N. 48 ORDINANZA (Atto di promovimento) 21 novembre 1991

                                 N. 48
       Ordinanza emessa il 21 novembre 1991 dal pretore di Roma
     nel procedimento civile vertente tra eredi di Talamo Luigia e
                              l'I.N.P.S.
 Previdenza e assistenza sociale - Pensione di inabilita' e assegno di
    invalidita'  -   Esclusione   del   diritto   per   gli   iscritti
    all'assicurazione  generale  obbligatoria  per  l'invalidita',  la
    vecchiaia e  i  superstiti  dei  lavoratori  dipendenti,  e  nelle
    gestioni  speciali dei lavoratori autonomi, che presentino domanda
    successivamente   al   compimento   dell'eta'    pensionabile    -
    Irragionevole   reformatio   in  peius  rispetto  alla  precedente
    disciplina  (r.d.-l.  n.  636/1939)   che   non   prevedeva   tale
    limitazione,  nonche'  disparita'  di  trattamento  di  situazioni
    identiche in base al  mero  elemento  temporale  -  Incidenza  sul
    principio  dell'assicurazione  di  mezzi adeguati alle esigenze di
    vita in caso di invalidita'.
 (Legge 12 giugno 1984, n. 222, art. 3).
 (Cost., artt. 3 e 38).
(GU n.7 del 12-2-1992 )
                              IL PRETORE
    Letti gli atti.
    Rilevato  che  la  signora  Talamo  Luigia  possedeva  i requisiti
 medico-legali  per   la   concessione   della   pensione/assegno   di
 invalidita'  fin dalla data della domanda amministrativa (non risulta
 dalla  c.t.u.  allegata  agli  atti),  ritiene   non   manifestamente
 infondata  la  questione di illegittimita' costituzionale dell'art. 3
 della  legge  n.  222/1984,  nella  parte  in  cui  prevede  che   la
 prestazione  richiesta non spetti a coloro che hanno gia' compiuto il
 cinquantacinquesimo anno di eta', all'epoca della proposizione  della
 domanda di invalidita'.
    Occorre  preliminarmente  osservare che il r.d.-l. 14 aprile 1939,
 n. 636, all'art. 9, sub 2,  modificato  dall'art.  2  della  legge  4
 aprile  1952,  n.  218,  prevedeva  la  concessione della pensione di
 invalidita' a qualunque eta'.
    Sinche' la norma contenuta nell'art. 3 della legge n. 222/1984  ha
 introdotto  una  inammissibile  reformatio  in  pejus  che  modifica,
 restringe e limita le tutele gia' garantite  da  altre  leggi  e  che
 contrasta  con  i principi costituzionali sanciti dagli artt. 3, 24 e
 36 della Costituzione.
    Invero le assicurazioni  sociali  obbligatorie  si  propongono  di
 garantire  allo  esaminato il soddisfacimento diretto ed immediato di
 peculiari  prestazioni  liberandolo  cosi'  dai  bisogni  vitali   al
 verificarsi di eventi che riducono o annullano la capacita' di lavoro
 e  di  guadagno,  in  attuazione della disposizione del secondo comma
 dell'art. 38 della Costituzione che parla espressamente di un diritto
 alla previdenza.
    Pertanto la limitazione introdotta dal citato art. 3  della  legge
 n.  222/1984  appare tanto piu' odiosa e afflittiva e irrazionalmente
 penalizzante in quanto e' intervenuta nel momento  in  cui  la  gamma
 delle  pensioni  erogate  per  legge  dall'I.N.P.S.  hanno conseguito
 notevoli e costanti evoluzioni in condotte a piu'  umane  esigenze  e
 allo  auspicato stato sociale, idoneo a garantire il cittadino "dalla
 culla alla bara". Tale norma impedisce alla lavoratrice assicurata di
 andare  al  pensionamento,  pur  essendo  portatrice  di   infermita'
 invalidanti e ancorche' possa far valere i requisiti di contribuzione
 richiesti.
    Va  altresi'  considerato  che l'assicurata non potra' ottenere la
 restituzione delle contribuzioni acquisite sul  suo  conto  personale
 dall'I.N.P.S.   (circa  nove  anni)  stante  l'obbligatorieta'  della
 assicurazione.
    E' vero che avrebbe potuto (perche' ormai e' deceduta)  proseguire
 i  contributi  volontariamente  per  il perfezionamento del requisito
 contributivo per la pensione di vecchiaia, ma cio' avrebbe comportato
 l'assoggettamento ad uno sforzo oneroso ed  usurante,  inconciliabile
 con  la  posizione di una invalida e per di piu' l'attesa di un lasso
 di tempo non inferiore a circa sette anni, per il raggiungimento  del
 requisito contributivo minimo.
    La  norma  in  esame  viola  dunque  l'art.  3 della Costituzione,
 laddove afferma che e' compito della Repubblica rimuovere  tutti  gli
 ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona umana.
    Ne'  possono  invocarsi  motivi  contingenti di contenimento della
 spesa pubblica, dato che i recuperi potrebbero assai piu' giustamente
 effettuarsi sugli sperperi  di  denaro  pubblico  e  sulle  dilaganti
 evasioni.
    La  norma  viola anche l'art. 38 della Costituzione in quanto esso
 riconosce espressamente un diritto alla previdenza.
    Pertanto il pretore sospende il giudizio in  corso  e  dispone  la
 immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, mandando
 alla cancelleria anche per le notifiche di legge (art. 23 della legge
 11 marzo 1953, n. 87).
      Roma, addi' 21 novembre 1991
                    Il pretore: (firma illeggibile)

 92C0121