, la carriera tossicomanica del predetto) in ogni caso del tutto estranee alla ratio della norma incriminatrice. Di tanto si e' resa conto la Corte costituzionale, nella citata pronuncia, allorche' ha affermato che " .. il criterio della lett. c) del primo comma dell'art. 78 va coordinato con i precedenti criteri sub a) e b), giacche' l'art. 75 richiama tutto il contenuto del suddetto primo comma e non gia' solo la lett. c) .. In sostanza .. il criterio sub c) .. va integrato con quelli sub a) e b) (di contenuto strettamente tecnico-scientifico), nel senso che questi ultimi due - che nel testo dell'originario disegno di legge erano deputati a specificare il criterio della dose media "personalizzata" prevista per l'abituale assuntore di sostanze stupefacenti - oggi conservano egualmente una loro funzione in quanto indicano all'autorita' amministrativa le metodiche per stabilire quale sia il consumo abituale di sostanze stupefacenti che consentano di pervenire attraverso campionature statistiche a conoscere un panorama di dati individuali da utilizzare per quantificare la misura "media", secondo criteri obiettivi di valutazione, non senza peraltro nascondersi che " .. tali criteri .. presentano margini di opinabilita' e non conducono alla individuazione di risultati del tutto sicuri e precisi" e stimolando "il potere-dovere del giudice ordinario di disapplicare nel caso concreto la fonte normativa integratrice secondaria .. dato il potere di disapplicazione dell'atto amministrativo illegittimo che compete all'autorita' giudiziaria", ove evidentemente l'autorita' amministrativa non abbia correttamente applicano i criteri indicati, vale a dire sia pervenuta a formulare l'entita' della d.m.g. senza applicare correttamente gli altri due criteri indicati. Il problema non cambia o, come suol dirsi in gergo, la pronuncia della Corte costituzionale e', sul punto, tautologica. Si puo' ritenere infatti che il decreto ministeriale abbia correttamente applicato i criteri di cui ai citati punti a) e b) e sia pervenuta alla corretta individuazione della dose media giornaliera di un medio-assuntore. Resta da spiegare perche' il consumo, e quindi aprioristicamente la detenzione per uso personale, da parte di un assuntore non medio debba, di per se', essere penalmente sanzionato. A meno che non si voglia differenziare un uso smodato di sostanze stupefacenti da un uso per c.d. entro limiti di tolleranza, cosi' pero' urtando proprio contro il fenomeno della tolleranza alle sost. stup., da parte dell'assuntore, che lo porta gradatamente verso quantitativi maggiori per ottenere gli stessi effetti, in un crescendo che non dipende dalla sua volonta', o almeno non piu' di quanto lo stesso consumo non sia il frutto della sua dipendenza. La verita' e' che i concetti di dose media giornaliera di cui al punto c) e di quantificazione dell'assunzione abituale nelle 24 ore, di cui al punto b) sono fra di loro antitetici, l'uno essendo riferito ad una previsione generale ed astratta, verificabile a priori, l'altro al caso concreto, da verificarsi a posteriori, caso per caso, e non necessariamente coincidenti, nella pratica, come nel caso di specie. Danzi Michele e' stato trovato in possesso di 154 mg di eroina, quantita' superiore alla d.m.g. consentita di 100 mg, e pero' inferiore a quella che, a detta del perito, e' la dose giornaliera che abitualmente egli assume o, e' il caso di dire, gli necessita in relazione al suo grado e stadio di tossicodipendenza. In assenza di altri elementi che facciano ritenere che la detenzione di quella sostanza, o anche solo dell'eccedenza rispetto alla d.m.g., fossero destinate ad uso di terzi, ma anzi in presenza di elementi che comprovano la destinazione ad uso proprio della sostanza detenuta (accertata precorsa tossicodipendenza; rinvenimento del Danzi ad ora notturna, in luogo solitario, solo a bordo della sua auto; contenimento della sostanza repertata in un'unica bustina; accertata tolleranza del Danzi alla quantita' sequestrata), applicare al Danzi la sanzione penale, come la norma imporrebbe, equivarrebbe a sanzionare l'imputato, quale detentore per uso personale, cioe' quale consumatore. Ed e' questo il nodo che la Corte costituzionale deve sciogliere, avendolo semplicemente rinviato con una motivazione anodina che sembra piuttosto preoccupata di non affrontare, nel merito, la questione che sta a monte della innovazione normativa introdotta dalla legge n. 162/1990 e che rimane latente pur nel rinvio, fatto con gli artt. 72 e 72-quater, per l'individuazione dei limiti di liceita' della detenzione. E' noto infatti che la legge n. 162/1990 e' maturata dal contrasto tra i sostenitori di un orientamento proibizionista, volto a colpire in modo indifferenziato il consumo di stupefacenti e quelli di un orientamento antiproibizionista che, sia pure in forme diverse, hanno inteso mantenere l'impunita' del consumo e quindi della detenzione per uso personale. La d.m.g. e' il frutto di tale compromesso, creando una linea spartiacque nell'ambito dei consumatori, e quindi essa stessa - in ultima analisi - una forma di disincentivazione del consumo, uno strumento di lotta al consumo. Sotto tale profilo, il senso del concetto di d.m.g. e' che non si punisca per uso moderato o occasionale di sost. stup., mentre viene fornito un uso smodato o cronico o, il che e' lo stesso, che tra il divieto del consumo e la sua punibilita' si e' adottata la soluzione intermedia di un divieto per quantita' maggiori di una fascia per c.d. di tolleranza, appunto la d.m.g., come se il consumo al di sotto di quella fascia fosse socialmente o individualmente tollerabile, e sopra no. Ma, se pure la norma puo' avere una sua giustificazione sul piano degli orientamenti politico-criminali o anche solo etici o sanitari che il legislatore ha inteso coltivare, non lo ha in relazione ai principi costituzionali che regolano la materia della responsabilita' penale. Se ratio della norma e' di sanzionare non il consumo ma, la detenzione di sostanze eccedenti lo stretto necessario al proprio fabbisogno, per il pericolo che tale eccedenza possa essere destinato ad uso dei terzi, la previsione di una dose media giornaliera crea un'ingiusta e ingiustificata sperequazione fra situazioni sostanzialmente analoghe, nel senso di equiparare il consumatore abituale, o consumatore piu' "incallito" rispetto al medio assuntore, al detentore per uso di terzi, in altre parole allo spacciatore, mentre il medio assuntore resta pur sempre detentore per uso personale. Se, viceversa, si vuol colpire il consumo, il legislatore lo dica chiaramente e lo faccia senza porre distinzioni. Affermare, come fa la Corte costituzionale, che " .. sanzionata penalmente e' la detenzione (e non gia' il consumo) .. condotta di per se' stessa connotata dal carattere dell'offensivita' ..", tradisce una considerazione pratica, assolutamente inopinabile; la detenzione o e' per uso personale ed allora coincide giuridicamente con il consumo, e' preliminare e prodromica al consumo, che senza di essa non potrebbe materialmente essere attuata, non potrebbe essere ipotizzata se non nella poca verosimile situazione della somministrazione da parte di terzi a soggetto inconsapevole (viceversa sussisterebbe pur sempre il concorso in detenzione); o e' per uso di terzi, cioe' a fine di spaccio. Un terzium genus e' fuori della realta', e' una pura esercitazione dialettica. La riprova di cio' sta nell'attuale previsione di reato anche dell'avvenuto consumo di sost. stup. in quantita' superiore alla d.m.g. Vi puo' essere, per ipotesi, una detenzione sia pure finalizzata al consumo di una quantita' eccedente la dose di cui si fa abitualmente uso. In tal caso non sorge problema, l'eccedenza, per il pericolo di destinazione a terzi, e' giuridicamente illecita, ed equivale a detenzione per uso di terzi. Ma non e' questa l'ipotesi che ci interessa. Quella di cui si disdetta e' l'ipotesi inversa, e' la quantita' detenuta perche' destinata al proprio reale fabbisogno, se, non, che si e' gia' consumata ma eccedente i limiti quantitativi stabiliti nelle forme gia' viste. Qui "l'offensivita' della detenzione" e' tutta da dimostrare, se non nel senso, l'unico che si riesca a trovare, che offensivo e' proprio il consumo, rectius: il consumo in una misura cosi' degradata, un consumo cosi' intenso e/o radicalizzato. Sul piano pratico, si puo' anche essere d'accordo, ma non certo su quello giuridico ne', men che mai, su quello giuridico costituzionale. Al consumo di sostanze stupefacenti non puo' essere applicato un sistema sanzionatorio che tenga conto dell'entita' del consumo o, il che e' lo stesso, un sistema diverso in relazione all'entita' del consumo, perche', avuto riguardo alla personalita' dell'assuntore, ogni consumo e' uguale a se' stesso. Ed in questo, esattamente, sta il lamentato vizio di disparita' di trattamento; a parita' di condizioni (consumatore = consumatore), l'ordinamento applica un trattamento normativo impari. Si potrebbe obiettare, in extremis, che al giudice ordinario resterebbe pur sempre la facolta' di disapplicare il d.m. che ha individuato in 100 mg la d.m.g. di Danzi Michele, e ritenere che la d.m.g. di detto imputato e' di 170 mg, cosi' come rilevato dal consulente tecnico, mandando cosi' assolto lo stesso dall'imputazione ascrittogli o dichiarandolo non punibile ai sensi dell'art. 72. Orbene, posto che la valutazione dell'atto amministrativo - come ha giustamente osservato la Corte costituzionale - dovrebbe riguardare la corretta applicazione di criteri di individuazione della d.m.g. (criteri che, come detto, potrebbero pure essere stati adottati correttamente), v'e' da dire che cio' che osta ad una simile soluzione non e' tanto il d.m. citato, ma proprio il sistema normativo formato dal combinato disposto degli artt. 72 e 72-quater, lett. c), che in ogni caso introduce il concetto di dose media. Quella individuata dal consulente tecnico, e che costituisce la linea di demarcazione fra comportamenti penalmente rilevanti e non ascrivibili al Danzi, non e' gia' la dose media giornaliera - nel senso su indicato - del Danzi, bensi' la dose abituale giornaliera, che e' concetto ben diverso, se non antinomico, come sopra detto. Senza la previsione del d.m., la norma della legge n. 162/1990 non e' interpretabile, giacche' introduce, agli artt. 72 e 72-quater, lett. c), un inciso che non avrebbe senso alcuno, e che contrasta irresolubilmente con il sistema regolato alle lettere a) e b) dello stesso articolo. In altri termini, il discrimine della punibilita' e' dato proprio dal concetto di "media", per un consumo che dipende da molte variabili, primo fra tutte il grado di assuefazione. Di tal che, una corretta rilettura della norma ed una revisione della stessa in relazione ai principi della Costituzione, dovrebbe prevedere la dieresi dell'inciso contenuto nell'art. 72-quater, lett. c). In tal modo il limite della liceita' penale fonderebbe non sul dato quantitativo prefissato (la d.m.g. nell'accezione licenziata dal legislatore), ma sulla dose media personale (cioe' sulla dose abituale) giornaliera, da valutarsi volta per volta, sia pure con le diagnostiche indicate o da indicarsi sulla base di quanto previsto ai punti a) e b) dell'art. 72-quater, e quindi con margini di discrezionalita' da parte dell'autorita' procedente. A meno di non voler ripristinare l'originaria distinzione tra consumatore abituale ed occasionale, e la correlativa disciplina fondata sulla dose abituale, per l'uno, e dose media per l'altro. Cosi' come e' formulata, la soglia della d.m.g. preclude qualsiasi valutazione sulla condotta integrante l'illecito, cosi' come sul passaggio automatico tra fattispecie delittuosa (art. 71) e non (art. 72). La previsione normativa di cui si denuncia in via principale l'incostituzionalita', e' pertanto quella che fonda il discrimine del penalmente rilevante sulla d.m.g., desunta in relazione non della dose abituale giornaliera di ciascun singolo assuntore (art. 72 in relaz. all'art. 72-quater, lettere a) e b), ma dei quantitativi massimi di principio attivo (art. 72 in relaz. all'art. 72-quater, lett. c)). Il secondo profilo di incostituzionalita' riguarda la violazione del principio di ragionevolezza, in contrasto ancora con l'art. 3 della Costituzione. L'art. 72-quater, lett. c), non pone limiti di peso alla quantita' lecitamente detenibile (nel qual caso i classici avrebbero pur sempre eccepito che reus non habet stateram), ma limiti quantitativi massimi di principio attivo, che sono verificabili solo con metodiche di laboratorio, peraltro complesse. E' noto che nel mercato clandestino, l'eroina si trova allo stato puro solo per grossi quantitativi; nel mercato a minuto, quello cioe' cui attingono i consumatori, l'eroina c.d. da strada non viene mai venduta allo stato puro ma unitamente alle sostanze da taglio che variano, di volta in volta, da percentuali che vanno dall'1% al 100% (ipotesi - quest'ultima - non infrequente di truffe ai danni dell'acquirente). La conseguenza e' che, proprio per quantitativi al limite della d.m.g., sulla base del mero criterio chimico e' impossibile dire se si e' in presenza di una fattispecie criminosa, cioe' al di la' o al di qua della d.m.g.: porre a carico dell'acquirente l'onere di conoscere, al momento dell'acquisto e della conseguente detenzione, la quantita' di principio attivo, data l'assoluta etereogenita' del prodotto e l'impossibilita' pratica di una verifica personale, equivarrebbe infatti a far dipendere dal caso o, peggio ancora, da terzi (nella specie, lo spacciatore) la responsabilita' penale dell'assuntore, e cio' in contrasto col principio costituzionale per il quale la responsabilita' penale e' personale, anche qui si creerebbe una disparita' di trattamento fra consumatori, in ragione della diversa quantita' di principio attivo presente nelle dosi in loro possesso, eventualmente a cavallo di quella consentita con la d.m.g., e cio' nonostante il fine o l'utilizzo per uso personale delle sostanze stupefacenti cosi' detenute. Anche tale problematica puo' ritenersi introdotta dalla legge n. 162/1990, sia perche' la modica quantita' prevista dall'abrogato art. 80 della legge n. 685/1975 era pur sempre immediatamente valutabile o - quanto meno - riducendosi ad una questione di entita' quantitativa, apprezzabile dal detentore/consumatore, sia perche' la qualificazione, per i profili di liceita' ad essa correlati, era pur sempre discrezionale ed affidata ad un corretto esame, da parte del giudice, delle circostanze soggettive (condizioni personali dell'assuntore) e oggettiva (circostanze di tempo e di luogo) che caratterizzavano la detenzione. Il concetto di d.m.g. ha invece introdotto un limite rigido e invalicabile (100 mg, nel caso dell'eroina) da parte del detentore e dello stesso giudice, che dovrebbe applicare la sanzione penale pur in assenza di uno degli elementi del reato, l'elemento soggettivo. La detenzione di sostanza stupefacente con quantita' di principio attivo superiore alla d.m.g. in altri termini, fondando sulla presunzione di conoscenza di detta quantita' da parte del detentore, costituirebbe un'ipotesi di responsabilita' oggettiva o introdurrebbe una forma di colpa d'autore; l'una e l'altra vietate dal nostro ordinamento. Anche di tale incongruenza si e' resa contro la Corte costituzionale, nella citata pronuncia, allorche' - in relazione all'ipotesi che la eccedenza eventualmente accertata sia di modesta entita' - ha affermato che la "condotta incriminata deve essere investita dal dolo (essendo insufficiente la mera colpa con previsione); cioe' e' necessario che l'agente sia consapevole di detenere una quantita' totale di sostanza stupefacente tale che contenga una quantita' di principio attivo superiore a quella tabellata nel citato decreto ministeriale. Di guisa che, ad esempio, nell'ipotesi in cui il soggetto tossicodipendente o tossicofilo acquisti una quantita' di droga che normalmente contiene un principio attivo inferiore a quello di legge, ma che per avventura risulti essere particolarmente pura e quindi ricca di principio attivo in misura superiore a quella di legge, potrebbe mancare la consapevolezza del superamento della soglia di punibilita' e quindi il dolo e, per esso, il reato stesso". La soluzione prospettata dalla Corte costituzionale non soddisfa, rischia di innescare problematiche piu' complesse di quella che intende superare, dimostra di disconoscere come si spiega nella prassi il fenomeno della circolazione dello stupefacente: in ogni caso e' in antitesi con la certezza del diritto che si impone (art. 25 della Costituzione) nel campo della responsabilita' penale. Se si dovessero discernere i casi in cui la eccedenza eventualmente accertata sia di modesta entita', rispetto ai casi in cui tale entita' modesta non sia, sarebbe d'uopo onde garantire la riserva di legge in materia penale e ritenere soddisfatta l'esigenza di predeterminazione del contenuto essenziale della fattispecie penale (art. 25 della Costituzione) stabilire aprioristicamente i limiti di tolleranza di tale eccedenza (ad es., stabilita in 100 mg la quantita' di principio attivo lecitamente detenibile, si dovrebbe ritenere che fino a 120 mg l'assuntore/detentore ignorasse l'eccedenza); per ciascun limite fissato si riproporrebbe il tema negli stessi identici termini (per stare all'esempio di cui sopra, sarebbe irragionevole e discriminatorio sanzionare la detenzione di sostanza stupefacente con una quantita' di principio attivo di 130 mg di eroina), di tal che spostando ogni volta il limite, in entita' modesta, rispetto a quello precedentemente ritenuto ragionevole, ribaltando il paradosso filosofico secondo cui Achille non puo' mai raggiungere la tartaruga, dovrebbe concludersi per l'impunita' del detentore, quale che sia la quantita' di principio attivo della sostanza detenuta, sempre e comunque. Alla stessa conclusione dovrebbe pervenirsi se si dovesse ricercare, come suggerito dalla pronuncia indicata, il dolo, cioe' la coscienza e volonta' non solo di detenere sostanza stupefacente in quantita' sufficiente per la dose da assumere nelle 24 ore, ma anche di detenere una sostanza contenente una quantita' di principio attivo superiore a quella tabellata nel d.m. Una diabolica probatio in tal senso dovrebbe escludere sempre la responsabilita' penale dell'imputato, o la sua punibilita', e cio' per la seguente considerazione: tanto e' vero che l'acquirente/detentore ignora, ne' e' in grado di conoscere, la quantita' di principio attivo contenuto nell'eroina da strada, che le morti per over-dose, purtroppo quotidiane nel mondo della tossicodipendenza, sono proprio la conseguenza di tale mancata previsione. Gli acquisti non vengono effettuati sempre dallo stesso spacciatore; i tagli, anche ad opera dello stesso spacciatore, variano in funzione di diverse variabili (quantita' di sostanza stupefacente reperibile, volta per volta, dal proprio fornitore; operazione di polizia che incidono sulla quantita' circolante; variazione in funzione del rapporto tra domanda e offerta); gli stessi spacciatori possono vantare le stesse incertezze, variando le incognite indicate in funzione delle partite di droga loro fornite dai fornitori, e cosi' via in una graduazione sempre crescente fino al vertice della piramide distributiva e, in ultima analisi, fino al produttore, sul quale gravano pur sempre le incognite della "bonta'" del raccolto e delle successiva raffinazione. Insomma, la quantita' di principio attivo e' elemento valutabile solo a posteriori (esattamente come dice di aver fatto il Ministro della sanita' sulla base di dati epidemiologici, acquisiti, analizzati e valutati) e giammai a priori. Quello che il detentore puo' valutare, e' se la sostanza corrisponde al suo fabbisogno reale e giornaliero; ma tale valutazione e' empirica ed approssimativa, e talvolta si rivela drammaticamente errata. Voler fondare, come fa il legislatore del 1990, sul tale conoscenza la responsabilita' penale, equivale a porre a carico dell'assuntore, ancora una volta, l'imponderabile del suo agire. E cio' coincide esattamente con i piu' evidenti principi di irragionevolezzaed arbitrarieta', che trovano nel dettato costituzionale un limite invalicabile. Per ridare funzionalita' e ragionevolezza al sistema e ridurre la materia in oggetto nell'ambito della legalita' costituzionale, il discrimine fra il punibile (detenzione per uso di terzi) e il non punibile (consumo) deve fondare non su arbitrarie e generiche equazioni tra quantita', ma sulla realta', da accertarsi secondo i criteri propri dell'accertamento giudiziario, applicando quei coefficienti di discrezionalita' che impone l'esame dei casi concreti. Un ultimo profilo di incostituzionalita' e' infine ravvisabile nella violazione, da parte del sistema normativo composto dal combinato disposto dagli artt. 71, 72 e 72-quater, lett. c), dell'art. 32 della Costituzione, che tutela il diritto alla salute. E' noto come il sistema normativo introdotto dal legislatore del 1975, e rimasto sostanzialmente invariato pur dopo la riforma del giugno 1990, e' orientato da un lato ad un sistema progressivamente sanzionatorio nei confronti di ogni traffico di sostanze stupefacenti (e, in tal senso, da ultimo, dello stesso consumo, per il quale sono pur sempre previsti sanzioni alternative a quelle penali e, successivamente, sanzioni penali vere e proprie), dall'altro ad una tutela di ogni condizione di tossicodipendenza, che si risolve in un programma di vero e proprio recupero, riabilitazione e reinserimento sociale dell'assuntore. Il diritto alla salute del tossicodipendente, affermato in via generale ed astratta dalla norma costituzionale (art. 32), ha trovato e trova anzi espressione cogente nella normativa espressa dalla legge n. 685/1975, pure nell'attuale formulazione. E' noto altresi' che il trattamento carcerario previsto per il tossicodipendente che delinque non solo non consente di attuare alcuno dei piani di recupero previsti dalla legge - pur con la creazione, negli istituti di pena, di rami speciali per i tossicodipendenti da avviare, all'interno del carcere, ai citati programmi - ma anzi si pone in termini di assoluta incompatibilita' con i programmi stessi. E cio' si evidenzia non solo per l'inconciliabilita' concettuale fra detenzione e riabilitazione (e, a maggior ragione, reinserimento sociale), ma per il dato statistico pressoche' certo della ricaduta del soggetto, a carcerazione ultimata, nell'assunzione di stupefacenti e quindi nella tossicodipendenza (se non nel delitto medesimo). Di tal che il sistema propugnato dalla complessiva normativa di disciplina degli stupefacenti e degli stati di tossicodipendenza - si e' sempre detto - contiene in se' il germe di una contraddizione insanabile. Tale contraddizione, tra diritto alla salute del tossicodipendente e responsabilita' penale dello stesso per i reati sia pure connessi alla tossicodipendenza, ha comunque trovato e trova una giustificazione costituzionalmente corretta nel prevalere dell'una prerogativa rispetto all'altra, in un contrasto fra situazioni costituzionalmente garantite. La tutela dell'ordine pubblico e sociale, infatti, non puo' non essere ritenuta prevalente e primaria rispetto alla tutela del singolo cittadino. Altrettanto non puo' dirsi allorche' le ipotesi conliggenti siano di pari dignita' costituzionale o, a maggior ragione, quando l'una situazione - il diritto alla salute - sia preminente rispetto all'altra, il dovere alla salute o comunque la tutela dell'ordine sociale che si intenda violato con l'assunzione, previa detenzione, di una dose superiore a quella ipotizzata per il medio assuntore. Stando a quanto sopra detto, il concetto di d.m.g. e' stato introdotto per disincentivare il consumo, i cui livelli di illeceita' si sono andati ampliando rispetto alla previsione originaria della legge del 1975, e per diversificare forme di consumo tollerabili da altre ritenute intollerabili, al di la' del pericolo anche solo astratto, di trasmissione a terzi delle sostanze detenute in eccedenza ai limiti stabiliti dal legislatore. Il riscontro obiettivo a tale valutazione del concetto di d.m.g., si e' detto, e' dato dalla circostanza che, con l'innovazione normativa del 1990, si e' sanzionato come reato l'effettivo (e decorso) consumo di sostanze stupefacenti in quantita' superiore alla d.m.g. In una simile ipotesi il carattere dell'offensivita' della detenzione, che costituisce limite alla discrezionalita' del legislatore penale (art. 25 della Costituzione), non puo' essere certamente ricercato nel pericolo di cessione a terzi (essendosi la detenzione esaurita con il consumo da parte del detentore), ne' nella pura e semplice detenzione (un corrispettivo del possideo quia possideo di civilistica memoria), ma evidentemente in quel limite soggettivo all'assunzione che si e' voluto porre per frenare ogni abuso o come linea di compromesso tra la punibilita' tout court del consumo e la sua totale impunibilita'. In tal senso riaffiorano i riferimenti, costanti nel dibattito parlamentare che ha accompagnato la riforma normativa in esame, all'uso del casco per i motociclisti e delle cinture di sicurezza per gli automobilisti; al divieto degli atti lesivi della propria integrita' fisica previsto dall'art. 5 del c.c., in generale alla salvaguardia della salute dell'assuntore di sostanze stupefacenti ed ai trattamenti sanitari coattivi. Ma, se pure non si voglia parlare di dovere alla salute, quale ra- tio sottostante alla dedotta offensivita' della detenzione, per uso personale, di sostanza stupefacente in misura eccedente alla d.m.g. ("il dovere di costruirsi in modo da essere un bene sociale" rel. Casini, pag. 7), la ricerca della citata offensivita' va fatta in relazione alla "sicurezza sociale", gravemente compromessa dall'uso della droga, di cui sono vittima, oltre al tossicodipendente, "i suoi familiari, i suoi amici, la comunita' in cui egli vive, la societa' nel suo complesso" (rel. Casini, cit. p. 7). Che lo stato di tossicodipendenza possa comportare i rischi sopra enunciati, e' innegabile. Due ordini di considerazioni pero' si impongono. Anzitutto perche' solo la detenzione, e la conseguente assunzione, di quantitativi superiori alla d.m.g. (e non pari, o inferiori) dovrebbe far ritenere lecita la sanzione penale?: e tale profilo e' gia' stato esaminato in relazione alla dedotta violazione dell'art. 3 della Costituzione. Inoltre perche' mai la tutela della sicurezza sociale dovrebbe avere prevalenza sul diritto alla salute del singolo tossicodipendente? E' indubitabile che tale prevalenza debba essere affermata allorche' la condotta del tossicodipendente si esplichi in comportamenti che sono di reale aggressione all'ordine pubblico e sociale, allorche' cioe' egli commetta un reato. E, in tal caso, nulla quaestio. Ma, e' noto, vi sono tossicodipendenti che non vogliono compiere, e non compiono, reati e ricorrono ai servizi medici e sociali per farsi somministrare cure o sostitutivi leciti e gratuitamente forniti, come avviene nei centri ove e' distribuito il metadone; vi sono tossicodipendenti che non compiono reati e' fanno pesare solo sulla famiglia il carico economico del loro bisogno di droga; altri che mantengono la integrazione sociale, che lavorano e che si riforniscono di droga col frutto della loro attivita'. E, quello di Danzi Michele, potrebbe rientrare tra tali ipotesi. In altri termini, la dipendenza dalla droga non prova che la droga e il mondo criminale sono indissolubilmente legati, ne' che vi sia un rapporto diretto e deterministico fra tossicodipendenza e criminalita' (in tal senso, G. De Leo "Esperienze di formazione e di ricerca sulle tossicodipendenze in una prospettiva psicosociologica" p. 203; G. De Leo "L'interazione deviante" in "Tossicodipendenza e devianza" in "La Questione Droga", Milano 1982, p. 29-31). Potrebbe, in tali ipotesi ritenersi che vi sia un'esigenza di tutela sociale o, ammesso che vi sia, ch'essa sia cosi' ampia da essere preminente rispetto al diritto di Danzi Michele, non gia' di autodeterminazione e di assunzione di quantita' sempre crescenti di principio attivo di eroina, ma di vedersi applicare gli interventi di recupero, riabilitazione e reinserimento sociale, anziche' la sanzione penale comminata dal combinato disposto degli artt. 71, 72 e 72-quater, lett. c)? Di fronte alla totale mancanza di indizi di pericolosita' sociale (Danzi Michele e' incensurato, non vi sono procedimenti pendenti a suo carico ne' risulta segnalato dagli organi di P.S. per comportamenti antisociali), applicare la sanzione penale all'imputato, anziche' trattamenti terapeutici socio-riabilitativi, costituirebbe grave violazione della legge penale (art. 323 del c.p. in relaz. all'art. 72 bis della legge n. 685/1975), in evidente dispregio della norma costituzionale (art. 32) che tutela il diritto alla salute. Anche sotto tale profilo, quindi, si deduce l'illegittimita' costituzionale delle norme indicate.
P. Q. M. Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Ritenuto che ai fini della stessa non appare manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 73 del d.P.R. n. 309/1990 (art. 71 della legge 22 dicembre 1975 siccome modificata dalla legge 26 giugno 1990, n. 162), limitatamente alla parte in cui sanziona la detenzione di sostanze stupefacenti in misura eccedente i limiti quantitativi massimi di principio attivo per le dosi medie giornaliere determinati, come previsto dagli artt. 75 e 78 del citato d.P.R. (72 e 72-quater, lett. c) della citata legge n. 685/1975) con decreto del Ministro della sanita' 12 luglio 1990, n. 186, in relazione agli artt. 3 e 32 della Costituzione; che la stessa e' rilevante ai fini della decisione; Sospende il giudizio in corso; Ordina l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Ordina altresi' che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia notificata all'imputato, al difensore, al p.m. in sede, nonche' al Presidente del Consiglio dei Ministri; inoltre che la stessa venga comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Potenza, addi' 22 aprile 1991 Il presidente estensore: SPAGNA I giudici: PALUMBO - DE LUCA Depositato in cancelleria il 28 settembre 1991. Il direttore di sezione di cancelleria: (firma illeggibile) 92C0033