N. 51 ORDINANZA (Atto di promovimento) 4 dicembre 1991

                                 N. 51
  Ordinanza emessa il 4 dicembre 1991 dalla pretura di Udine, sezione
                        distaccata di Latisana,
    nel procedimento penale a carico di Locatelli Luciano ed altri
 Regione Friuli-Venezia Giulia - Inquinamento - Stoccaggio provvisorio
    di rifiuti tossici  e  nocivi  -  Ammasso  temporaneo  di  rifiuti
    tossici   e   nocivi   all'interno   dell'azienda   -   Necessita'
    dell'autorizzazione  regionale  -  Esercizio  abusivo   penalmente
    sanzionato   dalla  normativa  statale  -  Previsione,  con  legge
    regionale, della possibilita' di  continuare  l'esercizio  abusivo
    previa  presentazione  di  istanza di autorizzazione - Illegittima
    interferenza  legislativa  della  regione  in  materia  penale   -
    Ingiustificata disparita' di trattamento.
 Altra questione: previsione, con legge regionale, del rilascio in
    forma    tacita   dell'autorizzazione,   mediante   l'introduzione
    dell'istituto  del  silenzio-assenso  in  materia  di  rifiuti   -
    Contrasto   con  quanto  stabilito  dalla  normativa  statale  non
    prevedente  nella  materia  il  suddetto  istituto  -  Conseguente
    inapplicabilita'    della    normativa   statale   -   Illegittima
    interferenza legislativa della regione in materia penale.
 (Legge regione Friuli-Venezia Giulia 28 agosto 1989, n. 23, art. 7,
    primo  e  secondo  comma;  legge  regione  Friuli-Venezia Giulia 4
    settembre 1991, n. 41, artt. 3, secondo, terzo e quarto  comma,  e
    4,  quarto  comma; legge regione Friuli-Venezia Giulia 7 settembre
    1987, n. 30).
 (Cost., artt. 3, 25 e 116).
(GU n.7 del 12-2-1992 )
                              IL PRETORE
    Letti gli atti sub rg 3634/1991, a carico di Locatelli  Luciano  +
 4,  imputati  -  capo 3) - del reato p. e p. degli artt. 110, 113 del
 c.p. e 26 del d.P.R. n. 915/1982 per avere in  concorso  tra  loro  o
 comunque  in  cooperazione  tra  loro, nelle rispettive qualita' gia'
 precisate, effettuato un'attivita' di stoccaggio  provvisorio  presso
 la  sede  dell'azienda  di  rifiuti  tossici  e  nocivi costituiti da
 percloro  etilene  miscelato  con  olio  lubrificante,   in   assenza
 dell'autorizzazione  prescritta  dall'art. 16 del d.P.R. n. 915/1982,
 essendo stata presentata denuncia  di  ammasso  temporaneo  ai  sensi
 dell'art.  15 della legge regionale n. 30/1987, con nota dd. 7 giugno
 1989, e richiesta di autorizzazione ai sensi degli artt. 2 e 7  della
 legge  regionale  n.  23/1989  in  data 26 febbraio 1990, non essendo
 comunque stata rilasciata l'autorizzazione alla  data  dell'8  aprile
 1991.
    In Pocenia, fino al 30 ottobre 1991 (coninuazione fino a tale data
 contestata dal p.m. all'udienza del 6 novembre 1991);
                             O S S E R V A
    1.  -  Rilevato  che  la condotta dei prevenuti pare astrattamente
 inquadrabile in quella penalmente sanzionata dall'art. 26 del  d.P.R.
 n. 915/1982, e cio' in quanto ogni fase dello smaltimento dei rifiuti
 tossico-nocivi  deve venir autorizzata, compresa quella di stoccaggio
 provvisorio (art. 16; cfr. Cass. 28 febbraio 1990, Bassan,  in  Cass.
 pen. 91, 994).
    2.  -  Rilevato  che  la  regione Friuli-Venezia Giulia aveva, con
 l'art. 15 della legge regionale 7 settembre 1987, n.  30,  introdotto
 il concetto - ignoto alla normativa nazionale - di ammasso temporaneo
 dei   rifiuti   tossici  e  nocivi,  prevedendo,  per  tale  ipotesi,
 l'esclusione dall'obbligo dell'autorizzazione, previsto in  vece  dal
 d.P.R. n. 915/1982 per lo stoccaggio provvisorio.
    3.  - Rilevato che la suddetta norma regionale e' stata dichiarata
 costituzionalmente illegittima con sentenza n. 370/1989, sul  rilievo
 che  l'ammasso  temporaneo  in  nulla si distingueva dallo stoccaggio
 provvisorio, talche' era da reputarsi  del  tutto  ingiustificata,  e
 inammissibile,      l'esenzione      dall'obbligo      di     munirsi
 dell'autorizzazione.
    4. - Rilevato che, con la legge regionale 28 agosto 1989,  n.  23,
 la   regione   Friuli-Venezia  Giulia  ha  preso  atto  dell'avvenuta
 abrogazione della sopra citata norma sull'ammasso  temporaneo,  e  ha
 nuovamente disciplinato la materia.
    5.  - Rilevato che l'art. 7, primo comma, della legge regionale n.
 23/1989 prevede che "coloro che hanno presentato denuncia di  ammasso
 temporaneo in base all'art. 15 della legge regionale n. 30/1987, sono
 autorizzati   a   proseguire   nell'attivita'  predetta,  sempre  che
 presentino domanda di autorizzazione  entro  6  mesi  dalla  data  di
 entrata  in  vigore  della  presente  legge" (termine prorogato al 30
 giugno 1990 con legge regionale n. 3/1990, art. 100).
    6.  -  Rilevato che il secondo comma del medesimo art. 7 autorizza
 coloro i quali abbiano presentato la domanda di cui al primo comma  a
 proseguire l'attivita' di ammasso temporaneo (sic) sino alla data del
 provvedimento  di  concessione  o  diniego  della  autorizzazione,  e
 comunque non oltre il  31  dicembre  1990  (termine  prorogato,  more
 solito, al 30 aprile 1991 con legge regionale n. 53/1990, art. 2).
   7.  -  Rilevato,  in  punto di fatto, che la ECO S.p.a. si e' valsa
 della facolta' di proseguire l'attivita' di  ammasso  temporaneo  (id
 est,  di  stoccaggio  provvisorio)  pur in carenza di autorizzazione,
 concessa dal citato art. 7, presentando nei  termini  la  domanda  di
 autorizzazione  allo  stoccaggio  provvisorio  del  percloro (domanda
 presentata il 12 marzo 1990).
    8. - Rilevato, conseguentemente, che e' pacifico per un verso  che
 e'  astrattamente configurabile la contestata violazione dell'art. 26
 del d.P.R. n.  915/1982,  per  altro  verso  che,  allo  stato,  tale
 condotta  e'  da considerarsi lecita in forza dell'art. 7 della legge
 regionale n. 23/1989, norma che, avendo appunto  forza  e  valore  di
 legge,  non  puo'  venir disapplicata dall'autorita' giudiziaria, pur
 qualora fosse ritenuta costituzionalmente illegittima.
    9. - Rilevato che la  legge  regionale  in  questione  si  propone
 l'effetto  di  rendere lecita (sia pure temporaneamente) un'attivita'
 che la normativa statale considera penalmente illecita, vale  a  dire
 lo  stoccaggio  provvisorio  di  rifiuti  tossici  e  nocivi senza la
 prescritta  autorizzazione,  riaprendo  a  fine  1989  la  disciplina
 transitoria  di  un  d.P.R.  entrato  in  vigore nel 1982, e che gia'
 prevedeva una fase transitoria di tre mesi (art. 31).
    10. - Ritenuto, pertanto che l'art.  7,  primo  e  secondo  comma,
 travalica  la  potesta' legislativa costituzionalmente conferita alla
 regione  Friuli-Venezia   Giulia,   e   che   risulta   percio'   non
 manifestamente  infondata la questione di legittimita' costituzionale
 di detta norma.
    11. - Tenuto conto, al proposito,  del  costante  indirizzo  della
 Corte  costituzionale,  teso  ad  affermare  il  monopolio statale in
 materia penale (sentenze nn. 179/1976, 79/1977, 487/1989 e  43/1990),
 da  intendersi  nel  senso che alle regioni non spetta ne' introdurre
 nuove figure di reato, ne' "interferire negativamente  con  le  norme
 penali,  disciplinando  e  considerando, quindi, lecita, un'attivita'
 penalmente  sanzionata  dall'ordinamento  nazionale"   (sentenza   n.
 370/1989).
    12.  -  Rilevato,  ancora,  che appaiono del tutto condivisibili i
 precipui rilievi che intessono il canovaccio di Corte  costituzionale
 n.  370/1989,  nella  parte  in  cui  (dopo aver puntualizzato che il
 d.P.R. n. 915/1982 venne emanato, in attuazione di tre direttive CEE,
 allo scopo di rendere omogenea per tutto il territorio dello Stato la
 disciplina dello  smaltimento  dei  rifiuti)  individua  uno  stretto
 collegamento  tra  le  norme  di principio di detto testo normativo e
 quelle che prevedono le sanzioni penali, giungendo quindi a sostenere
 che  "entro  il  sistema  di  scelte  sanzionatorie  non  si  possono
 introdurre  arbitrarie  distinzioni,  in  quanto risulta sconvolta la
 logica della legge, diretta ad attuare direttive CEE con  uniformita'
 di trattamento in tutto il territorio nazionale".
    13.  - Ricordato che, con ordinanza 19 settembre 1990, pronunciata
 dallo scrivente  quale  pretore  di  Trieste,  era  stata  denunciata
 l'illegittimita'  costituzionale dell'art. 6 della legge regionale n.
 23/1989, norma che, in maniera in tutto e per tutto analoga  all'art.
 7  oggi  denunciato,  considerava provvisoriamente lecita la gestione
 dei centri di rottamazione  per  autoveicoli  pur  in  difetto  della
 prescritta autorizzazione.
    14.  -  Rilevato  che la Corte costituzionale si e' pronunciata su
 detta  questione  con  sentenza  n.  117/1991,   ed   ha   dichiarato
 l'illegittimita'  costituzionale dell'art. 6 della legge regionale n.
 23/1989, sicche' pare scontato che a identica sorte  non  potra'  non
 andare incontro l'art. 7.
    15.   -   Ritenuta  pertanto  non  manifestamente  infondata,  per
 contrasto con gli artt. 3, 25 del c.p.v.  e  116  della  Costituzione
 (quest'ultimo  come  integrato dalla legge costituzionale n. 1/1963),
 la questione di legittimita'  costituzionale  dell'art.  7,  primo  e
 secondo  comma, della legge regionale Friuli-Venezia Giulia 28 agosto
 1989, n. 23.
    16. - Ritenuto, quanto alla rilevanza, che la questione condiziona
 l'esito  del  procedimento,  ponendosi  quale  passaggio  ineludibile
 dell'iter  logico  finalizzato alla decisione: mentre la declaratoria
 della incostituzionalita'  della  norma  rimuoverebbe  ogni  ostacolo
 all'applicabilita', in via astratta, della norma sanzionatoria di cui
 all'art.  26  del  d.P.R.  n.  915/1982,  viceversa,  qualora venisse
 acclarata la conformita' ai principi costituzionali di  detta  norma,
 la condotta degli imputati dovrebbe venir reputata penalmente lecita,
 perlomeno fino al 30 aprile 1991, con loro consequenziale assoluzione
 "perche'  il  fatto  non  e'  previsto dalla legge come reato" per le
 condotte tenute fino a tale data.
    17.  -  Ritenuto,  ancora  in  punto  rilevanza,  che  l'eventuale
 accoglimento  della  questione  indurrebbe  comunque  (stante  la non
 rimproverabilita' della  condotta,  sotto  il  profilo  dell'elemento
 psicologico)  a  mutare  la  formula  del proscioglimento (cfr. Corte
 costituzionale nn. 148/1983 e 124/1990) che  sarebbe  quella  de  "il
 fatto  non  costituisce  reato",  sicche' la pronuncia della Corte e'
 essenziale ai fini del decidere.
    18.  -  Rilevato,  poi,  che  altra  questione   di   legittimita'
 costituzionale   si   pone,  con  riferimento  al  medesimo  capo  di
 imputazione, per gli artt. 3 e 4 della legge regionale Friuli-Venezia
 Giulia 4 settembre 1991, n. 41, che modifica l'art.  15  della  legge
 regionale n. 30/1987.
    19.  -  Rilevato  che  l'art.  3  si inserisce nella lunga vicenda
 dell'ammasso temporaneo dei rifiuti tossici-nocivi, e stabilisce  nel
 secondo  comma  che  "per  le  domande di cui all'art. 7, primo comma
 della legge regionale n. 23/1989, nonche' per le  istanze  presentate
 prima  dell'entrata  in  vigore  della  presente  legge,  la relativa
 autorizzazione, viene rilasciata  entro  30  giorni  dall'entrata  in
 vigore della presente legge", prevedendo poi al quarto comma, che "le
 domande  e  le  istanze  di  cui  al  comma due si intendono accolte,
 qualora, decorso inutilmente il termine previsto dallo stesso  comma,
 non  sia stato comunicato al richiedente un provvedimento motivato di
 diniego".
    20. - Rilevato, pertanto, che l'art. 3, quarto comma, della  legge
 regionale  n.  41/1991 introduce in materia di rifiuti l'istituto del
 silenzio-assenso, e  che  altrettanto  fa,  in  maniera  ancora  piu'
 estesa,  il  successivo  art.  4,  che detta pro futuro la disciplina
 generale attinente alle  modalita'  di  rilascio  dell'autorizzazione
 (laddove l'art. 3 concerneva il solo regime transitorio).
    21.  -  Rilevato  che,  all'esito  della  contestazione suppletiva
 operata dal p.m. all'udienza del 6 novembre 1991, il reato sub 3)  e'
 stato contestato "in attuale permanenza fino alla data del 30 ottobre
 1991",  e  che conseguentemente - salva la valutazione meritale della
 fondatezza di tale contestazione  suppletiva  -  la  commissione  del
 reato  viene a cadere, per la sua ultima parte, nel periodo in cui (5
 ottobre 1991)  deve  intendersi  rilasciata  l'autorizzazione  tacita
 prevista dall'art. 3 della legge regionale n. 41/1991 (allo stato non
 consta  che  il termine di cui al secondo comma sia stato sospeso per
 integrazione dell'istruttoria).
    22. - Rilevato, quindi, che  e'  passaggio  ineludibile  dell'iter
 logico della decisione la questione della legittimita' costituzionale
 (la  cui  non manifesta infondatezza verra' illustrata nel prosieguo)
 dell'art. 3 della legge regionale n. 41/1991,  in  quanto  vanno  qui
 ripetute,  mutatis mutandis, le considerazioni svolte ai paragrafi 16
 e  17   della   presente   ordinanza:   l'abrogazione   della   norma
 consentirebbe di ritenere astrattamente applicabile alla condotta dei
 prevenuti  la  disciplina  sanzionataria  dell'art.  26 del d.P.R. n.
 915/1982,  laddove,  invece,  la  sua  ritenuta  compatibilita'   con
 l'ordinamento   costituzionale   impedirebbe  di  riportare  siffatta
 condotta alla fattispecie incriminatrice di cui sopra.
    23. - Rilevato, in punto di diritto, che debbono venir riprese  le
 considerazioni  esplicitate  ai  punti 11 e 12 di questa ordinanza, e
 segnatamente quelle incentrate sul rilievo dello stretto collegamento
 tra le norme di principio del d.P.R.  n.  915/1982  e  le  norme  che
 prevedono  sanzioni  penali (Corte costituzionale n. 370/1989), nella
 parte in cui e' stato affermato  che  "entro  il  sistema  di  scelte
 sanzionatorie  non  si  possono introdurre arbitrarie distinzioni, in
 quanto risulta sconvolta la logica della legge,  diretta  ad  attuare
 direttive  CEE  con uniformita' di trattamento in tutto il territorio
 nazionale".
    24. - Ritenuto che un primo profilo di contrasto tra la  normativa
 regionale  e  quella  sia comunitaria, sia nazionale, puo' rinvenirsi
 nell'applicabilita', alle  autorizzazioni  rilasciate  a  seguito  di
 silenzio-assenso,  delle  sanzioni  penali  previste dall'art. 27 del
 d.P.R.  n.  915/1982;  in  altri  termini,  e'  palese  che  non   e'
 configurabile   il   reato  di  inosservanza  delle  prescrizioni  di
 un'autorizzazione rilasciata in forma tacita, talche'  l'introduzione
 dell'istituto del silenzio-assenso rende inapplicabile nel territorio
 della  regione  Friuli-Venezia  Giulia una norma penale del d.P.R. n.
 915/1982.
    25. - Ritenuto che  la  sopradescritta  inapplicabilita'  viene  a
 spezzare    lo   stretto   collegamento   individuato   dalla   Corte
 costituzionale n. 370/1989 tra le norme  sanzionatorie  e  quelle  di
 principio  del  d.P.R.  n.  915/1982,  atteso  appunto  che  la norma
 sanzionatoria di cui all'art. 27 finisce con l'essere inattuabile  e,
 percio',  isolata  dalle  restanti parti della legge, al cui rispetto
 era invece funzionale.
    Ritenuto, piu' in generale, che  la  previsione  del  rilascio  di
 un'autorizzazione   in   forma   tacita  contrasta  radicalmente  con
 l'impostazione di fondo del d.P.R. n. 915/1982, sia perche' comporta,
 all'evidenza, un venir meno della tutela preventiva del territorio  e
 dell'ambiente  (la  cui  salubrita',  tra l'altro, gode di protezione
 costituzionale  ex  art.  32  della Costituzione), sia perche' non si
 armonizza in alcun modo con una  serie  di  puntuali  previsioni  del
 d.P.R. n. 915/1982.
    26.  -  Rilevato,  a tale ultimo riguardo, che l'art. 16 prescrive
 che per il rilascio  dell'autorizzazione  concernente  lo  stoccaggio
 provvisorio  dei  rifiuti tossici e nocivi "deve essere accertata, in
 ogni caso, la rispondenza del sito e delle  annesse  attrezzature  ai
 requisiti tecnici prescritti", ed e' evidente che l'obbligo cogente e
 inderogabile  di effettuare siffatto previo accertamento e' del tutto
 eluso dalla disciplina introdotta dagli  artt.  3  e  4  della  legge
 regionale n. 41/1991.
    27.  -  Rilevato  che, con una formulazione il cui tenore testuale
 non lascia dubbi sull'inammissibilita' del  silenzio-assenso,  l'art.
 16  determina che "nell'autorizzazione dovranno specificarsi i tipi e
 i quantitativi massimi  trattabili  annualmente",  ed  e'  certo  che
 questa  perspicua e cogente disposizione e' stata considerata tamquam
 non esset dalla legislazione regionale.
    28. - Rilevato che il  successivo  art.  17  contempla  una  serie
 progressiva  di sanzioni (diffida, sospensione dell'attivita', revoca
 dell'autorizzazione), conseguenti all'inosservanza delle prescrizioni
 contenute  nell'autorizzazione,  e   anche   questa   norma   risulta
 inutiliter  data  nel caso di autorizzazioni conseguite col silenzio-
 assenso.
    29. -  Ritenuto,  quindi,  che  e'  principio  fondamentale  della
 normativa  sui  rifiuti  quello  di  prevedere una previa istruttoria
 sulle domande di autorizzazione (e, soprattutto, su quelle  attinenti
 ai  rfiuti  tossici  e  nocivi),  nonche'  quello  di  imporre  delle
 prescrizioni (artt. 10 e 16), all'inosservanza  delle  quali  vengono
 correlate  una serie di conseguenze amministrative (art. 17) e penali
 (art. 27), e ritenuto  altresi'  che  (come  ben  statuito  da  Corte
 costituzionale  n. 370/1989) vi e' un nesso inscindibile tra le norme
 di principio e quelle sanzionatorie.
    30. -  Ritenuto,  conseguentemente,  che  con  l'introduzione  del
 silenzio-assenso  la  regione Friuli-Venezia Giulia ha travalicato le
 proprie competenze legislative sotto un duplice profilo:
       a) in primo luogo, la potesta' legislativa regionale  non  puo'
 mai,  neppure nelle ipotesi di competenza c.d. primaria (art. 4 della
 legge costituzionale n. 1/1963), dettare norme in  contrasto  con  le
 norme fondamentali delle riforme economico-sociali e con gli obblighi
 internazionali  dello Stato, ed e' certo che il d.P.R. n. 915/1982 e'
 inquadrabile in ambedue queste categorie; inoltre, a ben  vedere,  la
 potesta'  legislativa  in  tema  di  rifiuti e' conferita dall'art. 5
 della legge costituzionale  n.  1/1963,  e  deve  percio'  rispettare
 l'ulteriore  limite  del rispetto dei principi fondamentali stabiliti
 dalle leggi  dello  Stato  nelle  singole  materie,  per  cui  appare
 smaccata  l'incostituzionalita', per violazione degli artt. 116 della
 Costituzione, 4 e 5 della legge costituzionale n. 1/1963, delle norme
 regionali che  introducano  in  materia  di  rifiuti  l'istituto  del
 silenzio-assenso;
       b)  in  secondo luogo, la costantemente ribadita illegittimita'
 delle norme regionali che  interferiscano  con  la  normativa  penale
 dello Stato (Corte costituzionale nn. 179/1976, 79/1977, 487/1989, 43
 e  309  del  1990  e  117/1991) induce a ritenere incostituzionale la
 previsione di un'autorizzazione  tacita,  perche',  rendendosi  cosi'
 inapplicabile  l'art.  27  del  d.P.R.  n.  915/1982, essa si pone in
 contrasto con gli artt. 25, 116  della  Costituzione,  4  e  seguenti
 della legge costituzionale n. 1/1963.
    31.  -  Ritenuto  che  ulteriore  argomento  a  sostegno della non
 manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale
 e' la considerazione della disparita'  di  trattamento  che  e'  dato
 riscontrare  tra  chi  realizza  uno  stoccaggio di rifiuti tossici e
 nocivi nel Friuli-Venezia Giulia, rispetto a chi lo faccia nel  resto
 del territorio nazionale; la disparita' di trattamento emerge sia con
 riferimento all'art. 3 della Costituzione, sia, ancora una volta, con
 riferimento  ai  limiti  costituzionali  della  potesta'  legislativa
 regionale, atteso che "entro il sistema di scelte  sanzionatorie  non
 si  possono  introdurre  arbitrarie  distinzioni,  in  quanto risulta
 sconvolta la logica della legge, diretta ad attuare direttive CEE con
 una uniformita' di trattamento  in  tutto  il  territorio  nazionale"
 (Corte  costituzionale  n.  370/1989), e che "la potesta' legislativa
 regionale e' destinata a cedere  all'intervento  legislativo  statale
 ispirato  a  criteri  di  omogeneita'  e  univocita'  di  indirizzo e
 generalita' di applicazione in tutto il territorio dello  Stato,  con
 specifiche norme che costituiscono attuazione di direttive CEE, e che
 disciplinano  anche i risvolti penali dei problemi affrontati" (Corte
 costituzionale n. 117/1991).
    32. - Rilevato, a ulteriore supporto di quanto finora esposto, che
 l'intero sistema autorizzativo instaurato dal d.P.R. n. 915/1982  "si
 fonda sulla necessita' di un'autorizzazione espressa per ogni singola
 fase dello smaltimento, non essendo previsto l'istituto del silenzio-
 assenso, incompatibile con attivita' di estrema delicatezza, di forte
 rilievo  sociale,  comportanti  altri  rischi  per  la  salute  e per
 l'ambiente"  (Cassazione  n.  73/1989,  Paulicelli,  in  Riv.   giur.
 ambientale  1989,  3, 594 s.s.), e che "una volta accertata la natura
 tossica e nociva dei rifiuti, il regime dell'attivita' di smaltimento
 non puo' mai prescindere dalla necessita' di una espressa e specifica
 autorizzazione regionale, come e' reso evidente dal tenore  letterale
 e  logico  dell'art. 16 del d.P.R. n. 915/1982, attuativo tra l'altro
 di direttive CEE" (Cassazione n. 4261/1991, inedita).
    33. - Rilevato, infine, che con sentenza depositata il 28 febbraio
 1991 la Corte di giustizia della CEE ha  statuito  che,  in  tema  di
 inquinamento   delle   acque,   "un'autorizzazione  tacita  non  puo'
 considerarsi compatibile con le direttive CEE  in  materia",  e  pare
 evidente  che,  pur se cio' vale solo per lo scarico delle acque, che
 e' pero' regolato da una legge  statale,  a  maggior  ragione  dovra'
 ritenersi  incompatibile  con  la  normativa  comunitaria  in tema di
 rifiuti la previsione del  silenzio-assenso  a  opera  di  una  legge
 regionale.
    34.  -  Ritenuto  che, al di la' delle motivazioni tecniche finora
 esplicitate, appare quanto mai opportuno che la Corte  costituzionale
 contrasti  la  volonta'  disapplicativa della normativa di protezione
 ambientale, di rango comunitario e nazionale, palesata dalla  regione
 Friuli-Venezia  Giulia,  che  prosegue, nonostante le plurime censure
 delle quali e' stata oggetto, nella non completa  applicazione  della
 legislazione  in  tema  di  stoccaggio di rifiuti tossico-nocivi (col
 risultato che in regione  non  vi  e'  stata,  a  causa  delle  leggi
 regionali  nn.  30/1987,  23/1989 e 41/1991, una sola condanna per il
 reato di stoccaggio provvisorio di detti rifiuti).
                               P. Q. M.
    Dichiara  rilevante e non manifestamente infondata la questione di
 legittimita' costituzionale:
       a) dall'art. 7, primo e secondo comma,  della  legge  regionale
 Friuli-Venezia  Giulia  28  agosto 1989, n. 23, per contrasto con gli
 artt. 3, 25 c.p.v. e 116 (quest'ultimo, come  integrato  dalla  legge
 costituzionale n. 1/1963) della Costituzione;
       b)  dagli articoli 3, secondo, terzo, quarto comma, e 4, quarto
 comma (inserito quale comma  5-quinquies  della  legge  regionale  n.
 30/1987),  della  legge  regionale  Friuli-Venezia Giulia 4 settembre
 1991, n. 41,  per  contrasto  con  gli  artt.  3,  25  c.p.v.  e  116
 (quest'ultimo  come  integrato  dalla legge costituzionale n. 1/1963)
 della Costituzione;
    Dispone   l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
 costituzionale;
    Sospende il procedimento sub 3634/1991 r.g.;
    Ordina  che  a cura della cancelleria la presente ordinanza, della
 quale  viene  data  lettura  in   pubblica   udienza   dibattimentale
 (rendendosi  inutile  ogni  ulteriore  comunicazione alle parti), sia
 notificata al presidente della giunta  regionale  del  Friuli-Venezia
 Giulia, e comunicata al presidente del consiglio regionale.
      Latisana, addi' 4 dicembre 1991
                          Il pretore: FREZZA
                                               Il segretario: VENDRAME
 92C0138