N. 19 ORDINANZA (Atto di promovimento) 23 ottobre 1991
N. 19 Ordinanza emessa il 23 ottobre 1991 dalla pretura di Foggia, sezione distaccata di Trinitapoli, nel procedimento civile vertente tra Palmitessa Giuseppe e Ufficio regionale contenzioso di Foggia, regione Puglia Olivicoltura - Divieto di abbattere piante di olivo - Inottemperanza - Sanzione amministrativa - Misura - Criteri di determinazione - Riferimento al valore delle piante abbattute stabilito dall'ispettorato provinciale dell'agricoltura - Conseguente individuazione della sanzione da parte di un organo amministrativo periferico - Prospettata violazione del principio della riserva assoluta di legge (ritenuto) applicabile anche alle sanzioni amministrative - Ingiustificata disparita' di trattamento sanzionatorio per essere l'entita' della pena pecuniaria, determinata in un circoscritto ambito territoriale - Difficolta' per il giudice, chiamato ad operare una riduzione della pena, di motivare il suo eventuale provvedimento di accoglimento essendo il meccanismo sanzionatorio ancorato al valore delle piante - Contrasto con il principio secondo cui le prestazioni patrimoniali devono essere imposte per legge ove si riconosca natura risarcitoria alla sanzione prevista. (D.Lgs.Lgt. 27 luglio 1945, n. 475, art. 4). (Cost., artt. 3, 23, 25 e 111).(GU n.6 del 5-2-1992 )
IL PRETORE Ha pronunciato la seguente ordinanza nel giudizio di opposizione a ordinanza ingiunzione, segnato sotto il n. 219/88 r.g.a.c., promosso con ricorso depositato il 26 maggio 1988 da Palmitessa Giuseppe nei confronti dell'ufficio regionale contenzioso di Foggia, regione Puglia; Il pretore, sciogliendo la riserva di decidere formulata all'udienza del 18 settembre 1991; esaminati gli atti di causa e le deduzioni svolte dalle parti; RILEVA IN FATTO Con ricorso ex artt. 22 e 23 della legge n. 689/81, depositato il 26 maggio 1988, Palmitessa Giuseppe proponeva tempestiva opposizione avverso l'ordinanza-ingiunzione n. 46/87/e.r.g., emessa in data 20 aprile 1988, con la quale l'ufficio regionale contenzioso di Foggia, regione Puglia gli aveva ingiunto il pagamento della complessiva somma di L. 7.507.500, quale sanzione amministrativa (maggiorata di interessi e spese) per l'infrazione di cui all'art. 4 del d.lgt.lgt. 27 luglio 1945, n. 475, accertata nei suoi confronti in data 17 aprile 1987, da agenti del Corpo forestale dello Stato (comando di Manfredonia), per avere esso opponente "estirpato abusivamente n. 200 piante di olivo su terreno di sua proprieta' in agro del comune di Trinitapoli". A sostegno dell'opposizione proposta e sul presupposto che gli alberi effettivamente abbattuti erano nel numero di 105 e non gia' di 200, il Palmitessa eccepiva la nullita dell'ordinanza-ingiunzione opposta per difetto di motivazione, sul rilievo che l'Ufficio regionale contenzioso non aveva dato contezza alcuna circa i criteri seguiti per giungere alla determinazione del numero di alberi abbattuti e dell'entita' della sanzione irrogata. Invocava inoltre la scriminante dello stato di necessita' di cui all'art. 4 della legge n. 689/1981, rappresentando che, poiche' gli alberi di olivo erano divenuti irrimediabilmente improduttivi per il pessimo stato vegetativo in cui versavano, esso opponente si era visto costretto ad estirparli per recuperare la produttivita' del proprio fondo, unica fonte di sostentamento per se' e per la sua famiglia. In subordine, chiedevano la riduzione dell'entita' della sanzione, apparendo la stessa oltremodo eccessiva. L'amministrazione resistente, dopo aver fatto regolarmente pervenire copia degli atti afferenti l'accertamento e la contestazione dell'infrazione, si costituiva in giudizio, con comparsa depositata all'udienza del 21 settembre 1988, sostenendo la legittimita' formale e sostanziale dell'ordinanza-ingiunzione e chiedendo il rigetto dell'opposizione ex adverso proposta. Ammesse ed espletate alcune prove testimoniali dedotte da parte ricorrente, la causa veniva riservata per la decisione all'udienza del 18 settembre 1991. OSSERVA IN DIRITTO Il giudicante ritiene di dover sollevare d'ufficio la questione di legittimita' costituzionale della disposizione di cui all'art. 4 del d.lgs.lgt. 27 luglio 1945, n. 475, il cui contenuto si rivela manifestamente in contrasto con diverse norme-parametro della Costituzione. La norma in esame recita testualmente: "Chiunque abbatte alberi di olivo senza averne ottenuta la preventiva autorizzazione, o nel caso previsto dall'art. 3, non esegue il reimpianto con le modalita' e nel termine prescritti, e' punito con l'ammenda (ora sanzione pecuniaria, trattandosi di illecito depenalizzato) per un importo uguale al decuplo del valore delle piante abbattute, considerate pero' in piena produttivita', da stabilirsi dall'Ispettorato provinciale dell'agricoltura". L'autorizzazione menzionata e' quella prevista dall'art. 2 stesso d.lgs.lgt. (come sostituito dall'art. 71 del d.P.R. 10 giugno 1955, n. 987), che viene rilasciata, su richiesta dell'interessato e ove sussistano le condizioni previste, dalla Camera di commercio, industria ed agricoltura, con deliberazione della giunta camerale. Orbene, esaminando partitamente le questioni di legittimita' costituzionale che pone l'art. 4 cit., si osserva quanto segue. 1. - E' evidente anzitutto il palese contrasto con il principio della riserva assoluta di legge sancito dall'art. 25, secondo comma, della Costituzione in materia di determinazione dell'entita' della sanzione da irrogarsi per la commissione di un illecito amministrativo, quale quello contemplato dall'art. 4 del d.lgs.lgt. in esame. Ed invero, il legislatore dopo avere descritto in maniera puntuale la condotta vietata (e quindi il precetto), per quanto riguarda il profilo sanzionatorio si e' rimesso sostanzialmente alle determinazioni, non gia' di una autorita' amministrativa avente potesta' di normazione secondaria (che porrebbe in ogni caso la questione della legittimita' costituzionale della norma), ma addirittura ad un organo periferico dell'amministrazione centrale dello Stato, quale e' l'ispettorato provinciale dell'agricoltura, avente mere funzioni ispettive che, per quanto riguarda i compiti assegnategli dalla norma in esame, si risolvono nell'adozione di un atto amministrativo (di apprezzamento) volto a stabilire, senza alcun criterio pre-determinato della legge e mediante una valutazione di circostanze suscettibili di vario apprezzamento, il "valore delle piante abbattute, considerate pero' in piena produttivita'". Trattasi a ben vedere di un atto di mera discrezionalita' tecnica, preordinato all'emanazione di un provvedimento irrogativo di una sanzione amministrativa, e dal quale si definisce per far dipendere l'entita' della sanzione medesima. Non v'e' dubbio pertanto che si sia in presenza di una violazione della riserva assoluta di legge sancita in subiecta materia dall'art. 25, secondo comma, della Costituzione. Del resto, ritiene questo giudicante che i dubbi che pure si erano affacciati in passato circa l'estensibilita' del principio di cui all'art. 25, secondo comma, della Costituzione al campo dell'illecito amministrativo debbano ritenersi ormai superati. E cio' sia per la sostanziale equiparazione tra l'illecito penale e l'illecito amministrativo compiuta dalla legge 24 novembre 1981, n. 689, che ha mutato numerosi istituti dal diritto penale (quali quelli dell'elemento soggettivo, del concorso di persone, dei criteri di determinazione della sanzione, delle cause di esclusione della responsabilita', ecc.), sia per l'inequivocabile tenore dell'art. 1 della legge citata, il quale nello statuire che "nessuno puo' essere assoggettato a sanzioni amministrative se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima della commissione della violazione" rende manifesto l'intento del legislatore di ricondurre anche l'illecito amministrativo nell'alveo del principio di legalita' contemplato dall'art. 25, secondo comma, della Costituzione. 2. - Quand'anche si volesse ritenere che la sanzione prevista dall'art. 4 del d.lgs.lgt. n. 475/1645 abbia natura riparatoria- recuperatoria e non afflittiva, si impingerebbe nella illegittimita' costituzionale della norma, sotto altro profilo, per contrasto con il principio stabilito dall'art. 23 della Costituzione che prevede che "nessuna prestazione personale o patrimoniale puo' essere imposta se non in base alla legge"; principio che sebbene contenga una riserva relativa di legge (secondo l'opinione piu' accreditata) non consente certo che la determinazione della sanzione (rectius: prestazione patrimoniale) possa essere affidata ad un atto amministrativo meramente discrezionale, senza che nel contempo una norma con valore di legge fissi, con sufficente determinatezza, dei criteri di riferimento. 3. - Per altro verso si prospetta anche, nella norma in esame, una violazione del principio di eguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione, dovendosi evidenziare come una determinazione dell'entita' della sanzione operata in un ambito territoriale circoscritto a quello della provincia puo' dare vita ad una ingiustificata, iniqua ed irragionevole disparita' di trattamento riguardo a situazioni sostanzialmente identiche, sol che ciascun ispettorato provinciale dell'agricoltura adotti criteri diversi per la valutazione del valore delle piante abbattute. 4. - La questione di legittimita' costituzionale dell'art. 4 del d.lgs.lgt. 27 luglio 1945, n. 475, deve essere posta, infine, anche con riguardo all'art. 111, primo comma, della Costituzione che sancisce l'obbligo della motivazione per tutti i provvedimenti giurisdizionali. Ed infatti, il giudice, nel caso in cui venga chiamato, come nella fattispecie in esame, a operare una riduzione della sanzione irrogata, alla stregua dei criteri stabiliti dall'art. 11 della legge n. 689/1981 (gravita' della violazione, comportamento dell'agente successivo alla violazione, personalita' e condizioni economiche del trasgressore), non puo' sorreggere il suo eventuale provvedimento di accoglmento con alcuna convincente e ragionevole motivazione, in quanto il meccanismo sanzionatorio contemplato dall'art. 4 del d.lgs.lgt. n. 475/1945 e' rigidamente ancorato al solo "valore delle piante" e quindi alla gravita' dell'evento dannoso (espressa in termini monetari) ed inoltre non prevede un limite minimo ed un limite massimo della sanzione, entro i quali far uso del potere di commisurazione della sanzione alla concreta gravita' del fatto. Alla luce delle considerazioni innanzi svolte, deve ritenersi non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 4 del d.lgs.lgt. n. 475/1945, in riferimento agli artt. 25, secondo comma, 23, 3 e 111, primo comma, della Costituzione, con conseguente sospensione del giudizio in corso e rimessione degli atti alla Corte costituzionale. In punto di rilevanza, si osserva primariamente che, secondo l'orientamento prevalente ed ampiamente condivisibile della suprema Corte, nel giudizio di opposizione ex artt. 22 e 23 della legge n. 689/1981, il pretore ha il potere-dovere, anche d'ufficio e indipendentemente da una specifica richiesta dell'opponente, di riscontrare la conformita' a legge dell'ordinanza-ingiunzione (cass. n. 6219/1985) e di sindacare il provvedimento sia da un punto di vista sostanziale (sussistenza dei fatti contestati, ricorrerenza dell'infrazione, congruita' della sanzione), sia da un punto di vista formale, potendo annullare o riformare il provvedimento per vizi di forma e di competenza (cass. 13 luglio 1990, n. 7621). A seguito dell'opposizione si ha dunque un effetto totalmente devolutivo, nel senso che la cognizione non si limita ai motivi denunziati dall'opponente (cass. 14 dicembre 1987, n. 9262; cass. 19 dicembre 1989, n. 5721). Ne consegue che le questioni di legittimita' costituzionale innanzi sollevate sono rilevanti ai fini della decisione, sia per provvedere in merito alla richiesta di riduzione della sanzione avanzata dall'opponente, sia perche', piu' in generale, l'accoglimento dell'opposizione proposta appare indissolutamente legato all'esito del giudizio di costituzionalita' della norma in questione, alla quale ultima il giudicante deve fare in ogni caso riferimento per emettere la decisione.
P. Q. M. Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, dichiara rilevante e non manifestamente infondata (nei termini indicati in motivazione) la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 4 del d.lgs.lgt. 27 luglio 1945, n. 475, per contrasto con gli artt. 3, 23, 25, secondo comma, e 111, primo comma, della Costituzione; Dispone la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale e sospende il giudizio in corso; Ordina che a cura della cancelleria la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa ed al Presidente del Consiglio dei Ministri, e che della stessa sia data comunicazione al Presidente della Camera e al Presidente del Senato. Trinitapoli, addi' 23 ottobre 1991 Il pretore: LERARIO Il cancelliere: ABBATTISTA 92C0085