N. 35 SENTENZA 22 gennaio - 5 febbraio 1992
Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale. Enti pubblici - Regione Sicilia - Enti creditizi - Norme per la ricapitalizzazione - Violazione dei principi contenuti nel codice civile - Riserva allo Stato della disciplina dei rapporti di diritto privato - Ritardo della comunicazione della legge al commissario dello Stato - Richiamo alle sentenze n. 365/1990 e nn. 484 e 493 del 1991 della Corte - Non fondatezza e manifesta infondatezza - Rapporti interni alla struttura societaria - Nomina del presidente - Poteri - Amministratori - Revoca e sostituzioni - Mancata limitazione del potere disciplinato dalla norma impugnata - Illegittimita' costituzionale. (Legge regione Sicilia 19 giugno 1991, n. 39, art. 4, secondo comma; legge regione Sicilia 19 giugno 1991, n. 39; legge regione Sicilia 19 giugno 1991, n. 39, artt. 5, primo, secondo e terzo comma, e 6, quinto comma). (Statuto regione Sicilia, artt. 14 e 17).(GU n.7 del 12-2-1992 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: dott. Aldo CORASANITI; Giudici: prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Antonio BALDASSARRE, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI;
ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 4, secondo comma, 5, primo, secondo e terzo comma, e 6, quinto comma, della legge regionale approvata l'1-2 maggio 1991 dall'Assemblea Regionale Siciliana (Norme per la ricapitalizzazione dei maggiori enti pubblici creditizi aventi la sede centrale in Sicilia ed interventi in favore degli enti creditizi minori siciliani), promosso con ricorso del Commissario dello Stato per la Regione Siciliana, notificato il 10 maggio 1991, depositato in cancelleria il 17 successivo ed iscritto al n. 26 del registro ricorsi 1991; Visto l'atto di costituzione della Regione Siciliana; Udito nell'udienza pubblica del 3 dicembre 1991 il Giudice relatore Antonio Baldassarre; Uditi l'Avvocato dello Stato Franco Favara per il ricorrente, e gli Avvocati Salvatore Pensabene Lionti e Antonino Mirone per la Regione; Ritenuto in fatto 1. - Con ricorso regolarmente notificato e depositato, il Commissario dello Stato per la Regione Siciliana ha sollevato questione di legittimita' costituzionale degli artt. 4, secondo comma, 5, primo, secondo e terzo comma, e 6, quinto comma, della legge regionale approvata l'1-2 maggio 1991 e promulgata, nelle more del presente giudizio, come legge della Regione Siciliana 19 giugno 1991, n. 39 (Norme per la ricapitalizzazione dei maggiori enti pubblici creditizi aventi la sede centrale in Sicilia ed interventi in favore degli enti creditizi minori siciliani). Ad avviso del Commissario dello Stato, le disposizioni impugnate, poiche' contrastano con principi generali del codice civile (libro V, titolo V), violano il limite del diritto privato posto alle competenze leg- islative regionali previste dagli artt. 14 e 17 dello Statuto speciale. In particolare, l'art. 4, secondo comma, nel disporre che il capitale sociale sia sottoscritto per intero dalla Regione Siciliana, si porrebbe in contrasto con le disposizioni codicistiche, dalle quali si desume la natura contrattualistica della societa' per azioni e, quindi, la necessaria pluralita' di soggetti nel momento della costituzione della societa' stessa. L'art. 5, poi, nello stabilire, al primo comma, che il presidente della societa' finanziaria regolata dalla legge impugnata e' nominato dalla Regione Siciliana e, al terzo comma, che il predetto presidente provvedera' all'assunzione del direttore generale (la cui carica e' prevista durare sino all'approvazione dello Statuto), contrasterebbe con la disciplina del codice civile, e in particolare con l'art. 2328 cod. civ., che nega la possibilita' di procedere alle suddette nomine prima della costituzione della societa'. La nomina, da parte della Regione, del presidente della societa' contrasterebbe, inoltre, con gli artt. 2458 e 2459 cod. civ., i quali conferiscono allo Stato e agli enti pubblici aventi partecipazioni azionarie la nomina di amministratori o sindaci, non quella del presidente. Anche l'art. 5, secondo comma, contraddirebbe le norme del codice civile laddove prevede che il presidente della societa' duri in carica cinque anni e sia confermabile, anziche' durare in carica tre anni, come prescrive l'art. 2383, secondo comma, cod. civ. per gli amministratori della societa' per azioni. Infine, l'art. 6, quarto comma, il quale prevede che, in caso di violazione delle direttive del Comitato regionale per il credito e il risparmio, il Presidente della regione, su parere del predetto Comitato e previa deliberazione della Giunta regionale, possa disporre la revoca degli amministratori e dei sindaci e la loro sostituzione, sarebbe in evidente contrasto con l'art. 2458 cod. civ., che limita l'analogo potere dello Stato e degli enti pubblici agli amministratori e ai sindaci da essi nominati. Lo stesso Commissario dello Stato ricorrente pone, poi, una questione di carattere preliminare attinente a un preteso vizio formale dell'intera legge. Poiche' la legge regionale approvata gli e' stata comunicata il 6 maggio 1991, anziche', come prescritto dall'art. 28 dello Statuto speciale, il 5 maggio, ancorche' questo fosse giorno festivo, il ricorrente osserva che, qualora tale ritardo non sia censurato, si vanificherebbe l'art. 29, secondo comma, dello stesso Statuto, il quale dispone che la legge deve essere comunque promulgata decorsi otto giorni dall'approvazione. Poiche' quest'ultimo termine e' dato dalla somma di tre giorni per la comunicazione e cinque giorni per l'eventuale impugnazione da parte del Commissario dello Stato, la tardivita' della comunicazione, ove non fosse considerata un vizio del procedimento, finirebbe per comprimere indebitamente lo spazio riservato al potere di impugnazione. E' ben vero, precisa il ricorrente, che questa Corte, con la sentenza n. 365 del 1990, ha ammesso uno slittamento del termine per l'impugnazione, in modo da grantire comunque al Commissario uno spazio di cinque giorni, ma sarebbe opportuno, a suo giudizio, che la Corte torni di nuovo sul problema. 2. - Si e' costituita in giudizio la Regione Siciliana per chiedere che il ricorso sia dichiarato non fondato. Dopo aver premesso che la legge impugnata tende a dare attuazione in ambito regionale alla legge statale 30 luglio 1990, n. 218 e ai relativi decreti legislativi e dopo aver sottolineato che quella prevista nella legge impugnata e' una societa' finanziaria regionale avente scopi di natura pubblica, e percio' assimilabile al tipo delle "societa' d'interesse nazionale", la difesa della Regione contesta la fondatezza delle singole censure. In particolare, i dubbi sull'art. 4, primo comma, non sarebbero fondati poiche' la stessa normativa del codice civile non escluderebbe, in via di principio, l'ipotesi dell'unico azionista, seppure con riferimento a momenti successivi a quello della costituzione della societa' (art. 2362 cod. civ.). Inoltre, la stessa ipotesi sarebbe ammessa sia dalla direttiva CEE 89/667 del 21 dicembre 1989, sia dall'art. 6, secondo comma, del decreto legislativo n. 356 del 1990, proprio in relazione alla costituzione di societa' per azioni, anche per atto unilaterale di un solo ente pubblico. Quanto alla disposizione contenuta nell'art. 5, primo comma, la Regione osserva che essa persegue l'intento di attribuire al presidente della societa', nominato prima della costituzione di quest'ultima, la duplice responsabilita' di curare la fase costitutiva della societa' nell'interesse della Regione e di assicurare la direzione della stessa nei primi decisivi anni del suo funzionamento, come del resto sembrerebbero ammettere anche gli artt. 2458 e 2459 cod. civ.. L'atto regionale di nomina, pertanto, avrebbe un doppio contenuto: quello di conferire un incarico inerente all'amministrazione regionale e quello di determinare in capo al prescelto lo status di presidente della societa' per il periodo successivo alla costituzione della stessa. Ne' esisterebbe un principio che vieta di assumere la presidenza della societa' a chi gestisce le fasi della costituzione della stessa. In relazione all'ulteriore rilievo che la Regione potrebbe nominare gli amministratori, ma non direttamente il presidente, la resistente osserva che quest'ultima nomina non contrasta con le norme del codice civile, che non la prevedono, sicche' si dovrebbe ritenere corretto che il Governo regionale, avendo la totalita' delle azioni, abbia anche il potere di nomina del presidente. Eguale discorso varrebbe per la nomina del direttore generale (art. 5, terzo comma), essendo quest'ultimo un ausiliario del presidente della societa'. Le censure rivolte all'art. 5, secondo comma, sarebbero infondate, a giudizio della Regione, sia perche' l'art. 2383, secondo comma, cod. civ., che limita il mandato degli amministratori societari a tre anni, non sarebbe applicabile alle societa' finanziarie regionali, sia perche' suo scopo e' quello di assicurare omogeneita' tra assetto del capitale e composizione del consiglio di amministrazione, scopo che non avrebbe alcun senso rispetto ad amministratori nominati da enti pubblici, non necessariamente azionisti, con provvedimenti amministrativi. Riguardo alle censure mosse all'art. 6, quinto comma, la difesa della Regione osserva che, essendo limitato il potere di revoca previsto ai soli amministratori e sindaci nominati dalla Regione, la disposizione impugnata si riferirebbe a un potere amministrativo discrezionale inconfutabilmente spettante al Governo regionale. Infine, a proposito della censura sulla tardivita' della comunicazione della legge regionale approvata, la resistente rileva che la tesi interpretativa del Commissario dello Stato sarebbe smentita dalla sentenza n. 365 del 1990 di questa Corte. In ogni caso, premesso che il termine previsto dall'art. 28 dello Statuto e' ordinatorio e premesso che, anche se fosse perentorio, la festivita' del terzo giorno utile legittimava la Regione a comunicare la legge il giorno dopo, la resistente osserva che puo' alternativamente ritenersi che, con il termine di otto giorni per la promulgazione (art. 29), lo Statuto abbia inteso riferirsi alla scadenza del termine utile per la proposizione dell'impugnazione da parte del Commissario dello Stato ovvero che abbia semplicemente attribuito al Presidente della Regione il potere di promulgare e di pubblicare la legge anche in pendenza del termine per l'impugnazione. La resistente, pur precisando di ritenere preferibile la prima soluzione, sottolinea comunque come la seconda trovi riscontro nella facolta' attribuita al Presidente della Regione di promulgare la legge anche dopo che l'impugnativa sia stata in concreto proposta. 3. - In prossimita' dell'udienza l'Avvocatura generale dello Stato ha depositato una memoria difensiva a sostegno del ricorso proposto dal Commissario dello Stato per la Regione Siciliana. Dopo aver ricordato che la legge impugnata si inserisce nell'ambito della legge n. 218 del 1990 e del decreto legislativo n. 356 del 1990, l'Avvocatura osserva che la stessa legge ricalca lo schema della legislazione statale sul piano regionale, provvedendo al finanziamento del Banco di Sicilia e della Cassa di risparmio V.E. attraverso la costituzione di una societa' per azioni fiduciaria con capitale interamente sottoscritto dalla Regione Siciliana. Secondo l'Avvocatura, tale intervento si svolge in un campo riservato alla legislazione statale e, in particolare, al codice civile. Venendo alle singole censure, l'Avvocatura dello Stato osserva come gli argomenti addotti dalla Regione sull'art. 4, primo comma, sono inconferenti sia perche' le norme da essa invocate a giustificazione del principio del socio unico riguardano societa' aventi per oggetto l'attivita' bancaria (e tale non e' la Finsicilia S.p.a.), sia perche' le direttive comunitarie necessitano d'intermediazione legislativa per poter essere applicate. Quanto alle censure concernenti l'art. 5, primo e secondo comma, l'Avvocatura sottolinea come le disposizioni contenute negli artt. 2458 e 2459 cod. civ. siano di carattere eccezionale e, come tali, insuscettibili di deroga da parte del legislatore regionale. Ne' avrebbe alcun rilievo la natura provvedimentale dell'atto di nomina e, tantomeno, l'osservazione che la stessa nomina del presidente della societa' sarebbe consentita dall'essere la Regione azionista unico: l'uno e l'altro, infatti, non dovrebbero impedire alla Regione di dare diretta applicazione alle norme codicistiche. Identiche osservazioni sono, poi, formulate in relazione all'art. 5, terzo comma, riguardo alla nomina del direttore generale. L'art. 6, quinto comma, infine, si discosterebbe dalla disciplina privatistica anche a giudizio della Regione, tanto piu' che parrebbe derogare anche all'art. 2400, secondo comma, cod. civ. (secondo cui la revoca dev'esser approvata con decreto dal tribunale, sentito l'interessato). In relazione alla censura relativa alla comunicazione della legge approvata e alla possibilita' che leggi della Regione Siciliana siano promulgate e pubblicate in pendenza del giudizio di costituzionalita', l'Avvocatura sottolinea l'opportunita' che la Corte torni a occuparsi del problema, pur dando atto che nel caso di specie il ricorso e' stato tempestivamente proposto dal Commissario dello Stato e la promulgazione e' avvenuta, non nel nono giorno successivo all'approvazione, ma nel quarantesimo giorno successivo alla notificazione del ricorso. Considerato in diritto 1. - Il Commissario dello Stato per la Regione Siciliana ha sollevato questione di legittimita' costituzionale degli artt. 4, secondo comma, 5, primo, secondo e terzo comma, e 6, quinto comma, della legge approvata dall'Assemblea Regionale Siciliana il 1'-2 maggio 1991 e promulgata, nelle more di questo giudizio, come legge della Regione Siciliana 19 giugno 1991, n. 39 (Norme per la ricapitalizzazione dei maggiori enti pubblici creditizi aventi la sede centrale in Sicilia ed interventi in favore degli enti creditizi minori siciliani). Ad avviso del ricorrente, le disposizioni impugnate, nel disciplinare aspetti relativi alla costituzione di una societa' per azioni (Finanziaria Regionale Siciliana - Finsicilia S.P.A.) con norme che si discostano dai principi contenuti nel codice civile, violerebbero i limiti posti alla competenza legislativa regionale dagli artt. 14 e 17 dello Statuto speciale, comportanti la riserva allo Stato della disciplina dei rapporti di diritto privato. Lo stesso Commissario dello Stato prospetta preliminarmente un vizio attinente al procedimento di formazione della legge, dovuto al fatto che la legge regionale, a causa della festivita' del terzo giorno, e' stata comunicata al suo ufficio con un giorno di ritardo rispetto al termine di tre giorni fissato dall'art. 28 dello Statuto speciale. Tale ritardo, a suo avviso, avrebbe la conseguenza di vanificare la perentorieta' della prescrizione contenuta nell'art. 29, secondo comma, dello stesso Statuto, secondo il quale, decorsi otto giorni dall'approvazione senza che sia pervenuta al Presidente regionale copia dell'impugnazione proposta dal Commissario dello Stato, la legge va comunque promulgata. Infatti, tenuto conto che il termine di otto giorni fissato dall'art. 29 e' costituito dalla somma del termine di tre giorni, previsto per la comunicazione del disegno di legge approvato, e del termine di cinque giorni, stabilito per l'impugnazione della legge mediante presentazione del ricorso a questa Corte, il Commissario ritiene che sia illegittimo computare nel termine utile per la comunicazione a lui della legge approvata il giorno successivo a quello festivo. 2. - La questione sollevata in via preliminare e' manifestamente infondata. In relazione a questioni analoghe proposte in passato dallo stesso Commissario dello Stato per la Regione Siciliana, questa Corte ha affermato (v. sent. n. 365 del 1990) e, successivamente, ribadito (v. sentt. nn. 484 e 493 del 1991) che il ritardo, dovuto alla festivita' del terzo giorno utile, nella comunicazione della legge approvata al Commissario dello Stato, ai sensi dell'art. 28 dello Statuto, "altra conseguenza non produce se non che il termine di cinque giorni dato al Commissario dello Stato per l'impugnazione della legge regionale decorre dall'ulteriore giorno dell'effettivo invio della legge stessa". Cio' significa, evidentemente, che il periodo di cinque giorni assicurato al predetto Commissario per la proposizione della impugnazione della legge e' comunque garantito per intero, sicche' gli argomenti addotti dal ricorrente si rivelano privi di qualsiasi fondamento. 3. - Tutte le restanti questioni di legittimita' costituzionale sollevate dal ricorrente presuppongono la previa risoluzione di un problema comune: la definizione dell'ambito di operativita' del limite del "diritto privato" - peraltro espressamente richiamato, in materia d'incentivazione industriale e commerciale, dall'art. 14, lettera d, dello Statuto speciale per la Regione Siciliana - rispetto alle c.d. societa' finanziarie regionali. Tali societa', come e' noto, sono strumenti operativi dell'amministrazione pubblica, ormai diffusamente utilizzati da molte regioni, le quali, sul modello dell'organizzazione amministrativa dello Stato, si servono di istituzioni del diritto privato, quali, appunto, le societa' per azioni, al fine di realizzare, in via indiretta, finalita' pubbliche connesse all'esercizio delle proprie competenze. Lo sviluppo di questo tipo di amministrazione indiretta si collega a una generale evoluzione dello Stato nell'epoca contemporanea, in base alla quale quest'ultimo tende a utilizzare crescentemente, soprattutto nel campo dei servizi pubblici e del rapporto d'impiego pubblico, moduli di azione e di organizzazione propri del diritto privato. Come sembra avvertire lo stesso Commissario dello Stato ricorrente - il quale contesta, non gia' l'uso del diritto privato, ma la conformita' di quest'uso ai principi del codice civile -, l'evoluzione del diritto positivo nel senso ora accennato esige una precisazione della portata del limite alla potesta' legislativa regionale costituito dalla "disciplina dei rapporti privati". In altri termini, l'utilizzazione a scopi di amministrazione pubblica indiretta di istituzioni proprie del diritto privato impone di precisare ed, eventualmente, distinguere cio' che pertiene all'area dei rapporti generali del diritto privato e cio' che concerne l'area dell'organizzazione pubblica regionale. Come questa Corte ha da tempo affermato (v. spec. sentt. nn. 72 del 1965, 154 del 1972, 151 del 1974, 38 del 1977 e 691 del 1988), il limite del "diritto privato" si basa sull'esigenza che sia assicurata su tutto il territorio nazionale una uniformita' di disciplina e di trattamento riguardo ai rapporti intercorrenti tra i soggetti privati, trattandosi di rapporti legati allo svolgimento delle liberta' giuridicamente garantite ai predetti soggetti e al correlativo requisito costituzionale del godimento di tali liberta' in condizioni di formale eguaglianza (artt. 2 e 3 della Costituzione). In ragione di tale base giustificativa, non v'e' dubbio che, per quel che concerne i rapporti intersoggettivi attinenti alle societa', le competenze legislative regionali non possono svolgersi in altro modo che nel senso di applicare ad essi le norme del codice civile o, piu' in generale, le norme che lo Stato detta per la disicplina dei relativi rapporti, salvi ovviamente i campi nei quali le stesse norme rinviano agli usi e alle consuetudini locali. Deroghe alla legislazione di diritto privato - sempreche' queste non comportino una violazione, ancorche' indiretta, dei principi civilistici e non risultino manifestamente irragionevoli - sono, invece, ammesse nell'area dei rapporti intercorrenti tra la societa' privata e l'amministrazione regionale, nella misura in cui prevale la connotazione relativa alla strumentalita' della societa' stessa alle finalita' pubbliche che la regione persegue nei campi rientranti nelle competenze ad essa costituzionalmente attribuite. 4. - Sulla base dei principi ora affermati, va dichiarata non fondata la questione di legittimita' costituzionale concernente l'art. 4, secondo comma, della legge impugnata. Secondo il Commissario dello Stato ricorrente, tale articolo, nel disporre che il capitale della Finanziaria Regionale Siciliana (Finsicilia S.p.a.) "e' sottoscritto per intero all'atto della costituzione dalla Regione Siciliana", si porrebbe in contrasto con le disposizioni del codice civile in materia di costituzione delle societa' per azioni, le quali, all'art. 2247 cod. civ., presuppongono la necessaria partecipazione nel momento iniziale di non meno di due soggetti. Siffatto assunto non puo' essere condiviso per due ragioni fra loro concorrenti. Innanzitutto, occorre considerare che, nel caso di societa' per azioni disciplinate come strumento dell'azione amministrativa regionale, il profilo della partecipazione azionaria o quello della sottoscrizione iniziale del capitale societario rientrano nella sfera dei rapporti tra regione e societa' privata che connotano in modo essenziale la strumentalita' di quest'ultima rispetto alla amministrazione regionale. Infatti, in tanto la predetta societa' finanziaria puo' essere ritenuta uno strumento operativo della regione, in quanto quest'ultima possegga o sottoscriva la maggioranza o la totalita' delle azioni societarie. In altri termini, l'aspetto ora considerato e' indubbiamente uno di quelli che ammette la possibilita' di derogare alla disciplina normativa civilistica, sempreche' le deroghe previste siano, come in ipotesi, ragionevolmente collegate alle finalita' pubbliche connesse allo svolgimento delle competenze costituzionalmente assegnate alla regione e sempreche' le stesse non contrastino, neppure indirettamente, con un principio generale deducibile dalla legislazione di diritto privato. Quest'ultima evenienza, che occorre ora verificare, non puo' dirsi contraddetta dalla disposizione impugnata, dal momento che la disciplina posta dall'art. 2247 cod. civ. risulta significativamente modificata, nel senso di un'evoluzione del sistema positivo verso il superamento del limite del socio unico, sia dall'adozione della direttiva del Consiglio della Comunita' europea 21 dicembre 1989 n. 89/667 CEE, sia dall'entrata in vigore della legge 30 luglio 1990, n. 218 (Disposizioni in tema di ristrutturazione e integrazione patrimoniale degli istituti di credito di diritto pubblico) e del decreto legislativo 20 novembre 1990, n. 356 (Disposizioni per la ristrutturazione e per la disciplina del gruppo creditizio). La direttiva comunitaria ora ricordata, dopo aver stabilito, all'art. 2, che la societa' a responsabilita' limitata puo' avere un socio unico al momento della costituzione e allorche' tutte le quote sono concentrate in una sola mano (c.d. societa' unipersonali), dispone, all'art. 6, che, quando uno Stato-membro permette una societa' unipersonale anche per le societa' per azioni, si applicano le disposizioni della medesima direttiva. Nel dare attuazione a tali articoli, la legge n. 218 del 1990 ha previsto, all'art. 1, secondo comma, che le operazioni di fusione, di trasformazione e di conferimento concernenti gli enti pubblici creditizi di cui al comma precedente, possono interessare una o piu' societa' per azioni gia' esistenti ovvero societa' appositamente costituite con atto unilaterale e aventi ad oggetto l'attivita' svolta dagli enti conferenti o di rami di essa. Il successivo decreto legislativo n. 356 del 1990, dopo aver riprodotto le predette disposizioni contenute nella legge delega, ha precisato, all'art. 6, che, per l'attuazione delle operazioni prima ricordate, i conferimenti dell'azienda bancaria o di rami di essa debbono esser fatti in societa' per azioni bancarie, finanziarie o strumentali alle precedenti, di nuova costituzione o gia' esistenti, e ha stabilito, al comma successivo, ad integrazione della precedente disposizione, che "la costituzione di societa' per azioni puo' avvenire anche con atto unilaterale da parte di un solo ente pubblico conferente nel rispetto delle norme in tema di costituzione delle societa' per azioni e di quanto previsto dal presente decreto". Alla luce delle norme ora riferite, risulta chiaro che, quantomeno per l'aspetto considerato dall'impugnazione in esame, la legge della Regione Siciliana non contrasta con i principi civilistici desumibili dalle leggi statali vigenti in materia e costituisce, anzi, un'attuazione degli stessi in ambito regionale. Ne', contro questa affermazione, puo' valere l'osservazione formulata dall'Avvocatura generale dello Stato, secondo la quale le disposizioni statali precedentemente riferite riguarderebbero soltanto le societa' aventi ad oggetto l'attivita' bancaria o, in genere, l'attivita' creditizia, e non gia' le societa' finanziarie (qual'e' la Finsicilia S.p.a.). In realta', l'art. 6 del decreto legislativo n. 356 del 1990, come si e' appena ricordato, si riferisce all'eventualita' che un solo ente pubblico conferente possa costituire con atto unilaterale anche societa' per azioni finanziarie o strumentali a quelle bancarie. E tale e' sicuramente la societa' finanziaria regolata dalla legge impugnata, dal momento che suo scopo e' quello di agevolare e permettere la ricapitalizzazione dei maggiori enti pubblici creditizi aventi la sede centrale nella Regione e di rendere possibili interventi in favore degli enti creditizi minori siciliani. 5. - Fondate sono, invece, tutte le censure mosse dal Commissario dello Stato ricorrente ai primi tre commi dell'art. 5 della legge regionale impugnata. Nelle disposizioni considerate, infatti, sono regolati rapporti interni alla struttura societaria, i quali, come tali, concernono i modi di essere dei soggetti privati, che soltanto il legislatore statale puo' disciplinare al fine di assicurare la necessaria uniformita' di trattamento in tutto il territorio nazionale (v. spec. sentt. nn. 66 del 1961 e 151 del 1974). Rispetto a tali disposizioni, pertanto, vale la piu' rigorosa applicazione del limite del "diritto privato", nel senso che, in ordine ai rapporti intersoggettivi previsti, le competenze legislative regionali non possono svolgersi in altro modo che dando attuazione alle norme statali che quei rapporti regolano in via generale. Sulla base di tali principi, va accolta la questione di costituzionalita' relativa all'art. 5, primo comma, il quale stabilisce che "entro trenta giorni dall'entrata in vigore della presente legge il Presidente della Regione provvede alla nomina, pre- via deliberazione della Giunta regionale, del Presidente della predetta societa'". Tale disposizione, infatti, si pone in contrasto con l'art. 2380, quarto comma, cod. civ., il quale dispone che "il consiglio di amministrazione sceglie tra i suoi membri il presidente, se questi non e' nominato dall'assemblea". In altri termini, con riferimento alle societa' alle quali partecipa prevalentemente o totalmente la regione, quest'ultima, a norma dell'art. 2458 cod. civ., puo' godere della facolta', purche' sia prevista dall'atto costitutivo, di nominare uno o piu' amministratori o sindaci; e la stessa regione puo', altresi', nominare i soci fondatori scegliendoli tra i propri dipendenti ovvero tra persone che agiscono, comunque, per suo conto, secondo la propria scelta discrezionale: cio' che non puo' fare, tuttavia, e' sostituirsi al consiglio di amministrazione della societa' nella nomina del presidente della stessa. Per ragioni analoghe va accolta la questione di legittimita' costituzionale relativa all'art. 5, secondo comma, il quale prevede che il presidente della societa' restera' in carica cinque anni e potra' essere confermato. Palese e', infatti, il contrasto con l'art. 2383 cod. civ., il quale, al secondo comma, stabilisce perentoriamente che la nomina degli amministratori, e quindi quella del presidente dello stesso consiglio di amministrazione, "non puo' essere fatta per un periodo superiore a tre anni". Parimenti incostituzionale e', infine, il terzo comma dello stesso art. 5, il quale attribuisce al presidente della societa', nella fase di prima applicazione della legge impugnata, il potere di procedere all'assunzione del direttore generale, che restera' in carica sino all'approvazione dello statuto e alla nomina del consiglio di amministrazione e del collegio sindacale. La previsione della nomina di un direttore generale prima della stessa costituzione della societa' e', infatti, contraria al principio del diritto societario attinente all'autonomia organizzativa della societa' stessa e, con particolare riguardo alla figura del direttore generale, al rilievo che i poteri di quest'ultimo non possono non derivare dall'atto costitutivo o da una deliberazione dell'assemblea societaria. 6. - Da ultimo, va accolta anche la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 6, quinto comma, della legge regionale impugnata. In virtu' della norma censurata, il Presidente della Regione, su parere del Comitato regionale per il credito e il risparmio e previa deliberazione della Giunta regionale, puo' disporre la revoca degli amministratori o dei sindaci e la loro sostituzione nel caso in cui questi violino le direttive del predetto Comitato per il credito e il risparmio. Il profilo d'illegittimita' costituzionale sollevato dal Commissario dello Stato non investe il potere di revoca del Presidente regionale come tale, ma si riferisce alla mancata limitazione dello stesso potere agli amministratori e ai sindaci nominati dalla Regione. In effetti, poiche' il potere di revoca degli amministratori di societa' per azioni, che l'art. 2458, secondo comma, cod. civ. attribuisce allo Stato e agli enti pubblici aventi partecipazioni azionarie, e' strettamente correlato al potere di nomina previsto dal primo comma del medesimo art. 2458, il Presidente della Regione puo' disporre la revoca e la sostituzione dei soli amministratori che siano stati nominati dall'ente regionale. Pertanto, la mancata limitazione del potere disciplinato dalla disposizione impugnata nel senso ora detto, rende quest'ultima costituzionalmente illegittima.
PER QUESTI MOTIVI LA CORTE COSTITUZIONALE Dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 5, primo, secondo e terzo comma, nonche' dell'art. 6, quinto comma, della legge della Regione Siciliana 19 giugno 1991, n. 39 (Norme per la ricapitalizzazione dei maggiori enti pubblici creditizi aventi la sede centrale in Sicilia ed interventi in favore degli enti creditizi minori siciliani); Dichiara non fondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 4, secondo comma, della predetta legge della Regione Siciliana n. 39 del 1991, sollevata, con il ricorso indicato in epigrafe, dal Commissario dello Stato presso la Regione Siciliana, per violazione degli artt. 14 e 17 dello Statuto speciale per la Regione Siciliana (R.D. lgs. 15 maggio 1946, n. 455); Dichiara manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'intera legge della Regione Siciliana n. 39 del 1991, sollevata, con il ricorso indicato in epigrafe, dal Commissario dello Stato presso la Regione Siciliana, per violazione dell'art. 28 dello Statuto speciale per la Regione Siciliana. Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 gennaio 1992. Il Presidente: CORASANITI Il redattore: BALDASSARRE Il cancelliere: DI PAOLA Depositata in cancelleria il 5 febbraio 1992. Il cancellerie: DI PAOLA 92C0142