N. 46 ORDINANZA (Atto di promovimento) 7 novembre 1991

                                 N. 46
       Ordinanza emessa il 7 novembre 1991 dal pretore di Modena
    nel procedimento civile vertente tra Palazzi Antonio e Enasarco
 Previdenza e assistenza sociale - Pensioni dell'Ente di assistenza
    per  gli  agenti  e  rappresentanti  di  commercio  (ENASARCO)   -
    Ammontare delle pensioni di vecchiaia aventi decorrenza successiva
    al  30  giugno  1982 - Omessa previsione della rivalutazione delle
    provvigioni cui la pensione va commisurata, cosi'  come  stabilito
    per  le pensioni I.N.P.S. e per quelle a carico del fondo pensioni
    per  lavoratori  dipendenti   -   Ingiustificata   disparita'   di
    trattamento con incidenza sul diritto ad una retribuzione adeguata
    e proporzionata.
 (Legge 2 febbraio 1973, n. 12, art. 10).
 (Cost., artt. 3 e 38).
(GU n.7 del 12-2-1992 )
                              IL PRETORE
    Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  nella  causa  relativa a
 controversia in materia di previdenza e  di  assistenza  obbligatorie
 iscritta   al   n.  626  dell'anno  1991  del  ruolo  generale  delle
 controversie in materia di lavoro promossa da: Palazzi dott. Antonio,
 residente in Modena; rappresentato e difeso dal proc.  avv.  Gigliola
 Iotti  e  presso  di  lei e nel suo studio, in Modena palazzo Giacomo
 Matteotti 50, elettivamente domiciliato attore contro ente  nazionale
 di   assistenza   per   gli  agenti  e  rappresentanti  di  commercio
 (Enasarco), con sede in Roma; rappresentato e difeso dall'avv.  Luigi
 Caliulo  di Roma e dal proc. avv. Brunella Cencetti di Modena e nello
 studio dell'avv. Brunella Cencetti, in Modena via  San  Giovanni  del
 Cantone   12,   elettivamente   domiciliato   convenuto  in  punto  a
 rivalutazione  dell'importo  iniziale  della  pensione  di  vecchiaia
 all'esito dell'udienza di decisione della causa del giorno 30 ottobre
 1991;
    Letti  gli  atti  di causa ed esaminati i documenti prodotti dalle
 parti;
    Sentiti  i  procuratori  e  difensori  delle   parti   stessa,   a
 scioglimento della riserva formulata;
                             O S S E R V A
    L'attore  e'  titolare  di pensione di vecchiaia erogata dall'ente
 convenuto; pensione decorrente dal 1' giugno 1985 e regolata,  quanto
 ai  requisiti necessari per il conseguimento del diritto a percepirla
 ed ai criteri di liquidazione, dell'art. 10 della  legge  2  febbraio
 1973  n.  12.  Egli,  che aveva maturato il requisito dell'anzianita'
 contributiva di quindici anni nel 1974, dopo di che aveva cessato  di
 svolgere  l'attivita'  di  agente di commercio, ed aveva acquisito il
 diritto del trattamento pensionistico nel maggio 1985  al  compimento
 del  sessantesimo anno di eta', ha agito in giudizio per ottenere una
 rivalutazione    dell'ammontare    iniziale     della     prestazione
 previdenziale, quindi una liquidazione di detto ammontare iniziale in
 misura  piu'  elevata,  ed  il successivo adeguamento periodico della
 pensione cosi' rivalutata.
    A sostegno della domanda proposta l'attore ha dedotto il rilevante
 svilimento del potere di acquisto della  moneta  intervenuto  tra  il
 1974  ed il 1985 e la conseguente esiguita', in relazione al mutato e
 diminuito valore reale della moneta, della pensione liquidatagli  con
 riferimento  ai contributi versati nel triennio 1971, 1972 e 1973. Ha
 sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'art. 10 della
 legge 3 giugno 1975, n. 160, l'applicazione del quale e' stata estesa
 alle pensioni erogate dall'Enasarco con il decreto legge 23  dicembre
 1977  n.  942,  convertito  dalla legge 27 febbraio 1978 n. 41, nella
 parte  in  cui  non  prevede   la   rivalutazione   del   trattamento
 pensionistico  nel  periodo  intercorrente tra la data di maturazione
 dell'anzianita'  contributiva  minima  necessaria  e  la   data   del
 compimento  del sessantesimo anno di eta' dell'assicurato, qualora le
 due date non coincidano.
    La questione cosi' sollevata non e' pero' pertinente, non  essendo
 ipotizzabile    una    perequazione    automatica   dei   trattamenti
 pensionistici, il diritto a percepire i quali non sia ancora sorto ma
 sia condizionato al perfezionamento di almeno un ulteriore requisito,
 costituito dal compimento dell'eta'  pensionabile.  La  stessa  parte
 attrice   ha  peraltro  su  cio'  concordato  avendo  all'udienza  di
 decisione  precisato  che  essa  per  rivalutazione  della   pensione
 intendeva  in  realta'  la  rivalutazione  della  retribuzione  o del
 compenso pensionabile dell'agente di commercio che aveva  dato  luogo
 al   versamento   dei   contributi   assicurativi.   La   censura  di
 illegittimita' costituzionale e' stata con cio' rivolta, anziche'  al
 mancato   adeguamento   automatico   della  pensione  non  ancora  in
 godimento, alla mancata  rivalutazione  della  base  contributiva  in
 relazione   alla   quale   l'ammontare   iniziale   del   trattamento
 pensionistico deve essere determinato ai  sensi  dell'art.  10  della
 legge  n.  12  del 1973 e dunque delle "provvigioni liquidate" per le
 quali siano stati effettivamente versati i contributi, come  definite
 e precisato dall'art. 6 della stessa legge n. 12/1973.
    La  questione  prospettata,  cosi'  correttamente individuata, non
 appare manifestamente infondata con riferimento agli  artt.  3  primo
 comma e 38 secondo comma della Costituzione.
    Dovendo  la pensione di vecchiaia dell'Enasarco essere rapportata,
 in proporzione degli anni di anzianita' contributiva, al settanta per
 cento della piu' elevata tra le medie annue delle provvigioni  liqui-
 date  all'agente  ed  assoggettate  a  contribuzione  (obbligatoria o
 volontaria),  l'ammontare  iniziale  del  trattamento   pensionistico
 dipendera' dall'entita' di dette provvigioni e risultera' in concreto
 svalutato  se  il  valore  nominale  del  termine  di riferimento sia
 rimasto immutato nel tempo ed abbia quindi  perduto  progressivamente
 il proprio potere di acquisto.
    Tale   grave   inconveniente,  che  si  accentua  progressivamente
 allorquando la base retributiva in rapporto alla  quale  la  pensione
 iniziale  deve  essere calcolata attiene ad anni di molto anteriori a
 quello  del  pensionamento,  e'  comune   a   tutti   i   trattamenti
 pensionistici   da   liquidarsi   in  proporzione  alla  retribuzione
 imponibile ai fini contributivi. Esso  e'  atto  a  pregiudicare,  in
 misura   anche   rilevante,  la  funzione  stessa  della  prestazione
 previdenziale che, ex art. 38 secondo comma della Costituzione,  deve
 essere  tale  da  assicurare  mezzi adeguati al soddisfacimento delle
 esigenze  di  vita  del  lavoratore  assicurato,  nonche'  dei   suoi
 congiunti  superstiti  ai quali la pensione diretta sia reversibile e
 deve essere ad essa commisurata.
    Non ha mancato il legislatore ordinario di farsi  carico  di  tale
 inconveniente  e,  per  taluni  assicurati, di avviarvi disponendo la
 rivalutazione della retribuzione pensionabile.
    L'art. 3 undicesimo comma della  legge  29  maggio  1982,  n.  297
 stabilisce   infatti  per  le  pensioni  dell'assicurazione  generale
 obbligatoria dei lavoratori dipendenti erogate dall'I.N.P.S.,  aventi
 decorrenza  successiva  al  30 giugno 1982, che la retribuzione media
 settimanale da  prendersi  in  considerazione  ai  fini  anche  della
 liquidazione  e' rivalutata, in misura corrispondente alla variazione
 dell'indice annuo del costo della vita calcolato dall'Istat  ai  fini
 della  scala  mobile,  tra l'anno cui la rivalutazione si riferisce e
 l'anno precedente la decorrenza della pensione, nei  limiti  peraltro
 della  retribuzione settimanale massima pensionabile in vigore allora
 nell'anno solare da cui la pensione decorre  (dodicesimo  comma).  La
 detta  disposizione,  che  elimina,  seppure  limitatamente alla sola
 variazione  ufficiale  del  costo  della  vita,  il   pregiudizievole
 svilimento del valore reale della retribuzione pensionabile ed adegua
 al  mutato potere di acquisto della moneta l'ammontare iniziale della
 pensione, non e' stato pero' dal legislatore  esteso  ai  trattamenti
 pensionistici erogati dall'Enasarco.
    Non  e'  idonea  a giustificare tale disparita' di trattamento tra
 gli agenti ed i rappresentanti di commercio ed i prestatori di lavoro
 subordinato, la natura autonoma dell'attivita' lavorativa svolta  dai
 primi.   Anche   in  favore  dei  lavoratori  autonomi,  infatti,  il
 legislatore ordinario e' intervenuto per apportare, seppure in  forma
 diversa,   un   correttivo  in  senso  migliorativo  al  criterio  di
 liquidazione dei trattamenti pensionistici per essi predisposti.  Con
 l'art.  6  ottavo  comma  del decreto legge 12 settembre 1983 n. 463,
 convertito nella legge 11 novembre 1983, n.  638,  e'  stato  infatti
 disposto,  per  le pensioni aventi decorrenza dal 1' ottobre 1983, la
 moltiplicazione  per  5,74  del  coefficiente  di  adeguamento  della
 pensione  base  nonche', per le pensioni decorrenti posteriormente al
 31 dicembre 1983, l'ulteriore beneficio costituito dall'aggiornamento
 annuale del coefficiente di moltiplicazione 5,74 (art. 8 nono  comma)
 in   rapporto  ai  coefficienti  di  rivalutazione  previsti  proprio
 dall'art. 3 undicesimo comma della legge n. 274/1982.
    Le  prestazioni   dell'Enasarco   sono   rimaste   escluse   anche
 dall'applicazione di tale metodo di perequazione automatica al mutato
 costo  della vita dell'elemento contabile da prendersi a base ai fini
 della determinazione del loro ammontare iniziale.
    La delineata disparita' di trattamento  in  danno  degli  iscritti
 all'Enasarco   non  sembra  razionalmente  giustificata  e  l'effetto
 pregiudizievole da essa risultante appare in contrasto  ad  un  tempo
 con   il   principo   di   eguaglianza  (art.  3  primo  comma  della
 Costituzione) e con il disposto  dell'art.  38  secondo  comma  della
 legge  fondamentale  dello  Srtato. Non e' dato ravvisare infatti una
 ragione idonea a legittimare  sul  piano  costituzionale  la  mancata
 previsione  di  una  rivalutazione  del  compenso provvigionale annuo
 pensionabile, in un momento in cui per altre categorie di  assicurati
 per   l'invalidita',   la  vecchiaia  ed  i  superstiti  (siano  essi
 prestatori di lavoro subordinato o lavoratori autonomi) si e' avviato
 in  vario  modo  alla diminuzione di valore della pensione inziale in
 conseguenza del costante, progressivo, inarrestabile  svilimento  del
 valore reale della moneta. Solo per gli agenti ed i rappresentanti di
 commercio  non  e'  stato impedito il notevole depauperamento che per
 essi comporta la svalutazione monetaria,  specialmente  nei  casi  in
 cui,  come quello sub judice, sia ragguardevole in divario tra l'anno
 in relazione alle provvigioni liquidate per il quale la  liquidazione
 della pensione deve essere eseguita e l'anno del pensionamento.
    L'art.  3  undicesimo  comma della legge n. 297/1982 ha l'evidente
 scopo di assicurare una piu' stretta correlazione tra l'ammontare dei
 trattamenti  pensionistici  e  l'entita'  del   reddito   da   lavoro
 pensionabile  percepito  dall'assicurato in costanza ed in dipendenza
 della prestazione di attivita' lavorativa, al fine di attribuire alla
 pensione  i  caratteri  della  proporzionalita'  e   dell'adeguatezza
 imposti  dall'art.  38  secondo comma della Costituzione. Ma se cosi'
 e', e non e' dubbio che sia, la privazione di tale correlazione e dei
 menzionati   caratteri   ai   trattamenti    pensionistici    erogati
 dall'Enasarco,  ed  in  particolare alla pensione di vecchiaia di cui
 ora si discute, si rileva violatrice  proprio  dall'art.  38  secondo
 comma della Costituzione. Cio' a maggior ragione qualora si consideri
 che  tale  disposizione costituzionale, da porsi anche in rapporto al
 precedente art. 36 primo comma, mira a garantire  ai  lavoratori  una
 retribuzione  differita che non sia, o non divenga con il trascorrere
 del tempo, inadeguata ed  insufficiente,  ma  piuttosto  che  sia  ab
 initio,  e  che  rimanga,  realmente  riferibile  e  proporzionata al
 reddito di lavoro.
    Va portato dunque all'esame della Corte costituzionale  il  dubbio
 sulla  legittimita'  dell'art.  10  della  legge  n.  12 del 1973, in
 relazione al precedente art. 6, nella parte in cui non prevede per le
 pensioni aventi decorrenza successiva al 30 giugno 1982,  o  comunque
 non posteriori al 1' giugno 1985, una rivalutazione delle provvigioni
 liquidate  ed  alle  quali la pensione di vecchiaia va commisurata da
 effettuarsi secondo lo stesso criterio legislativamente stabilito  ai
 fini   della   rivalutazione   previste  dall'art.  3,  undicesimo  e
 dodicesimo comma della legge n. 297/1982.  Appare equa infatti  anche
 la  limitazione della rivalutazione al massimale pensionabile vigente
 al tempo della decorrenza  della  pensione  e  regolato  dall'art.  6
 ultimo comma.
    La  rilevanza  di  tale questione e' certa ed evidente. Poiche' la
 pensione di cui gode l'attore e' stata esattamente liquidata ai sensi
 del vigente art. 10 della legge n. 12/1973 (non vi  e'  in  proposito
 controversia  tra  le  parti)  la  domanda  da  lui  proposta  appare
 infondata con riguardo alla normativa attualmente vigente. Solo se la
 prospettata questione sara' giudicata fondata e accolta  dalla  Corte
 costituzionale   la  domanda  attrice  potra'  trovare  accoglimento.
 D'altra parte, attese le sicure e molteplici affinita' esistenti  tra
 le disciplina della liquidazione delle pensioni erogate dall'Enasarco
 e  la  normativa  regolante  la  liquidazione  delle pensioni erogate
 dall'I.N.P.S.  ed  a  crico  del  Fondo  pensioni  per  i  lavoratori
 dipendenti,    e'   possibile   estendere,   senza   difficolta'   ed
 inconvenienti di rilievo, alle prime  il  criterio  di  rivalutazione
 della  base  pensionabile,  stabilito  per  le  seconde.  E' peraltro
 ipotizzabile l'applicazione di un criterio di  rivalutazione  diverso
 ed equivalente, se ritenuto piu' confacente e quindi preferibile.
    Il  giudizio  va  pertanto  sospeso  e gli atti vanno rimessi alla
 Corte costituzionale.
                                P. Q M.
    Visti  l'art.  134  della  Costituzione,  l'art.  1  della   legge
 costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1 e l'art. 23 della legge 11 marzo
 1953, n. 87;
    Dichiara  rilevante e non manifestamente infondata con riferimento
 agli artt. 3 primo comma e 38 secondo comma  della  Costituzione,  la
 questione  di  legittimita' costituzionale dell'art. 10 della legge 2
 febbraio 1973, n. 12 nella parte in cui  non  prevede  che,  ai  fini
 della  liquidazione  delle  pensioni  di  vecchiaia aventi decorrenza
 successiva al 30 giugno 1982, o comunque aventi decorrenza almeno dal
 1' giugno 1985, la piu' elevata tra le medie annue delle  provvigioni
 liquidate,  come  definite  dal  precedente art. 6, primo comma, alla
 quale  la  pensione  va  commisurata,  sia   rivalutata   in   misura
 corrispondente alle variazioni dell'indice annuo del costo della vita
 calcolato  dall'Istat  ai  fini della scala mobile delle retribuzioni
 dei  lavoratori  dell'industria,  tra  l'anno  solare  al  quale   le
 provvigioni   liquidate   si   riferiscono  e  l'anno  precedente  la
 decorrenza della pensione,  nei  limiti  del  compenso  provvigionale
 massimo   imponibile   ai   fini   del   versamento   dei  contributi
 assicurativi, variato ai sensi dell'art. 6 ultimo  comma,  in  vigore
 nell'anno  solare  da  cui decorre la pensione, ovvero mediante altro
 criterio di rivalutazione  da  presciegliersi  e  da  precisarsi  dal
 giudice ad quem;
    Sospende il giudizio;
    Ordine la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale;
    Dispone   che   il   presente  provvedimento  sia,  a  cura  della
 cancelleria, notificato alle due parti in causa ed al Presidente  del
 Consiglio  dei  Ministri e che lo stesso sia comunicato al Presidente
 del Senato  della  Repubblica  ed  al  Presidente  della  Camera  dei
 Deputati.
      Modena, addi' 7 novembre 1991
                Il pretore giudice del lavoro: GRAGNOLI
                                  Il segretario giudiziario: RONCAGLIA
    Depositata in cancelleria oggi 11 novembre 1991.
                  Il cancelliere: (firma illeggibile)

 92C0119