N. 8 ORDINANZA 20 - 22 gennaio 1992

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Processo  penale  -  Nuovo  codice  -  Udienza preliminare - Notifica
 dell'avviso di fissazione - Persona offesa - Identificazione - Limiti
 del giudice - Poteri di spettanza del p.m. - Manifesta infondatezza.
 
 (C.P.P., art. 419, primo comma).
 
 (Cost., art. 24).
(GU n.5 del 29-1-1992 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: dott. Aldo CORASANITI;
 Giudici: prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof.
    Gabriele  PESCATORE,  avv.  Ugo  SPAGNOLI,  prof.  Francesco Paolo
    CASAVOLA, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi
    MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott. Renato  GRANATA,  prof.  Giuliano
    VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI;
 ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 419, primo
 comma, del codice di procedura penale, promosso con ordinanza  emessa
 l'8  maggio  1991  dal  Giudice per le indagini preliminari presso il
 Tribunale di Reggio  Emilia  nel  procedimento  penale  a  carico  di
 Zambelli  Andrea,  iscritta  al  n. 476 del registro ordinanze 1991 e
 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  28,  prima
 serie speciale, dell'anno 1991;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 ministri;
    Udito nella camera di consiglio del 4  dicembre  1991  il  Giudice
 relatore Giuliano Vassalli;
    Ritenuto  che, con ordinanza dell'8 maggio 1991, il Giudice per le
 indagini  preliminari  presso  il  Tribunale  di  Reggio  Emilia   ha
 sollevato,  in  riferimento all'art. 24 della Costituzione, questione
 di legittimita' dell'art. 419, primo comma, del codice  di  procedura
 penale,  nella  parte in cui, ai fini della notificazione dell'avviso
 di fissazione della udienza preliminare, non consente al  giudice  di
 procedere  alla  identificazione della persona offesa della quale non
 risulti agli atti l'identita' e il domicilio ma che  sia  sicuramente
 identificabile,  ovvero  di richiederne l'identificazione al pubblico
 ministero;
    Considerato che l'art. 419 del codice di procedura  penale,  nello
 stabilire  che  il  giudice  dispone  la notificazione dell'avviso di
 fissazione della udienza preliminare alla persona offesa "della quale
 risulti agli atti l'identita' e il domicilio", fissa una  regola  che
 deve  intendersi come intimamente correlata alle prescrizioni enunci-
 ate dall'art. 417, primo comma, lettera a) dallo stesso  codice,  ove
 e'  stabilito che fra i requisiti formali della richiesta di rinvio a
 giudizio formulata dal pubblico ministero devono essere, fra l'altro,
 enunciate "le generalita' della persona offesa dal reato  qualora  ne
 sia   possibile   l'identificazione",   sicche'  spetta  al  pubblico
 ministero compiere tutti gli  accertamenti  necessari  a  rendere  in
 concreto  "possibile"  l'identificazione della persona offesa o, come
 nel caso di specie, dei  prossimi  congiunti  ai  quali  spettano  le
 medesime  facolta'  e  diritti  a  norma  dell'art.  90, terzo comma,
 c.p.p.;
      che, pertanto, ove il pubblico  ministero  non  abbia  espletato
 simili  accertamenti, venendo meno ad uno specifico obbligo di legge,
 non potranno dirsi soddisfatti i requisiti per  ritenere  ritualmente
 formulata,  a  norma  dell'art.  417 c.p.p., la richiesta di rinvio a
 giudizio, con l'ovvia conseguenza  di  impedire  al  giudice  l'avvio
 della  fase degli atti introduttivi, disciplinata dalla norma oggetto
 di impugnativa;
      che, per l'effetto, in presenza di una  richiesta  irritualmente
 formulata,   e'   certamente   consentito   al  giudice  disporre  la
 restituzione degli atti al pubblico ministero perche' questi provveda
 a  svolgere  l'attivita'  necessaria  al  fine  di   pervenire   alla
 identificazione   della  persona  offesa  o  accertarne  la  relativa
 impossibilita',  salvo  che  il  giudice  stesso   non   ritenga   di
 provvedervi  direttamente,  cosi'  da surrogare l'inerzia della parte
 pubblica in ossequio  al  principio  della  "massima  semplificazione
 nello   svolgimento   del   processo"   programmaticamente  enunciato
 dall'art. 2, n. 2, della  legge  16  febbraio  1987,  n.  81  (Delega
 legislativa  al  Governo  della Repubblica per l'emanazione del nuovo
 codice di procedura penale);
      che, alla  luce  delle  esposte  considerazioni,  deve  pertanto
 escludersi  che  la  norma  denunciata  determini, anche nell'ipotesi
 dedotta con l'ordinanza remissiva, una lesione dei  diritti  e  delle
 facolta' che la legge riconosce alla persona offesa dal reato;
      e  che,  di  conseguenza,  la questione qui proposta deve essere
 dichiarata manifestamente infondata.
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo  1953,  n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale;
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  la manifesta infondatezza della questione di legittimita'
 costituzionale dell'art. 419, primo comma, del  codice  di  procedura
 penale, sollevata, in riferimento all'art. 24 della Costituzione, dal
 Giudice  per  le  indagini  preliminari presso il Tribunale di Reggio
 Emilia con l'ordinanza in epigrafe.
    Cosi' deciso in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 20 gennaio 1992.
                       Il presidente: CORASANITI
                        Il redattore: VASSALLI
                       Il cancelliere: FRUSCELLA
    Depositata in cancelleria il 22 gennaio 1992.
                       Il cancelliere: FRUSCELLA
 92C0075