N. 53 ORDINANZA (Atto di promovimento) 22 novembre 1991

                                 N. 53
   Ordinanza emessa il 22 novembre 1991 dal giudice per le indagini
                              preliminari
   presso il tribunale di Torino nel procedimento penale a carico di
                    Ghilleri Maria Loreta ed altro
 Processo penale - Procedimenti speciali - Delitto di omicidio
    aggravato  -  Richiesta  di  rito  abbreviato - Inammissibilita' a
    seguito  della  sentenza  n.  176/1991  -  Ritenuta  irragionevole
    disparita'  di  trattamento  tra  imputati del reato di omicidio a
    seconda che abbiano  avuto  o  meno  contestate  le  aggravanti  -
    Lamentata discrezionalita' del p.m.
 (Legge 16 febbraio 1987, n. 81, art. 2, punto 53; c.p.p. 1988, artt.
    438, 439, 440 e 442).
 (Cost., art. 3).
(GU n.7 del 12-2-1992 )
                IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI
    Ha   pronunciato   la   seguente   ordinanza,   sull'eccezione  di
 legittimita' costituzionale sollevata dalla difesa di Ghilleri  Maria
 Loreta,  nel  processo  penale  a  carico  della  stessa e di Mavilla
 Antonino Ignazio, imputati:
       a) del delitto di cui agli artt. 110, 575, 577, nn. 3 e  4  del
 c.p.  in relazione all'art. 61, n. 1, del c.p. perche', in Torino, il
 18 settembre 1990, in concorso tra loro, recandosi entrambi  a  bordo
 dell'autovettura  Fiat  Uno tg TO28292L guidata dalla Ghilleri presso
 l'abitazione di Bodo Claudio, quindi invitando  il  Mavilla  il  Bodo
 Claudio  ad  uscire  dalla  sua  abitazione  sulla  pubblica  via per
 parlare, per poi esplodere lo stesso contro il Bodo piu' colpi d'arma
 da fuoco ed infine fuggendo entrambi  a  bordo  della  vettura  sopra
 indicata  guidata  sempre dalla Ghilleri, che era rimasta in attesa a
 poca distanza, cagionavano la morte del predetto Bodo Claudio.
    Con le aggravanti di aver commesso il fatto con  premeditazione  e
 di  aver  agito  per  futili  motivi  e  cioe' per punire il Bodo del
 comportamento scorretto da lui tenuto nei confronti della Ghilleri in
 occasione di una disputa per ragioni di traffico stradale avvenuta il
 13 settembre precedente e del rifiuto dello stesso Bodo di presentare
 le sue scuse alla Ghilleri;
       b) del delitto di cui agli artt. 110, 61, n. 2, del  c.p.,  10,
 12  e  14  della  legge  n. 497/1974 perche', al fine di comettere il
 delitto di cui al capo che precede, in concorso tra  loro,  portavano
 in  luogo  pubblico, nelle stesse circostanze di tempo e di luogo, un
 revolver cal. 38 special o 357 magnum di marca Taurus o derivato.
    L'imputata Ghilleri ha chiesto, in sede di udienza preliminare, di
 essere anticipatamente giudicata ed ha  sollevato,  a  seguito  della
 mancata  prestazione del consenso motivato solo ed esclusivamente dal
 p.m.  sulla  scorta  della  preclusione  conseguente   alla   recente
 pronuncia  intervenuta  sulla  costituzione  dell'art.  442,  secondo
 comma, del c.p.p., questione  di  legittimita'  costituzionale  della
 direttiva  53  della  legge  n.  81/1987  e dell'art. 442 del c.p.p.,
 secondo comma, la' dove non e' previsto che  anche  gli  imputati  di
 reati  pei  quali  e'  prevista  la  pena edittale dell'ergastolo non
 possano avvalersi del rito abbreviato, ove  ne  ricorrano  ovviamente
 gli  altri  presupposti  di  legge (consenso del p.m. e decidibilita'
 allo stato degli atti del processo).
    Ad opinione della  difesa  le  violazioni  della  Costituzione  si
 integrerebbero  sia  sotto il profilo dell'art. 3 della Costituzione,
 profilando la preclusione in argomento  una  evidente  disparita'  di
 trattamento  a seconda dell'imputazione formulata dal p.m. al momento
 dell'esercizio  dell'azione  penale,  esercizio  che  e'  del   tutto
 discrezionale  e  del  tutto  insindacabile  come  tale; sia sotto il
 profilo dell'art. 24, secondo comma, della Costituzione, in quanto la
 mancata  possibilita'  di   optare   per   il   giudizio   abbreviato
 comporterebbe  una  menomazione degli strumenti difensivi; sia infine
 sotto il profilo dell'art. 25 della  Costituzione,  primo  e  secondo
 comma,  in  quanto  sarebbe  sottratto  al  giudice  naturale (quello
 dell'udienza  preliminare)  la  decisione  in  base  ad  una   scelta
 incondizionata del p.m., scelta quest'ultima che starebbe all'origine
 altresi'  dell'assoluta  incertezza  sull'entita'  della  pena  a cui
 l'autore del reato va incontro.
    Il p.m. si e' espresso in  senso  favorevole  ad  una  definizione
 anticipata  del  processo nei confronti della Ghilleri, atteso che le
 risultanze processuali depongono sicuramente  per  una  definibilita'
 allo   stato  degli  atti,  anche  in  considerazione  della  fattiva
 collaborazione  processuale  dell'imputata.  Ma  non  potendo  essere
 trascurata  la dichiarazione di illegittimita' dell'art. 442, secondo
 comma, del c.p.p., ultimo  periodo,  ("Alla  pena  dell'ergastolo  e'
 sostituita  quella  della reclusione di anni trenta") ne' soprattutto
 il contenuto della motivazione della sentenza n. 176 in  oggetto,  il
 p.m.  ha  condiviso le doglianze di legittimita' costituzionale sulla
 direttiva 53 della delega legislativa al Governo per l'emanazione del
 nuovo c.p.p., la' dove non e' stato previsto che anche  per  i  reati
 astrattamente    punibili   con   l'ergastolo   sia   consentita   la
 definibilita' del processo in sede di udieza  preliminare.  A  parere
 del  p.m.  la  dissonanza con i principi costituzionali e' da vedersi
 nel fatto che essendo  l'imputazione  formulata  dal  p.m.  ad  avere
 effetti  preclusivi  del rito speciale, ed essendo detta formulazione
 del  tutto   insindacabile,   si   profila   un'automaticita'   della
 preclusione rispetto ad una scelta rimessa insindacabilmente al p.m.,
 automaticita' che pesantemente stona con l'art. 3 della Costituzione.
    La   questione  sollevata  a  parere  di  questo  giudice  non  e'
 manifestamente infondata.
    Partendo dalla sentenza n. 176 di codesta Corte e'  dato  ritenere
 che  la  direttiva  53,  abbia  limitato  la  previsione del giudizio
 abbreviato solo ai reati puniti con pene detentive temporanee o  pene
 pecuniarie, posto che solo queste sono suscettibili di diminuzione di
 un  terzo,  cosicche'  "una  volta  riconosciuta  la  connessione tra
 giudizio   abbreviato   e   diminuzione   della   pena   e,   quindi,
 l'impraticabilita'  del  primo  in  mancanza  della  possibilita'  di
 operare la seconda, il venir meno di  quest'ultima,  per  effetto  di
 illegittimita'  costituzionale,  rende  di  per  se' inapplicabile il
 giudizio abbreviato, quale disciplinato dagli artt.  438  e  443  del
 c.p.p., ai processi concernenti delitti puniti con l'ergastolo".
    Se  cosi'  deve essere intesa la volonta' legislativa non puo' non
 essere colta la irragionevole sperequazione  di  trattamento,  tenuto
 conto  che  l'istituto  del  giudizio  abbreviato  e' ispirato ad uno
 schema di deflazione teso ad un piu' rapido svolgimento del processo,
 del tutto svincolato da  considerazioni  di  politica  criminale  che
 potrebbero  sconsigliare  di  giudicare in abbreviato gli imputati di
 delitti pei quali la legge prevede il massimo delle  pene.  Anzi,  e'
 soprattutto  in relazione a reati piu' gravi e quindi inevitabilmente
 piu'  complessi  nel  loro  accertamento  che  l'effetto   deflattivo
 potrebbe  trovare  maggiore espressione e piu' sensibili effetti. Non
 si dimentichi che il sistema consente che reati di pari gravita'  (v.
 ad es. i sequestri di persona a scopo di estorsione) e di altrettanto
 allarme  sociale  possano trovare definizione anticipata. E allora se
 deve venire meno la connessione tra giudizio  abbreviato  e  gravita'
 del  reato,  atteso  che  tale  connessine  non  e'  stata  posta dal
 legislatore, la limitazione che e' stata ricondotta alla direttiva n.
 53  della  legge  delega  (esclusione  dell'abbreviato  per  processi
 concernenti delitti puniti con l'ergastolo), suona sicuramente lesiva
 del   principio   di  uguaglianza.  Non  puo'  del  resto  portare  a
 giustificare l'irragionevaole disparita' di trattamento, pur a fronte
 di un'identica situazione di definibilita' immediata del processo, la
 semplice considerazione che la pena dell'ergastolo sia di  fatto  non
 riconducibile  di  un  terzo,  posto che la riduzione della pena, pur
 contribuendo  a  connotare  detto  procedimento  speciale,   non   ne
 configura  la  struttura  essenziale,  struttura  che  come  e' stato
 scritto, resterebbe tale,  anche  se  le  conseguenze  non  potessero
 conseguire o dovessero conseguire con meccanismi diversi.
    Ma  l'aspetto  piu'  preoccupante, sotto il profilo costituzionale
 del sistema dell'introdotta limitata definibilita' in via  anticipata
 dei  processi,  sta  nel  fatto  che  la  preclusione  delineata  dal
 legislatore sarebbe basata solo ed  esclusivamente  sulla  previsione
 astratta della pena perpetua in riferimento al reato in contestazione
 (in contestazione, si badi, e non gia' ritenuto in sentenza).
    In   tale   prospettazione  consegue  che  l'esclusione  del  rito
 alternativo  viene  fatta  dipendere  in  tutto  e  per  tutto  dalla
 configurazione   fornita   dal   p.m.   all'atto  della  formulazione
 dell'imputazione,  formulazione  che  non  puo'  essere  oggetto   di
 contestazione e valutazione come tale e che di conseguenza lascerebbe
 ampio  spazio  al  p.m.  di precludere l'accesso al rito alternativo,
 senza poter essere sindacato in proposito, con evidente sperequazione
 tra coloro che avendo commesso lo stesso  tipo  di  reato  si  vedano
 portare  a  giudizio con o senza l'aggravante preclusiva dell'accesso
 al rito abbreviato, senza che ai limitati fini di questa presclusione
 l'operato del p.m. venga ad essere valutato.
    Che detta sperequazione sia intollerabile lo si  puo'  assumere  a
 fronte  degli  stessi  argomenti  usati da codesta Corte, la' dove e'
 stato statuito (v. sentenza n. 81,  dichiarativa  dell'illegittimita'
 delle  norme  sul rito abbreviato nella parte in cui non era previsto
 che il dissenso del p.m.  fosse  motivato  e  valutato  dal  giudice,
 all'esito del giudizio) che "non risponde alle esigenze di coerenza e
 ragionevolezza  una  disciplina  che autorizzi il p.m. ad opporsi non
 soltanto a una determinata scelta del  rito  processuale  (  ..),  ma
 anche   ad   una  consistente  riduzione  della  pena  da  infliggere
 all'imputato in caso di condanna, senza neppure  dover  esternare  le
 ragioni  di  tale  opposizione,  cosi'  sottraendola all'obiettiva ed
 imparziale valutazione del giudice. Per giunta, in un  sistema,  come
 quello  del  nuovo codice, imperniato sul principio di partecipazione
 dell'accusa e della difesa su basi di parita' in ogni stato  e  grado
 del  procedimento,  non dovrebbe essere consentito che i rapporti tra
 p.m. e imputato si sbilancino al punto che il primo, con un  semplice
 atto  di  volonta'  immotivato e percio' incontrollabile, si trovi in
 grado di privare il secondo di rilevante vantaggio sostanziale".
    Se ne deve concludere che il sistema delineato dalla legge  delega
 n.  81/1987  nel  limitare  ai  processi  per  reati  non  puniti con
 l'ergastolo la  definibilita'  in  sede  di  giudizio  abbreviato  ha
 operato una profonda sperequazione non solo irragionevole di per se',
 non avendo manifestato il legislatore di voler condizionare l'accesso
 al  rito alla gravita' del reato oggetto del giudizio, ma soprattutto
 rimette all'incondizionata e insindacabile scelta  del  p.m.  (scelta
 che  si esprime nel contestare piu' o meno fondatamente le aggravanti
 che comportino  -  come  nel  caso  di  specie  -  la  pena  edittale
 dell'ergastolo)  la  possibilita' o meno per l'imputato di richiedere
 l'anticipato giudizio. Senza contare poi che all'esito  del  giudizio
 l'imputato  potrebbe  vedersi bilanciare le aggravanti - fondatamente
 contestate - con le attenuanti, senza ovviamente poter recuperare gli
 effetti del rito  speciale  siano  essi  processuali  o  sostanziali,
 questi ultimi di sicuro maggiore interesse per il condannato in primo
 grado.
    Gli  altri aspetti di costituzionalita' sollevati dalla difesa non
 paiono rilevanti, tradicendosi in sostanza in distinti riflessi della
 manifesta dissonanza con l'art. 3.
    Sulla scorta di  quanto  precede  si  ritiene  non  manifestamente
 infondata  la questione di legittimita' costituzionale della legge 16
 febbraio 1987, n. 81, all'art. 2, punto 53, e  di  conseguenza  degli
 artt.  438,  439,  440,  442 del c.p.p., la' dove non e' previsto che
 anche i processi  per  reati  puniti  astrattamente  con  l'ergastolo
 possano essere definiti con giudizio abbreviato.
    La  questione  e'  sicuramente rilevante posto che e' nell'udienza
 preliminare che deve  essere  presentata  la  richiesta  di  giudizio
 abbreviato  e  che  nel  caso di specie se non vi ostasse il disposto
 legislativo, il p.m. presterebbe il  suo  consenso  alla  definizione
 anticipata del giudizio nei confronti dell'imputata Ghilleri.
                               P. Q. M.
    Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Dichiara  rilevante e non manifestamente infondata la questione di
 legittimita' costituzionale della legge 16 febbraio 1987, n. 81, art.
 2, punto 53, e di conseguenza degli artt.  438,  439,  440,  442  del
 c.p.p.,  nella  parte  in  cui  non  e'  previsto  che per i processi
 concernenti reati puniti con l'ergastolo non sia applicabile il  rito
 del giudizio abbreviato;
    Dispone  la  sospensione  del processo nei confronti dell'imputata
 Ghilleri M. Loreta e l'immediata trasmissione degli atti  alla  Corte
 costituzionale;
    Dispone che la presente ordinanza sia notificata al Presidente del
 Consiglio  dei  Ministri  e  sia  comunicata  ai Presidenti delle due
 Camere del Parlamento.
      Torino, addi' 22 novembre 1991
                        Il giudice: CAPRIOGLIO
                        Il collaboratore di cancelleria: MARSICOVETERE
 92C0140